Archive for October, 2016

Ricordi di pace e di guerra – Giorgio Antonucci






“Se moro, ricopritemi di fiori
e sottoterra non mi ci mettete:
Mettetemi di lì de chelle mura
Dove più volte vista mi ci avete”
Da un rispetto toscano musicato da Ugo Wolf
Giorgio Antonucci –

Firenze Maggio 1983

In quella sala anatomica di via Alfani, all’istituto di anatomia normale, mi pareva che gli ostacoli sulla via della conoscenza, fossero teoricamente infiniti, e che fosse in pratica impossibile laurearsi in medicina.
Il corpo di una giovinetta quindicenne, portato il giorno prima, era già oggetto dell’interesse anche licenzioso di un gruppo di studenti.
Io me ne stavo da una parte con un cuore in un vaso di formalina a cercare di capirne la struttura contorta in aperto conflitto con la mia scarsa capacità di concentrarmi almeno in quell’ambiente.
In quel periodo la notte facevo sogni spaventosi con corpi che si contorcevano nelle fiamme o con mani bianche che mi stringevano. Tra gli studenti universitari io (abituato alla vita più familiare) mi sentivo completamente estraneo e fuggivo via spesso perché mi sentivo addosso l’impressione spiacevole di essere di troppo. Del resto i miei diciassette anni erano d’una tristezza che raramente poi ho ritrovato di nuovo.
Non riuscivo a capire dove era che gli altri giovani miei colleghi trovavano la loro sicurezza che spesso anche si trasformava in esuberanza.
Mi ritiravo per conto mio e al più presto mi allontanavo facendo lunghe passeggiate per la città da solo e tra sogni a occhi aperti puramente immaginari e impossibili a realizzarsi.
La morte (che vedevo nei corpi della sala anatomica) mi pareva a portata di mano, sul punto di verificarsi, e mi angosciava il vuoto d’esperienza che mi sentivo dentro.
Era la conoscenza intuitiva del distacco dalla vita reale in cui mi avevano educato. Ero un giovinetto cerebrale, con niente corpo, oppure con un corpo che mi pesava come un’appendice superflua.

Un rapporto col corpo soltanto al negativo era dovuto a una molteplicità di esperienze che andavano dal disprezzo culturale del corpo in genere, al disprezzo del proprio corpo individuale visto come qualcosa di irrimediabilmente difettoso.
E questo doppio concetto concavo era stato costruito colpo su colpo fin dall’infanzia.
Naturalmente non era legato a nessun difetto reale: mia madre mi diceva sempre: – non vedi che sei magro come uno stecco -.

