Anders Brejvik – La strage di Oslo – Eugen Galasso
Anders Breivik, assassino. Questa, forse, l’unica definizione “certa” e in qualche modo attendibile dell’attentatore di Oslo, mentre commentatori di destra (per distanziarsene), di centro(per dire, parimenti: “era un protestante, non un cattolico”) e di sinistra hanno voluto accentuare la sua “pazzia”, “follia” (con quel pelo di riconoscimento in più che il lemma offre…). Qualcuno, “psichiatricamente” più “acculturato” (voglio dire, che crede d’essere più addentro nelle “segrete cose” di quella pseudoscienza che è la psichiatria, che invece si vuole scienza a tutti gli effetti) parla di “paranoia”, ma questi insulti (veri insulti a qualunque essere umano) rischiano di essere argomenti a favore della difesa, che vuole parlare di “persona turbata”, arrivando ad argomentare di “infermità” o “semi-infermità” (le denominazioni norvegesi sono altre, ma qualche corrispondenza c’è). Meglio per Breivik farsi il suo “bel periodo di carcere” che, purtroppo, pare essere abbastanza confortevole, reclusione a parte, certo…Frutto di ideologie di destra mal digerite (Jukio Mishima, grande scrittore giapponese, vero samurai fuori tempo, nel 1970, fece seppuku – suicidio rituale per le classi elevate, non il semplice harakiri- certo….non uccise nessuno; rimpiangendo l’Impero nipponico e maledicendo la modernizzazione). Il fatto è che non si tratta, per Breivik come per altre persone che non hanno il coraggio di “andare fino in fondo” (per nostra fortuna, sarebbe da aggiungere) di “ideologie deliranti”, ma di ideologie pericolosamente ancorate a un dettato: quello di non spartire i “beni della terra” con le “razze inferiori” (così si esprimono neonazisti, razzisti, Ku-Kux-Clan aderenti etc.), quindi di volersi accaparrare ciò che considerano loro… Egoisti di bassa qualifica, non “egoisti nobili” (Max Stirner, Nietzsche), persone che travestono il loro volgare “particulare” in missione mondiale… Roba da far accapponare la pelle, questo sì, roba da gore-movie (i film orrorifici ultra-violenti), da letteratura ad effetto, pallide imitazioni di chi un tragico disegno lo perseguiva, con campi di concentramento e altro, anche prima ( il dottor Mengele non è l’invenzione di qualche espressionista di passaggio), ma ancora più vili. Sarebbe invece da indagare, la presunta “intelligenza” di questo “personaggio”, sciocco e tragico (senza esser degno di alcuna tragedia) esemplare di quella “blonde Bestie” (sì proprio= bestia bionda) che in Nietzsche viene usato con perfida geniale ironia (contro i pangermanisti Nietsche rivendicava sempre la propria origine, dalla piccola nobiltà rurale polacca), ma che nella stolidità degli adepti di sempre del “Terzo Reich millenario” assurge a figura “santa”, a emblema del maschio ariano (nessuna “contaminazione semitica”, ovvio). Peggio che mai poi Mario Borghezio, esponente leghista che, con dissociazione tardiva e parziale dei suoi, afferma che “Al netto della violenza molte delle argomentazioni di Breivik sono condivisbili”. Da operetta Borghezio? Forse, ma da operetta che rischia sempre di rovesciarsi, tragicamente, in qualcosa d’altro….
Eugen Galasso
Pubblicato il 29 July, 2011
Categoria: Testi
Giustizia per Franco e ….mai più!
