DIARIO DAL MANICOMIO – Ricordi e pensieri – “Nella notte di guardia che restò con me, Luca Bramanti seguì con attenzione tutti gli avvenimenti e si interessò ai miei interventi.” – Giorgio Antonucci –
Nella notte di guardia che restò con me, Luca Bramanti seguì con attenzione tutti gli avvenimenti e si interessò ai miei interventi.
Mi seguiva in silenzio nei passaggi veloci da una parte all’altra dell’istituto dopo ogni chiamata, e andavamo in automobile o a piedi secondo le distanze o l’urgenza.
Fui chiamato quasi nello stesso tempo per due uomini in pericolo di vita per crisi acute da infarto, e una terza volta per un uomo in gravi condizioni per emorragia cerebrale.
Dovevo provvedere alle cure immediate e all’eventuale ricovero nel vicino ospedale civile, però i reparti non erano attrezzati per il pronto soccorso e il personale non era preparato e spesso non era nemmeno capace.
Chiedevo le medicine indispensabili per ogni occasione e necessità e gli infermieri e le infermiere trafficavano negli armadietti e nei carrelli senza riuscire a trovarle.
Spesso telefonavano in altre sezioni per trovare altri infermieri più capaci e attrezzati.
Per fortuna avevo con me un pronto soccorso che mi ero procurato apposta per ogni possibile evento.
Solo gli psicofarmaci si trovavano dappertutto in abbondanza.
Durante gli interventi mi venivano annunciati per telefono nuovi internamenti in arrivo.
Dovevo riflettere sul modo di revocarli e intanto dovevo preparare gli argomenti per convincere il giorno dopo il direttore.
Come ho già detto, solo dopo la nuova legge del maggio 1978 avrei potuto annullare i ricoveri coatti per conto mio come medico di guardia senza bisogno di ricorrere ad alcuna autorizzazione gerarchica.
All’arrivo dell’ambulanza dovevo discutere con la persona interessata e con la polizia e a volte predisporre la permanenza provvisoria fino al giorno successivo.
Alcuni infermieri insistevano senza risultato perché io controfirmassi alcuni provvedimenti di contenzione fisica che i medici del giorno avevano lasciato in sospeso per l’attività notturna del medico di guardia.
All’inizio gli infermieri non riuscivano a capire come era possibile che io fossi contrario in ogni caso a qualunque tipo di contenzione e a qualsiasi intervento di limitazione delle libertà.
Altri volevano che io sottoponessi i pazienti a iniezioni endovenose di psicofarmaci segnate in cartella dagli altri medici. Spiegavo al personale che le iniezioni endovenose di psicofarmaci erano dannose e a volte potevano mettere il paziente in pericolo di vita.
Perfino Cotti, che si dichiarava contrario agli psicofarmaci, mi aveva invitato a fare le iniezioni se erano prescritte dagli altri.
Il giorno dopo dovevo discutere con gli altri medici che mi accusavano di sabotare le loro terapie.
Io non avevo nessuna intenzione di danneggiare i ricoverati per compiacere i colleghi o per seguire le regole dell’istituzione. Cotti si preoccupava di mediare con gli altri medici che volevano che io mi adattassi, ma in quella situazione le mediazioni non servivano a nulla se non a favorire la quiete. Però aveva anche intrighi e interessi in comune con gli amministratori dell’ospedale e con i politici dei partiti, che erano contrari a qualsiasi cambiamento e a tutte le novità, come succede nelle burocrazie di potere.
Lo stesso era accaduto negli anni precedenti, quando lavoravo a Reggio Emilia, e Giovanni Jervis mi aveva detto che secondo lui era inutile che io evitassi i ricoveri in manicomio delle persone dei centri della montagna che dipendevano da me, quando poi succedeva che gli altri medici, quando io ero assente, prendevano decisioni differenti. Ricordo che una volta a Castelnuovo nei Monti passai la notte con un uomo ubriaco, per evitargli il ricovero che era stato deciso e prescritto.