A livello astratto la religione m’era sembrata inaccettabile e ridicola fino dai dodici anni quando ero un lettore ammirato del “Dizionario filosofico” di Voltaire e già da tempo avevo in antipatia l’autoritarismo o ipocrita o brutale dei preti che avevo conosciuto.
L’orgoglio dell’individualità e l’insofferenza alla sottomissione sono una delle mie esperienze interiori più antiche.
Però pareva un paradosso questa congiunzione dell’individualismo più spinto con il sentirsi di troppo e in condizione d’inferiorità in ogni momento.
Non riuscivo a capire quali sarebbero stati gli effetti di questa stessa mescolanza.
A volte così pensavo che sarebbe stato molto meglio morire subito (visto che poi in realtà non sarebbe cambiato niente) e andavo a passare pomeriggi interi fino a sera davanti ai binari della stazione del Campo di Marte.
Ma era anche questa una fantasia irrealizzabile.
Era un altro modo di sognare a occhi aperti, aiutato anche della mia passione per i treni che mi s’era sviluppata fin da bambino.
Il professore di anatomia era un ometto opaco che faceva lezioni pignole sugli strati del pelo e che nella sua giovinezza, si diceva, era stato molto fedele al fascismo.
Il custode della sala anatomica era un uomo grasso e grosso che preparava i pezzi di cadaveri con l’accetta e si chiamava Dante.
L’istituto di via Alfani era un labirinto di stanze e di chiostri, che a me pareva uno di quei luoghi in cui si entra e poi non si trova più la via d’uscita come succede spesso in sogno.
Una volta lì io mi ero rifugiato in un sotterraneo per sfuggire ai cacciatori di matricole.
L’Università degli anni ’50 a Firenze era una istituzione morta con studenti timorosi e conformisti che si preoccupavano di informarsi in anticipo delle domande che i professori avrebbero fatto agli esami legate all’ignoranza e ai pregiudizi che quegli individui nulli di cultura e privi di immaginazione si erano portati in cattedra. I professori venivano tutti dalla cultura anteguerra basata esclusivamente sulla sottomissione alle autorità e sulla chiusura totale ad ogni tipo di emancipazione sociale.
Fu ad Arcetri alle lezioni di Fisica che conobbi per la prima volta Jervis, uno studentello diligente e presuntuoso con la puzza sotto il naso che viveva già da privilegiato perché veniva da una famiglia bene.
I più disprezzati erano gli studenti che venivano di fuori città e non avevano una famiglia importante.
Io in quel tempo leggevo con molto interesse un librettino sugli esistenzialisti che a proposito di Kafka portava un capitolo col titolo che definiva lo scrittore come uno straniero nella città degli uomini. Mi ricordo che per questo comprai i “Diari” di Kafka e cominciai a occuparmi delle sue poesie e del suo pensiero. Allargavo le mie letture che in precedenza per le poesie erano state prevalentemente leopardiane. Al liceo la mia passione per Leopardi poeta e pensatore era per lo più ritenuta una stravaganza da considerarsi con sospetto e con ironia specie in un ragazzo come me già chiaramente orientato a non accettare passivamente l’ipocrisia moralistica e la retorica culturale degli insegnanti. Particolarmente disgustosi erano gli insegnamenti di religione.
La corruzione morale che deriva dall’etica cattolica pervade gli uomini fino al midollo delle ossa. L’ambiguità diventa apparentemente un fatto naturale.
Devo dire che nella mia famiglia non erano religiosi né mia madre né mio padre. Però i pregiudizi della morale religiosa arrivano anche per via indiretta.
Altra cosa è pensare ore intere nella penombra di Santa Maria del Fiore a riflettere sulla morte e a guardare i cavalli antichi disegnati dai pittori.
Nei miei anni di Liceo pensavo che una conoscenza dettagliata del corpo umano, come avrebbe dovuto fornire la medicina, sarebbe stata molto utile per capire meglio il significato del nostro essere nel mondo. Avevo scelto la medicina (invece che l’ingegneria o la fisica come avrebbe preferito mio padre) si può dire per ragioni filosofiche, o meglio per affrontare più da vicino il problema della conoscenza da cui pensavo che sarebbero derivati logicamente principi di vita pratica.
In questa logica l’interesse per l’anatomia e per l’istologia erano grandi e a livello teorico mi parevano un’avventura straordinaria.
Così mi ero internato da solo nello studio del grandioso “Trattato di istologia” del Levi cercando di approfondire al di là delle strutture minute delle cellule anche i problemi chimici e fisici a cui rimandavano.

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Pubblicato il 12 October, 2016
Categoria: Notizie

Intervista al dottor Giorgio Conciani – di Giorgio Antonucci

 

 

 

Il dottor Giorgio Conciani, ginecologo fiorentino, 54 anni, è uno dei protagonisti della trasformazione della cultura italiana negli ultimi anni.
Fin dai primi tempi della sua attività scientifica si è interessato con successo al superamento della grave situazione in cui si trovava il nostro paese in rapporto al fenomeno dell’aborto clandestino.
Ha introdotto in Italia dall’Inghilterra la tecnica moderna dell’aborto per aspirazione.
In collaborazione con De Marchi e con l’AIED, mediante il costituzionalista Barile ottenne dalla Corte Costituzionale il riconoscimento della legittimità della propaganda anticoncezionale.
Lavorando con il CISA ((?)) e con alcuni esponenti radicali partecipò alla preparazione del referendum di cui derivò la legalizzazione dell’aborto.
Attualmente è di nuovo al centro dell’attenzione delle cronache perché è uno tra i pochi chirurghi che praticano in Italia la sterilizzazione maschile.
Firenze, 1983

