Gli allievi di Cesare Lombroso: Enrico Ferri – Eugen Galasso





Enrico Ferri (1856-1929) fu un criminologo, un giurista (docente di diritto penale), un avvocato e un autore di vari testi, tra i quali “Socialismo e criminalità”(1883),  “Sociologia criminale”(1884), “Sociologia e scienza positiva”(1894),  del più tardo “I Socialisti nazionali e il governo fascista”(1923), per alcuni (come Anna Kulischioff, moglie di Filippo Turati e esponente del socialismo europeo) “un gran cialtrone” e un “vanesio”, perché non marxista e ben poco interessato a questioni specificatamente economiche, socialista darwinista, poi però fascista (i passaggi politici erano e sono frequenti, spesso con giustificazioni discutibili, in molti autori, ma anche in personaggi politici dell’epoca e dell’oggi…) rimane soprattutto interessante, ritengo, per l’opuscolo “La giustizia nel secolo XX°(Roma, Athenaeum, 1912), conferenza tenuta al circolo giuridico di Roma il 28 gennaio; una perorazione, decisamente ispirata al pensiero del suo Maestro (grande per l’epoca, nonostante tutto) Cesare Lombroso, che, anche studiando le strutture craniche, individuava tratti atavico-ereditari (ma non solo) che portavano, molto spesso, alla formazione di caratteri criminali.  Modernissimo per il suo tempo, quanto a diritto penale e criminologia, in buona sostanza Ferri perora la formazione di manicomi criminali, ritenendo essere, in molti casi, la detenzione in carcere fortemente negativa. Se all’epoca questa tendenza era moderna, oggi si va nella direzione opposta, quella di un superamento anche dei manicomi criminali, divenuti, peraltro, quasi sempre, strutture pessime anche a livello sanitario. anche se (bisogna pur dirlo) non si sa bene come la svolta si concretizzi nel senso di strutture ancora una volta chiuse o di libere comunità, certo in qualche modo controllate… Parla di “scuola positiva criminale”, spiegandone la specificità : “…si potrebbe dire che mentre l’istinto o il pregiudizio popolare nell’autore di un reato, soprattutto di sangue, vede soprattutto il delinquente, e la scuola classica vede anzitutto l’uomo, la scuola positiva dice, da trentanni, che bisogna guardare in esso l’uomo delinquente”(op.cit.. p.19).  Come dire non solo il delinquente, ma anche l’uomo e parimenti non solo l’uomo, ma appunto l’uomo che delinque. Devono dunque darsi giudici specializzati anche in criminologia, secondo Ferri e al tempo stesso strutture che, curando adeguatamente “l’uomo delinquente”, gli permettano di ri-crearsi (certo non nell’accezione banale del termine), di divenire una persona “nuova e diversa”.  Senza particolari utopie (dalle quali l’autore era alieno), una proposta certo radicale, per l’epoca, espressa da una persona il cui stile rimane quello battagliero di un avvocato-oratore (non certo alieno, anzi, dalla retorica), con quella formazione lombrosiano che all’inizio del 1900, era nuovissima, oltremodo polemica nei confronti delle “solite entità giuridiche astratte della colpa e del castigo” (cit., p.81), in nome di un modernismo pragmatista (anche se probabilmente la corrente in questione, a livello psicologico e filosofico, di James,  Dewey e Pierce, non era nota al Ferri, non era alieno da tale prospettiva, essendo quasi un “pragmatista fattuale”) e di un’adesione , anche questa involontaria, a un orientamento fondamentale che, sempre negli States, ma originariamente su spinta di un fisiologo russo, Pavlov, con Watson e poi Skinner, diverrà un riferimento fondamentale per la psicologia, pur se, notoriamente, era già nell’aria un altro approccio, quello “psicanalitico”, fondamentale rivolto non solo ai comportamenti esterni o meglio estrinsecati ma invece alle loro cause più o meno inconsce.   Una “giustizia né più severa né  più pietosa” ma “più veramente umana e socialmente più efficace”(cit., ,p92) auspicava il Ferri. Ebbene, potremmo dire che questo ideale, con ma anche nonostante lui, non si è ancora attuata… Ma soprattutto, nonostante la lezione di  Giorgio  Antonucci e di Thomas Szasz (autori che si sono conosciuti, ma hanno lavorato indipendentemente) rimane fisso e incrollabile il mito della “malattia mentale”.  Smontato il quale, rimane certo il problema di sottoporre il reo di un crimine, in particolare di omicidio (pensiamo al femminicidio) a una pena.  Chi scrive, non essendo “anarchico”, ritiene che essa debba comunque esserci; si possono però, anzi si debbono ripensare completamente le modalità della pena, che non può avere, oggi, una funzione meramente repressiva.    Eugen Galasso

