Ricordi di pace e di guerra – Giorgio Antonucci
“Se moro, ricopritemi di fiori
e sottoterra non mi ci mettete:
Mettetemi di lì de chelle mura
Dove più volte vista mi ci avete”
Da un rispetto toscano musicato da Ugo Wolf
Giorgio Antonucci –
In quella sala anatomica di via Alfani, all’istituto di anatomia normale, mi pareva che gli ostacoli sulla via della conoscenza, fossero teoricamente infiniti, e che fosse in pratica impossibile laurearsi in medicina.
Il corpo di una giovinetta quindicenne, portato il giorno prima, era già oggetto dell’interesse anche licenzioso di un gruppo di studenti.
Io me ne stavo da una parte con un cuore in un vaso di formalina a cercare di capirne la struttura contorta in aperto conflitto con la mia scarsa capacità di concentrarmi almeno in quell’ambiente.
In quel periodo la notte facevo sogni spaventosi con corpi che si contorcevano nelle fiamme o con mani bianche che mi stringevano. Tra gli studenti universitari io (abituato alla vita più familiare) mi sentivo completamente estraneo e fuggivo via spesso perché mi sentivo addosso l’impressione spiacevole di essere di troppo. Del resto i miei diciassette anni erano d’una tristezza che raramente poi ho ritrovato di nuovo.
Non riuscivo a capire dove era che gli altri giovani miei colleghi trovavano la loro sicurezza che spesso anche si trasformava in esuberanza.
Mi ritiravo per conto mio e al più presto mi allontanavo facendo lunghe passeggiate per la città da solo e tra sogni a occhi aperti puramente immaginari e impossibili a realizzarsi.
La morte (che vedevo nei corpi della sala anatomica) mi pareva a portata di mano, sul punto di verificarsi, e mi angosciava il vuoto d’esperienza che mi sentivo dentro.
Era la conoscenza intuitiva del distacco dalla vita reale in cui mi avevano educato. Ero un giovinetto cerebrale, con niente corpo, oppure con un corpo che mi pesava come un’appendice superflua.
Un rapporto col corpo soltanto al negativo era dovuto a una molteplicità di esperienze che andavano dal disprezzo culturale del corpo in genere, al disprezzo del proprio corpo individuale visto come qualcosa di irrimediabilmente difettoso.
E questo doppio concetto concavo era stato costruito colpo su colpo fin dall’infanzia.
Naturalmente non era legato a nessun difetto reale: mia madre mi diceva sempre: – non vedi che sei magro come uno stecco -.
A livello astratto la religione m’era sembrata inaccettabile e ridicola fino dai dodici anni quando ero un lettore ammirato del “Dizionario filosofico” di Voltaire e già da tempo avevo in antipatia l’autoritarismo o ipocrita o brutale dei preti che avevo conosciuto.
L’orgoglio dell’individualità e l’insofferenza alla sottomissione sono una delle mie esperienze interiori più antiche.
Però pareva un paradosso questa congiunzione dell’individualismo più spinto con il sentirsi di troppo e in condizione d’inferiorità in ogni momento.
Non riuscivo a capire quali sarebbero stati gli effetti di questa stessa mescolanza.
A volte così pensavo che sarebbe stato molto meglio morire subito (visto che poi in realtà non sarebbe cambiato niente) e andavo a passare pomeriggi interi fino a sera davanti ai binari della stazione del Campo di Marte.
Ma era anche questa una fantasia irrealizzabile.
Era un altro modo di sognare a occhi aperti, aiutato anche della mia passione per i treni che mi s’era sviluppata fin da bambino.
Il professore di anatomia era un ometto opaco che faceva lezioni pignole sugli strati del pelo e che nella sua giovinezza, si diceva, era stato molto fedele al fascismo.
Il custode della sala anatomica era un uomo grasso e grosso che preparava i pezzi di cadaveri con l’accetta e si chiamava Dante.
L’istituto di via Alfani era un labirinto di stanze e di chiostri, che a me pareva uno di quei luoghi in cui si entra e poi non si trova più la via d’uscita come succede spesso in sogno.
Una volta lì io mi ero rifugiato in un sotterraneo per sfuggire ai cacciatori di matricole.
L’Università degli anni ’50 a Firenze era una istituzione morta con studenti timorosi e conformisti che si preoccupavano di informarsi in anticipo delle domande che i professori avrebbero fatto agli esami legate all’ignoranza e ai pregiudizi che quegli individui nulli di cultura e privi di immaginazione si erano portati in cattedra. I professori venivano tutti dalla cultura anteguerra basata esclusivamente sulla sottomissione alle autorità e sulla chiusura totale ad ogni tipo di emancipazione sociale.
Fu ad Arcetri alle lezioni di Fisica che conobbi per la prima volta Jervis, uno studentello diligente e presuntuoso con la puzza sotto il naso che viveva già da privilegiato perché veniva da una famiglia bene.
I più disprezzati erano gli studenti che venivano di fuori città e non avevano una famiglia importante.
