“Frast’ uomo cromatico: Memorie ancestrali” Stefania Guerra Lisi – di Eugen Galasso
“Frast’ uomo cromatico: Memorie ancestrali”, di Stefania Guerra Lisi (Pietrasanta, Petrarte edizioni), docente a Roma Tre (Università romana) e nelle scuole Montessori di Roma, ideatrice del corso quadriennale sulla”Globalità dei linguaggi”, esperta di riabilitazione di “diversabili” sensoriali, motori e psichici, spiega qui le opere dell’artista fiamminga, ma residente a Carrara, non è un “semplice” catalogo d’arte, quanto un commento importante e in linea con quanto l’autrice fa e con il campo in cui opera da anni: la diffusione della creatività in ogni ambito, per ogni persona, l’individuazione degli archetipi nei quali si muove ogni cultura umana e ogni persona che ne sia partecipe. L’opera di Linda Roels, espressa nel “Bewusstwording” (divenire consapevole) formata a Gent/Gand (Accademia d’Arte), mima, che ha lavorato anche con l'”Arca”, compagnia teatrale del regista De Bels e del grande drammaturgo spagnolo Fernando Arrabal, colui che, con Roland Topor e Alejandro Jodorowski (oggi il “vate” della “psicomagia”), avevano creato il “Mouvement panique”, il movimento teatrale e in genere artistico che aveva rivitalizzato le tematiche surrealiste, senza peraltro inserirsi stabilmente nel surrealismo. E nell’opera di Linda Roels le tematiche “surreali”, ben più che “surrealiste” sono pienamente presenti, non come riproposizione del già conosciuto in forma nuova ma come individuazione di quegli elementi “eterni” che spesso riteniamo persi, ma, in quanto appunto”ancestrali”, ci appartengono, invece, a pieno titolo e che ritroviamo nell’arte, l’espressione più diretta e “materializzata” del nostro vissuto e delle tensioni verso ciò che vorremmo vivere. Un altro contributo importante per conoscere e conoscersi, in una dimensione di irruzione del'”onirico” nella nostra “realtà quotidiana”, dove virgoletto non a caso le due espressioni, in quanto risultano da una nostra volontà di classificare e di distinguere esperienze e realtà che, per es. in altre culture, sono e si presentano come unite, senza alcuna distinzione.
Eugen Galasso
Pubblicato il 31 December, 2013
Categoria: Notizie
Racconto vero di ieri (tutela massima privacy)-Eugen Galasso
Non mi capita spesso, in occasione extra-prassi, extra- rapporto con i clienti, di capitare in queste situazioni. Ieri, con una conoscente (quindi, non può essere cliente, per me in quanto reflector) mi spiegava il divenire di un suo spettacolo, realizzato in collaborazione con un famoso ballerino, tratto da “Il grande Gatsby” (“The great Gatsby”) di Francis Scott Fitzgerald(il romanzo è del 1925). Per non dare coordinate di riconoscibilità, tutelando al massimo la privacy, dirò solo che si tratta di un’attrice semi-professionista, un’intellettuale, moglie e madre di famiglia, senza aggiungere altro. Mi racconta della genesi faticosa ma feconda dello spettacolo, della difficoltà nel trovare un “fil rouge” comune con il danzatore, suo amico, con cui realizzerà lo spettacolo ma ha rotta l’amicizia, per controversie estetico-realizzative. Ad un certo punto narra di un sogno, in cui vedeva suo marito come un pedofilo, che minacciava suo figlio. Da sveglia, di mattina, inveisce contro il marito, colpendolo più volte (pugni e calci)finché il marito chiama il 113 e poi il reparto psichiatrico. Ricoverata in reparto (sempre racconto suo, cui peraltro mi attengo fedelmente), colpisce anche gli infermieri poi, sedata, dorme. Ricovero di 2-3 giorni, a quanto ho capito, avvenuto circa due mesi fa. Un TSO, senz’altro, di cui (definizione, modalità) la persona è all’oscuro. Ritiene di aver così “metabolizzato, capendola, la situazione”. Rimane il pregiudizio per cui chi grida ed inveisce va “rinchiuso” in “reparto psi”, non più in “manicomio” (oggi amiamo gli eufemismi). Ora: si tratta del culmine di una mera “crisi artistica” (non psichiatrica), di un work in progress faticoso, duro, che sfida la sensibilità e l’intelligenza (forte) di due persone, essendo nella fattispecie molto dotata (la donna) a livello logico-deduttivo (“pensiero convergente”) come anche anche creativo (“pensiero divergente”), mentre sul danzatore non posso esprimermi, ma essendo lui prevalentemente dotato, ritengo, soprattutto a livello “creatico-divergente”. Non mi azzardo ad interpretare il sogno, il cui senso comunque credo sia abbastanza chiaro (con transfert su altre persone), essendo il bambino in realtà la creazione artistica, lo spettacolo. Certo che, ancora una volta, la sola interpretazione freudiana (e in parte lacaniana) appare insufficiente…ma non voglio dire di più. Ancora una volta: A)La psichiatria non coglie il fulcro della cosa, anzi non coglie nulla, anche se la persona è convinta del contrario, anche se non vuole interessarsi dei “dettagli” (TSO, ricovero, sedazione, etc.); B)La creatività, ma anche la ricerca scientifica, quando attinge vette “estreme”, che impropriamente chiamiamo “parossistiche”, ha una sua dinamica, che porta al contrasto, allo sconto (meglio se non fisico, “nonviolento”, ovviamente). Dal furore michelangiolesco a quello beethoveniano, a quello di Van Gogh, che si taglia un orecchio, da Antonin Artaud, “inquieta” vittima della psichiatria e dell’elettroshock, allora invenzione recente (erano gli anni della Seconda Guerra Mondiale, dal 1939 al 1945, mentre Cerletti e Bini usarono per la prima volta la tecnica elettroconvulsivante nell’aprile 1938). Sapienti sat, per il sapiente/saggio basta così. Merry Christams, without (and against) psychiatry (Buon Natale senza e contro la psichiatria).