Pubblicato il 8 August, 2019
Categoria: Testi

Al lavoro di Giorgio Antonucci – Incontro con Maria D’Oronzo






La “Casa del popolo” di Lecce e il Centro di relazioni umane di Lecce organizzano un incontro con Maria D’Oronzo, sul lavoro di Giorgio Antonucci, medico, filosofo poeta. Il solo al mondo ad aver abolito, nei suoi reparti di ospedale psichiatrici, l’elettrochoc e trattamenti sanitari obbligatori (T.S.O.).


Nel corso della serata ci sarà la proiezione del docu-film “SE MI ASCOLTI e MI CREDI, un dottore senza camicie” di Mileto e Cavallini.


9 Luglio ore 19.30
Via Tempesta 17, Lecce

Pubblicato il 3 July, 2019
Categoria: Eventi

Eugen Galasso – Recensione – “Lila” di Robert Pirsing



Una straordinaria demistificazione dell’antipsichiatria è in uno scrittore filosofo-antropologo USA, Robert Pirsig (1928-2017), dove corre l’obbligo di ricordare che Pirsig subì sia ricoveri psichiatrici sia trattamenti a base di elettroshock (quello di Ken Kesey, autore del romanzo e poi del dramma da cui Milos Forman trasse il film “Qualcuno volò sul nido del cuculo” non è un racconto di fantasia, anzi…pur se Kesey era collaboratore della struttura manicomiale, non “paziente”) nel romanzo filosofico-antropologico “Lila” (1991, nell’edizione americana originale). Con uno stile ovviamente diverso, le tesi sono quelle di Giorgio Antonucci: A) la società individua e condanna i “matti”, recludendoli perché non li capisce e ne ha paura;  B ) in culture diverse da quella occidentale-capitalistica, ma in genere dalle società strutturate in modo autoritario, come quelle dette “primitive” il “folle” è invece il portatore di luce, il “profeta”; C) lo shock terapeutico e in particolare l’elettroshock servono solo a rinchiudere -a escludere- a far dimenticare quanto il “folle” aveva già elaborato,  facendolo poi ripiombare in una condizione analoga a quella precedente, con una coazione a ripetere, ossia con la ripetizione degli elettroshock, che già Cerletti (espressamente citato) paragonava a pure “botte in testa”…   Un’avvertenza: a parte la lunghezza dell’opera (più di 500 pagine) il continuo passaggio dalla riflessione teorica alla narrazione può creare qualche problema a un lettore non abituato, pur se il testo non è assolutamente “incomprensibile”.  Decisamente più “fluido” lo stile di Antonucci, come quello di Szasz, di Laing,  di Cooper, a tratti anche di Foucault, non quello di Deleuze e Guattari.   Ma una lettura, per parafrasare una celebre frase, diventata quasi uno slogan, vale bene un po’ di sacrificio…   Eugen Galasso

Pubblicato il 27 June, 2019
Categoria: Libri

Centro di Relazioni Umane. Al lavoro di Giorgio Antonucci – Maria D’Oronzo



Ripercorrere le vicende, che si sono succedute negli anni di lavoro del dottor Giorgio Antonucci per una nuova linfa e nuovi stimoli alla lotta al Pregiudizio Psichiatrico. Giorgio Antonucci non solo dovette curarsi della liberazione di centinaia di donne e uomini internati, ma si occupò di restituire loro alla pienezza della vita.