Io in quel tempo leggevo con molto interesse un librettino sugli esistenzialisti che a proposito di Kafka portava un capitolo col titolo che definiva lo scrittore come uno straniero nella città degli uomini. Mi ricordo che per questo comprai i “Diari” di Kafka e cominciai a occuparmi delle sue poesie e del suo pensiero. Allargavo le mie letture che in precedenza per le poesie erano state prevalentemente leopardiane. Al liceo la mia passione per Leopardi poeta e pensatore era per lo più ritenuta una stravaganza da considerarsi con sospetto e con ironia specie in un ragazzo come me già chiaramente orientato a non accettare passivamente l’ipocrisia moralistica e la retorica culturale degli insegnanti. Particolarmente disgustosi erano gli insegnamenti di religione.
La corruzione morale che deriva dall’etica cattolica pervade gli uomini fino al midollo delle ossa. L’ambiguità diventa apparentemente un fatto naturale.
Devo dire che nella mia famiglia non erano religiosi né mia madre né mio padre. Però i pregiudizi della morale religiosa arrivano anche per via indiretta.
Altra cosa è pensare ore intere nella penombra di Santa Maria del Fiore a riflettere sulla morte e a guardare i cavalli antichi disegnati dai pittori.
Nei miei anni di Liceo pensavo che una conoscenza dettagliata del corpo umano, come avrebbe dovuto fornire la medicina, sarebbe stata molto utile per capire meglio il significato del nostro essere nel mondo. Avevo scelto la medicina (invece che l’ingegneria o la fisica come avrebbe preferito mio padre) si può dire per ragioni filosofiche, o meglio per affrontare più da vicino il problema della conoscenza da cui pensavo che sarebbero derivati logicamente principi di vita pratica.
In questa logica l’interesse per l’anatomia e per l’istologia erano grandi e a livello teorico mi parevano un’avventura straordinaria.
Così mi ero internato da solo nello studio del grandioso “Trattato di istologia” del Levi cercando di approfondire al di là delle strutture minute delle cellule anche i problemi chimici e fisici a cui rimandavano.
Pubblicato il 12 October, 2016
Categoria: Notizie
Intervista al dottor Giorgio Conciani – di Giorgio Antonucci
Il dottor Giorgio Conciani, ginecologo fiorentino, 54 anni, è uno dei protagonisti della trasformazione della cultura italiana negli ultimi anni.
Fin dai primi tempi della sua attività scientifica si è interessato con successo al superamento della grave situazione in cui si trovava il nostro paese in rapporto al fenomeno dell’aborto clandestino.
Ha introdotto in Italia dall’Inghilterra la tecnica moderna dell’aborto per aspirazione.
In collaborazione con De Marchi e con l’AIED, mediante il costituzionalista Barile ottenne dalla Corte Costituzionale il riconoscimento della legittimità della propaganda anticoncezionale.
Lavorando con il CISA ((?)) e con alcuni esponenti radicali partecipò alla preparazione del referendum di cui derivò la legalizzazione dell’aborto.
Attualmente è di nuovo al centro dell’attenzione delle cronache perché è uno tra i pochi chirurghi che praticano in Italia la sterilizzazione maschile.
Firenze, 1983
In molti paesi dell’Est la sterilizzazione non solo è lecita, ma è raccomandata e incoraggiata in tante maniere, a volte addirittura con premi in denaro. Così anche in India. Poi in generale i paesi protestanti non hanno difficoltà, siccome da loro l’individuo conta di più e la religione incoraggia la scelta individuale. I problemi sorgono invece nei paesi a forte componente cattolica come la Spagna il Portogallo l’Italia.
Per i paesi dell’Islam ci sono da considerare altri problemi di costume come la differenza sociale tra uomini e donne che è molto più accentuata che da noi.
Ma in Tunisia che è a mio parere uno dei paesi islamici culturalmente più avanzati il governo incoraggia moltissimo la sterilizzazione, però si preferisce quella femminile. Così pochissimi uomini e molte donne. Quando c’è il premio, se mai è il marito che accompagna la moglie, la porta a farsi l’operazione come una capretta. E dice “ sterilizzati e piglio i soldi”.
Domanda:
Ora dimmi un po’ sempre in materia di contraccettivi per l’uomo ho sentito parlare e ho letto che ci sarebbe “la pillola maschile”. Cosa ne pensi?
Risposta:
C’è infatti una ricerca in questo senso per vedere se si potesse bloccare la formazioni degli spermatozoi. In effetti gli spermatozoi sono tanti milioni e il pensiero di poterli bloccare tutti fa cadere le braccia se si pensa quanto più semplice bloccare un solo ovulo al mese com’è nel caso della fisiologia delle donne.
Per ora le sostanze che sono state studiate per bloccare la formazione degli spermatozoi in verità non sono innocue. Le sostanze ormoniche di tipo femminile che provocherebbero una castrazione medica temporanea – se ne parlato negli Stati Uniti a proposito di casi di stupro come ipotesi di intervento giudiziari, cioè su incarico del tribunale- procurano nell’uomo modificazioni fisiche come lo sviluppo del seno e probabilmente anche impotenza, per cui proporle come anticoncezionali è una contraddizione in termini e penso proprio che l’indice di gradimento non sarebbe molto elevato!
I Cinesi avevano trovato una sostanza che viene fuori dall’olio del cotone, ma si è visto che è un prodotto ad alta tossicità, specialmente per il figlio.
Per cui per ora il controllo delle nascite per “pillola maschile” non è proponibile.