Ho sempre lavorato con rivoluzionari molto rispettosi delle autorità.
A Reggio Emilia, per la mia chiara indipendenza e per il mio rapporto diretto con la popolazione, prima di essere licenziato e allontanato, fui accusato di essere uno spontaneista, seguace di Rosa Luxemburg.
All’alba di quella lunga notte ebbi una discussione molto difficile con una persona del reparto quattordici che, influenzata dai discorsi del personale e dalle pressioni dei medici, pretendeva di essere di nuovo legata nel letto per sentirsi tranquilla e per riuscire a addormentarsi.
Dopo quella esperienza notturna così avventurosa, Luca Bramanti non venne più a Imola per diversi mesi, e il suo lavoro rimase incompiuto per moltissimo tempo.
Poi mi ha raccontato che si era spaventato assai.
Io stesso ho sempre vissuto le notti di guardia all’istituto con forti preoccupazioni e con molta fatica.
In quelle notti si concentravano tutte le contraddizioni.”
tratto da : “Diario dal manicomio – Ricordi e pensieri”, Giorgio Antonucci, ed. Spirali. pag. 64/67
Pubblicato il 29 November, 2012
Categoria: Notizie
Conversazione con Maria D’Oronzo
Armonie, mercoledì 21 novembre dalle 20.30,
via Emilia Levante 138 Bologna
Pubblicato il 20 November, 2012
Categoria: Notizie
“Il volto sconosciuto della psichiatria” – Giorgio Antonucci – Eugen Galasso
Il 17 novembre a Firenze, anzi nel pieno centro della città (“Auditorium al Duomo”, via Cerretani 54 rosso-per chi non conosca bene la città è da segnalare che nel capoluogo toscano a livello urbanistico si distingue tra numeri neri e rossi, quindi bisogna cercare un po’, stando attenti ai colori, ma la cosa non è difficile), si apre la mostra multimediale “Il volto sconosciuto della psichiatria”, che, promossa dal CCDU (Comitato dei Cittadini per i Diritti umani) verrà introdotto da un relatore d’eccezione, il dottor Giorgio Antonucci, colui che, in Italia ma non solo ha dato un impulso decisivo alla prospettiva anti-psichiatrica, alla demistificazione di un “palco”, ossia di un apparato fornito di tragici rituali (TSO, contenzione, elettroshock, psicofarmaci à go-go) che per anni ha resistito e tuttora resiste e persiste in un sistema sanitario vittima anche di “tagli” indotti dalla “crisi”, che si è comunque paludato, nel settore chiuso e sacrale della “psichiatria”, con armamentari retorici travestiti da “scienza medica”, tanto, anzi, da indurre i “profani” (cioè chi sta davanti, ma non dentro il recinto sacro, il “tempietto”, questo è l’etimo della parola) a credere che qualunque “terapia” vada bene per sé o per i propri cari. Di recente, alcuni casi, tra cui quello di Mastrogiovanni hanno fatto “furore”, arrivando “à la Une”, ossia in prima pagina (e in TV, il che, nella debordiana “società dello spettacolo” conta di più, anche considerando l’analfabetismo di ritorno di moltissimi Italiani e in genere Europei), ma quanti casi analoghi sono rimasti “sepolti”, nascosti, nei sottoscala di qualche clinica (parlo di “sottoscala” non a casa, ma perché l’immagine, in quel caso ironica, è il titolo-là “ironico” ma non “comico”!- di un libro di Vittorio Gassman, il grande teatrante e uomo di spettacolo, ma anche di lettere, vittima della “depressione” e di chi (il prof.Cassano) si ergeva a nume tutelare della cura della stessa, accettata, nosograficamente, come un realtà vera, accertata come tale. Il richiamo (“ironico”? Cfr.sopra) alle dostoevskjane (per dire di un altro “allegrone”, che però non merita di essere psichiatrizzato, essendo l’epilessia, tra l’altro, un “oggetto insituabile”)”Memorie del sottosuolo” include poi testi diversi da quanto qui discusso, ma preme sottolineare come nel caso del grande artista citato, come di altre persone protagoniste dello spettacolo (Sandra Mondaini) c’è sempre stato chi ha preteso di ergersi a “catone” e giudice di