Abbiamo realizzato un VIDEO dell’opuscolo https://www.youtube.com/watch?v=BYwQdRz0Xe8


Qui la versione A3 per stampa
Giorgio Antonucci A3
E’ disponibile anche la versione A2 se richiesta.

Pubblicato il 20 June, 2019
Categoria: Notizie, Presentazione, Testi, Video

Trattamento Sanitario Obbligatorio (T.S.O.) e Taser versus libertà – Maria D’Oronzo









Rare volte, rarissime, la Corte di Cassazione si è pronunciata contro gli psichiatri e il loro operato. La sentenza più significativa è arrivata il 20 giugno 2018, sentenza n° 50497, che riguarda la morte di Francesco Mastrogiovanni, anarchico, insegnante, morto in Trattamento Sanitario Obbligatorio (T.S.O.) il 4 agosto 2009.
La Cassazione afferma che: “la contenzione dev’essere redatta chiaramente con puntualità e diligenza, nel rispetto della buona pratica clinica, oltre ogni dato obiettivo relativo al decorso della patologia, tutte le attività diagnostico terapeutico ed assistenziali praticate”.
Chi non si attiene a queste regole commette reato di sequestro di persona.
Sono stati condannati 6 medici e 11 infermieri, quest’ultimi hanno l’obbligo di “proteggere” il paziente e di “attivarsi per far cessare la coercizione” e di segnalare all’autorità competente i maltrattamenti o privazione della libertà personale.
Sono stata informata da Sabatino Catapano, la stessa mattina del 29 luglio 2009 della cattura di Francesco Mastrogiovanni. Dopo poche ore ero in contatto telefonico con gli amici di famiglia Mastrogiovanni, Peppe Tarallo e Giuseppe Galzerano.
Sono partita da Bologna per raggiungere il Cilento, durante gli anni della durata del processo, varie volte.
Diverse sono state le associazioni che si sono attivate insieme a Sabatino e alla ospitale famiglia di Mastrogiovanni in questa triste storia.
Una storia triste, non solo perché un uomo è morto in un luogo deputato alla cura come appunto dovrebbe essere inteso un reparto d’ospedale, ma anche perché il nostro ordinamento riconosce il sequestro di persona, in una pratica di T.S.O, solo nel caso la contenzione non sia annotata in cartella clinica, mentre, invece, non viene riconosciuta la necessità di introdurre nell’ordinamento penale italiano, il reato di tortura come conseguenza logica del T.S.O. 
La convergenza fra l’atto sanitario e l’obbligatorietà dello stesso ha permesso, contemporaneamente, il pronunciamento della Cassazione che stabilisce la contenzione sotto stretti parametri e l’uso della pistola elettrica Taser nei reparti psichiatrici “sulla base dei fatti oggettivamente riscontrati”.

Giorgio Antonucci, che anche a Gorizia, nel gruppo scelto da Basaglia, ha dimostrato che i problemi psicologici non devono essere trattati dalla medicina, ha sostenuto, concretamente, che i ricoveri coatti non sono trattamenti sanitari e che l’elettrochoc è puro esercizio di violenza, e ancora la relazione deve essere paritaria e il rispetto reciproco, nella sua 40ennale pratica in ambito psichiatrico ha liberato centinaia di pazienti psichiatrici considerati, dagli altri, irrecuperabili, restituendoli alla pienezza della vita psico-sociale.

Pubblicato il 15 June, 2019
Categoria: Notizie

Centro di Relazioni Umane di Bologna. Al lavoro di Giorgio Antonucci – VIDEO





Né psichiatria né antipsichiatria.
La lezione di Giorgio Antonucci e il Centro di Relazioni Umane di Bologna. L’immenso lavoro di Giorgio Antonucci non può essere descritto in pochi righi, ma il Centro di Relazioni Umane di Bologna vuole rinnovare con ogni mezzo e in ogni occasione l’unico medico al mondo che concretamente ha praticato la sola rivoluzione umana nel campo della sofferenza interiore. “Il manicomio è la base per il sostegno della violenza nella società, per questo deve sparire” Giorgio Antonucci.