Domanda:
Ecco ora parliamo della “pillola femminile” perché come tu sai le opinioni sul suo uso non sono concordi. Ci sono donne che non le usano perché hanno paura che sia dannosa alla salute. Tu cosa ne pensi?
Risposta:
Per capire questa contraddizione bisogna tener conto che sugli anticoncezionali c’è stata sulla stampa una campagna contro da parte dei moralisti. I moralisti dicevano: “se si toglie la paura della gravidanza si scatena la libidine”.
Però queste pure dei moralisti sono nettamente contraddette dalla realtà. Adesso noi ormai abbiamo alcune decine di anni di pratica della pillola e le donne che erano misogine prima son rimaste misogine anche dopo, e anche quelle che non erano misogine non hanno cambiato.
Non c’è stato in pratica nessun cambiamento di comportamento. Evidentemente nel comportamento della donna ci sono motivi psicologici molto più profondi che non la paura della gravidanza.
Però la remora moralistica ha portato a una cattiva stampa e a una informazione sbagliata.
Anche i medici, che in genere, come sai, sono conservatori, si sono dedicati di più a calunniare la pillola che non a fornire una reale informazione scientifica.
Così hanno cominciato ad associare arbitrariamente la pillola con il cancro, la pillola con malattie della circolazione ecc, e hanno seminato la paura e il dubbio nell’opinione pubblica.
Pi c’è anche la contraddittorietà dell’animo umano e la complessità della psicologia.
Infatti la donna che ragionevolmente dovrebbe prendere la pillola, però certe volte non la prende perché preferisce rischiare anche magari di restare incinta. La vita sessuale non è una cosa semplice. Come tutti dovremmo sapere.
Lo dimostra anche il fatto che nella sessualità il limite tra il piacere e il dolore è abbastanza sfumato, si può facilmente passare dal piacere al dolore e viceversa. Così fra le componenti stimolanti ci può essere anche il rischio. Il rischio può essere anche una risposta di liberazione nei riguardi del senso di colpa.
Così si spiega come alcune donne sembra che i guai se li vadano a cercare. Noi abbiamo statistiche apparentemente incredibili di donne che recidivano nell’aborto quando sembrerebbe più logico evitarlo.
Domanda:
Questo discorso mi fa venire in mente le contraddizioni che ci sono anche sul concetto di violenza sessuale. Cosa puoi dirmi a proposito?
Risposta:
Posso dirti che secondo me è difficilissimo discutere una legge sulla violenza sessuale se si sa quali sono le differenze individuali tra i modi di pensare su questo argomento: che cosa è violenza e che cosa no, non è facile a dirsi e cambia assai da una donna all’altra, perché per una donna può essere violenza un pizzicottino sul sedere e per un’altra può non essere violenza anche un rapporto completo.
Per questo io non ci tengo affatto a essere chiamato a discutere schemi di comportamento. Però tengo a dire che la sessualità non è per nulla “quel rapporto tra uguali” che alcuni vorrebbero. E’ una mescolanza d’impulsi di cui fan parte anche un tanto di aggressività e di desiderio di sopraffazione. E’ certamente un cocktail assai complicato.
Domanda:
Tu sei uno di quelli che in questi anni con chiarezza ha posto dei problemi nuovi in una società arretrata e bigotta come la nostra. Per questo vorrei che mi parlassi della tua storia.
Risposta:
La mia storia è una progressione. Fin dai primi tempi, quando ero laureato e facevo la scuola di specializzazione in ginecologia, vedevo che la gravidanza non voluta era un problema gravissimo, perché l’unica soluzione possibile era l’aborto clandestino.
L’aborto clandestino era criminale in tutti i sensi perché per praticarlo venivano usati mezzi medioevali, per cui le donne pagavano dei prezzi altissimi., spesso anche la morte.
A me sembrava altamente immorale che tutte le conseguenze dell’atto sessuale dovevano ricadere sulla donna.
Così appena specializzato (si era alla metà degli anni ’50) mi misi in contatto con De Marchi, segretario dell’AIED, per organizzare una filiale di questa organizzazione, che serviva da consultorio per l’informazione su questi problemi e per la pratica anticoncezionale. Allora la pillola non c’era in Italia e noi facevamo venire le pillole di contrabbando dagli Stati Uniti.
Come anticoncezionali si usavano più che altro il diaframma vaginale e altri metodi di barriera come ad esempio ovuli o preservativi che a quel tempo non erano neanche molto buoni. Così si fu incriminati perché la propaganda anticoncezionale costituiva, credo secondo il codice Rocco, la qualifica come atto significativo contro l’integrità della stirpe. Fummo processati e ne siamo usciti con l’amnistia. Comunque questi processi consentirono a De Marchi e all’AIED con il costituzionalista fiorentino Barile di far ricorso alla Corte Costituzionale la quale stabilì che, sulla base della libertà di espressione sancita dalla Costituzione, la propaganda anticoncezionale doveva ritenersi legittima. Di conseguenza anche le pillole furono messe in vendita con la scritta di anticoncezionali, mentre prima erano vendute come regolatori delle mestruazioni secondo certe finezze di ipocrisie all’italiana. Intanto io, mentre ritenevo intollerabili i misfatti dell’aborto clandestino, vedevo che via via nei paesi più avanzati venivano nuove leggi sulla regolazione dell’aborto come negli anni ’72 e ’73 in Inghilterra e negli Stati Uniti. Invece paesi come l’Olanda facevano l’aborto ufficialmente nonostante che sia rimasto illegale.