In molti paesi dell’Est la sterilizzazione non solo è lecita, ma è raccomandata e incoraggiata in tante maniere, a volte addirittura con premi in denaro. Così anche in India. Poi in generale i paesi protestanti non hanno difficoltà, siccome da loro l’individuo conta di più e la religione incoraggia la scelta individuale. I problemi sorgono invece nei paesi a forte componente cattolica come la Spagna il Portogallo l’Italia.
Per i paesi dell’Islam ci sono da considerare altri problemi di costume come la differenza sociale tra uomini e donne che è molto più accentuata che da noi.
Ma in Tunisia che è a mio parere uno dei paesi islamici culturalmente più avanzati il governo incoraggia moltissimo la sterilizzazione, però si preferisce quella femminile. Così pochissimi uomini e molte donne. Quando c’è il premio, se mai è il marito che accompagna la moglie, la porta a farsi l’operazione come una capretta. E dice “ sterilizzati e piglio i soldi”.
Domanda:
Ora dimmi un po’ sempre in materia di contraccettivi per l’uomo ho sentito parlare e ho letto che ci sarebbe “la pillola maschile”. Cosa ne pensi?

Risposta:
C’è infatti una ricerca in questo senso per vedere se si potesse bloccare la formazioni degli spermatozoi. In effetti gli spermatozoi sono tanti milioni e il pensiero di poterli bloccare tutti fa cadere le braccia se si pensa quanto più semplice bloccare un solo ovulo al mese com’è nel caso della fisiologia delle donne.
Per ora le sostanze che sono state studiate per bloccare la formazione degli spermatozoi in verità non sono innocue. Le sostanze ormoniche di tipo femminile che provocherebbero una castrazione medica temporanea – se ne parlato negli Stati Uniti a proposito di casi di stupro come ipotesi di intervento giudiziari, cioè su incarico del tribunale- procurano nell’uomo modificazioni fisiche come lo sviluppo del seno e probabilmente anche impotenza, per cui proporle come anticoncezionali è una contraddizione in termini e penso proprio che l’indice di gradimento non sarebbe molto elevato!
I Cinesi avevano trovato una sostanza che viene fuori dall’olio del cotone, ma si è visto che è un prodotto ad alta tossicità, specialmente per il figlio.
Per cui per ora il controllo delle nascite per “pillola maschile” non è proponibile.

Domanda:
Ecco ora parliamo della “pillola femminile” perché come tu sai le opinioni sul suo uso non sono concordi. Ci sono donne che non le usano perché hanno paura che sia dannosa alla salute. Tu cosa ne pensi?

Risposta:
Per capire questa contraddizione bisogna tener conto che sugli anticoncezionali c’è stata sulla stampa una campagna contro da parte dei moralisti. I moralisti dicevano: “se si toglie la paura della gravidanza si scatena la libidine”.
Però queste pure dei moralisti sono nettamente contraddette dalla realtà. Adesso noi ormai abbiamo alcune decine di anni di pratica della pillola e le donne che erano misogine prima son rimaste misogine anche dopo, e anche quelle che non erano misogine non hanno cambiato.
Non c’è stato in pratica nessun cambiamento di comportamento. Evidentemente nel comportamento della donna ci sono motivi psicologici molto più profondi che non la paura della gravidanza.
Però la remora moralistica ha portato a una cattiva stampa e a una informazione sbagliata.
Anche i medici, che in genere, come sai, sono conservatori, si sono dedicati di più a calunniare la pillola che non a fornire una reale informazione scientifica.
Così hanno cominciato ad associare arbitrariamente la pillola con il cancro, la pillola con malattie della circolazione ecc, e hanno seminato la paura e il dubbio nell’opinione pubblica.
Pi c’è anche la contraddittorietà dell’animo umano e la complessità della psicologia.
Infatti la donna che ragionevolmente dovrebbe prendere la pillola, però certe volte non la prende perché preferisce rischiare anche magari di restare incinta. La vita sessuale non è una cosa semplice. Come tutti dovremmo sapere.
Lo dimostra anche il fatto che nella sessualità il limite tra il piacere e il dolore è abbastanza sfumato, si può facilmente passare dal piacere al dolore e viceversa. Così fra le componenti stimolanti ci può essere anche il rischio. Il rischio può essere anche una risposta di liberazione nei riguardi del senso di colpa.
Così si spiega come alcune donne sembra che i guai se li vadano a cercare. Noi abbiamo statistiche apparentemente incredibili di donne che recidivano nell’aborto quando sembrerebbe più logico evitarlo.

