DAL MANICOMIO AL GREMBO SOCIALE – MARIA ROSARIA D’ORONZO
13° Convegno Nazionale di Globalità dei Linguaggi
Integrazione, Intercultura, Interdisciplina
Portando il saluto di Giorgio Antonucci al Convegno, Maria Rosaria D’Oronzo, psicologa e sua collaboratrice, testimonia la necessità di proseguire sulla strada tracciata dalle esperienze da lui condotte dagli anni sessanta con Franco Basaglia a Gorizia e Udine e fino ad oggi. Un percorso di integrazione, tutt’altro che concluso, per i diritti della persona contro la psichiatria coercitiva.
Ho conosciuto il dott. Giorgio Antonucci nel reparto Autogestito d’Imola nel’92 dove ho fatto un lavoro di ricerca per l’Università di Padova. Era un reparto aperto (negli anni settanta in Italia e in Europa si cercava di superare il manicomio, cosa che ora non si fa più). Reparto aperto non significa solo che le persone etichettate, classificate, denunciate come “matte” possono uscire dal manicomio, ma significa anche che la società può entrare nell’istituzione psichiatrica.
Per me è stato un periodo di formazione molto ricco perchè l’autogestito d’Imola, grazie agli interessi molteplici del dott. Antonucci, ha richiamato artisti e intellettuali da tutto il mondo, anche dal Giappone e poi da tutta Italia, e io che ero lì, ho potuto godere di tutto ciò.
Questo cambiamento culturale, che ha interessato la “rivoluzione psichiatrica” degli anni sessanta, settanta e ottanta, ora è soltanto un ricordo e le indicazioni di quegli anni stanno diventando ormai lettera morta. Oggi stiamo vivendo una regressione culturale allarmante, anche per la scandalosa ignoranza che investe il mondo psichiatrico.
Ogni psicologo sa che il benessere psicologico ha il suo fulcro nella scelta, in altre parole: noi siamo perchè scegliamo. La capacità della scelta è diversa da persona a persona rispetto al suo mondo, alla sua cultura e al suo ambiente.
Conoscere qualcuno a livello psicologico significa innanzitutto interrogarsi sulle sue contraddizionni e sul suo mondo. Le relazioni, i rapporti, i linguaggi, le discussioni aumentano le nostre possibilità di scelta. Il nostro compito è accrescere le possibilità e i punti di vista. L’angoscia è il segnale che non percepiamo molte possibilità di vita. La sofferenza interiore è la condizione in cui si trova una persona che non ha spazi reali per vivere e si rifugia nella fantasia. Chi vive o ha sofferto di malessere psichico deve poter trovare uno scopo per vivere in modo da tornare ad essere come gli altri. Privare le persone della libertà oltre che ingiusto è dannoso. La libertà non la intendiamo come mancanza di costrizione ma come opportunità di scelta e come arricchimento dei punti di vista. E’ inaccettabile che la psichiatria dica dove il paziente debba o non debba andare. Il manicomio, la casa di cura, la comunità terapeutica sono fondati sul fatto che alcune persone sono prese con la forza e messe da parte perchè non hanno “il bene della ragione”. La psichiatria dovrebbe migliorare le condizioni psicologiche delle persone e crede di poterlo fare con l’elettrochoc, con i letti di contenzione, con gli psicofarmaci, con i trattamenti sanitari obbligatori e col ricatto.
Il concetto di “malattia mentale” conferma l’idea che una persona sia “difettosa” a prescindere dalla creatività individuale e, spesso, dalle stesse abitudini socio-culturali. Voglio portare un esempio. Josephine, una donna nigeriana di cinquantacinque anni che vive a Bologna, due anni fa era preoccupata per la sua famiglia, in Africa, e per la sua mamma molto anziana; per questo ha cominciato a pregare di notte come si fa nella sua tribù, con balli, canti e offerte di cibo. Il suo uomo ( un bolognese che si è presentato a me come il “suo benefattore”) era preoccupato perchè la donna non dormiva più e consumava le sue energie nei balli notturni. La sua preoccupazione lo ha spinto a rivolgersi al centro d’igiene mentale e ne ha parlato con la psichiatra la quale il giorno dopo è andata a casa dei due con quattro robusti infermieri. Josephine alla vista di queste persone ha offerto loro il caffè e loro le hanno detto che non volevano il caffè, ma volevano farle un’iniezione perchè lei non dormiva più la notte. Josephine ha detto loro che non dormiva solo perchè doveva pregare per la sua mamma. Il suo uomo (diciamo “il benefattore”), aveva un accordo con Josephine: lei avrebbe smesso di lavorare per occuparsi della casa e di lui. L’uomo non voleva pagarle il biglietto d’aereo per il suo Paese d’origine perchè temeva che non sarebbe più tornata a Bologna. Josephine è stata portata via dalla sua casa di Bologna dai quattro infermieri, con due vigli urbani e un’auto della polizia, e sbattuta in manicomio. Tutto questo è accaduto perchè le convinzioni sociali non permettono ad un bolognese di capire che si possa pregare anche al di fuori delle funzioni delle chiese di S.Vitale o di S.Petronio.
La psichiatria, la psicologia si occupano di contraddizioni, che possono essere individuali ma che coinvolgono necessariamente la sfera sociale. I problemi psicologici, le difficoltà di convivenza e di comunicazione riguardano tutti e non solo una minoranza di persone giudicate arbitrariamente come “individualità difettose”. Il nostro intervento è di aiutare a capire in profondità che non c’è un essere vivente difettoso, un mostro o un malato, ma un uomo indipendente che deve poter far tesoro delle sue esperienze positive e negative per scegliere, finalmente, secondo i suoi desideri, le sue inclinazioni, nel rispetto di se stesso e degli altri senza paura e senza concessioni ai pregiudizi.
Globalità dei Linguaggi, Metodo Stefania Guerra Lisi, marzo 2009 n°7
Pubblicato il: 20 April, 2009
Categoria: Testi