Strutture alternative all’O.P.G.? – Eugen Galasso
Quali strutture alternative agli OPG, nella Regione Lazio si crea una barriera “alternativa” alla stessa, con decreto firmato dal Presidente della Regione facente funzione di Commissario Straordinario alla Salute e “sponsor” parlamentare Ignazio Marino, chirurgo di fama e senatore PD. 27 tra medici, psichiatri (sic!), psicologi e infermieri per ogni struttura, capienza di 100 pazienti per struttura. Meglio che nulla, chiaramente, ma forse si tratta, oltre ad essere qualcosa di simile ad un’operazione “conservatrice di camouflage” (non si può dire diversamente), di uno spot elettorale per la premiata coppia del PD, di una struttura che migliorerà di non molto la situazione di persone che certo hanno commesso reati, ma la cui situazione (forse, non abbiamo la certezza di dire cose sicure) non sarà di per sé certamente migliore di quanto non sarebbe quelle della semplice reclusione carceraria. Vedremo, come ripeto fin dall’inizio, ma… Certo, nonostante le promesse formulate a suo tempo da Marino, che forse è (non so stabilirlo con certezza) un sincero “umanista”, non sembra però che la direzione di marcia della “cosa” si muova verso una seria prospettiva umanistica, quella di Szasz, di Antonucci etc.. Ma…
Eugen Galasso
Pubblicato il 28 April, 2013
Categoria: Notizie
Residenze Sanitarie Psichiatriche: “Effetti collaterali” – Video
Residenze Sanitarie Psichiatriche
“Effetti Collaterali”
Le regole, le leggi, i desideri.
Lab.57/Alchemica e
CENTRO DI RELAZIONI UMANE
Pubblicato il 23 April, 2013
Categoria: Notizie
O.P.G.: quale prevenzione? – Eugen Galasso
Recensendo un libro di Adriana Pannitteri sugli OPG (di cui apprendiamo che non verrano chiusi se non tra un anno, causa impossibilità di individuare strutture sostitutive… Come sempre in questo paese le emergenze si rimandano sine die, ad calendas graecas!), la psichiatra e psicoterapeuta Annelore Homberg , attiva a Roma e docente all’università di Chieti, afferma: “La malattia mentale esiste, ma nella psichiatria la parola”malattia”indica la mente, non il cervello. Chi parla di “malattia mentale” non segue necessariamente un’impostazione organicista (secondo la quale i disordini della mente derivano dal malfunzionamento del cervello). Perciò fare diagnosi di malattia della mente non significa condannare il malato e non c’è bisogno di rifugiarsi nell’idea di una sua mera “diversità””(ne “L’Unità”, 7 marzo 2013, p.22). Affermazione apodittica, pur se l’autrice riconosce non la non assimilabilità tra mente e cervello. Poi, anche per allontanare, criticandolo e superandolo, lo stigma della malattia, la Homberg riporta due esempi: quella di una donna “dimenticata” in manicomio per trent’anni e ridotta a una larva e quella di una sua zia, colpita dallo stigma di cui sopra, appunto quello della “pazzia”. Ma, criticando il fatto per cui “nella psichiatria progressista di tutti i paesi europei si vada da un estremo all’altro”, la dottoressa Annelore ribadisce che “in una certa percentuale, nella malattia mentale esiste la pericolosità per sé e per gli altri”. Ben diversamente argomenta (a ragione) il nostro dottor Giorgio Antonucci, che nei suoi interventi clinici e teorici dimostra come ciò non sia assolutamente vero: tesi, tra l’altro, confermata dalla statistica, che invece rileva come le motivazione della pericolosità (violenza) sia da ricercare invece nella disperazione sociale/alcolismo, nella criminalità organizzata, nell’eccesso(strumentalizzato ad hoc dai diversi poteri -venerdì 22 marzo è in programma la partita di calcio tra Serbia e Croazia…) del tifo sportivo. Ancora: “Se dovesse prevalere una visione (non estranea alla “riforma Basaglia”) che nega la malattia mentale negando anche la violenza che essa può comportare, c’è il rischio che non si vada oltre l’assistenza. Prevarrebbe una visione positivistica nella quale il massimo traguardo cui i pazienti possono ambire è un certo grado di inserimento sociale, e non il recupero delle loro capacità di sentire, provare affetti, pensare e relazionarsi liberamente.”. In conclusione del suo articolo (che è solo in parte una recensione) la professoressa Homberg teorizza la prevenzione, senza precisare bene che cosa intenda come tale; ma, vista la sua posizione precedentemente espressa, anche con ampio ricorso a citazioni tratte dal testo, l’idea di “prevenzione” non rassicura: ci sarebbe il rischio di un controllo sociale sulle menti e i suoi cuori delle persone, soprattutto di quelle considerate (ma da chi? Chi sarebbero coloro che verrebbero nominati quali “valutatori”, in base a quali criteri? Gli psichiatri, magari…) “potenzialmente pericolose”. Altro che Basaglia. Qui si andrebbe verso una lettura neo-conservatrice di Basaglia (che comunque, con tutti i suoi limiti, individuati anche da Antonucci, ma in ben altro senso… era altra cosa e si infurierebbe giustamente a sentire simili proposte), decisamente inaccettabile.