Questo è un caso in cui i costumi hanno esplicitamente sopravanzato la legge.
Nella Svezia e nei paesi dell’Est l’aborto era legale da un’infinità di tempo.
Intanto io andai a Londra a fare un corso di aggiornamento sugli anticoncezionali e in un ospedale londinese assistetti alla nuova tecnica dell’aborto per aspirazione che io stesso ho poi introdotto in Italia. Un metodo semplice rapido e non pericoloso praticato con anestesia senza sofferenza per la donna.
Mentre da noi ancora le donne continuavano ad andare a morire dalle mammane con il prezzemolo come nel Medioevo.
Allora decisamente io dissi a De Marchi, segretario dell’AIED e traduttore ufficiale di William Reich in Italia, che bisognava affrontare senza esitazioni il problema dell’aborto. Ma lui stesso, pur essendo d’accordo con me, non se la sentì di entrare direttamente in queste iniziative. Nel frattempo si era formato un gruppo in seno al partito Radicale – siamo negli anni ‘73/’74 – che a Milano aveva fondato il CISA – di cui facevano parte tra le altre Adele Faccio e Emma Bonino e aveva tra gli (((animatori))) Guido Tassinari che in seguito sarebbe stato il promotore dell’Associazione per la Sterilizzazione. Così cominciò la mia collaborazione con i radicali, che per me andava bene perché come orientamento politico sono sempre stato un liberale libertario.
Nel gennaio del’75, dopo un anno di lavoro, ci lo scandalo della mia villa qui a Firenze, dove facevo gli aborti in stretto rapporto con il CISA.
Quello per me fu un periodo della vita veramente interessante. La clinica, organizzata da me, funzionava molto bene, si interveniva con la tecnica dell’aspirazione che, come t’ho detto, avevo imparato in Inghilterra; gli interventi, svolti in anestesia generale, duravano 10 minuti: e la donna era assistita e consigliata prima e dopo con il più alto grado di professionalità medica e paramedica. E a prezzi modici.
Domanda:
Ma poi cos’è accaduto con la magistratura?
Risposta:
Ecco cominciarono le disavventure con l’intervento del potere pubblico, lo smantellamento della Clinica, e l’incarcerazione mia, di Gianfranco Spadaccia e della Adele Faccio. Allora la Bonino si rifugiò all’estero.
Domanda:
E qual’era l’accusa?
Risposta:
L’accusa precisa era per associazione a delinquere aggravata. Fu la prima volta che fui incarcerato. Anche gli infermieri che lavoravano per me ebbero un sacco di fastidi e di complicazioni per il loro lavoro e per la loro vita privata.
Però questa azione è stata la premessa dell’iniziativa di raccolte di firme per ottenere il referendum sull’aborto.
Il referendum sull’aborto fu un’idea geniale di Pannella, che allora ancora ne aveva, e la raccolta delle firme, organizzata anche con pochi mezzi, fu un’esperienza entusiasmante a cui io partecipai direttamente.
Fu un avvenimento culturale nuovo e spontaneo che portò rapidamente alle cinquemila firme che servivano.
Poi siamo arrivati alla legge sull’aborto, che pur non essendo del tutto convincente, comunque ha dato una botta mortale all’aborto criminoso, che oggi è quasi scomparso.
Ma prima di arrivare a questo risultato allora, dopo lo smantellamento della Clinica, con il CISA continuammo ad intervenire per fare gli aborti quasi di nascosto di casa in casa. In questo modo, in due anni dal’75 al’77, ((( ))))))) arresti, mi sono fatto se ricordo bene, almeno sei mesi di carceri. Così ho una bella esperienza personale anche sul carcere in Italia.
Domanda:
Ecco che cosa ti ha fatto capire di preciso la tua esperienza di detenuto?
Risposta:
Forse quelli che si sopravvalutano vanno incontro a una esperienza abbastanza singolare. Tutto di colpo ti accorgi che non sei nessuno, ti trovi in una perdita d’identità. Tra l’altro in prigione uno che conta può essere il Valanzasca o un bandito pluriomicida, il dott Conciani non esiste, nemmeno ti considerano più dottore, oppure ti chiamano dottore per prenderti in giro. Per esempio nell’iniziazione della massoneria ti tolgono tutti gli oggetti personali per farti provare la spoliazione, per farti vedere come ci si sente senza tutte le cose proprie. Così in carcere ti tolgono tutto.
Domanda:
E’ la stessa cosa che si fa nei campi di concentramento e nei manicomi…..
Risposta:
….certamente, e poi ancora sei costretto a conoscere da vicino la violenza gratuita, te vedi uno che viene fatto ubriacare e poi a forza di spinte gli spaccano tre o quattro ossa solo per divertirsi, per fare quattro risate, gli uomini sidetti in cattività diventano, come del resto anche gli animali, più aggressivi e più violenti, per cui in questa collettività chiusa si verificano i giuochi più crudeli e gli episodi più feroci. Anche se la violenza di questo tipo non manca di certo fuori.
Domanda:
Ritornando al discorso sui costumi sessuali, vorrei sapere che cosa è cambiato secondo te in questi anni in Italia? Si vive diversamente o si vive come prima?