Il COMITATO VERITA’ E GIUSTIZIA
per FRANCESCO MASTROGIOVANNI
a due anni dalla morte di Franco, per non dimenticare e per continuare a chiedere giustizia
organizza a: Vallo della Lucania (Salerno)
Aula Consiliare
4 Agosto 2011 – ore 18,30
www.giustiziaperfranco.it
Ivan Bormann -“Sconfinato. Storia di Emilio”- Eugen Galasso
In un articolo di Ivan Bormann (“Sconfinato. Storia di Emilio”, a pag.19 del periodico libertario “Germinal“, n.115) si trova la storia di Emilio Coslovi, istriano, uomo, per molti versi “s-confinato”, come scrive lo stesso Bormann. Di umili origini, vissuto in campo profughi, poi in seminario, poi prete, prete operaio, vicino alla teologia della liberazione; scomodo e originale nelle sue posizioni teologiche e nella sua pastorale (i suoi atteggiamenti concreti, cioè), Coslovi viene punito dalla Gerarchia ecclesiastica che lo fa ricoverare in cliniche psichiatriche dove subisce camicia di forza, elettroshock, tutto l’armamentario ben noto a chi frequenti anche solo sporadicamente questo sito. Viene da dire: don Emilio così, altri preti “più famosi” vengono anch’essi allontanati, ma rinchiusi in case protette non prettamente psichiatriche, di rieducazione teologica: una logica sempre e comunque funzionale al “surveiller et punir” foucaultiano, pur se usando almeno due pesi e due misure (per il secondo aspetto cfr. un difficile film di Damiano Damiani degli anni Settanta, “Il sorriso del grande tentatore”, 1974). In seguito, Emilio viene non sospeso a divinis ma messo “in quarantena”: non può dire messa ma confessare (una delle pratiche più controverse del cattolicesimo, sacramento di puro comodo, tardivo, meno che scarsamente ancorato nei Vangeli, molto duro per don Emilio), negli anni Novanta subisce un TSO, né l’incontro con l’antipsichatria basagliana lo aiuta, perché ormai don Coslovi ha interiorizzato un quadro oltremodo negativo di ogni istituzione, in specie psichiatrica (la differenza con la teoria e la prassi basagliane gli sfugge, ormai). Diviene una vittima non tanto di sé, quanto dei Poteri convergenti nell’escluderlo: autobarricato in casa, morirà per un incendio casalingo, causato da una stufa mal funzionante. A parte la citazione iniziale di un celebre titolo foucaultiano, mi permetto di farne un’altra: Charles Fourier, il grande “socialista utopista” (definizione che trovo riduttiva, perché imbriglia un grande, lo “intruppa” indebitamente) diceva, da grande teorico e sostenitore dell’Armonia tra gli Esseri, tra uomo e natura etc., che spesso c’è un problema che impedisce a priori l’Armonia: la fame. Ora, che in Emilio come in tanti altri la causa della repressione della persona, in specie con strumenti psichiatrici, sia stata la fame, è innegabile. Ciò vale, come insegna anche la pratica (direi la clinica, ma l’espressione non è amata da Giorgio, a ragion oltremodo veduta) di Giorgio Antonucci, in tanti casi. Ogni “caso” è diverso (meglio dire ogni vicenda umana, altrimenti si ricade nello “psichiatrichese”, ovvio) ma le condizioni socio-economiche di partenza giocano un ruolo-chiave.
Eugen Galasso
Pubblicato il 15 July, 2011
Categoria: Testi
Eugen Galasso-gruppo antipsichiatrico libertario-pomeriggio antifascista con Giuseppe Bucalo
Umanita Nova,
Giuseppe Bucalo, attivo nel settore antipsichiatrico da 1/4 di secolo, ha relazionato, a conclusione della settimana “Fest Festival Antifa”, presso il circolo “Iqbal Masih” di Bologna, su “La malattia mentale non esiste”, titolo, tra l’altro, di un suo libro. Partendo sempre da esempi, argomentando quindi induttivamente, cioè a partire dai fatti, “senza fare filosofia”, Bucalo ha raccontato le sue esperienze in Sicilia, precisamente nel Messinese, con comunità dove si trovano persone con problematiche tra loro diverse (“pazienti psichiatrici”, ex-detenuti in OPG, ossia Ospedali psichiatrici giudiziari, alias Manicomi criminali, persone di genere femminile, in genere extra-comunitarie, che hanno dietro di sé un vissuto difficile, in quanto quasi sempre erano state in carcere per prostituzione). Rifiutando l’approccio psichiatrico, mirante a dare -somministrare ai “pazienti” psicofarmaci e quello psicologico, che viene ad essere -in genere – una stampella per giustificare o preparare il paziente ad accettare gli anzidetti farmaci, a farli assumere, in qualche modo, ove siano stati rifiutati, Bucalo ha parlato di esempi quali quello della ragazza di origine africana che pratica il vodoo, per liberare il suo ambiente circostante da entità malefiche, di un uomo che crede nella presenza di extra-terrestri con cui sarebbe in contatto, ma anche di Pippo, personaggio pittoresco quanto considerato estemamente pericoloso nella realtà territoriale nella quale Giuseppe Bucalo opera, in quanto “violento” etc. Bucalo ne ha ricordato le esperienze pregresse quando Pippo era stato invitato a una riunione pubblica, appunto di un quarto di secolo fa, con sindaco, parroco etc., quando si “temeva il peggio”. Contrariamente alle aspettative, il “personaggio” non aveva né inveito contro qualcuno né aveva “dato in escandescenze”, limitandosi a parlare di quanto gli era stato negato, cioè a dire quanto gli averebbe fatto bene, come per es. buttarsi a terra, in certi momenti. Ecco allora la “ricetta Bucalo”, volendo esemplificare: partire dalle esigenze reali delle persone, senza, appunto, “filosofeggiare”, quali il mangiare, l’avere sopra di sé un tetto, il sesso (le comunità coordinate da Giuseppe, che, per motivi pratici, sono “monosessuali”, composte cioé da sole donne e soli uomini, garantiscono tuttavia l’incontro amoroso), senza tabuizzare l’uso del farmaco, ma tantomeno promuovendolo. Un’esperienza, quella di Bucalo, che rimane assolutamente fondamentale in campo europeo e non solo italiano, forse “unica e irripetibile”, anche perché si rapporta criticamente con le istituzioni , in parte “gabbandole”, come quando le relazioni provenienti dalle comunità sono comunque a favorevoli agli “ospiti di OPG”, qualunque cosa gli stessi facciano; certo, poi, ha aggiunto Bucalo stesso, sarebbe comunque opportuno che gli stessi detenuti non si mettano in condizione di peggiorare la loro condizione, cosa che invece, regolarmente o quasi, fanno… Se dall’approccio bucaliano emerge comunque un quadro più che interessante, c’è eventualmente da fargli un solo appunto: spiace, cioè, che abbia menzionato l’opera del compagno dott.Giorgio Antonucci, che ha iniziato la sua opera molto prima di Bucalo, solo una volta, anche se quasi all’inizio della sua relazione.
