Persone – Eugen Galasso
Parlare di personaggi “strani” (ma rispetto a che cosa? Qui torna il concetto di norma, che non ha alcuna “verità”, è “referenzialmente opaco”, direbbe W.Van Orman Quine) sembra necessario. Per comodità, tratterò di tre categorie di “stranezza”, di cui comunque in gran parte – lo premetto per correttezza – non condivido le idee se non in parte, con alcune eccezioni. A)Mistici (inutile dire che essere mistici non vuol dire = religiosi. Robert Musil, l’autore de “L’uomo senza la qualità” e di tanti altri racconti, romanzi, testi teatrali, saggi, parla non a caso di “mistici senza Dio”). Non citerò esempi prima di aver detto dei “religiosi” che, però, in quello che considero spesso bigottismo (culto dei santi, padre Pio etc.), ma anche qui, dice bene ancora una volta Giorgio Antonucci, se li si considerasse pazzi, essendo il loro numero “legione”, non funzionerebbe nulla, essendo in minoranza scettici o non credenti in questi fenomeni (ho iper-interpretato una conversazione con Giorgio, comunque rimanendo nell’ambito del suo ragionamento, senza troppo travisarlo). Dai profeti biblici agli evangelisti, dai mistici medievali (Eckhart, Suso) a Juan de la Cruz a tutto il “siglo de oro” (1600) con Calderon che ci dice essere “la vita un sogno” (ma un contemporaneo “barocco”, tale William Shakespeare, dice che “siamo fatti della materia di cui sono fatti i sogni”) per non dire dei miei troppo amati gnostici, in epoche diverse (dall’antichità alla ripresa gnostica di oggi), a Caterina de Avila, a certo buddhismo, al taoismo, alla grande mistica ebraica (chassidismo e non solo), all’esoterismo, il misticismo identifica l’io e gli io nell’Assoluto (che lo chiamino Dio o meno), comunque intendano questo “Assoluto”, oppure si nullifica – si nega come io, si disloca al di fuori del “conosciuto”. Senza il misticismo (ampiamente inteso) non avrebbe senso gran parte della filosofia, ma ciò vale anche per la psicologia (training autogeno, training induttivo, yoga, dove è ben chiaro che la tecnica non implica l’accettazione integrale della teoria, ma la tecnica comunque ne deriva) nonché per la storia, il vivere sociale etc. Penso ai mistici moderni, come Maurice Clavel e Fernando Arrabal (quest’ultimo e ancora vivente) dilegiati come “folli”, da una cultura del cattivo e pessimo illuminismo e dell’efficienza divenuta valore unico e pervasivo. B)Teorici della politica: è noto che, oltre alla teoria, in politica vale la convinzione, che ha una componente “irrazionale”, id est emozionale e affettiva. Lo si vede in tante espressioni del socialismo, del comunismo (Che Guevara, il maoismo, il trotkismo in certe forme), in tutto l’anarchismo etc.; anche il new deal rooseveltiano, però, era tipica “utopia politica”, come lo era persino (udite, udite!) il libro di Tremonti contro la globalizzazione.
La componente del “dream”, del sogno postulato come “avvenire luminoso” (i domani che cantano), diviene fondamentale; lo si volesse espungere, avremmo a che fare con pure statistiche, con la mera ragione calcolante, che si limita ad alzare l’età pensionabile, a regolare conti, a fare favore a destra e manca (si fa per dire: non credo più alla distinzione, stanti i partiti attuali…), con la banale e conformistica gestione dell’esistente. Oggi nessuno più scommette sulla scienza contro l’utopia (termini che andrebbero virgolettati, comunque), ma la si pratica ancora e con quale durezza… Che poi spesso A e B s’incrocino è un altro discorso: da Joachim de Fiore (Gioacchino da Fiore) a David Lazzaretti, che si credeva il nuovo Messia (Gesù), intenzionato a realizzare la comunione dei beni, dai Bogomili ai Càtari, da Muenzer e Gaysmar a Gandhi e Luther King, da Capitini a tante esperienze comunitarie e comunitaristiche… Ma già la frase evangelica “Avevano tutti in comune” (Atti degli Apostoli) preoccupa e scandalizza le chiese. Tutti “matti”, per i poteri? Sì, perché non fanno comodo a quanto si realizza/viene realizzando. C)L’utopia della scienza: da Albert Einstein (con la teoria della relatività squassava letteralmente le comode categorie di spazio e tempo, magari l’una contro l’altra armate…) a Wilhelm Reich (la rivoluzione sessuale scandalizzava, i bioni azzurri mettevano in crisi il “placido” corso della biologia), l’analisi caratteriale era considerata follia da una psicanalisi che aveva referenti ancora scientisti e positivisti. Ma già il positivismo stesso, nella persona del suo fondatore, Auguste Comte (varie volte in manicomio, per le sue teorie “originali” perché avverse allo status quo delle chiese, mentre i poteri politici temevano il pur conservatore Comte, ma anche per i debiti, da cui provvedeva a salvarlo l’amata ricchissima Clotilde de Voeux). Ed ecco, oggi, la matematica di Thom e Prigogyne, che con la sua teoria delle catastrofi “spariglia le carte” della geometria euclidea. Idem per la storia: l’approccio controfattuale (ossia la storia si fa anche con i “se”), a parte l’approccio degli “Annales” e della microstoria giunta in Italia con i consueti ritardi “biblici”, è altro, rispetto all’approccio diacronico, sempre ancora invalso nelle scuole e in certe università.
A, B e C sono esempi di approcci (non solo teorici, come ho cercato di spiegare) che sono altro rispetto alla quieta normalità. Non dirò della creatività artistica, della “follia” in musica o nelle arti visive (non solo i celebri “maudits”, ma anche il “mistico” architetto catalano Gaudì, per cui “la linea curva è quella di Dio”) o nel teatro (almeno da Artaud alla Societas Raffaello Sanzio) nella danza, nel cinema etc. “altro” dall’european (ormai è peggio dell’american) way of life…
Eugen Galasso
Pubblicato il: 20 February, 2011
Categoria: Testi