Risposta:
Direi che qui da noi la “rivoluzione sessuale” non ha fatto grandissimi progressi. E’ certo che c’è una maggiore libertà là dove le condizioni economiche sono migliorate. E’ vero per altro che alcuni tabù come per esempio quello della verginità sono un po’ svalutati, ma di qui a parlare di libertà sessuale o di amore libero, direi che ce ne corre. Da noi in Italia queste cose sono ancora da letteratura. Tanto più che dopo il salto in avanti, come tu sai, c’è stato il salto indietro.
Socialmente uno dei fenomeni che è balzato alla ribalta in maniera clamorosa nelle ultime decine d’anni, e che non era da prevedere, è quello dell’omosessualità. L’omosessualità ora è molto più palese e molto più accettata.
Domanda:
Secondo alcuni, anche a livello di teorie psicologiche, l’omosessualità è una parte naturale della sessualità di ognuno, secondo altri invece è un ripiego, tu cosa ne pensi?
Risposta:
Naturalmente tu trovi sia quello che ha una esperienza omosessuale momentanea, non so ad esempio durante il servizio militare, poi ritorna alle donne, sia quello che segue l’omosessualità anche per tutta la vita, poi c’è chi è bisessuale e così via. Anche tra le donne c’è la stessa varietà. Come ti dicevo, nella sessualità, se la vediamo senza preconcetti, ci sta tutto, è una cosa vasta che non può essere ridotta a schemi. Come nell’arcobaleno sono previsti tutti i colori così nella sessualità sono previste tante soluzioni.
Domanda:
E la società come deve regolarsi?
Risposta:
Secondo me, quando non c’è violenza della personalità dell’altro come succede ad esempio nella pederastia, devono essere rispettate tutte le scelte. Se uno vuol fare l’asceta può anche farlo, ma dev’essere una scelta sua.
————————————————————————————————————————
Pubblicato il 6 October, 2016
Categoria: Notizie
La Sesta Edizione del “Premio Giorgio Antonucci” – I Premiati
La sesta edizione del “Premio Giorgio Antonucci” per la riconoscenza di merito nella difesa dei diritti umani dei cittadini pazienti – loro – malgrado della psichiatria, è stato vinto da Eugenia Omodei Zonini (http://centro-relazioni-umane.antipsichiatria-bologna.net/2009/04/14/recensione-di-eugenia-omodei-zorini-diario-dal-manicomio-ricordi-e-pensieri-giorgio-antonucci/) e Massimiliano Boschi (http://www.arcoiris.tv/scheda/it/2406/)
La cerimonia sarà a Firenze, in vi San Gallo, il 26 novembre 2016.
Le passate edizioni:
La prima edizione, nel 2008, è stato premiato Piero Colacicchi (https://www.youtube.com/watch?v=Yo4REP7KH50).
La seconda edizione sono stati premiati Massimo Golfieri (https://www.youtube.com/watch?v=yeI19yvXt9Q) e Giovanni Angioli (https://www.youtube.com/watch?v=UZ-yLEAfaog).
La terza edizione sono stati premiati Maria D’Oronzo (https://www.youtube.com/watch?v=-xiwU3Z5NAk), Valentina Giovanardi e Andrea Passigli
Video della cerimonia del “Premio Giorgio Antonucci” 2013
La quarta edizione sono stati premiati Stefania Guerra Lisi Aldo D’Amico (https://www.youtube.com/watch?v=8bD4p8POzsQ), Vito Totire (https://www.youtube.com/watch?v=dqAWeZ_nXOc).
La quinta edizione sono stati premiati Giuseppe Garuti (https://www.youtube.com/watch?v=fuJCUE3L2OU), Maurizio (), Armando Verdiglione (https://www.youtube.com/watch?v=20it0ohR7Sw) Eugen Galasso (https://www.youtube.com/watch?v=vp-9-2cFjwk).
