Dislessici, disgrafici, altri(e) – Eugen Galasso
Quando un bambino, ma anche un adulto (non ripeto tutto ciò al femminile, è ovvio che la presenza femminile è fondamentale non meno di quella maschile, anzi) ha difficoltà a leggere, ecco che arrivano i solerti soloni (carina l’allitterazione? E’ comunque voluta) a dire:”Ma certo. E’un dislessico”.
Idem per chi ha difficoltà nella scrittura: “Disgrafico”. Ecco la sentenza pronta, la statuizione (secondo chi la fa) di una condizione. Se poi uno (una persona) non sa calcolare, intendo nell’accezione banalmente strumentale del termine, magari non ha imparato le tabelline, allora è “discalculico”. Disturbi dell’apprendimento, per i quali in ICD 10 c’è tutto un bel capitolo, con relativi paragrafi, dove F81.0 “fotografa” i disturbi della “lettura e della scrittura” (disgrafia e dislessia, senza calcolare la disortografia, che è ancora altro, ove si voglia procedere così, ossia la dis-capacità di scrivere correttamente), mentre F.81.1 “contempla” la sola disgrafia “ovvero, sempre traducendo meglio dal testo inglese “la disgrafia a sé stante”, mentre ancora F81.2 considera la “discalculia”.. Che poi Napoleone fosse “dislessico”, che lo fosse Jimmy Dean (difficoltà a leggere i copioni), che Einstein fosse “discalculico” (ovviamente, in realtà, non gliene importava nulla dei calcoletti, mirava a quella che definiamo “matematica superiore”) non importa, in un sistema scolastico-unversitario (con o senza la riforma Gelmini, non è quello il problema) -di poteri organizzati, divisi ma poi capaci di trovare “la quadra” (Umberto Bossi dixit) quando si tratta di sorvegliare e, seppure con “juicio” punire. Un sistema “giudicante”, comunque, un sistema che poi, altrove e in altri casi, individua, magari l’ADHD (convergenza, ossia la disattenzione e l’ipermotricità, magari, quando esse sono considerate agire sinergicamente…), e siamo a F.90.0. Né possono mancare il “leggero deficit intellettivo”(F70), quello “medio”(F 71), quello “grave”(F 72), quello “gravissimo”(F 73), dove poi può essere utile, ad libitum dello psicologo, giocare sul deficit “rilevante”, “importante” etc., tanto per “addolcire la pillola”. Come si stabiliscono questi deficit oppure queste carenze? Con dei test (il Minnesota, ma è solo un esempio),
svolti quando magari il bambino/ragazzo/adolescente è stanchissimo dopo ore di scuola pomeridiana, corsi di judo e/o di…, dopo tante ore di allenamento sportivo (“Sa, si deve allenare, tra due settimane c’è il campionato interpoderale…”) e/o di Internet, di FaceBook e ancora…. Scherzo, ma al tempo stesso non scherzo per nulla, come è chiaro. Se interviene lo psichiatra, quello “classico”, magari con la barba bianca, quello ascetico con la croce al petto come Alessandro Meluzzi, allora giù psicofarmaci (un tema che su questo sito, grazie al cielo, viene ampiamente trattato), se lo psicologo, le cose vanno comunque meglio, in quanto lo psicologo non prescrive (psico)farmaci. Ma anche qui lo psicologo dott.(o dottoressa) X non è = a Y, e via discorrendo. Se poi invece sono coinvolte figure intermedie (insegnanti che non ne sanno molto ma che credono di sapere tutto, assistenti sociali etc., ma anche qui dipende dalla singola persona) le cose vanno in maniera imprevedibile, “anomica”, ossia “alla selvaggia”, senza alcuna regola… Una regola che il potere psichiatrico e peri-psichiatrico (figure simili o potenzialmente a sostegno della psichiatria), ma anche quello educativo, furiosamente dedito alla difesa della parcellizzazione del sapere (Herbert Read, nel suo “antico” quanto sempre attuale “Education trought art”, lamentava tale fenomeno nel secondo dopoguerra, esattamente a fine anni Quaranta del Novecento, ma la situazione, oggi, non è migliore d’allora, con poche e magari consistenti, ma isolate, eccezioni) . Tutto si tiene, per essere funzionale alla riproduzione del Capitale e dei Poteri…
Eugen Galasso
Pubblicato il: 9 November, 2010
Categoria: Testi