una situazione. La mostra multimediale (oggi anche una mostra d’arte, lo sottolineo anche se forse appare pletorico, sarebbe difficilmente concepibile senza supporto multimediale, proprio perché la multimedialità coinvolge tutti i nostri sensi e amplia, per dirla con Aldous Huxley, poi ripreso da una celebre “band” tuttora attuale ed “emblematica”, che si chiamava “Doors” non a caso “the doors of perception”, le porte della percezione) ci fa non solo vedere ma in qualche modo sperimentare, quasi rivivendole, esperienze che altre persone hanno sperimentato, purtroppo, sulla loro pelle. Anche rispetto a un percorso non “difficile”, ma comunque complesso (anche qui nell’accezione letterale, che cioè collega elementi divesi) quale quello della mostra, le parole di Giorgio Antonucci, che ha aperto le strutture ancora chiuse di Reggio Emilia e Imola appaiono fondamentali, come “guida”, nel senso dantesco del “Tu se’ lo mio maestro e lo mio autore”, dove il concetto di “autoralità” è fondamentale, perché Antonucci, a partire dalla psicologia umanistica di Roberto Assagioli, come lui fiorentino, dall’ antipsichiatria esistenziale di Laing e Cooper, sperimentando e partecipando all’approccio basagliano ma non solo (il dottor Edelweiss Cotti, bolognese, cui , tra l’altro, risale la formulazione “Centro di relazioni umane”) ha rielaborato in maniera originale , anche in una concezione teorica nata anche e soprattutto induttivamente, ossia a partire dalla pratica clinica, un approccio totalmente diverso al problema, dove i disagio esistenziale non viene liquidato come “malattia mentale”.
Eugen Galasso
Bambino preso a forza dalla polizia – Eugen Galasso
“Una società chiusa e stolta che si prepara a sprofondare nel nulla”: come sempre il commento di Giorgio Antonucci (al rapimento-sequestro ad opera della polizia di un bambino decenne) sembra il più azzeccato. Chi scrive ritiene che sia già sprofondata nello stesso, aggiungendo due ordini di considerazione: A)Rischio di uno Stato etico, anzi di polizia, che si propone di regolare (s-regolando, poi, ovviamente) tutto, dalla morale (solo nazisti, stalinisti, pol-potisti, fanatici clericali di ogni religione agiscono così) all’educazione, con la violenza in più in questo caso inferta a un bambino, vittima di opposte violenze, dove non importa nulla capire (sarebbe sciocco, peraltro) se “abbia ragione” la madre o il padre, cioè il padre versus la madre; B)L’attuale regime iper-liberista, che vede come fumo negli occhi anche il moderatissimo keynesismo , considerato “filo-comunista” è stato imposto dall’Europa, meglio da una gestione di estrema destra dell’Europa (Merkel più l’estrema destra “cristiano-sociale” bavarese, che privatizzerebbe anche l’aria, come anche la FDP di Guido Westerwelle, ministro degli esteri simpaticamente gay, ma in economia un “Chicago Boy”, per cui il “vangelo” è la dottrina economica di Milton Friedman, l’estrema destra europea in genere, quella olandese, quella norvegese che non è “europea”, ma premia la Comunità Europea, così gestita con il Premio Nobel per la pace etc.), impone solo rigore, sacrifici ed, essendo frutto di un accordo tra destra massonica, un Vaticano “alla destra del padre” (anche minuscolo!), altri settori che paradossalmente (?) incrociano un Presidente della Repubblica ex-comunista che quasi sessant’anni fa sostenne l’intervento militare URSS contro l’Ungheria delle riforme, vuole essere più “di polizia” che “etico”, concetto comunque già ambiguo (è in Hegel e poi, però, nel fascista “liberale” Giovanni Gentile). Intervento duramente “politico”, il mio, di cui mi assumo la responsabilità, ma che ritengo responsabile di fatti come questo, da non isolare da altri, anche più gravi e “nascosti”- silenziati, frutto, nell’Italia della “pseudo-responsabilità” del non-funzionamento delle istituzioni preposte (polizia per conto proprio, anche al suo interno, magistratura a parte, politica “a parte”, “socialità” da un’altra parte…)
