Angelo Lallo- Lorenzo Toresini – Nazismo e psichiatria – Recensione – Eugen Galasso
Angelo Lallo- Lorenzo Toresini, Nazismo e psichiatria, Venezia, Ediciclo, 2009. Uno storico, di orientamento anche foucaultiano (Angelo Lallo) e un”antipsichiatra “che aveva lavorato con Franco Basaglia (Basaglia ampiamente citato nell’agile volumetto, come si suol dire), esaminano, sulla base di documenti importanti ritrovati, in particolare presso Venezia, l’approccio del fascismo, “corroborato” dal nazionalsocialismo, nella repressione anche psichiatrica, di Ebrei, zingari, “matti da slegare”, per dirla, ancora una volta, con uno slogan caro a Basaglia. Allucinanti le diagnosi prodotte (si sa che le diagnosi psichiatriche sono discutibili: quella degli anni 1940 erano più che strampalate – peraltro anche al processo di Norimberga, le “valutazioni” su Rudolph Hess e non solo erano quantomeno “strane”, oltremodo opinabili), assolutamente poco “attendibili”. Con parallelismi e accostamenti assolutamente accettabili (i colonnelli greci caduti a metà anni Settanta, Pol-Pot, altro, ma anche Radovan Karazdic, che in effetti, ci dicono gli autori, s’era perversamente auto-convinto di “far bene il suo mestiere”, di essere deontologicamente a posto…), gli autori mostrano come “la psichiatria italiana, oltre che connivente con il regime fascista, era (divenne, se vogliamo rispettare la cronologia, e.g.) collaboratrice con il nazismo nella formazione del concetto di “razza”, fautrice di vera e propria “eutanasia sociale”. Ebrei anche assolutamente “sani di mente” (sempre che la “normalità” e la”patologia “esistano”, con una netta dicotomia che invece chiaramente anche gli autori rifiutano) venivano “imbrigliati”, venivano “legati”-internati in strutture totali quali quelle manicomiali, appunto. Anche non- Ebrei, certo; ma l’ossessione nazista e poi fascista era anti-ebraica (anche perché gli Zingari erano/sono comunque di meno, numericamente e per importanza a livello socio-culturale), era funzionale a un progetto paranoide, anzi paranoico (quello sì), che vedeva “rosso” (nel senso del toro alla corrida, più che in senso politico, diremmo) dappertutto… Un’ossessione che non accenna a crollare (pensiamo ai residui di tali ideologie razziste, dissipati e dispersi in diverse forme e in diversi movimenti), certo per la pochezza culturale, anche perché foucaultianamente si tratta di “sorvegliare e punire” chi (e le cose che) ci spaventa/spaventano. In tempi come questi, in cui psichiatri “di grido” ripropongono la validità “senza se e senza ma” dell’elettroshock, libri come questo ci ridanno speranze, nel senso di una critica(questa sì, speriamo, senza limiti e controlli o vincoli) di una psichiatria (quella ufficiale) che non ha mai rinnegato le sue basi biologistiche e meccaniciste(1), che si sposano così bene (ciò non vale, sicuramente, per tutto il materialismo) con una repressione mai spenta, certo attutita rispetto ai tempi in cui nazismo e stalinismo spadroneggiavano, senza alcuna limitazione.
Oggi, sicuramente, esistono ancora strutture “psichiatriche” diverse (meno dure, quantitativamente), ma non meno “chiuse” di quelle del nazi-fascismo, solo che si nascondono, come, naturalmente, in assenza di ogni controllo democratico e mediatico, si nascondevano -a fortiori, assolutamente- quelle nazifasciste, tanto che c’è voluto più di mezzo secolo per saperne di più, in dettaglio, sulle base di fonti e documenti. Non esiste una “soluzione” e neppure uno sbocco pratico, dopo l’approfondimento di un libro come questo (in cui, tra l’altro, non si risparmia in alcun modo l’esistenza di una spia nazista di origini ebraiche; il che non prova nulla, essendoci spie sempre, in ogni campo), ma riflettere fa molto più che “solamente bene”… (1) biologismo e meccanicismo significa che ogni “deviazione” rispetto alla “norma” e”malettia” viene ricondotta alle funzioni cerebrali, considerate come pure funzioni biologiche. Ora, oggi, anche in base ai risultati delle neuroscienze (che però non possono darci risposte definitive), sappiamo che il piano delle funzioni cerebrali non esaurisce il piano della mente. Per dirla con il filosofo Lombardi-Vallauri, non si sa come il piano della mente e tanto più dell’anima (più scientificamente diremmo psiche) sia dipendente da “quel cavolfiore sanguinolento” che chiamiamo cervello. Ma, appunto, ridurre tutto alla “materia”, per es. trascurando anche influssi della società e della cultura, induce fatalmente a una condanna “medicalizzante”/castratrice, dove tornano, in forma neppure larvata, pratiche come elettroshock e persino lobotomia… Un libro come altri (tempo fa, sul sito, s’era parlato d A.Scartabellati (a cura di) “Dalle trincee al manicomio”, Torino, Marco Valerio, 2008). Dove, mi permetto di aggiungere, con gli amati Pink Floyd “An other break in the Wall” (da”The Wall”, ovviamente), ossia un’ altra breccia in quel sistema di poteri che, ingrassando psichiatri e tribunali, militari e sottopoteri vari, impedisce alle persone di vivere, pensare, sentire emozioni assoggettandole al meccanismo terribile del “Lavora, consuma, crepa”. Non occorre scegliere opzioni estreme (chi scrive non lo fa, ma ciò ha poca importanza, nell’economia del discorso) per rifiutare sistemi che, imponendo non solo un pensiero unico ma anche comportamenti omogenei e omologati, tendono a recludere e a rinchiudere chi è dissidente (non solo e neppure tanto politicamente, mi ripeto) in manicomio o altrove… In questo senso, la ricerca storica, lungi dall’essere un preziosismo pleonastico, è indispensabile.
Eugen Galasso
Pubblicato il: 19 July, 2010
Categoria: Testi