Domanda:
Questo discorso mi fa venire in mente le contraddizioni che ci sono anche sul concetto di violenza sessuale. Cosa puoi dirmi a proposito?

Risposta:
Posso dirti che secondo me è difficilissimo discutere una legge sulla violenza sessuale se si sa quali sono le differenze individuali tra i modi di pensare su questo argomento: che cosa è violenza e che cosa no, non è facile a dirsi e cambia assai da una donna all’altra, perché per una donna può essere violenza un pizzicottino sul sedere e per un’altra può non essere violenza anche un rapporto completo.
Per questo io non ci tengo affatto a essere chiamato a discutere schemi di comportamento. Però tengo a dire che la sessualità non è per nulla “quel rapporto tra uguali” che alcuni vorrebbero. E’ una mescolanza d’impulsi di cui fan parte anche un tanto di aggressività e di desiderio di sopraffazione. E’ certamente un cocktail assai complicato.

Domanda:
Tu sei uno di quelli che in questi anni con chiarezza ha posto dei problemi nuovi in una società arretrata e bigotta come la nostra. Per questo vorrei che mi parlassi della tua storia.

Risposta:
La mia storia è una progressione. Fin dai primi tempi, quando ero laureato e facevo la scuola di specializzazione in ginecologia, vedevo che la gravidanza non voluta era un problema gravissimo, perché l’unica soluzione possibile era l’aborto clandestino.
L’aborto clandestino era criminale in tutti i sensi perché per praticarlo venivano usati mezzi medioevali, per cui le donne pagavano dei prezzi altissimi., spesso anche la morte.
A me sembrava altamente immorale che tutte le conseguenze dell’atto sessuale dovevano ricadere sulla donna.
Così appena specializzato (si era alla metà degli anni ’50) mi misi in contatto con De Marchi, segretario dell’AIED, per organizzare una filiale di questa organizzazione, che serviva da consultorio per l’informazione su questi problemi e per la pratica anticoncezionale. Allora la pillola non c’era in Italia e noi facevamo venire le pillole di contrabbando dagli Stati Uniti.
Come anticoncezionali si usavano più che altro il diaframma vaginale e altri metodi di barriera come ad esempio ovuli o preservativi che a quel tempo non erano neanche molto buoni. Così si fu incriminati perché la propaganda anticoncezionale costituiva, credo secondo il codice Rocco, la qualifica come atto significativo contro l’integrità della stirpe. Fummo processati e ne siamo usciti con l’amnistia. Comunque questi processi consentirono a De Marchi e all’AIED con il costituzionalista fiorentino Barile di far ricorso alla Corte Costituzionale la quale stabilì che, sulla base della libertà di espressione sancita dalla Costituzione, la propaganda anticoncezionale doveva ritenersi legittima. Di conseguenza anche le pillole furono messe in vendita con la scritta di anticoncezionali, mentre prima erano vendute come regolatori delle mestruazioni secondo certe finezze di ipocrisie all’italiana. Intanto io, mentre ritenevo intollerabili i misfatti dell’aborto clandestino, vedevo che via via nei paesi più avanzati venivano nuove leggi sulla regolazione dell’aborto come negli anni ’72 e ’73 in Inghilterra e negli Stati Uniti. Invece paesi come l’Olanda facevano l’aborto ufficialmente nonostante che sia rimasto illegale.
Questo è un caso in cui i costumi hanno esplicitamente sopravanzato la legge.
Nella Svezia e nei paesi dell’Est l’aborto era legale da un’infinità di tempo.
Intanto io andai a Londra a fare un corso di aggiornamento sugli anticoncezionali e in un ospedale londinese assistetti alla nuova tecnica dell’aborto per aspirazione che io stesso ho poi introdotto in Italia. Un metodo semplice rapido e non pericoloso praticato con anestesia senza sofferenza per la donna.
Mentre da noi ancora le donne continuavano ad andare a morire dalle mammane con il prezzemolo come nel Medioevo.
Allora decisamente io dissi a De Marchi, segretario dell’AIED e traduttore ufficiale di William Reich in Italia, che bisognava affrontare senza esitazioni il problema dell’aborto. Ma lui stesso, pur essendo d’accordo con me, non se la sentì di entrare direttamente in queste iniziative. Nel frattempo si era formato un gruppo in seno al partito Radicale – siamo negli anni ‘73/’74 – che a Milano aveva fondato il CISA – di cui facevano parte tra le altre Adele Faccio e Emma Bonino e aveva tra gli (((animatori))) Guido Tassinari che in seguito sarebbe stato il promotore dell’Associazione per la Sterilizzazione. Così cominciò la mia collaborazione con i radicali, che per me andava bene perché come orientamento politico sono sempre stato un liberale libertario.
Nel gennaio del’75, dopo un anno di lavoro, ci lo scandalo della mia villa qui a Firenze, dove facevo gli aborti in stretto rapporto con il CISA.
Quello per me fu un periodo della vita veramente interessante. La clinica, organizzata da me, funzionava molto bene, si interveniva con la tecnica dell’aspirazione che, come t’ho detto, avevo imparato in Inghilterra; gli interventi, svolti in anestesia generale, duravano 10 minuti: e la donna era assistita e consigliata prima e dopo con il più alto grado di professionalità medica e paramedica. E a prezzi modici.