Eugen Galasso
Pubblicato il 15 October, 2012
Categoria: Notizie
Intervento audio di Giorgio Antonucci e Maria D’Oronzo – La Conta – RadioOndaRossa
[Trattamento Sanitario Obbligatorio] [controllo psichiatrico] [psicofarmaci]
http://archive.org/download/LaConta10Ottobre2012/Laconta10Ott.mp3
Il Trattamento Sanitario Obbligatorio è una questione che concerne la battaglia per la libertà. Queste le parole di Giorgio Antonucci col quale discutiamo sul Tso e sul controllo psichiatrico, dopo che tutto il paese ha visto le 85 ore del supplizio e delle torture cui è stato sottoposto Francesco Mastrogiovanni.
L’indignazione verso i campi di sterminio nazisti è rimasta viva perché i partigiani, gli ex internati hanno continuato a tener viva la memoria. Dice MariaRosaria D’Oronzo del Centro Relazioni Umane di Bologna. Bisogna tener viva la memoria e la consapevolezza che le torture avvengono anche oggi sotto i nostri occhi, aggiunge. Il Tso è una di queste. La psichiatria interviene nei conflitti per riportare all’ordine i soggetti conflittuali.
http://www.ondarossa.info/newstrasmissioni/contro-il-carcere-e-contro-il-tso
“Stereotipie: Arte di vivere” – Globalità dei linguaggi – 17° Convegno
17° Convegno Nazionale Globalità dei linguaggi
5-6-7- ottobre 2012
Teatro del Mare, via Don Minzoni, Riccione
Programma
La dott. Maria D’Oronzo inerverrà venerdì 5 ottobre: Psichiatria e T.S.O.
Regole sociali e buon senso – Eugen Galasso
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“Colpevoli di non aver accettato il buon senso e le sue regole infami” (lo dice il serio, anzi serioso ingegnere al nipote, mostrandogli l’isola del manicomio a Venezia, in cui non vuol vedere rinchiuso in alcun modo il fratello, prof. di scienze naturali “Impazzito”). Traggo questa citazione dal film”Anima persa”di Dino Risi (1977), con Vittorio Gassman, ispirato, a quanto pare molto liberamente, dal romanzo di Giovanni Arpino, che purtroppo non conosco. Limitandomi al film, ma senza entrare nei dettagli di un film difficile, per non rivelare il finale di questo “thriller dell’anima” (se si crede all’anima, ovviamente). Un film il cui video è da recuperare da parte di tutti/e i fruitori/le fruitrici, ma non voglio discettare di cinema. Il fatto è che, oltre la schizofrenia e contro il suo concetto (tutt’altro che in un’improbabile rivalutazione della stessa, data per certa, per a priori esistente come “categoria”, come in Deleuze e Guattari, nelle tante opere scritte a quattro mani, non solo “L’Anti-Edipo” ) qui si fa implodere il concetto, affermando che “siamo tutti un po’ in luce e un po’ in ombra”, senza, ovviamente, che si dia una valutazione morale o peggio moralistica ai lemmi “luce” e “ombra”. Sembra che Arpino (ma do l’informazione con juicio, con prudenza, perché non ne sono certo) si ispirasse a Stevenson, al suo “The strange case of Dr. Jekyll and Mr. Hyde” (lo strano caso del dott. Jekyll e di mister Hyde), capolavoro assoluto della storia della letteratura ma non solo. “Buon senso e sue regole infami”, certo: non possiamo dire la verità (la nostra, almeno), dobbiamo sempre indorare la pillola, non possiamo smascherare gli ipocriti, non possiamo esprimerci come vorremmo, non si può…e via una sequenza quasi infinita, piena di divieti, proibizioni, tabù e quant’altro… Eppure sulle “regole infami” è costruito non il “contratto sociale” rousseauiano, ma quello fondato su paure ataviche e indotte, interiorizzate e imposte…Se dicessimo tout court ciò che che pensiamo, magari non i plotoni d’esecuzione, ma altre e più sottili punizioni (quelle “kafkiane”, anche, volendo) ci minaccerebbero. E allora “si fugge” o ci si adegua oppure…”si è pazzi/e” .
