“Viva la scienza” – Eugen Galasso
Un ex-compagno di università più vecchio, Cesenate, ex docente di filosofia e storia presso il locale liceo, è generalmente considerato “pazzo” o comunque “strano” perché si infuria per questioni da nulla (controversia su Coop-Conad, per ex., se ben ricordo) o perché sostiene tesi “curiose”. In realtà, a ben vedere, è persona conformista, anzi decisamente tale da attribuirgli quello che Wilhelm Reich chiama “corazzamento caratteriale”- ne fornisco un esempio, a proposito della querelle di questi mesi sul Covid e sulla capacità-obiettività dei virologi, negava esservi quanto invece sembra assodato, ossia che i virologi stessi, abbiano sostenuto tesi (meglio diremmo “ipotesi”) diverse sull’eziologia del virus (le cause, insomma), la sua natura, le diverse modalità per combatterlo) – ecco, per la persona in oggetto, non esisterebbe alcuna controversia, quasi negando l’evidenza di violente discussioni, non solo sulla stampa o in TV ma anche durante convegni etc. Non credo vi sia da aggiungere altro. Rispolverando un positivismo dogmatico e di maniera (questo il mio pensiero a riguardo), questa persona sostiene che anche in questa specifica questione, esisterebbe un “consensus omnium” tra gli scienziati, anche se è difficile sostenere ciò. Curioso che uno scettico integrale, una persona aliena da ogni credo religiosa, sostenga un “Viva La scienza!” tra l’altro anche anti-storico, visto che i parametri della scienza vengono messi in discussione, epistemologicamente, anche per la matematica, un tempo la più “certa” delle “scienze”. Non per questo è “pazzo”, anzi, al contrario(?), è forse un involontario teorico (parola grossa, diciamo meglio apostolo) della grigia conformità. Eugen Galasso
Pubblicato il 12 January, 2021
Categoria: Testi
Psichiatria del Covid 19 – Eugen Galasso
In occasione della prossima “Giornata della salute mentale”, nuova “stretta” di psichiatri e farmacisti per sostenere la lotta, considerando tout court la “depressione” come una malattia anche organica, contrariamente a tesi pur ampiamente documentate, come quella del dottor Giorgio Antonucci e di Thomas Szasz, che ne negavano l’esistenza, appunto, quale “malattia acclarata” e “documentata”. Sostenere, in particolare, che la “depressione” non solo ha conseguenze organiche (in particolare in ambito cardiovascolare) e che essa può essere determinata e comunque trovare una concausa nel Covid 19 significa non solo ricadere nel più pesante organicismo, ma anche ri-psichiatrizzare o psichiatrizzare ex novo chi semplicemente ha paura, timore, vuole “premunirsi”, ossia manifesta atteggiamenti “reattivi” comunque utili rispetto a una pandemia invasiva, pericolosa, la cui eziologia è comunque ancora in gran parte ignota, come purtroppo anche le terapie per sconfiggerla. Eugen Galasso
Pubblicato il 12 October, 2020
Categoria: Testi
Il valore delle sfumature psichiche – Eugen Galasso
Che la psichiatria, destinata a diventare una sorta di “Moloch” fosse già in crisi da molto tempo, lo dimostra un testo del 1928 (!) di Maurice Garçon, 1889-1967, dell’Académie Française, giurista, storico, che si era occupato soprattutto di parapsicologia, magia, occultismo. Nella sua prefazione a un testo su Vintras, veggente (o visionari), “eresiarca”, Garçon scrive: “La psichiatria esercita una forma di imperialismo nel senso che, da padrona assoluta dei cervelli provvisoriamente o definitivamente “sregolati”, tende a guadagnare progressivamente e a porre sotto la propria autorità e il suo controllo degli spiriti che si allontanano dalla ragione più in apparenza che realmente. Se che tra la demenza e l’equilibrio mentale vi sono gradi spesso insensibili e sottili, non bisogna esagerare il valore delle sfumature. Il carattere inatteso di certe manifestazioni dello spirito non è necessariamente un segno di follia e dunque di irresponsabilità. Secondo noi, bisogna essere prudenti quando ci si dedica al loro studio…” (da M.Garçon, Vintras, Héresiarque et Prophéte, Paris, Librairie Critique E’mile Nourry, 1928, p.VIII, trad.mia). Come si vede, anche se certe espressioni rimandano a una concezione psicologica (e dunque anche della psichiatria) di stampo meccanicistico, l’assunto di fondo contesta la pretesa assolutista della psichiatria come scienza, il che, se consideriamo l’epoca, non è considerazione da poco, anzi… Eugen Galasso
Pubblicato il 5 October, 2020
Categoria: Testi
Il pensiero di Giorgio Antonucci – 24° convegno GDL – Maria D’Oronzo
Diritto ad Esserci così come si è – 24° convegno Globalità dei linguaggi di Stefania Guerra Lisi
Fin dai primi tempi della storia conosciuta si definisce follia il comportamento di coloro che non corrispondono alle direttive dei costumi di qella società, cosi varia il concetto di follia a seconda del giudizio che si dà sui costumi che devono essere imposti.