Eugen Galasso per il Centro di relazioni umane-Gruppo antipsichiatrico libertario
Pubblicato il 12 July, 2011
Categoria: Testi
Seconda tranche disegno onirico – Eugen Galasso
Considerando anche la seconda tranche di disegno onirico, lo scorso 9 luglio 2011, presso lo H.U.B., non ripeterò frasi già usate nel breve testo a suo tempo redatto per la prima tranche, ma cercherò di enucleare alcuni elementi specifici: A) la capacità del gruppo, di persone di formazione spessa differente, che l’11 e 12 giugno non si conoscevano, ma che ora hanno ampiamente “rotto il ghiaccio”, di mettersi in gioco, anche esponendosi sia con dichiarazioni verbali, sia con lo scritto, è assolutamente chiara; B) in particolare il disegno di gruppo o collettivo finale, che comportava la rappresentazione della figura umana (la più difficile e problematica) non ha comportato alcun problema, anzi l’esecuzione si è svolta felicemente e in un clima di sostanziale allegria; C) la circostanza che la seconda tranche si sia svolta in un afosissimo sabato di luglio (neppure più d’inizio luglio, sottolineo!), quando tutto le previsioni del tempo, una volta tanto (o spesso? Non è qui il luogo per discuterne, né credo sia assolutamente nelle corde della mia competenza farlo), dove sappiamo che, senza in qualche modo indulgere a un basso comportamentismo o a una psicologia di tipo meccanicistico, circostanze “empiriche” o meglio “esterne”, quali il clima, almeno nelle punte estreme , alterando l’equilibrio bio-chimico, alterino in realtà anche il nostro comportamento, quindi le nostre reazioni agli stimoli di ogni genere. Lungi dal poter liquidare circostanze come il clima come “qualità secondarie”, come faceva la psicologia rudimentale del 1700 (Locke e non solo), oggi sappiamo come il clima influisca anche pesantemente sui comportamenti umani, certo non come unico fattore scatenante; D) il clima di collaborazione e condivisione, prolungatosi anche dopo la sessione prevista (post factum, diremmo), con scambio di mail etc., dimostra come questo “scavo nell’autoconoscenza” non sia stato considerato come un’esperienza non dirò “dolorosa” ma neppure “fastidiosa”. Come ha osservato la direttrice del Centro di relazioni umane, dott. Maria R. D’Oronzo, che gentilmente ha partecipato al gruppo, tracciando segni nel disegno onirico ci si lascia guidare dal “principio di piacere”. Verissimo e questo vale per tutti/e i/le partecipanti, che non hanno esitato a disegnare-creare-dire. Nella fase dell’interpretazione, però, veniamo spinti a riportarci alla realtà (riprendo la dicotomia freudiana, appunto, prima evocata, tra principio di piacere e di realtà) e ci “costringiamo” a vederne il décalage rispetto al “sogno”, peraltro molto virgolettato, alla libera (anche qui le virgolette ci vorrebbero, ma non voglio precipitare nel facile impasse della contraddizione -apparente o reale? Non mi esprimo in questa sede-del “libero guidato” ) creazione. Le domande poste, gli scambi di risposte e di accenni di risposta (su ciò vale, credo, il lacaniano “Chi mi interroga mi comprende”) attestano la coesione e le capacità di un gruppo (composto da due psicologhe, una pedagogista dell’handicap, due organizzatori culturali, una persona seriamente interessata a quanto avviene nella realtà culturale e della cultura politica) cui forse chi scrive, “conduttore”-coordinatore del gruppo stesso, troppo logorroico e impegnato a spiegare le dinamiche intervenute in chiave junghiana e comunque di disegno onirico, dove invece avrei dovuto lasciar spazio all’emergere di altre proposte interpretative, provenienti dal gruppo e dai suoi membri, non ha sempre “reso ragione”. Il ringraziamento reciproco tra tutti(e) i (le)componenti il gruppo, di cui mi sento in pieno di far parte, ma anche le considerazioni su quanto detto sopra meritano senz’altro ulteriori riflessioni, che, a tempo debito, stenderò in altra sede.
