Enrico Gianini, un esempio di repressione del dissenso – Eugen Galasso
Il caso di Enrico Gianini, ex operatore aeroportuale di Malpensa, sottoposto a pesanti restrizioni della libertà personale per aver espresso opinioni divergenti da quelle dominanti in materia di bio-ingegneria, attualmente ricoverato (potremmo dire “detenuto” ) presso una REMS: struttura che è “erede” del manicomio giudiziario, affermando di volerlo superare, ha dato adito a un importane incontro dell’Associazione radicale “Diritto alla follia”, che ora è diventata anche giuridicamente associazione di prevenzione sociale, con specialisti (psicologi, avvocati, medici e altre figure) che hanno evidenziato come lil caso di Gianini sia emblematico di una realtà nel quale si celebra l’abbraccio mortale tra psichiatria e giustizia, seguendo il paradigma lombrosiano, per cui ogni persona “psichicamente infera” (ossia in realtà chi non la pensa come la maggioranza dominante, “silenziosa” o meno che essa sia….) sia anche, almeno potenzialmente, un delinquente. In tal senso la dottoressa Maria Rosaria D’Oronzo, psicologa del Centro di relazioni umane, già collaboratrice del dottor Giorgio Antonucci e continuatrice del suo pensiero, ha rilevato come a suo tempo fossero considerati “semiinfermi di mente” Charles Baudelaire e Fjodor Dostoevsky, ossia due personalità che hanno profondamente cambiato la cultura moderna e poi contemporanea, ma che all’epoca erano ritenute “pericolose”, in quel caso da parte dello stesso nucleo familiare. In altri termini, la questione non sono solo i diritti (assolutamente legittimi) di Enrico Gianini, sottoposto a misure di “contenimento” assurde, come l’obbligo di assumere medicine (psicofarmaci nello specifico) contro la propria volontà, ma i diritti di tutte le persone, se pensano e dicono qualcosa che si distingue dalla “common opinion”. Eugen Galasso
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Enrico Gianini: https://www.youtube.com/@metalgoldrush