Science fiction e follia – Eugen Galasso



Notoriamente, quando si parla di fantascienza, non si sa quale si intenda, perché se ne parli etc. E’ noto a ogni buon lettore, però, il fatto che esistano diversi tipi di science-fiction: quella banale, corriva, di puro consumo, quella che, invece, studia il presente per darci una pre-figurazione del futuro (mi esprimo così, per esser rapido nell’esposizione: un’esplicazione ulteriore richiederebbe ben altra trattazione, certamente molto più lunga e dettagliata). Tra quest’ultima, l’unica che valga la pena di leggere, credo, figurano autori come Phil Dick e Robert Silverberg (1935-vivente), segnatamente per il loro rapporto con la “follia”. Se in Dick, autore “maledetto” di cui si parlerà in altra occasione, il tema è legato alla sua “vita spericolata”, al suo assumere droghe psichedeliche, in Silverberg, anch’egli nordamericano ma di salde origini ebraiche, la “follia” come tema-chiave viene trattata sì, ma non sempre e non prioritariamente, direi inter cetera. Così nel suo romanzo “Shadrach in the Furnace” (Shadrach nella fornace, dove una volta tanto il titolo italiano rispecchia quello originale), si immagina il superchirurgo Shadrach, dedito solo alla cura del corpo del dittatore Genghis II Mao IV Khan (scherzo o meglio gioco linguistico feroce, anche perchè il 1976 è l’anno della morte di Mao- Tse-Dong!), che rischia però di finire, come il personaggio biblico, nella fornace del “nuovo Faraone”… In vari “intermezzi”, falseo almeno apocrife(?) lettere scritte da Shadrach che immagina d’essere il suo “supercurato” dittatore, si riflette sulla “pazzia”: “Se il dominatore del mondo è schizoide, questo ha gravi conseguenze per i suoi simili? Credo di no. Ho studiato attentamente la storia. I popoli hanno sempre avuto i dominatori che si meritavano, i dominatori appropriati. Un sovrano rispecchia lo spirito dei suoi tempi ed esprime le caratteristiche più profonde del suo popolo. Hitler, Napoleone, Attila, Augusto, Ch’in Shih Huang Ti, Genghis Khan, Robespierre: nessuno di loro era un incidente o un’anomalia della storia: tutti erano espressioni organiche delle esigenze dei tempi” (R.Silverbeg, “Shadrach nella formace”, cit., Mondadori Urania 095 Collezione , Milano,  2001, p.254), dove Silverberg esprime anche la concezione di un antipsichiatra quale Giorgio Antonucci (dove idee comuni non hanno a che vedere con la conoscenza diretta né con la conoscenza mediata dai libri e dai testi scritti – molto facile che Silverberg non abbia mai letto Antonucci, forse avrà letto, non si sa, qualcosa di Laing e di Cooper, ma nessuna pezza d’appoggio lo dimostra):  facile dire che i dittatori erano o sono “pazzi”, argomento che in realtà li scusa, quasi a dire: poveretti, non era colpa loro, ma della loro “malattia”.

Come se Hitler non avesse espresso, un po’ “esasperando i toni” l’imperialismo germanico rozzo del nazismo, come se non avesse dato voce, in maniera certo criminale, all’orrore della “vittima sacrificale”, identificata in chi “rompeva i piani” (Ebrei, dissidenti politici, Omosessuali, Zingari). Dove bisogna ricordare che il concetto di “razze inferiori” (i non Germani, in particolare gli Slavi, per il nazismo) esprime l’imperialismo espansionista dell’epoca, non un “delirio paranoide”, anzi meglio “paranoico”… Idem per gli altri dittatori citati (sarei più riservato su Augusto, che un vero e proprio dittatore in senso moderno non era né poteva essere). Seguono demistificazioni delle categorie psichiatriche di “fissazione” e “allucinazione”, demistificazioni oltremodo interessanti e rimarchevoli. Tanto per cambiare: psichiatri , siete avvisati, un altro sforzo e ci libereremo, se non di voi, delle vostre categorie. Così dicendo ho parafrasato un’altra grande vittima della psichiatria degli inizi, che però se ne burlava altamente,  Donatien-Alphonse Marquis De Sade


Eugen Galasso

Pubblicato il: 23 January, 2011
Categoria: Testi

Centro di Relazioni Umane (Bologna) — Maria Rosaria d’Oronzo