La storia della psichiatria è più recente cioè la storia del Mito della Medicina sulla variazione del costume.
Nel ‘600 con il capitalismo, con la nascita delle grandi metropoli, tutte le persoe che non si sa dove mettere, vengono rinchuse negli Ospedali Generali e la psichiatria diventa sempre più necessaria. Quello che è grave no è solo che ci sono questi ghetti, ma che questi ghetti si configurano come luoghi di cura.
Quando un pensiero non torna è considerato non saggio,per lo psichiatra è un difetto del cervello. Ad esempio Lombroso dice che gli anarchici hanno un difetto fisico per cui il loro modo di ragionare politico dipende da questo difetto fisico e devono essere eliminati in qualche modo e molti anarchici sono finiti in manicomio. Così succede agli artisti per il loro carattere creativo, per la loro essenza creativa, esprimono cose che non corrispondono al moralismo corrente e rischiano di essere internati.
Ad esempio quello che è ritenuto saggio in una cultura è ritenuto assolutamente impraticabile in un’altra.
Se uno vive insieme con i Buddhisti e poi viene i Italia, in Europa, si trova i difficoltà perchè deve cambiare un sacco di modi di pensare. Questo discorso importante fa vedere che il mondo è fatto di tante culture, di tante pratiche diverse di tante morali diverse perciò di tante filosofie diverse.
Le teorie correnti sono due. Una è quella degli psichiatri cosidetti organicisti, che dice che quando una persona non torna negli schemi che loro stessi creano, allora ha un difetto organico, biochimico del cervello. L’altra teoria dice che il difetto non è organico o biologico ma è un difetto nella storia della persona.
Giorgio Antonucci non ritiene di dover andare a trovare i difetti nelle persone. Con una persona che viene da noi dobbiamo cercare, insieme, qual’è il suo rapporto con la realtà e vedere qual’è, senza che questo implichi che ci sia un rapporto normale, sano, dei sani di mente, e un rapporto anormale, malato, dei malati di mente.
Per lo psichiatra c’è un difetto fisico, per lo psicanalista c’è un difetto psicologico. Questo rigurada anche Freud. Dopo la sua esperienza negli spedali di Parigi, ha detto: ho smesso di fare il medico, e ho iniziato a fare il biografo. Ma il problema è che le sue biografie sono pensate in cerca del difetto.
Giorgio Antonucci rifiuta quest’idea del difetto. Ci sono tanti modi di essere e di pensare e tante storie.
E’ chiaro che quando si discute con una persona creativa non si può smettere di tener conto del mondo che c’è intorno, altrimenti non serve a niente; però non si può escludere nemmeno tutta l’altra parte dell’interlocutore.
Quando ci sono le iniziative che possono facilmente avere per risultato l’esclusione dalla società, allora non si cerca il torto o lo sbaglio, l’errore, ma si avvisa la persona, la si mette in guardia, in modo che la sua creatività non lo porti i conflitto con la società: essendo l’individuo più debole della struttura sociale, ne sarebbe travolto.
Si discute su queste basi: io ho la mia creatività, i miei pensieri, le mie scelte, il mondo è quello che è, allora adesso cosa facciamo?
Non sulla base di un difetto, ma sulla base realistica, bisogna confrontarsi con quelli che ci stanno intorno, se no si rischia di essere travolti.
