Intervista a Giorgio Antonucci su Radio Radicale
Intervista a Giorgio Antonucci sul suo libro “Diario dal manicomio. Ricordi e pensieri“, ed. Spirali
11 dicembre 2006
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Pubblicato il 25 August, 2008
Categoria: Audio
Intervista a Giorgio Antonucci su Michel Foucault- di Clarissa Brigidi
La Storia della follia e il potere psichiatrico in Michel Foucault.
Con due interviste a Giorgio Antonucci sull’antipsichiatria e su Michel Foucault.
Tesi di laurea di Clarissa Brigidi in Filosofia della storia
Fare di un sentimento che cambia o di un atto di collera un sintomo di schizofrenia vuol dire farne al tempo stesso un marchio di follia. Significa stabilire un rapporto di potere che permette di isolare, di rinchiudere, di sospendere i diritti e di interrompere la vita. […] Nell’ordine della malattia mentale, per il sintomo non è tanto questione di manifestarsi bensì di «marcare a fuoco».
M. FOUCAULT, Dalle torture alle celle
C. B. Comincio col porle una domanda sul razzismo, dal momento che ho riscontrato che sia Lei che Foucault affermate come la psichiatria sia implicata in pratiche razziste.
Foucault nel corso dedicato a Gli anormali, dopo aver descritto come la teoria della degenerazione abbia consentito un forte rilancio della psichiatria riferendo qualsiasi devianza ad uno stato di degenerazione, prosegue la sua analisi affermando che:
[…] la psichiatria ha potuto- a partire dalla nozione di degenerazione e dalle sue analisi dell’ereditarietà- dare luogo a “un” razzismo. […] Il razzismo che nasce dalla psichiatria di quest’epoca è il razzismo contro l’anormale, il razzismo contro gli individui che, in quanto portatori di uno stato, di uno stigma, di un difetto qualsiasi, possono trasmettere alla loro discendenza, nel modo più incerto, le conseguenze imprevedibili del male, o piuttosto del non-normale che recano in sé. Si tratta […] di un razzismo interno, un razzismo che permette di filtrare tutti gli individui dentro una determinata società1.
Lei, nel suo libro I pregiudizi e la conoscenza critica alla psichiatria sostiene che psichiatria e razzismo hanno una base comune. Mi può parlare di questo concetto alla luce anche di quanto ha detto Foucault?
G.A. Concordo con quanto dice Foucault. Alla base di questo, però, c’è il giudizio sul diverso, sugli altri. Con l’ideologia razzista si vorrebbe stabilire che alcuni popoli sono inferiori e altri superiori: per esempio, si è detto dei popoli africani che erano inferiori perché si rivolgevano allo sciamano come guida spirituale. Alcuni sostenevano che una razza fosse inferiore biologicamente, altri come Heinrich Himmler pensavano che lo fosse spiritualmente. Tuttavia la questione nasce dal giudicare l’altro, il diverso come un essere inferiore: dall’insofferenza per il pensiero diverso nasce sia il razzismo che la psichiatria. Storicamente la psichiatria e il razzismo hanno anche dei pensatori in comune: Lombroso oltre che psichiatra fu ideologo razzista: infatti fu direttore del manicomio di Pesaro e teorico dell’inferiorità etnica delle popolazioni non bianche.
Intervista a GIORGIO ANTONUCCI su l’antipsichiatria-di Clarissa Brigidi – I Parte
Intervista a Giorgio Antonucci sull’ antipsichiatria.
Tesi di laurea di Clarissa Brigidi in Filosofia della storia.