Domanda:
Ma poi cos’è accaduto con la magistratura?

Risposta:
Ecco cominciarono le disavventure con l’intervento del potere pubblico, lo smantellamento della Clinica, e l’incarcerazione mia, di Gianfranco Spadaccia e della Adele Faccio. Allora la Bonino si rifugiò all’estero.

Domanda:
E qual’era l’accusa?

Risposta:
L’accusa precisa era per associazione a delinquere aggravata. Fu la prima volta che fui incarcerato. Anche gli infermieri che lavoravano per me ebbero un sacco di fastidi e di complicazioni per il loro lavoro e per la loro vita privata.
Però questa azione è stata la premessa dell’iniziativa di raccolte di firme per ottenere il referendum sull’aborto.
Il referendum sull’aborto fu un’idea geniale di Pannella, che allora ancora ne aveva, e la raccolta delle firme, organizzata anche con pochi mezzi, fu un’esperienza entusiasmante a cui io partecipai direttamente.
Fu un avvenimento culturale nuovo e spontaneo che portò rapidamente alle cinquemila firme che servivano.
Poi siamo arrivati alla legge sull’aborto, che pur non essendo del tutto convincente, comunque ha dato una botta mortale all’aborto criminoso, che oggi è quasi scomparso.
Ma prima di arrivare a questo risultato allora, dopo lo smantellamento della Clinica, con il CISA continuammo ad intervenire per fare gli aborti quasi di nascosto di casa in casa. In questo modo, in due anni dal’75 al’77, ((( ))))))) arresti, mi sono fatto se ricordo bene, almeno sei mesi di carceri. Così ho una bella esperienza personale anche sul carcere in Italia.

Domanda:
Ecco che cosa ti ha fatto capire di preciso la tua esperienza di detenuto?

Risposta:
Forse quelli che si sopravvalutano vanno incontro a una esperienza abbastanza singolare. Tutto di colpo ti accorgi che non sei nessuno, ti trovi in una perdita d’identità. Tra l’altro in prigione uno che conta può essere il Valanzasca o un bandito pluriomicida, il dott Conciani non esiste, nemmeno ti considerano più dottore, oppure ti chiamano dottore per prenderti in giro. Per esempio nell’iniziazione della massoneria ti tolgono tutti gli oggetti personali per farti provare la spoliazione, per farti vedere come ci si sente senza tutte le cose proprie. Così in carcere ti tolgono tutto.

Domanda:
E’ la stessa cosa che si fa nei campi di concentramento e nei manicomi…..

Risposta:
….certamente, e poi ancora sei costretto a conoscere da vicino la violenza gratuita, te vedi uno che viene fatto ubriacare e poi a forza di spinte gli spaccano tre o quattro ossa solo per divertirsi, per fare quattro risate, gli uomini sidetti in cattività diventano, come del resto anche gli animali, più aggressivi e più violenti, per cui in questa collettività chiusa si verificano i giuochi più crudeli e gli episodi più feroci. Anche se la violenza di questo tipo non manca di certo fuori.

