Intervista a Giorgio Antonucci – Rita Laghi (18 gennaio 1993)
Imola – Viale De Agostino -, nel cuore della città, “Autogestito” e l’unica parola incisa sulla targhetta affissa a lato del cancello.
Di lì le persone escono e entrano liberamente in ogni ora del giorno per recarsi dove vogliono, conducendo una vita simile a quella di tutti gli altri cittadini.
Sono cinquanta persone che facevano parte degli internati dell’ex manicomio Luigi Lolli dove, prima della legge del maggio 1978, venivano condotti i cittadini della zona periferica della provincia di Bologna.
A Imola c’è anche “L’Osservanza” che prima della legge era il manicomio di tutta la Romagna.
Giorgio Antonucci dal 1973 in poi ha lavorato prima all’Osservanza, dopo al Lolli, dove ora appunto dirige i due reparti che rimangono dell’intera vecchia struttura – l’Autogestito e un Reparto Geriatrico.
Per Antonucci la psichiatria è una pseudoscienza che deve essere superata da una nuova cultura e da una nuova psicologia, capaci di tener conto dell’uomo tutto intero, con la sua creatività e le sue contraddizioni, sia interiori sia sociali, e con il suo diritto a essere soggetto di libertà invece che vittima di pregiudizi di costume.
Prendiamo spunto dall’esperienza del dottor Antonucci per affrontare alcuni temi.
D. Dottor Antonucci, considerato che la sua presenza a Imola ha rappresentato una vera rivoluzione per le strutture psichiatriche, come ricorda i suoi primi rapporti con l’ambiente imolese?
R. Devo dire che l’inizio è stato molto difficile. Nel 1973 c’era ancora la legge del 1904 con qualche modifica dovuta a decreti del 1968. Ma più che la legge pesavano i costumi e la tradizione manicomiale e scientifica, che, del resto, sia pure in termini diversi, pesano tuttora.
Le falsità e le superstizioni impostate sotto veste scientifica sono le più dure a morire.
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Pubblicato il 21 June, 2010
Categoria: Testi