Giorgio Antonucci e le sue considerazioni sul crinale – Eugen Galasso

“Pomezia-notizie”, rivista culturale  febbraio 2010

Giorgio Antonucci, Diario dal manicomio. Ricordi e pensieri, Milano, Spirali.


Antonucci, protagonista e”corifeo” dell’antipsichiatria non solo in Italia, da sempre si batte per l’abolizione del manicomio, dell’elettrochoc e di ogni terapia contentiva, ma anche degli psicofarmaci che a suo parere (competente, però, essendo stato impegnato a Volterra, Gorizia, a Imola, a Firenze come sostenitore della teoria ma anche della prassi dei”matti da slegare”) che non si possa ritenere un disturbo psichico qualcosa di identificabile, di classificabile, di curabile, tanto più se con terapie barbare come elettrochoc o lobotomia (intervento parziale sul cervello, bene esemplificato in”Qualcuno volò sul nido del cuculo”, libro di Ken Kesey, relativo dramma teatrale e film di Milos Forman tratto da entrambi). Sugli psicofarmaci, sappiamo, medici psichiatri (gli unici che possano prescriverli, invero) si dividono sulla valutazione della loro efficacia terapeutica.

Certo, si può argomentare che:

A) ora ne esistono alcuni a basso dosaggio, relativamente innocui;

B) d’altronde sappiamo che, però, gli psicofarmaci, oltre ai problemi inerenti a ogni farmaco, alle controindicazioni insomma, danno notoriamente dipendenza e assuefazione, ciò che si vede anche empiricamente, considerando chi-moltissime persone, purtroppo, ne faccia uso e neppure abuso;

C) l’abuso è un rischio che sta continuamente “dietro l’angolo”, che è quasi immanente al loro uso.

La questione fondamentale, però, come coglie Antonucci, antipsichiatra sul campo e psicoanalista, oltre che validissimo scrittore, è quella dell’eziologia: dopo il meccanicismo psichiatrico, quello dei Binet, dei Wundt, dei Gall, dei Lombroso, ovviamente dei Cerletti (lo “scopritore”, invero casuale, dell’elettrochoc, testato appunto casualmente…ma sui cavalli inquieti-sic…) etc. , è tramontata definitivamente la possibilità di ricondurre il “disagio” psichico a cause neurocerebrali, né le neuroscienze, che aprono scenari assolutamente nuovi, ci danno la possibilità di credere che esista tale eziologia neurocerebrale, riscontrabile invece nel caso di traumi gravi, di alcune malattie (Alzheimer e non solo). Altrettanto, sostiene Antonucci, la psicoanalisi, che pure aveva in qualche modo, già con Freud, messo in dubbio il concetto e il lemma corrispettivo, di “malattia mentale”, li fa rientrare poi, in qualche modo, dalla finestra; ma lo fa assolurizzando le cose, facendo valere invece un principio unico per spiegare le cose, mentre per es., proprio lavorando nella sezione femminile del manicomio di Imola, dove introdusse nuove e importanti “riforme”, quasi rivoluzionarie per l’epoca, Antonucci riconobbe causa fondamentale del disagio nella repressione sessuale, da sempre usata da religioni e poteri contro le donne, in questo concordando con Reich, Lowen e Marcuse). Ma interessante è il libro nella sua struttura letteraria dove vale la Stilmischung, la mescolanza di generi: il diario nel senso nobile del termine (Pascal, Kierkegaard, Dostoevskij), le testimonianze, rese poetiche o già poetiche di per sé dei ricoverati (meglio: ex-ricoverati, nel caso di Antonucci), l’aforisma, la poesia, la riflessione. Così anche la citazione diventa pedina di un puzzle: quando per es.Antonucci ci dice come Artaud, il grande teorico del teatro, attore e teatrante eccelso (un rinnovatore della scena assoluto nel Novecento ma a tuttìoggi), poeta e scrittore geniale, vittima di ripetuti elettrochoc e di ricoveri coatti, abbia affermato essere il vero problema quello di tali metodi imposti: così Vincent Van Gogh aveva avuto la fortuna di nascere prima dell’elettochoc stesso, non rimanendo vittima. Allo stesso modo, rifacendosi a una disamina del pensiero occidentale (ma non solo, anche orientale, a tratti), Antonucci, autore anche di romanzi e molti altri saggi, dimostra come esso abbia contribuito al progresso dell’umanità quando non ha avuto certezze ma ha fatto progedire il dubbio e nel dubbio; senza nessuna concessione all’empirismo e al pragmatismo corrivi, si pone qui il problema della libertà, per es. quella di non farsi ricoverare in struttura psichiatrice, cosa che invece, stante il TSO (trattamento sanitario obbligatorio) oggi, anche con la legge 180 (detta legge Basaglia) è ancora prevista. Scrivo questa nota a ridosso del caso di Monselice (luglio 2009, quando due gemelli affetti da”depressione”minacciano di farsi esplodere con le molotov, perché costretti a un TSO, dove tutte le riflessioni di Antonucci tornano drammaticamente utili). Formidabile esempio di”contaminatio”, appunto, tra scienza e poesia, con la felicissima irruzione dell'”inaspettato” (citazioni in forma aforistico-poetica, esemplificazioni che sono anche piene di teoria, teoria esposta in modo accessibilissima ai non-specialisti-dove rimarrebbe, anzi fortemente rimane invece Il dubbio su chi specialista in effetti possa essere considerato, dove giustamente l’autore insinua “il serpe del dubbio”) questo libro, oltre a poter essere interrotto e continuamente integrato/completato dalle riflessioni del lettore, dando adito ad un vero confronto dialogico (nel senso di Buber, ma anche di tanti altri ri-lettori di Buber, Jabés docet…), si presta a una formidabile (mi scuso per le iterazioni dell’aggettivo, ma non ne trovo di più consoni e adeguati) opera di patchwork che dovrà anche avere effetti fruttuosi nella e sulla prassi.


Eugen Galasso

Pubblicato il: 14 April, 2010
Categoria: Testi

Centro di Relazioni Umane (Bologna) — Maria Rosaria d’Oronzo