Domanda:
Ritornando al discorso sui costumi sessuali, vorrei sapere che cosa è cambiato secondo te in questi anni in Italia? Si vive diversamente o si vive come prima?

Risposta:
Direi che qui da noi la “rivoluzione sessuale” non ha fatto grandissimi progressi. E’ certo che c’è una maggiore libertà là dove le condizioni economiche sono migliorate. E’ vero per altro che alcuni tabù come per esempio quello della verginità sono un po’ svalutati, ma di qui a parlare di libertà sessuale o di amore libero, direi che ce ne corre. Da noi in Italia queste cose sono ancora da letteratura. Tanto più che dopo il salto in avanti, come tu sai, c’è stato il salto indietro.
Socialmente uno dei fenomeni che è balzato alla ribalta in maniera clamorosa nelle ultime decine d’anni, e che non era da prevedere, è quello dell’omosessualità. L’omosessualità ora è molto più palese e molto più accettata.

Domanda:
Secondo alcuni, anche a livello di teorie psicologiche, l’omosessualità è una parte naturale della sessualità di ognuno, secondo altri invece è un ripiego, tu cosa ne pensi?

Risposta:
Naturalmente tu trovi sia quello che ha una esperienza omosessuale momentanea, non so ad esempio durante il servizio militare, poi ritorna alle donne, sia quello che segue l’omosessualità anche per tutta la vita, poi c’è chi è bisessuale e così via. Anche tra le donne c’è la stessa varietà. Come ti dicevo, nella sessualità, se la vediamo senza preconcetti, ci sta tutto, è una cosa vasta che non può essere ridotta a schemi. Come nell’arcobaleno sono previsti tutti i colori così nella sessualità sono previste tante soluzioni.

Domanda:
E la società come deve regolarsi?

Risposta:
Secondo me, quando non c’è violenza della personalità dell’altro come succede ad esempio nella pederastia, devono essere rispettate tutte le scelte. Se uno vuol fare l’asceta può anche farlo, ma dev’essere una scelta sua.

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Pubblicato il 6 October, 2016
Categoria: Notizie

La Sesta Edizione del “Premio Giorgio Antonucci” – I Premiati




La sesta edizione del “Premio Giorgio Antonucci” per la riconoscenza di merito nella difesa dei diritti umani dei cittadini pazienti – loro – malgrado della psichiatria, è stato vinto da Eugenia Omodei Zonini (http://centro-relazioni-umane.antipsichiatria-bologna.net/2009/04/14/recensione-di-eugenia-omodei-zorini-diario-dal-manicomio-ricordi-e-pensieri-giorgio-antonucci/) e Massimiliano Boschi (http://www.arcoiris.tv/scheda/it/2406/)



La cerimonia sarà a Firenze, in vi San Gallo, il 26 novembre 2016.

Le passate edizioni:


La prima edizione, nel 2008, è stato premiato Piero Colacicchi (https://www.youtube.com/watch?v=Yo4REP7KH50).


La seconda edizione sono stati premiati Massimo Golfieri (https://www.youtube.com/watch?v=yeI19yvXt9Q) e Giovanni Angioli (https://www.youtube.com/watch?v=UZ-yLEAfaog).


La terza edizione sono stati premiati Maria D’Oronzo (https://www.youtube.com/watch?v=-xiwU3Z5NAk), Valentina Giovanardi e Andrea Passigli


Video della cerimonia del “Premio Giorgio Antonucci” 2013



La quarta edizione sono stati premiati Stefania Guerra Lisi Aldo D’Amico (https://www.youtube.com/watch?v=8bD4p8POzsQ), Vito Totire (https://www.youtube.com/watch?v=dqAWeZ_nXOc).


La quinta edizione sono stati premiati Giuseppe Garuti (https://www.youtube.com/watch?v=fuJCUE3L2OU), Maurizio (), Armando Verdiglione (https://www.youtube.com/watch?v=20it0ohR7Sw) Eugen Galasso (https://www.youtube.com/watch?v=vp-9-2cFjwk).

Pubblicato il 3 October, 2016
Categoria: Notizie, Testimonianze

Centro di Relazioni Umane (Bologna) — Maria Rosaria d’Oronzo