Psicofarmaci da ordine pubblico

di Stefano Sensi
il Manifesto, 6 agosto 2002

Los Angeles – È in proiezione in questi giorni nei cinema americani l’ultimo film di Spielberg, Minority Report. Tratto da un breve racconto di Philip Dick, il film narra di una società prossima ventura, in cui le attività di polizia vengono coadiuvate dall’opera di mediums che leggono nelle menti dei criminali e permettono ai poliziotti del pre-crime department di intervenire prima ancora che il crimine abbia luogo. Mentre tali apocalittici scenari appartengono ancora al mondo della fantascienza, le cronache recenti indicano come il governo americano, sotto gli auspici della guerra al terrorismo, non stia certo perdendo tempo per quanto riguarda il perfezionamento di tecniche di sorveglianza e repressione più tradizionali.


Sotto l’egida del Freedom of Information Act, la legge che permette a gruppi o singoli cittadini di visionare documenti governativi, il Sunshine project (http://www.sunshine-project.org), un piccolo watchdog group che si occupa di armi non convenzionali, è recentemente venuto in possesso di un documento del Pentagono dall’intrigante titolo: «The Advantages and Limitations of Calmatives for Use as a Non-Lethal Technique» – Vantaggi e limitazioni nell’utilizzo di calmanti come tecniche non letali. Il documento altro non è che un rapporto sulle ricerche promosse dall’US-Joint Non-Lethal Weapons Directorate – il Direttorato per l’uso di armi non letali -, del Pentagono che dimostra come gli Stati Uniti, in collaborazione con istituti di ricerca pubblici e privati, stiano attivamente valutando l’impiego su larga scala di vari agenti farmacologici, in primo luogo psicofarmaci, per operazioni di ordine pubblico. Obiettivo della ricerca, svolta dall’Applied Research Laboratory della Pennsylvania State University, è stato appunto quello di valutare mezzi di somministrazione, indicazioni e controindicazioni all’uso di sostanze ad azione psicotropa, qui chiamate eufemisticamente calmers – calmanti -, al fine di gestire dimostrazioni di piazza, rivolte carcerarie o la semplice neutralizzazione di individui pericolosi. Controllo non più dunque attraverso l’uso della forza ma tramite un indolore uso di sostanze psicotrope.

Il panorama delle sostanze prese in considerazione è ampio e comprende ansiolitici come valium e roipnol, oppioidi come il potente fentanyl, droghe ricreative “club drugs” come il gamma-idrossibutirrato altrimenti noto come liquid ecstasy, antidepressivi a rapida azione e finanche sostanze convulsivanti. La ricerca non lascia da parte neanche farmaci esclusi dalla farmacopea ufficiale in quanto giudicati troppo pericolosi o sostanze di uso veterinario come il carfentanil, un anestetico di ampia potenza usato dai veterinari degli zoo per stordire animali di grossa taglia. Le ricerche esplorano anche l’utilizzo di “creativi” cocktails farmacologici, mix di varie sostanze psicotrope e non. Spicca fra questi l’uso di gas irritanti al peperoncino (pepper gas), noti per la forte capacità di penetrare cute e mucose, e dunque per questo ottimo veicolo per la penetrazione di sostanze psicotrope come Valium o Precedex (dexmeditomidina). È quest’ultimo un farmaco, il cui uso è attualmente ristretto ai reparti di terapia intensiva e con assai seri effetti collaterali. Fra questi si annovera la capacità di abbassare la soglia di eccitabilità neuronale rendendo chi ne fa uso più prono a fatti convulsivi, cosi come la possibilità di innescare fatali aritmie cardiache. Ciononostante il rapporto ne caldeggia fortemente l’impiego. Va infine notato come l’impiego di psicofarmaci a fini di controllo venga anche proposto per situazioni “croniche” come per esempio nel caso di detenuti «problematici». In questi casi lo studio suggerisce, entusiasticamente, l’uso di cerotti o impianti sottocutanei a lento rilascio, a base di ansiolitici o antidepressivi.

È inutile qui sottolineare come tale ricerca ponga poca o nessuna attenzione alle possibili gravissime conseguenze mediche che risultano da una somministrazione, indiscriminata di farmaci di tale potenza. La maggior parte delle sostanze prese in esame sono, per esempio, ampiamente note per i potenti effetti sui centri del respiro e responsabili dunque, in caso di sovradosaggio, di morte per arresto respiratorio. Come ogni studente di medicina sa, la somministrazione di un qualsiasi farmaco richiede un’accurata valutazione e monitoraggio di dosi e condizioni di base, “pre-cliniche”, del paziente. Una dose adeguata per un uomo di mezza età di 70 kg di peso può risultare eccessiva in una ragazza di 45 kg o in un soggetto che per esempio abbia ingerito alcol o sia in terapia con altri farmaci. L’irrorare, alla cieca, una folla composita di dimostranti oltre che essere eticamente abominevole, rappresenta, dal punto di vista sanitario, una vera e propria roulette russa giocata sulla pelle di cittadini ignari ridotti a cavie.

Lo studio, va detto, è ancora in una fase pre-clinica, ma la storia c’insegna che la macchina militare americana non è mai andata troppo per il sottile in termini di sperimentazioni sul “campo”. Basti ricordare i segreti esperimenti di contaminazione con batteri “non patogeni”, effettuati dal Pentagono sugli ignari passeggeri delle metropolitane di New York e San Francisco negli anni `50, per valutare pro e contro di un impiego su larga scala di armi batteriologiche. Mentre gli Stati Uniti si preparano a pieno regime all’invasione dell’Iraq in nome del mancato rispetto da parte del dittatore iracheno dei trattati internazionali in materia di armi chimiche e biologiche gli USA in patente violazione di questi stessi trattati mantengono altrettanto inaccettabili programmi di ricerca nella stessa direzione. Un altro esempio della assai scarsa sensibilità da parte dell’amministrazione americana al rispetto delle regole del gioco. Due e pesi e due misure. In milligrammi per kg di peso corporeo, si intende.

Pubblicato il: 2 July, 2008
Categoria: Testi

Centro di Relazioni Umane (Bologna) — Maria Rosaria d’Oronzo