Pubblicato il 3 October, 2016
Categoria: Notizie, Testimonianze
David Lazzaretti: sognatore o visionario? – Eugen Galasso
Nell’edizione dizione di sabato 23 luglio il “Quotidiano Nazionale” pubblica un’intervista a cura di Andrea Spinelli a Simone Cristicchi, intelligente showman, cantautore, attore, autore, regista, che stavolta “riscopre” teatralmente un grande dimenticato-inquietante dell’Ottocento italiano, David Lazzaretti, di Arcidosso (Arcidosso), “Il profeta dell’Amiata” (1834-1878- Lazzaretti muore ucciso da un “regio carabiniere” -un delitto di Stato? La tesi esiste.). Essendomi occupato parecchio di David Lazzaretti, con saggi e interventi vari, avendo avuto contatti (ovviamente da laico. non aderente) con la Chiesa giurisdavidica, ispirata da Lazzaretti, dirò che alcune affermazioni di Cristicchi sono sconcertanti: fatta salva la dinamica di un’intervista , che può dar adito a fretta e confusioni, dirò che Cristicchi, forse nell’entusiasmo per la cosa, afferma perentoriamente e apoditticamente: “Lazzaretti era un pazzo, un eretico, un sognatore. Uno che credeva di poter realizzare sulla terra una società nuova basata sulla pace e la fratellanza universale”. Poi invece parla di un “folle” ideologo di una rivoluzione possibile, perché si sa che “i manicomi traboccano di santi e i calendari sono pieni di visionari”: Se la seconda parte del ragionamento è in gran parte accettabile, da discutere senza critiche sostanziali, in parte “vera”, è la prima parte che è contraddittoria rispetto alla seconda(dove Cristicchi virgoletta “folle”) e in sé: tutti i “pazzi” sarebbero sognatori ed eretici? Ma poi, che cos’è la “pazzia” ? Risparmiando qui una riflessione su questo punto, non sarà invece che i differenti poteri hanno bisogno di emarginare qualcuno gridando al “pazzo”, se non serve più l’argomento religioso e la scomunica al'”eretico”, affermando che qualcuno è “sognatore” o “visionario” se progetta e prospetta realtà sociali e politiche migliori, più vivibili o almeno ritenute tali. Vedremo volentieri “Il secondo figlio di Dio; vita, morte e miracoli di David Lazzaretti”, ossia lo spettacolo di Cristicchi, ma era interessante rilevare qualche aporia nell’approccio dell’artista, che riflette un modo entusiastico e non sempre troppo “scientifico” per rapportarsi a un personaggio e a un tema ancora “scottanti”. Eugen Galasso
Pubblicato il 26 July, 2016
Categoria: Notizie
Mass-media e diffusione geometrica della psichiatria – Eugen Galasso
Se nelle ultime settimane l’OMS (Organizzazione Mondiale Sanità) insiste, forse su sollecitazione delle case farmaceutiche (honnit soit qui mal y pense, ma….), sulla diffusione “geometrica” della depressione, gli organi di stampa, italiani e mondiali, parlano di “follia” per i casi di cronaca nera. Ora, se l’OMS notoriamente non è molto attendibile (vedasi la polemica sui danni della carne, mai chiarita e i dati, mai comunicati, su altro, come sui danni del caffè e delle bevande calde in genere), il “battage” sui “matti” da parte dei mass-media rispondono ad altrettante sollecitazioni di avvocati (“penalisti”), ma anche di psichiatri, case farmaceutiche. Ma il tutto è anche un’immensa forma di controllo sociale da parte della borghesia e dell’imperante, anzi sempre più potente neoliberismo. Eugen Galasso
Pubblicato il 3 July, 2016
Categoria: Notizie
Maldicenza e stereotipo : Autobiografia – Eugen Galasso
Finora sono sempre partito da definizioni, teorie, linee interpretative etc. , per es.sul concetto di norma e normalità: ora, invece, vorrei parlare della mia esperienza: da sempre timido (introverso, direbbe C.G.Jung) e malaticcio sono stato etichettato come “strano”: grande lettore da sempre, poco aduso a riunioni, feste etc., scarsamente “virile” (le mie esperienze con l’altro sesso sono state timide, riservate, da “imbranato”), non asociale ma poco amante delle “masse”, ascoltatore quasi solipsistico di musica (il sabato pomeriggio lo passavo spesso con un compagno di scuola ad ascoltare Vivaldi, Handel, Bach & Co….quando gli altri sbevazzavano, “rimorchiavano” e ascoltavano rock e havy metal, generi musicali che peraltro frequento anch’io più di quanto molte persone credano…). Non essere macho né virile al 100% induce in sospetto nelle società clerico-machiste, in specie dopo l’annientamento “soft” di ogni speranza di un progetto di società “altra”, che per me è solo il socialismo. Sospetti, pregiudizi, malignità: so di che cosa si parla…dirò così, avendo subito tutto questo (e in parte, un po’ meno, subendolo ancora). Suonavo (da dilettante, beninteso) il piano, leggevo e studiavo: “Ma che animale strano è-chi sarà?” dicevano (e dicono, ritengo), con scherzi d’ogni genere, ritorsioni, tutto un campionario. Il “fisico” è quello che è, con malattie dalla nascita (“tare genetiche”, recitava il positivismo d’antan, passato in scrittori come Ibsen…), debolezza complessiva, dunque…Ho voluto tracciare un po’ un profilo più che autobiografico (lo è anche, certo) emblematico dello stigma che colpisce chi non è “nei ranghi” dell’efficientismo capitalistico-consumistico, di chi si muove “al di fuori”, che rischia sempre di divenire un “drop-out”, condizione cui molte persone vorrebbero ridurre chi, appunto, non “marcia” nella direzione tracciata…dalle “magnifiche sorti e progressive” come giustamente lamentava, più di due secoli fa, il più grande dei “non marcianti”, Giacomo Leopardi…Epoca solo apparentemente “complessa”, la nostra, in cui invece chi “non marcia al passo” viene schiacciato-eliminato-escluso, dunque più che mai, anche se non con un TSO o lo stigma “altro” si esclude chi non risponde a precisi “parametri”, chi non rientra nella “norma” /nelle “norme” (anche il pluralismo è da sempre un fantasma, come noto), deve subire condanne sommarie, magari anche solo (se va bene, però…) quell’arma subdola che è la maldicenza, più difficile (per ragioni di grandezza e dunque di dispersione) nelle città, più facile nei paesi, ma sostanzialmente diffusa dappertutto… Eugen Galasso