La storia del lavoro di Giorgio Antonucci si caratterizza da subito in un’attività ben precisa: evitare gli internamenti e di non aver mai fatto eccezione in questo.
Giorgio Antonucci comincia a evitare gli internamenti perchè il suo pensiero è che ogni persona ha la sua ricchezza creativa e questa ricchezza creativa va risettata.
La creatività non è un difetto e le persone che si trovano in determinati conflitti sociali e sotto il pregiudizio sociale non devono essere internnate ma devono continuare ad esercitare la loro creatività.
Bertal Russel si esprimeva con ironia sulla distinzione tra fantasia e realtà. In pratica – comentava – la fantasia è ciò che dice il paziente; la realtà è ciò che dice l’analista.
Le contraddizioni psicologiche non sono effetto di una disgregazione della personalità, come ritiene la psichatria, ma al contrario sono la rivelazione e l’espressione di un conflitto strettamente legato con l’intelligenza.
In questo modo la ricerca comincia a diventare biografia.
Il pensiero antonucciano comprende in primo luogo il collegamento di tutte le tensioni interiori con le possibili motivazioni, in secondo luogo la possibilità di acquisire metodicamente un sempre più attento controllo di sé stessi per divenire il più possibile autonomi verso la libertà.
Si cerca insieme di chiarire il pensiero. Si cerca intensamente una nuova chiarezza di linguaggio per rinnovare la propria comprensione della realtà e per ritrovare sé stessi.
Si cerca insieme un nuovo linguaggio per chiarire il pensiero, e da qui la collaborazione di Giorgio Antonucci con il professore del D.A.M.S., Gino Stefani.
La questione psicologca è innanzitutto un roblema di linguaggio e charezza di pensiero non è un problema di medicina.
La condotta di un individuo come la condotta delle faccende di una società. può venire paragonata ad un gioco.
Più semplice e meno numerosi sono i giiochi, più facile è il giocarli. Le relazioni, leggi, costumi della società costituiscono le regole secondo le quali le persone devono giocare. Gli individui trovano logorante e difficile condurre contemporaneamente due o più giochi così le società trovano logorante e difficile tollerare contemporaneamente l’esistenza di una pluralità di giochi per accaparrarsi l’attenzione e adesione dei cittadini. Da qui nasce la costruzione del malato in giurisprudenza. Viviamo in una società in cui un numero maggiore di individui perde la sua libertà mediante le cure psichiatriche.
Maria D’Oronzo
Giorgio Antonucci wikipedia
Pubblicato il 14 September, 2020
Categoria: Testi
Su Maupassant – Eugen Galasso
I testi di Guy de Maupassant, grande scrittore dell’Ottocento sulla “follia” non sono pochi, trattandosi soprattutto di novelle e racconti. Sono testi , in genere, che spiegano come il “pazzo” o venga preso per tale perché non lo si capisce/non lo si vuole capire, oppure perché si comporta in modo considerato “eccentrico”, ossia, praticamente, quasi la stessa cosa. Il “paradosso”, se vogliamo, è che lo stesso Maupassant sia morto in una condizione considerata (da quasi tutti, purtroppo) di “alterazione mentale” (altri parlando tout court di “paranoia”) e che si sia suicidato, in preda a una “crisi”. Forse, anche a questo “proposito”, converrebbe proprio rileggere i “Pensieri sul suicidio” di Giorgio Antonucci. Il discorso si potrebbe, certo, estendere ad altri personaggi, ma credo che questo sia un caso “esemplare” che non può lasciare “indenni” da una riflessione che vada oltre a stereotipi e “idee ricevute” o pregiudizi di vario tipo… Eugen Galasso
Pubblicato il 10 June, 2020
Categoria: Testi
Esorcisti e psichiatri – Eugen Galasso