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Eugen Galasso
Pubblicato il 15 August, 2012
Categoria: Notizie
“L’empatia uno/a non se la dà” – Eugen Galasso
“L’empatia uno/a non se la dà”: potrebbe essere questo, parafrasando una famosa frase di Alessandro Manzoni, attribuita a Don Abbondio, la descrizione di un fatto. Non è facile ascoltare in modo partecipe, non passivo, anzi attivo. Non è facile non continuare a porre domande, interrompendo il ductus verbale o meta-interpretare le dichiarazioni della persona (o del “cliente”, ma mi sembra una brutta definizione made in USA…). Terrificanti, in questo senso, alcune frasi di “terapeuti” (sic!) rogersiani, dove, spesso in modo arbitrario, formulistico, manualistico all’approccio “non direttivo” rogersiano si attribuisce ogni possibile merito…
“Scusi se la disturbo. Volevo solo dirle che nei suoi occhi ho visto empatia vera e vera condivisione dei miei stati d’animo.
Spero che non sia troppo tardi per me. Avrei forse dovuto pensarci prima. Io credo comunque che lei possa aiutarmi a essere sereno.
Ho sempre diffidato da psicologi e psichiatri ma oggi mi sono confrontato con una persona che mi ha messo a disposizione la propria umanità al di la delle competenze. lei è una persona libera per questo la stimo e quindi la seguirò.
Grazie per non avermi trattato da malato.”
L’umanità, rilevata nell’sms, è il lemma-chiave. Spesso lo psicologo, l’analista, il reflector, chiunque svolta professione/i d’aiuto rimane impassibile, freddo, calcolante (nel senso migliore: attento a formulare un’anamnesi, poi una diagnosi; nel caso peggiore: attento solo al…proprio personale arricchimento), mentre l’uso di tonematica, parole, frasi (chi scrive, come reflector, non può fare domande, ma solo intervenire “rilanciando” parole o sintagmi-chiave), del non-verbale, quindi della “tonematica corporea”, della prossemica etc. fa la differenza. Ma il tutto “non serve” se non c’è reale interesse (il che non implica identificazione o “simpatia”, parola spesso fraintesa) per la persona e i suoi problemi, le sue istanze, i suoi dubbi etc. ”
Eugen Galasso
Pubblicato il 1 July, 2012
Categoria: Notizie
Psichiatria democratica e elettroshock (terapia elettroconvulsivante) – Val Pusteria – Eugen Galasso
“Hai lavorato bene, brava talpa!” (Shakespeare, citato anche da Marx).