Eugen Galasso
Pubblicato il 25 December, 2013
Categoria: Notizie
A volte ritornano: le gabbie – Eugen Galasso
A volte ritornano: ma non solo i vecchi ceffi della politica (uno dei quali, che ha tagliato il traguardo degli 88 anni, si è fatto rieleggere, dopo vari tira e molla, Presidente della Repubblica, caso unico nella storia repubblicana, non solo in Italia….), non solo i fantasmi e simili nei libri di Stephen King, ma anche i vecchi pregiudizi , come quello psichiatrico, duri a morire. Non basta il pre-giudizio popolare verso e contro i “matti”, ma anche quello intellettuale. Oltre a Pier Aldo Rovatti, filosofo, marxista e fenomenologo, che in un libro recente (Restituire la soggettività, ediz.Alphabeta Verlag), scritto comunque da un”Basagliano”, che ora prende la distanza, parzialmente, dal “Maestro”, più decisamente critico nei confronti del “lascito” basagliano è Gianfranco De Simone, psichiatra (sic!) e psicoterapeuta che, in un articolo de “L’Unità” del 17.12.2013 rilegge Basaglia, tramite appunto Rovatti, come “incapace di prassi” (l’espressione, devo chiarirlo, non è dell’autore, è di chi scrive per riassumere quanto è in Rovatti, meglio, nel libro curato da Rovatti, con testi suoi e di altri), come condizionato da Binswanger e Heidegger (credo invece sia piuttosto la fenomenologia di Husserl ad aver agito su Basaglia, più che Heidegger…) oltre che da Marx, che avrebbe letto male (riassumo ancora una volta, ad usum lectorum). Ma quale, allora, l’alternativa proposta da De Simone: la psichatria “nuova”, quella di Massimo Fagioli, “guru” della sinistra radical-chic (poi, pare, passato con i Radicali di Pannella, a causa di screzi con i post-PCI), il vate di Ascoli Piceno che ha dato”vita nuova” a un orientamento che vuole il confronto, la soluzione dei conflitti etc. Lo psicoanalista che ha attratto registi come Marco Bellocchio, nonché folle acclamanti, parte comunque da una valutazione psichiatrica, che distingue, separa, pur se non in modo kraepeliniano-tassonomico. Finché si pongono barriere tra “sani” e “malati” nel campo della mente (concetto oltremodo discutibile e flou, come si è detto spesso, da parte di Giorgio Antonucci e, molto più modestamente, da parte di altri , tra cui chi scrive questa nota), finché ci si muove comunque in un’ottica in qualche modo “giudicante” verso la “patologia”, il passo “avanti” nei confronti di Basaglia è in realtà un netto passo indietro. In Basaglia, se pure contraddittoriamente, c’era la consapevolezza della non scientificità della psichiatria e della non esistenza della “malattia psichiatrica”; qui, con tutti i distinguo nobili e accettabili quali excusationes non petitae (giustificazioni non richieste) il pre-giudizio verso i malati da “aiutare” e in qualche modo da “curare” rimane, permane, per cui, rispetto ai “Matti da slegare”, essi non saranno più legati materialmente, ma imbrigliati in una gabbia (teorica ma non solo) che li fa ripiombare in una condizione di “minus habentes” rispetto agli altri.
Pubblicato il 20 December, 2013
Categoria: Testi
Presentazione documentario “Gli occhi non li vedono” – Maria D’Oronzo
Pubblicato il 9 December, 2013
Categoria: Eventi