Che tecniche come l’elettroshock e la lobotomia siano “naturali prosecuzioni” delle tecniche usate dalla “Sancta Inquisitio” cattolica è fuori di dubbio. IL protestantesimo, in particolare la tradizione che si rifà a Lutero, non può vantare pretese di “democraticità” e di tolleranza, in quanto la persecuzione di presunte streghe, di “stregoni”, di “eretici”, di Ebrei non manca neppure nel “campionario” evangelico, ma la “Sancta Inquisitio”, tra l’altro protetta da ogni sorta di poteri costituiti, non c’è, nel campionario indicato. Certo, l’intolleranza e la persecuzione di chi pensa e agisce diversamente da quella “massa critica” individuata come “normale” non manca mai, soprattutto nelle religioni storico-positive, ma la Chiesa Cattolica, al netto di qualche timida “apertura” (cfr.Papa Francesco e in genere la tradizione post-conciliare), appare la più intollerante. Per rimanere in ambito psichiatrico, perché non ricordare l’esistenza, ancora fortemente radicata e mai messa in discussione neppure da questo papa, degli esorcisti? Una straordinaria forma di potere esercitata indiscriminatamente da chi detiene quello che un tempo si definiva e veniva definito “potere spirituale”… Pur usando con ogni riserva l’espressione, credo si tratti dell’unica forma ancora in voga, in un ambito extra-poliziesco, di “lavaggio del cervello”… Eugen Galasso
Pubblicato il 17 February, 2020
Categoria: Testi
Paolo Lorenzini e lo psichiatra di “Sussi e Biribissi” – Eugen Galasso
Talora, scoprendo qualche testo anche teatrale, succede che si incappi in qualche sorpresa interessante: il romanzo fiorentino “Sussi e Biribissi”(1902) di Paolo Lorenzini, nipote di Carlo Collodi alias Lorenzini, l’autore del “Pinocchio”, presenta due ragazzi tredicenni, che hanno preso un “trip” per Jules Verne e il suo “Viaggio al centro della terra” cercano il luogo in questione disperatamente e in modo improprio, finendo quasi nelle fogne. Una guardia regia (allora c’era il re…) li manda in manicomio, dove lo psichiatra “sragiona” e fa discorsi che porterebbero ogni comune morale dritto in psichiatria con TSO accelerato… Giorgio Antonucci e Thomas Szasz godranno dal grande nulla o dal “Paradiso per spiriti magni” in cui si trovano (???) dato che un testo insospettabile, ora recuperato in bella versione teatrale (anche teatro di figura, oltre che di attori), ci riporta una protesta inusitata contro un mondo “crazy” che ricovera obbligatoriamente chi ha anche solo un sano spirito d’avventura… Se lo zio Carlo Collodi (in realtà Lorenzini) nelle “Avventure di Pinocchio” parlava di ospedale e carcere come destinazioni possibili per i “ribelli”, il nipote demolisce, pur se non a picconate, un’altra istituzione totale funzionale alla dittatura della borghesia, il manicomio… Eugen Galasso
Pubblicato il 12 January, 2020
Categoria: Testi
Poesia di Giorgio Antonucci – “Se mi ascolti e mi credi”
Lettura di Maria D’Oronzo
https://www.youtube.com/watch?v=wvxVeKZumHw&t=76s
Le poesie del dottor Giorgio Antonucci nascono dalle conversazioni del dottore con le internate nei reparti degli ospedali psichiatrici in cui il dottore ha lavorato.
Il dottore rifiuta la diagnosi: “La diagnosi viene negata in quanto pregiudizio psichiatrico che impedisce di intraprendere il vero lavoro psicologico con la sofferenza degli uomini per le contraddizioni della natura e della coscienza e per le contraddizioni della società e i conflitti della convivenza.” wikipedia https://it.wikipedia.org/wiki/Giorgio_Antonucci.
Testo
Se mi ascolti
e mi credi
posso raccontarti
in che modo
sono finita
qui dentro
in che modo
sono finita
qui dentro
posso raccontarti
cos’è accaduto
quando avevo
sedici anni
La mia storia
è molto
semplice
La mia storia
è semplice
e chiara
La ricordo assai bene
e posso parlarne
con serenità
nonostante tutto
Nonostante il ricovero a tradimento
Nonostante gli interrogatori dei primi tempi
Nonostante
gli insulti
Sei agitata!
(io mi ribellavo)
Sei incomprensibile!
(io cercavo di spiegarmi
e di sapere)
Sei pericolosa!