https://www.youtube.com/watch?v=BYwQdRz0Xe8

Pubblicato il 2 June, 2019
Categoria: Notizie, Video

Docufilm: “Passpartout (La chiave comune)” di Michele Borelli – tratto dal libro “La chiave comune” di Giovanni Angioli e le foto degli ospedali psichiatrici di Imola di Massimo Golfieri



28 maggio, ore 15.00
Presentazione e proiezione del docufilm:


Passepartout (La chiave comune)


Film-documentario tratto e ispirato dal libro “ La Chiave Comune” (edizioni La Mandragola) di Giovanni Angioli, infermiere psichiatrico dal ’72, prima a Bologna e poi a Imola. Giovanni ha attreversato l’esperienza di un infermiere-carceriere con la “chiave-comune”, per costruire insieme ad altri pochi colleghi l’autonomia dei reparti fino ad arrivare all’autogestione degli internati ognuno con la propria chiave privata. Giovanni Angioli ha lavorato a fianco del dottor Giorgio Antoniucci per il superamento del pensiero manicomiale.


Il film ‘Passpartout (La chiave comune)’ di Michele Borelli racconta il libro di Angioli con le foto di Massimo Golfieri e filmati storici degli interventi di Giorgio Antonucci. Lo sviluppo dell’opera è quello dell’intervista e dei racconti di due protagonisti: Giovani Angioli e il fotografo Massimo Golfieri, l’occhio esterno che ha testimoniato i luoghi della psichiatria, attraverso la ricerca sulle scelte architettoniche dei luoghi di cura e di costrizione.

http://www.braidense.it/attivita/news.php?ID_news=1019









Pubblicato il 31 May, 2019
Categoria: Eventi

La critica alla psichiatria di Giorgio Antonucci – La registrazione





La registrazione dell’incontro del 10 maggio al Vag61 di Bologna.
Abbiamo voluto illustrare la pratica del Centro di relazioni umane di Bologna, parlare del lavoro di Giorgio Antonucci, su i temi della lotta alla psichiatria per l’eliminazione della coercizione e della disumanizzazione della persona


https://www.youtube.com/watch?v=2DMC1JDSTio&t=191s&fbclid=IwAR2VUvfb5rTBdjnkhqB-seKeLgJ5ySE3mfpLnJC5UzBN2ZeF_dD7LbDK57U


Organizza il Centro di relazioni umane di Bologna e il Centro ducumentazione dei movimenti “Lorusso-Giuliani”.
Massimo Golfieri: Racconto fotografico dei reparti di Giorgio Antonucci a Imola; 00:00
Maria Amato: La costruzione giuridica del malato di mente; 32:36
Maria D’Oronzo: l’esperienza all’Autogestito e la critica psichiatrica antonucciana; 51:04
Assad Marhaba: ‘Quale psicoterapia? ha senso di parlare di terapia per le difficoltà esistenziali?’01:10:36
Andrea Mele: ‘Testimonianza di un sopravvissuto psichiatrico’. 01:50:21

Riprese e montaggio a cura di Emanuela D’Antonio


Per approfondimenti sul lavoro di Massimo Golfieri : https://vimeo.com/58130458

Pubblicato il 20 May, 2019
Categoria: Eventi, Notizie

Considerazioni sul “senso-complesso di colpa” – Eugen Galasso




David Oakill


Un’argomentazione di Giorgio Antonucci mi ha sempre creato problemi: la sua negazione del concetto, che psicanalisi (anche non di osservanza freudiana) ma anche psicologia tout court ormai accettano. Non l’accetta, ora credo di aver capito che cosa intendesse, in quanto condizionamento culturale, induzione a colpevolizzarsi, data dal contesto, non qualcosa di immanente alla psiche del singolo. Può essere, ovviamente, che mi sbagli (nei suoi testi il dottor Antonucci non svolge in extenso l’argomentazione, probabilmente presupponendola), ma credo proprio che sia questo il senso della sua riflessione, mirante a liberare chi è sanzionato dalla società e dalla cultura quale “folle” (quando va “bene”) o “pazzo/a” quando cultura e società sono più rozze e crudeli… Proporre il dialogo, la conversazione (socratica) al posto della contenzione, magari apparentemente “soft” vuol dire liberare quanto alla persona (o individuo, non è il caso di “sofisteggiare” su una parola) viene imposto, in maniera più o meno “surrettizia”, in realtà molto cogente. E Antonucci era molto attento a non demistificare un senso (o complesso) di colpa che rischiava di tornare fuori con inaudita violenza, anche da quando Freud l’aveva ristretto nell’ambito , anzi nel recesso più oscuro del Superego.    Eugen Galasso