Eugen Galasso
Pubblicato il 9 April, 2013
Categoria: Testi
Hallucinations: Oliver Sacks -Recensione Eugen Galasso
Ormai diffuso nelle librerie di lingua inglese dallo scorso novembre, il nuovo libro di Oliver Sacks, “Hallucinations” (Picador), che attende ancora una traduzione italiana, come altre opere del famoso neurologo, “neuroscienziato”e scrittore inglese operante negli States, che a luglio compie 80 anni, crea un fecondo scompiglio. Pur se Sacks non esclude l’allucinazione psicotica, ma la relativizza al minimo, quasi escludendola nella prassi, in questo testo e nel dibattito intorno ad esso, l’autore non trascura di raccontare le sue personali esperienze con l’acido , ossia l’LSD, certo non facendone un’apologia, tutt’altro. Esperienze comuni, peraltro, a un Timothy Leary, psichiatra e antropologo che dell’LSD è stato definito, abbastanza impropriamente “il guru”, a Albert Hofmann, il chimico che l’acido in questione ha isolato, venendone considerato “il padre”, allo scrittore Aldous Huxley, a Ernst Juenger, scrittore e teorico anche “della destra”, anzi molto amato in quei settori, ma ormai anche a sinistra (Masini e Cacciari hanno fatto scuola…), a tutta la beat generation (William Burroughs, Jack Kerouac, Allen Ginsberg, Peter Orlowsky, Lawrence Ferlinghetti, Gregory Corso, il cineasta Dennis Hopper); ma, al di là della (pericolosa, inutile ripeterlo) sperimentazione con gli “allucinogeni”, le allucinazioni, come Sacks racconta, sono anche fattrici e almeno fautrici di “conoscenza altra”. Anticamente, Aristide ne parlava nei “Discorsi sacri”, più tardi ne parlano i mistici e i “santi” (chi scrive non accetta in absoluto il lemma), la creatività artistica ne nasce, come nasce da sogni, incubi, “sogni ad occhi aperti”, dall’ambito che si può definire “second sight” (seconda vista) e che gli Orientali (e quegli occidentali che seguono l’Oriente)chiamano “terzo occhio”. Sacks, ateo convinto, è molto scettico sulla possibilità di”epifanie relative all’Assoluto” (chi scrive ha una posizione diversa, ma non importa). Importante è invece soprattutto che Sacks ci dica con estrema chiarezza che “in altre culture sono state considerate come doni degl dèi o delle Muse, ma nei tempi moderni sembra che esse portino con sé un ominoso peso nell’opinione della gente, quasi fossero presagi di gravi disordini mentali o neurologici” (pur in un’ottica”moderata”, dunque, Sacks smentisce ciò: chi è in preda a stati “allucinatori”, vede cose “altre”o “sente voci”- ma di questo Sacks parla altrove, in altri testi-non è un “pazzo”, ha “esperienze e conoscenze altre”, è importante dirlo, contro chi per es. sostiene il diritto al TSO facile). “Nella maggior parte dei casi esse (allucinazioni, sott.) sono benigne e, invero, in molte circostanze, del tutto normali, dove non ci piace il riferimento a una presunta “normalità”, ma, provando a sostituire a “normali”, “consuete”, le cose andrebbero già molto meglio. Stanchezza, difetti della vista, altre cause, starebbero alla base di queste famose “allucinazioni”, dove la parola deriva da “ad lucem” o “ad luces”, cioè “presso la luce” o “presso le luci”, per indicare la liminalità delle esperienze di cui si parla. Da considerare, questa piccola “rivoluzione copernicana”, che Sacks opera, di fatto smentendo quanto invece la psichiatria ha canonizzato, ponendosi al servizio della repressione, comunque sia. Sarà che un serio neurologo è “altro dallo psichiatra”, come Giorgio Antonucci sottolinea sempre… Eugen Galasso
Pubblicato il 2 April, 2013
Categoria: Testi