Frenesia de la Navidad – Eugen Galasso



Un freudiano direbbe che sublimo la pulsione libidica, uno jughiano mi attribuirebbe adattamento totale agli archetipi (colori, principessa buona, principe azzurro), anzi un appiattimento sostanziale sugli stessi, un adleriano forse mi riterrebbe non realizzato a livello della personalità individuale, un frommiano mi direbbe non in perfetto equilibrio tra individuo e società, senz’altro (al di là degli “schieramenti”, delle appartenenze, delle scuole) mi direbbero che sono regressivo. Ebbene sì, voglio credere a Babbo Natale, al Nin^o Jesùs, alla Befana (anche per la mia doppia anzi multipla appartenenza etnica, in una zona quale quella dove provengo rivalutare la vecchierella non fa male), pur essendo convinto che non ci siano, ovviamente. Mi affascinano colori, odori, sapori (pur se non mi lascio trascinare al consumo alimentare, neppure a Natale e periodi circostanti), l’allure di bontà e di sincerità che pervade almeno un periodo dell’anno. Magia e bontà, “meglio essere ingenui che cinici” recita un “Christmas  Movie” made in USA (negli States c’è un genere di film e telefilm che mette in scena Babbi Natale, Elfi, Renne, con curioso ma simpatico sincretismo pagano-cristiano; sono prodotti ingenui ma schietti, almeno nelle dichiarazioni, un po’ larmoyants, ma nulla a che vedere con la volgarità dozzinale dei “cinepanettoni” made in Italy… Escapismo il mio? Certo, senz’altro, ma chi se ne importa?

Ciò, nonostante io sia lontano dai dogmi cattolici, anzi in rotta con gli stessi. Ma più dei film, mi affascinano le letture, condotte da sempre: “A Christmas Carol” (Cantico di Natale) di Charles Dickens rimane un capolavoro assoluto, ma che al Natale si siano dedicati Goethe e Schiller, atei e rivoluzionari come Bertolt Brecht e Kurt Tucholsky,  autori americani come Truman Capote e Ray Bradbury, che in Italia Pascoli, Fogazzaro, Iginio Ugo Tarchetti e Antonio Ghislanzoni (“scapigliati”), Emilio De Marchi, Grazia Deledda e Edmondo De Amicis abbiano dedicati racconti lunghi e/o brevi, poesie, drammi al Natale vorrà  pur dire qualcosa. Infatuazione collettiva? Spiegazione che non spiega nulla, ovviamente.   Ecco allora che, quantomeno, dedicandosi, nelle ore libere dagli impegni quotidiani (che ci sopraffanno anche nei giorni canonicamente festivi, si sa) alla contemplazione del e sul Natale, che vuol dire anche solo ammirare il proprio albero di Natale e magari una mostra di presepi (dieci anni fa a Barcellona, anzi Barcelonita, la spiaggia della capitale catalana, rimasi estasiato dai “Belenes” colà repertoriati), cantare e ascoltare canzoni natalizie,  si può correre il rischio di incorrere in un solerte signore, magari uno psichiatra in incognito che propone un TSO per “immaturità congenita”… Certo, se si è più prudenti e si pratica tutto questo nello spazio delle mura domestiche il pericolo è minore, ma…


Eugen Galasso

Pubblicato il: 6 January, 2011
Categoria: Testi

Centro di Relazioni Umane (Bologna) — Maria Rosaria d’Oronzo