FOTO del MANICOMIO

Prima parte

Foto dei manicomi di Imola, anni ’80-’90

di MASSIMO GOLFIERI


Esterni in Interno

Le fotografie che compongono questo lavoro sono state realizzate all’interno delle mura degli ospedali psichiatrici di Imola con particolare attenzione verso i reparti 10, 14, 17 dell’Osservanza e Autogestito Lolli negli anni in cui questi erano diretti dal dottor Giorgio Antonucci, che per 23 anni si è adoperato a Imola contro l’internamento coatto e l’utilizzo di metodi coercitivi rendendo possibile l’eliminazione dei mezzi di contenzione e il recupero di dignità per i suoi assistiti…Giorgio Antonucci mi parlò per la prima volta delle strutture per il controllo sociale e mi invitò ad osservare meglio alcuni dettagli tipici di metodi architettonici specificamente studiati e perfezionati nei secoli, applicati nella costruzione di carceri, lager, caserme, seminari, ospedali e naturalmente anche dei manicomi. Il manicomio di Imola era un esempio da manuale ed era stato anche studiato dagli esperti tedeschi che progettavano i lager nazisti

...la solitudine della persona internata in manicomio è senza paragoni. Non è solo celle spioncini e cortili. E nemmeno soltanto psicofarmaci e elettrochoc.
E’ invece isolamento assoluto di chi, alcontrario di tutti gli altri internati di carcere o di lager, è considerato, sia pure arbitrariamente, senza pensiero,
o, che è lo stesso, privo di un pensiero razionale o, come si dice, con un pensiero malato…


Così si concretizzò la possibilità di fotografare e documentare questi reparti manicomiali in cui normalmante era impossibile entrare e la cosa era ad arbitrio dei vari primari che in genere erano ostili verso questo tipo di “intrusioni”.    Nei reparti di Antonucci erano scomparsi fin da subito tutti i sistemi di contenzione, le serrature e i legacci che venivano comunemente usati da altri suoi colleghi, le persone che vivevano lì giravano in abiti civili e non con il pigiama o la camicia di forza, si mangiava con le posate in piatti e ciotole di ceramica quando in altri reparti si mangiava in ciotole di stagno o plastica e senza posate,  i reparti erano abbelliti per quanto possibile con interventi artistici , manifesti e elementi di arredamento scelti dagli ospiti. Per molti di loro, residenti lì da 20 o 30 anni, le mura del reparto erano la propria casa, dove trascorrevano la loro vita quotidiana cercando di renderla migliore con piccoli conforti..
Frequentavo spesso quei reparti e conoscevo molte delle persone che lì vivevano,alle volte mi succedeva che in quegli ambienti tristi, densi di un odore infotografabile trovavo uno scorcio di vita da vecchia “casa del popolo” di campagna, spesso quelle persone le incontravo anche nel bar del quartiere…e ci si faceva pure molte foto-ricordo…
Per questo lavoro scelsi di mai fotografare le persone, ma di concentrare la mia ricerca sugli ambienti.
Sono scatti realizzati in pellicola diapositiva prevalentemente tra il 1987 e il 1997 in diverse sessioni, in diverse stagioni, quando all’Osservanza c’erano ancora parecchi “ospiti” residenti all’interno della struttura da molti anni…molti di questi uscivano all’esterno e in qualche modo erano presenti nella vita quotidiana della città.
Le riprese avvenivano in vari orari della giornata e non intervenivo su niente che potesse modificare l’atmosfera generale, il giornale lasciato sul tavolo, le sedie disordinate…la luce solare che si mescolava alla luce dei neon, oppure di sera solo con la luce di neon che dava dominanti verdi nella diapositiva, e, dopo aver piazzato il cavalletto aspettavo sempre che nessuna figura umana fosse nell’inquadratura… non cercavo di fotografare le conseguenze del disagio che sono state spesso rappresentate alle volte con discutibile compiacimento e spesso senza il benestare dei soggetti…
Giorgio Antonucci era spesso in reparto anche di sera, perchè seguiva personalmente tutte le vicissitudini che avvenivano e quando poteva  mi guidava nei meandri, mi proponeva degli scorci apparentemente insignificanti mi raccontava la storia dei luoghi, i cambiamenti fatti e da fare, l’ostilità dei colleghi e delle istituzioni, la stupidità della burocrazia…Si dedicava totalmente alle persone di cui era responsabile e per impedire che su di loro venissero fatti dei soprusi. Del suo pensiero e delle sue lotte Antonucci ne parla con la stessa passione e chiarezza nei suoi libri nei quali alcune di queste foto sono state pubblicate. Ho avuto l’onore e anche il piacere di fare con lui questa ricerca per immagini che documenta un’impresa che mi ricorda quella “Fitzcarraldo” di Herzog.  La cosa che può stupire è che queste immagini sono state realizzate in un luogo che si potrebbe definire “liberato” e non riflettono assolutamente lo stato dei manicomi in quegli anni. Ma quelle mura erano talmente impregnate di tragedie umane e patimenti che vi si potevano ancora leggere chiaramente, come dalle rughe di un volto.
Anche quando camminavamo in esterno lungo i viali alberati eravamo sempre all’interno di un muro di cinta con un grande portone di ferro.
M.G.

…Così i manincomi sono la morte degli internati ma sono nello stesso tempo il nostro impoverimento, la nostra tragica barbarie, la nostra vita superficiale e fallita,
che si consuma senza capire in una ignoranza psicologica totale…


Testi tratti da: Giorgio Antonucci
Critica al giudizio psichiatrico
ed: Sensibili alle foglie

Giorgio Antonucci, Diario dal manicomio. Ricordi e pensieri”, p.156

“Massimo Golfieri, pittore e fotografo di Imola, preparò insieme a me un documento sulla realtà carceraria dell’istutito fotografando solamente i luoghi e gli oggetti, senza riprendere le persone.

Così si dà un’idea chiara delle strutture manicomiali nel loro vero significato.

Usammo le foto per un libro sui problemi della psichiatria e dei manicomi.

Le impronte delle unghie sulla porta di una cella, i camici bianchi posati sul letto, i cucchiai di stagno sui tavoli, le camice di forza nel ripostiglio, i buchi degli spioncini, gli ingressi dei gabinetti senza serratura, e altre immagini interessanti di regolare vita quotidiana istituzionale.”










































































Seconda parte

Imola, 6 ottobre 2010

Imola, la demolizione della Villa dei Fiori

“Ho visto la villa dei fiori un pò a pezzi… Ha frequentato gli psichiatri”.M. G.

Foto di Massimo Golfieri


















































La demolizione della facciata

“sto fotografando i lavori di demolizione della Villa dei Fiori  in memoria/omaggio ai tanti che ci hanno lasciato la testa e la pelle”. M. G.



















“Massimo Golfieri è  bravissimo, direi anzi di più. Del resto anche le foto nel libro di Giorgio Antonucci “Diario del manicomio” (Spirali, Milano, 2006)  sono splendide. Non ho competenza bastevole in fotografia per “classificarlo”, ma direi che va oltre sia il realismo à la Modotti sia certe soluzioni “surreali” e iper-.” – Eugen Galasso

Centro di Relazioni Umane (Bologna) — Maria Rosaria d’Oronzo