La solitudine della persona internata in manicomio è senza paragoni. “Non è solo celle , spioncini e cortili. E nemmeno soltanto psicofarmaci e elettroshock. È’ invece isolamento assoluto di chi, al contrario di tutti gli altri internati di carcere o di lager, è considerato, sia pure arbitrariamente, senza pensiero, o, che è lo stesso, privo di un pensiero razionale o, come si dice, con un pensiero malato”. Giorgio Antonucci
“Fatto sta che all’ospedale di Imola, ci sono dei reparti chiusi dove i ricoverati girano in tondo con tranquilla disperazione e dei reparti aperti (una minoranza) dove uomini e donne che sono stati legati a letti per anni e considerati irrecuperabili ora girano pacifici, liberi di entrare e uscire. Hanno smesso di essere violenti e irresponsabili nel momento in cui si è smesso di trattarli con violenza, come degli irresponsabili”. Dacia Maraini, Paese sera,6/7/1980
C. B: Qual è stata la sua esperienza all’interno dell’istituzione psichiatrica in Italia, riferendosi in modo particolare al periodo in cui ha lavorato a Gorizia? Che cosa significava in quel momento operare per lo smantellamento del manicomio?
G.A. Sono stato chiamato a Gorizia nel 1969 dopo avere incontrato più volte alla “Tinaia” Cotti e Tesi: Cotti è un professore di Bologna ed è stato uno dei primi in Italia ad aver tentato di cambiare le cose, al manicomio Roncati di Bologna, cercando di instaurare con le persone internate un rapporto di dialogo finalizzato alla loro restituzione alla vita civile. Basaglia informò Cotti che c’era un nuovo reparto dell’Ospedale Civile di Cividale del Friuli, indicato come reparto neurologico, che poteva essere utilizzato come reparto di ospedale civile in alternativa al manicomio. Allora Cotti decise di lasciare provvisoriamente Bologna per andare a Cividale a tentare questa nuova esperienza. E siccome mi aveva conosciuto per il lavoro che facevo a Firenze di evitare l’internamento alle persone, mi propose di andare a lavorare con lui. La stessa cosa fu proposta ad un medico che già lavorava a Gorizia con Basaglia: il dottor Leopoldo Tesi. In questo modo si formò un gruppo di tre medici accomunati dalla convinzione che le persone con cui avevamo a che fare non erano persone malate da curare, ma individui spesso emarginati socialmente con i quali discutere problemi. Questo è stato il primo reparto di un ospedale civile, che Cotti aveva chiamato Centro di relazioni umane, in alternativa all’internamento in manicomio, tanto che vi arrivavano anche persone da Gorizia mandate da Basaglia. Per cui, siamo nel 1968, già a quell’epoca mi ero interessato di persone che si trovavano in situazioni difficili e che venivano dal manicomio di Gorizia diretto da Basaglia. Di solito me ne occupavo prevalentemente io perché, abitando a Firenze, non tornavo praticamente mai a casa e stavo lì sempre, notte e giorno e lavoravo in continuazione. Leggi l’articolo completo »
Pubblicato il 5 August, 2008
Categoria: Libri, Testi, Testimonianze
Intervista a dr. DAVID COHEN sui nuovi “promettenti farmaci antipsicotici”
Dopo la sua testimonianza all’Assemblea Generale del Vermont, Dendron ha chiesto al dr. Cohen qualche commento a proposito dei nuovi farmaci neurolettici, che sono chiamati neurolettici atipici, come la clorazina, il Risperidone e le olanzepine.
Domanda: Abbiamo visto dai rapporti medici che il cervello sembra “pasare al contrattacco” dopo un uso prolungato di neurolettici.
Cioè il neurolettico può spesso causare una modifica drastica nel cervello che porta a un peggioramento dei problemi emozionali e mentali che la persona originariamente aveva, e che questi problemi indotti dai farmaci possono essere particolarmente resistenti e persistenti. Talvolta questo effetto di rimbalzo si svela all’inizio durante la sospensione, sotto forma di una “sindrome di interruzione”. Che cosa ha da dirci a proposito degli ultimi psicofarmaci? Ci può commentare l’impatto sul cervello di questi nuovi neurolettici “atipici”?
Dr. Choen ha risposto: I neurolettici atipici sono chiamati “atipici” perchè
Pubblicato il 1 August, 2008
Categoria: Testi