Il potere della parola -Eugen Galasso
Nella nostra cultura occidentale logocentrica, la parola è espressione forte del potere-volere, della dominanza della psiche sul corpo, della razionalità sulle emozioni e sui sentimenti, del “lavoro” (il “lavora, non disperarti” di Carlyle rimane tristemente emblematico). La parola, anche a scapito del linguaggio pre-, para, non-verbale, è espressione del dominio: tutta o quasi la psicoanalisi si basa sulla parola, non per sua colpa (in maniera totale in Jacques Lacan, con il parlant-e^tre, parlantessere, come in Viktor Frankl, con la sua “logoterapia”) , ma perché espressione del citato dominio, che non accetta il pensiero “altro”, come si vede nei diversi livelli del linguaggio parlato-scritto. Così: A) A livello “basso” si dice “è matto, lascia perdere”. “Poveretto, è stato in clinica, sai…” etc. Già tra fine Ottocento-inizio Novecento, però questo livello basso si innalzava, tanto da invadere anche il teatro, con un testo (commedia, anche pregevole, a suo modo, come “Se no i xe mati no li volemo” (se non sono matti, non li vogliamo), ma la “follia”, in qualunque modo (anche solo come “pura metafora”) pervade tutta la cultura del Novecento, come dirò nel punto C. B) A livello divulgativo, ultimamente, oltre all’invasione mediatica del disturbo bipolare (alternanza euforia/depressione, secondo le “sacre tavole” della psichiatria…!), Leggi l’articolo completo »
Pubblicato il 23 December, 2010
Categoria: Testi