(io mi difendevo)
Nonostante la camerata e il cortile
dove il sole e la luna
concedono poco
per mancanza di spazio
Nonostante i miei anni
senza nulla
La mia storia
è semplice
e chiara
e la ricordo assai bene
e posso parlarne
con serenità
se mi ascolti
se mi ascolti
e se hai il coraggio di credermi
e se hai
il coraggio
di credermi
perché vedi
non mi ha
mai
creduta
nessuno
perché
non mi ha
mai
creduta
nessuno
Ho perduto le gambe sotto il treno
Per loro fu un tentativo di suicidio
Io potrei dirti
forse è successo
per disgrazia
forse volevo uccidermi
Ma che t’importa perché è successo?
Per loro non fu disgrazia
Per loro non fu disperazione
Per loro fu pazzia
loro spiegano
tutto
con la pazzia
e sono venuta qui dentro
e ci resto
e debbo ringraziare l’infermiera
se la mia seggiola a rotelle
viene spinta
dalla cella
al cortile
e dal cortile
alla cella
perché così la mia vita
anche se squallida
non è monotona del tutto
perché così la mia vita
anche se squallida
non è monotona del tutto
Se mi ascolti
e se hai il coraggio di credermi
la mia storia
come vedi
è molto semplice.
di Giorgio Antonucci
La psichiatria rinuncia alla depressione, ma non alla cura – Eugen Galasso
Non pochi psichiatri, ormai, hanno l’ardire di prescrivere, quasi come obbligo morale, se non etico (e chissà, un domani, giuridico…) ai “depressi” di curarsi. Ora, a parte il fatto che di “depressione” si parla da poco tempo, visto che nella storia della psichiatria un tempo, neppure remotissimo, le definizioni erano ben diverse, ancora oggi (vedasi il DSM5, dunque l’edizione più recente) si distinguono varie forme di “disturbi depressivi”, rinunciando a parlare di “depressione” intesa unitariamente, parlando di “disturbo depressivo maggiore”, “persistente” (distimia), “indotto da farmaci o da sostanze”, “con altra specificazione” (dove siamo decisamente nel “vago” e nell”indistinto”), “disturbo da disregolazione dell’umore dirompente” (e qui, ad essere precisi, saremmo altrove, rispetto alla “depressione” propriamente intesa…come lo siamo se lo definiamo “indotto da un’altra condizione medica” o “dovuto ad un’altra condizione medica”, il “disturbo disforico premestruale”, poi, è ovviamente altra cosa, impossibile riferirlo alla “depressione”), dunque una depressione tout court , a voler essere precisi, non esiste neppure per la tassonomia psichiatrica vigente o meglio esiste “per approssimazione”.
Ma dal punto di vista operativo è ben chiaro che cosa vogliono gli psichiatri: temendo che le loro strutture vengano, se non disertate, messe “tra parentesi”, impongono , per quanto possono imporre, che i/le “pazienti” (magari autoconvintisi di essere “depressi/e) vi si rechino e si sorbiscano le cure proposte/imposte… Torna in mente, fatalmente, la lezione di Giorgio Antonucci, che, negando la patologia depressiva”, richiamava, semmai, quel “mal d’e^tre moi” che caratterizza l’epoca romantica ma anche poi il Novecento esistenzialista o variamente autodefinito/si… Altro chiaramente, dalla “depressione” (ma cfr.sopra, a proposito di una definizione univoca quanto perentoria) psichiatricamente etichettabile e da curare. Certo, la saggezza e la prudenza che mettono in dubbio categorie “sacralizzate” non sono di casa, quando si parla di un “pronto intervento” anch’esso sacralizzato-imposto… Ma il trend dominante favorisce il potere psichiatrico e farmacologico, ovviamente… Eugen Galasso
Pubblicato il 13 October, 2019
Categoria: Testi
Al Lavoro di Giorgio Antonucci – Libretto
Attenzione!
Da oggi è più facile leggere e/o scaricare l’opuscolo “Al Lavoro di Giorgio Antonucci” seguendo questo link:
https://flipbookpdf.net/web/site/fbe6af90a74c6b418ed297c7ce6ceeae5b03f456201910.pdf.html
Pubblicato il 9 October, 2019
Categoria: Testi