Eugen Galasso
Pubblicato il 12 July, 2011
Categoria: Testi
“Crimini di pace” – Festival sociale delle culture antifasciste – Eugen Galasso
Video intervento dott Vito Totire
Nell’ambito della settimana antifascista bolognese, già “Festival delle culture antifasciste” anche il Centro di relazioni umane – Gruppo antipsichiatrico libertario ha dato un contributo notevole. In questo ambito, come Centro di relazioni umane – Gruppo antipsichiatrico libertario mercoledì 29 sono intervenuti, direttamente il dott. Vito Totire, significativo ed emblematico esponente dell’antifascismo del 1977 a Bologna e legato alla componente più aperta di Medicina democratica, la dott. Maria Rosaria D’Oronzo, del Centro di relazioni umane e chi scrive, sempre a nome del Centro, ma in videoconferenza c’era anche il compagno dott. Giorgio Antonucci, storico protagonista dell’antipsichiatria, continua con grande forza e incisivamente a portare avanti la battaglia contro la negazione della libertà, quindi per l’affermazione delle libertà sostanziali. Parlando di OPG (Ospedali psichiatrici giudiziari), il dott.Totire, in un intervento appassionato, dove ha rilevato come l’iniziativa di Marco Pannella per le carceri possa essere utile ma comunque limitata, ha portato esempi degli anni di Imola (un paziente curato con l’immissione di sangue infetto, anzi decisamente contagiato da vaiolo, per creare un shock apparentabile, pur nella diversità, all’elettroshock-sic) ma anche dell’oggi dove un suo collega medico è arrivato alla condizione da TSO (Trattamento sanitario obbligatorio), per non dire della situazione degli agenti di custodia, dove il tasso suicidiario ma in genere la tendenza violenta è fortissima, a dimostrazione di una realtà socio-culturale violenta che tale sistema riproduce. Né ha mancato, Totire, di sottolineare come i CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione) rispondano, mutatis mutandis, alla stessa logica degli OPG. Egualmente importante, come ovvio, l’intervento di Giorgio Antonucci, che ha raccontato le sue esperienze con i “manicomi criminali” (ma guai a chiamarli così, non è politically correct!), con la difficoltà di intervenire vedendo e sentendo i detenuti, con una pericolosa confluenza (spesso anche contraddittoria, peraltro) tra potere medico-psichiatrico da un lato e potere giudiziario dall’altro. Da sottolineare che Antonucci parlava in videoconferenza, su una linea decisamente disturbata, per cui il suo intervento, giustamente molto applaudito, ha segnato una performance quasi “stoica”. Maria D’Oronzo ha ricordato il diritto alla libertà di cura (che implica anche quello di rifiutare le cure eventualmente proposte, anzi surrettiziamente imposte: TSO ed elettroshock sono solo gli esempi più emblematicamente rilevanti, la “punta dell’iceberg”, ma non tolgono che ci siano altre procedure, considerate più “soft”, come l’uso/abuso di psicofarmaci e non solo), diritto peraltro sancito dalla Costituzione, quasi mai citata in questa chiave, pur se si tratta della fonte primaria del diritto, chi scrive si è richiamato al fatto che ogni fascismo (nero ma anche rosso, dove naturalmente l’analisi dei fascismi rossi dev’essere più accurata, ma rimane il valore ineliminabile delle ricerche di Wilhelm Reich, Erich Fromm, Bruno Rizzi) “sorveglia e punisce” (per usare i due lemmi – chiave di Foucault) con carcere ma anche manicomio, eventualmente anche OPG, appunto. Dopo gli interventi “canonici”, attivissima la partecipazione dei compagni, con domande, proposte e con la costituzione di un comitato incaricato di organizzare lotte concrete contro gli OPG (proposta Totire). In una situazione politica oggettiva nella quale degli ideali della Resistenza e dell’Antifascismo si sta facendo strame, con una cattiva applicazione della teoria del “caos dei segni”, per cui fascismo e antifascismo si equivarrebbero, destra e sinistra sarebbero sostanzialmente uguali, partire dai problemi concreti, dalle soluzioni possibili, non dalla “nebbia ideologica” appare particolarmente opportuno per rimediare a quanto si sta muovendo nella direzione indicata. Del resto l’intero programma di questa settimana di “Fest Festival Antifa” si è mossa così, parlando di problemi, di questioni che, volenti e/o nolenti, coinvolgono ogni cittadino/a, non di fumisterie ideologiche, estranee se non incomprensibili ai più.
Eugen Galasso