Pubblicato il 26 May, 2016
Categoria: Notizie
La mia storia personale – Maria Amato
Desidero incominciare a raccontarvi la mia storia personale, che potete rendere pubblica nei vostri siti del CCDU, e diffonderla ovunque vogliate. Sento il dovere morale di rendere testimonianza per tutte le vittime di questo crimine contro l’umanità di stato che si chiama psichiatria e che non hanno voce. Vittime indifesi che non avranno mai giustizia da parte di nessuno per la distruzione della loro vita. Venti anni fa non volevano farmi uscire dalla psichiatria perché, come mi è stato detto in faccia da un operatore, ero “pericolosa per il sistema” quindi, da eliminare. Come? Con diagnosi psichiatriche. Inserendomi in un sistema di distruzione della mia esistenza. Non dovevo essere più credibile. Dovevo essere malata mentale grave. Avevo capito chi erano, cosa facevano ed i miei studi ed i miei titoli acquisiti, mi avrebbero portata a posizioni di potere e di credibilità, quindi ero pericolosa per il loro sistema. Dovevo essere “curata”. La mia gravissima patologia psichiatrica, di cui non avevo ovviamente per loro: “coscienza di malattia”, oltre ai danni esistenziali che tutte le vittime di violenza familiare come me abbiamo addosso per tutta la vita e che non sono malattie, era ed è la : patologia del dissenso dalla psichiatra. Ossia, quando ho detto che non condividevo i loro metodi e le loro spiegazione e volevo salutare civilmente ed andarmene, consapevole, ormai laureata e praticante procuratore legale (il dramma per gli operatori inizia quando porto la bomboniera di laurea in giurisprudenza) degli effetti dannosi del mio vissuto di violenza ed intendendo risolvere le mie problematiche fuori da qualsiasi ambito medico, non dovevo usciere dal loro sistema di distruzione. Me ne sono accorta ed ho esercitato il diritto di accesso con denuncia penale, poi archiviata. La Magistratura dell’epoca mi ha risposto che non c’era la prova che io ero vittima di violenza, quindi, come si poteva provare il reato di falso ideologico in atto pubblico? Questi assassini criminali di stato sono stati protetti dal sistema per anni. Ed altre argomentazioni, che non ho potuto contrastare perché non avevo soldi, e neppure esperienza per fare opposizione in Cassazione all’Ordinanza di Archiviazione, come tutti i soggetti deboli senza mezzi economici di cui si abusano. Però, mi sono liberata per sempre di questo crimine contro umanità di stato, che crea malati sui soldi pubblici, come con le vittime di violenza, quale sono io, creando degli invalidi a vita e legalizzando la truffa all’I.N.P.S. Togliendo la libertà ed i diritti civili a degli innocenti indifesi, (finché la Magistratura Inquirente non cambia orientamento e persegue gli psichiatri per i reati di falso in atto pubblico. Quando li commettono. Sarebbe una svolta storica. Epocale.) medicalizzando le questioni esistenziali e deresponsabilizzando la società civile. Nei tempi giusti desidero pubblicare quello che mi hanno fatto. A testimonianza di cosa è la psichiatria, un sistema di potere senza fondatezza ne scientifica ne reale ne razionale nell’attuale formulazione, fuori controllo della legalità. Per questo crimine contro l’umanità di stato io avevo “non coscienza di malattia” perché ho rifiutato la psicoterapia, ossia le corbellerie che mi venivano propinate, e dopo il mio “dissenso”, mi hanno dato dei farmaci che mi stavano portando alla morte. Sono viva per miracolo. Venti anni fa esatti. Ho tutto documentato. Mi volevano fare entrare in un circuito dove avrei perso il futuro dei miei studi, credibilità e diritti civili. La mia “non coscienza di malattia” si chiama dissenso dalla psichiatria. Perché come chiaramente scrissi all’epoca e riconfermo “consapevole del mio profondo disagio interiore di vittima di violenza familiare, ho scelto un’altra strada per risolvere le mie problematiche esistenziali.” Ora vengo giudicata persona onesta che manda gli atti alla Procura, un Giudice che ha fatto la rivoluzione, ossia il proprio dovere che tutti i Magistrati dovrebbero fare, ossia quello di segnalare i possibili reati penali da accertare per fare perseguire questi criminali assassini di stato quando li commettono. Ovviamente, la mia nomina a Magistrato Onorario del Consiglio Superiore della Magistratura, e le successive nomine a giudice titolare del ruolo dei miei Presidenti e le mie Sentenze di civile emesse e confermate dalla Corte D’Appello di Messina, hanno “sanato” la mia gravissima patologia mentale quella del dissenso dalla psichiatria, che è diventata espressione della mia libertà di pensiero, tutelata dalla Costituzione della Repubblica Italiana e dovere giuridico di un giudice del lavoro titolare del ruolo, di segnalazioni alla Magistratura Inquirente delle “anomalie” psichiatriche. Ho fatto il mio dovere, sia da privato cittadino che da Giudice. Mi auguro di essere ascoltata e che la Magistratura Italiana muti i suoi orientamenti giurisprudenziali. Sarebbe un segno di grande civiltà giuridica. Una svolta epocale. Ricondurre nella legalità un crimine di stato. Applicando finalmente a questi, fino ad ora, criminali legalizzati, il codice penale ed i reati di falso in atto pubblico. Cosa dovrei dire? “Titolo sanate CSM” patologia mentale quella del dissenso dalla psichiatria. Che genera all’erario un danno di notevoli dimensioni.