Pubblicato il 17 May, 2019
Categoria: Immagini

Conversacion entre Guillermo Vera y Massimo Paolini – Espacio e ideas – Prospectivas anomales



“La posición del manicomio en mi trabajo se inscribe en el análisis de los lugares de la ciudad y la búsqueda de los fundamentos que legitiman su existencia, llegando a la raíz, a las razones de su nacimiento, y cuestionando su legitimidad. El manicomio, así como otros lugares de aniquilación —el campo de concentración, argumento de mi último artículo, el matadero, tema de futuros artículos— permite entender la violencia de nuestra época: invisible, disfrazada, anestesiada.”





“GV: . ¿Cuál es el contexto que elimina hoy en día la psiquiatría? ¿Qué interés hay en eliminar el contexto?”
“…El conocimiento es la mano que agarra la máscara, que aparta la cortina. Por eso considero importante el trabajo de Antonucci, así como el de Ivan Illich, otro humanista radical. Hasta que no se alcance un cambio profundo en la educación —que no significa reformar la escuela— no sólo no se podrá arrancar las máscaras del poder, sino que ni se podrá verlas. Eliminar la psiquiatría significa, como dice Antonucci, enfrentarse a la verdad.”

…”GV: Apuntas también que . ¿De qué manera? ¿Nos afecta a todas y a todos por igual? ¿Cómo influye la clase social?”
…MP: El manicomio no es un edificio, es un criterio, como siempre repetía Antonucci. Hoy en día el manicomio ha cambiado de nombre, diluyéndose en otros espacios cuya naturaleza es exactamente la misma. El criterio sigue siendo el mismo, es decir la coerción bajo la forma de la hospitalización forzosa. En palabras de Antonucci, «hasta que no se elimine el juicio psiquiátrico, la realidad de la segregación seguirá desarrollándose dentro y fuera del manicomio».”


GV: ¿Ha habido continuación del pensamiento y la práctica no-psiquiátricos en la línea de Antonucci? ¿Qué es hoy el Centro di Relazioni Umane?

MP: Hasta donde yo sé la única continuación de la práctica no-psiquiátrica antonucciana es la de Maria Rosaria d’Oronzo, psicóloga y colaboradora de Antonucci, quien compartió con él los últimos años de la experiencia de los pabellones abiertos de dos hospitales psiquiátricos de Imola, que Antonucci había desmantelado en los años setenta. En 2005 Maria Rosaria d’Oronzo fundó en Bolonia —con la colaboración de Antonucci— el Centro di Relazioni Umane, cuyo nombre es un homenaje al pabellón del hospital civil de Cividale del Friuli, del que se habla en el libro, que Edelweiss Cotti creó en 1968 como alternativa a los internamientos en manicomio, cerrado por la policía por su carácter subversivo. El centro de Bolonia se ocupa de liberar a las personas de la psiquiatría. La finalidad del proyecto editorial es precisamente difundir el trabajo de Antonucci para que nuevas generaciones de otros países sigan su camino hacia la eliminación de la psiquiatría y la creación de una cultura nueva. ”


L’intervista completa
https://www.perspectivasanomalas.org/2019/05/14/conversacion-entre-guillermo-vera-y-massimo-paolini-%c2%b7-espacio-e-ideas/?fbclid=IwAR3KG03Ju3RcLsa4jIk4QFWd_GTJG6lqKzLSlR-vG52uoO1CVow_baP6y8I

Pubblicato il 14 May, 2019
Categoria: Notizie

Centro di Relazioni Umane (Bologna) — Maria Rosaria d’Oronzo