Talora anche le Commissioni d’inchiesta, spesso destinate all’italiota “macello dei tempi” funzionano e approdano a risultati. Finalmente gli altarini si scoprono. Sono quelli del reparto psichiatrico dell’Ospedale civile di Brunico, diretto dal “solerte” prof. dott. Roger Pycha, psichiatra di origini lussemburghesi, assertore convinto della bontà dell’elettroshock e della contenzione (leggi: camicia di forza) che non smette di praticare nel suo reparto “d’avanguardia” (sic!) della Val Pusteria. Contro la “teoria Pycha” (che in realtà rimonta a Ugo Cerletti, che la “terapia elettroconvulsivante” aveva scoperto, per poi pentirsene o quasi, come rileva con la consueta intelligenza e “agudeza” (Baltasar Graciàn) negli anni Trenta dello scorso secolo, oggi ripresa alla grande a Pisa in Italia dal “vate della depressione” Giovanbattista Cassano, personaggio anche noto come “terapeuta delle star”, avendo “curato”, tra gli altri, Vittorio Gassman e Sandra Mondaini) ora si attiva la Commissione d’Inchiesta sulla Sanità del Senato, con il senatore (medico) Ignazio Marino, con l’aiuto del dott.Lorenzo Toresini, basagliano della prima ora e primario di psichiatria a Merano (tra quattro anni, con il suo pensionamento per motivi d’età, dovrebbe subentrare Pycha…). La situazione della psichiatria in Alto-Adige/Suedtirol, da sempre oltremodo opinabile, entra ora giustamente nell’occhio del ciclone. Non occorre essere seguaci dell’anti (o a-)-psichiatria, ma anche solo “psichiatri democratici” per capire che l’elettroshock è metodo “terapeutico” contestato da tutti o quasi (solo un altrettanto opinabile manuale di psichatria svizzero-tedesco lo rivaluta, assieme agli psichiatri citati), che la contenzione si commenta da solo. Un’ultima considerazione: la prospettiva basagliana ha “figliato” la psichiatria democratica, nobile ma non coraggiosa (diciamo così) al punto da mettere in discussione la “malattia mentale”, mentre la prospettiva anti (e a-psichatrica, dove è inutile, in questa sede, tornare su nominalismi e distinzioni talora solo verbali) rileva come l’identificazione tra cervello=mente=psiche (o vogliamo tornare a dire “anima”? Ma allora, gnosticamente, si riaprirebbe la partizione anima/spirito) sia una mera ipotesi a-(o anti-)scientifica. La “psichiatria democratica” o ripropone, in un modo o nell’altro, teorie di stampo neuro-fisiologico di derivazione ottocentesca (“frenologia” di Gall, certo ri-aggiornata) oppure si rifà al “work in progress” delle neuroscienze che però, quasi meccanicisticamente, non contemplano scarti, eccezioni, insomma il fiorire della “singola personalità” che fa la ricchezza dell’essere umano. Altri, come il generoso Lorenzo Toresini e altri, si rifanno al meglio dell’impostazione basagliana, quella di orientamento esistenziale. Chi scrive, in accordo con l’impostazione antonucciana, recepita dal Centro di relazioni umane, ritiene che nessuno(psichiatra o altro) possa sindacare il pensiero e il comportamento di altre persone.
Eugen Galasso
http://altoadige.gelocal.it/cronaca/2012/06/24/news/psichiatria-a-rischio-i-basagliani-1.5312768
Pubblicato il 30 June, 2012
Categoria: Notizie
Trattamento Sanitario Obbligatorio e Ospedali psichiatrici giudiziari: intervista a Giorgio Antonucci e Maria D’oronzo – RadiOndaRossa
http://www.ondarossa.info/
Colloquio con Giorgio Antonucci che è stato primario del Reparto Autogestito del Manicomio di Imola e con Maria Rosaria D’Oronzo fondatrice del Centro Relazioni Umane di Bologna. Il tema è il controllo Psichiatrico: alla luce del decreto che chiude gli attuali 6 Opg (Manicomi Criminali) per sostituirli con piccoli luoghi “custoditi” gestiti dalle Asl delle Regioni e non più dal Ministero della Giustizia, ragioniamo se cambierà qualcosa oppure si riprodurrà, forse su scala allargata, il meccanismo di esclusione e coercizione prodotto dal pregiudizio psichiatrico. Se non cambia l’approccio e la stessa concezione di considerare delle persone come “incapaci di scegliere”. Racconti di esperienze umane reali.
http://www.ondarossa.info/node/7242/Contro%20il%20carcere%20e%20il%20manicomio%2013/6