Maria Amato, Avvocato, Magistrato Onorario, in funzione di giudice del lavoro titolare del ruolo dall’ottobre 2010.
Pubblicato il 23 April, 2016
Categoria: Notizie
Premio 2015 GIORGIO ANTONUCCI
In onore dei Difensori dei Diritti Umani nel campo della salute mentale
Pubblicato il 19 March, 2016
Categoria: Notizie
Critica al giudizio psichiatrico – Presentazione per l’editore tedesco – di Giorgio Antonucci
Questo libro nasce, come gli altri che ho scritto, da concrete esperienze di lavoro, in rapporto con persone implicate in problemi che di regola vengono giudicati di pertinenza psichiatrica.
I primi anni come medico e psicanalista (avevo frequentato la scuola di Roberto Assagioli) ho lavorato a Firenze e nell’hinterland fiorentino con l’intento particolare di evitare in ogni caso l’intervento autoritario e l’internamento in manicomio o in altri istituti specializzati sia pubblici sia privati, tutti luoghi di distruzione.
Ho operato per evitare i ricoveri anche in situazioni di emergenza come l’alluvione del’66 a Firenze e i terremoti in Sicilia nel’68 e in Irpinia nell’80.
Anzi direi che il filo conduttore della mia attività e del mio pensiero si trovano fin dall’inizio nella radicale opposizione a qualunque internamento comunque motivato o giustificato.
Nei tempi fiorentini dal’63 al’67 ho molte storie in cui ho difeso con successo il diritto di vivere libere di molte persone coinvolte in crisi esistenziali con propositi e tentativi di suicidio.
La tesi del libro è che non vi sono uomini saggi e non saggi, ma esistono individui soggetti e protagonisti di scelte con molte diverse possibilità di esperienza.
Così di fatto il giudizio psichiatrico è del tutto convenzionale e arbitrario è privo di autentico significato conoscitivo, però è tragicamente dannoso come svalutazione sociale e demolizione psicologica di chi si trova costretto a subirlo, trovandosi non capito nelle sue esperienze e motivazioni, e inquadrato come un individuo di scarto.
Il libro si divide in due parti essenziali: una riguarda il mio lavoro e il pensiero critico che ne deriva e che lo sostiene, l’altra si riferisce alle iniziative culturali che gli sono sorte dintorno, in Italia in diverse città da Roma a Firenze a Bologna a Imola a Milano.
Il commento fotografico di Massimo Golfieri segue due linee complementari: da una parte si vedono le strutture carcerarie degli istituti psichiatrici; dall’altra si seguono le vicende della vita sociale e le solitudini della vita metropolitana da cui gli psichiatri, al servizio dell’ordine apparente, selezionano e prelevano le vittime.
Piero Colacicchi e Ivano Prandi nel settimo capitolo forniscono la loro testimonianza sul periodo importante di Reggio Emilia, in cui la popolazione intervenne direttamente impostando il discorso politico della difesa dei diritti del cittadino contro gli arbìtri degli psichiatri – anni 1970-71-72.
Questo aspetto – ancora nel settimo capitolo – è testimoniato pure dal documento del Comitato popolare di Ramiseto dal titolo espressivo ‘Ancora sulle visite al San Lazzaro’ che ricorda gli interventi popolari in manicomio.
Il libro è completato anche da esperienze dirette di persone che sono vissute rinchiuse in istituti per gran parte della loro vita come Giorgio Baldi, o fino alla fine come Mino Balducci, morto suicida in manicomio (capitolo ottavo).
Nell’ultima parte vi sono i documenti di iniziative pratiche come ‘Telefono Viola’ di Roma (ora anche a Bologna e in preparazione pare a Milano) che si occupa di informare i cittadini che lo desiderano sui problemi della psichiatria e sui rischi che si corrono in rapporto alla organizzazione sanitaria italiana; e ‘Spartaco’ di Imola e Bologna, comitato di cittadini attivi per la difesa della salute di fronte alle minacce della medicina ufficiale.
Vi si trattano anche le contraddizioni tra alcune iniziative della magistratura e le regole della legge psichiatrica italiana del maggio 1978 comunemente conosciuta come legge 180.
Si racconta il processo da me subito con l’accusa di ‘abbandono di incapace’ per cui è intervenuto in mia difesa con uno specifico memoriale Thomas Szasz, autore della prefazione del libro.
Il mio lavoro, in tempi successivi, come si narra nei primi sette capitoli del libro, si è svolto – sempre contro corrente – in tutti gli ambiti in cui si ritrova l’attività degli psichiatri con ogni tipo di esperienze, istituzionali e territoriali.
Sono intervenuto anche nelle carceri e nei manicomi giudiziari e ho aiutato ex-internati in carcere a evitare i rischi e i danni dei trattamenti e delle classificazioni psichiatriche.
La proposta del libro è una nuova psicologia che si preoccupi dello studio e dela conoscenza delle differenti e molteplici qualità della nostra specie senza la dizione artificiale e arbitraria tra uomini saggi e uomini folli.
Giorgio Antonucci
Firenze, 23 ottobre 1993
Pubblicato il 28 November, 2015
Categoria: Notizie