Psichiatria ma spesso anche psicologia – Eugen Galasso
Una psichiatria al servizio dei poteri, del potere (ma al Potere pasolinianamente inteso non credo, se non come efficace metafora) quando i poteri convergono su una linea, accerchiano chi si colloca al di fuori di certe logiche, ma anche certi orientamenti psicologici e psicoanalitici rischiano di essere o divenire “invasivi”, soprattutto se fraintesi nella loro essenza. Così psicologi e psicoanalisti (ma anche psichiatri tendenzialmente orientati verso la psicoanalisi) di orientamento freudiano curiosi di estorcere ai loro clienti (o “pazienti”, se vanno dallo psichiatra) “confessioni” sul sesso, anche in età infantile, per sapere se abbiano assistito alla “scena primaria”, quando e come…Adleriani intenti a chiedere informazioni sul rapporto con la propria individualità, con l’autoaffermazione etc., junghiani (o presunti tali, ma vale per gli orientamenti precedenti e per altri che qui non enumeriamo per non tediare troppo chi legge) che interrogano le persone sulle opzioni simbolico-religiose etc. Anche nell’ambito che sembrerebbe meno invasivo o dovrebbe essere tale, quello umanistico di Carl Rogers (ma anche altri psicologi della “Terza Ondata”, come spesso si chiama, fanno uso, per es., di LSD, quasi fosse versione più moderna del Pentothal, peraltro ancora in uso…). Studiando, vari anni fa, le opere di Rogers con un professore rogersiano, avevo trovato, nella formulazione, abbastanza oppressiva, delle domande rogersiane, tale rischio, ma avevo trovato poi una sorta di prontuario rogersiano (meglio: di suoi seguaci ed eredi) che si distingueva per essere pedantesco, noioso, mirato comunque sempre a indirizzare la persona, a guidarla a dire anche ciò che non vorrebbe dire. Ho ritrovato da poco un romanzo non di grande momento, “Marnie”di WInston Graham, che considero di gran lunga inferiore al film omonimo che ne aveva ricavato Alfred Hitchock (il romanzo è del 1961, il film del 1964). Non mi soffermo sulle differenze tra romanzo e film(molte e molto significative, peraltro), non entro nel merito delle questioni estetiche e poetiche relative, ma vado al nocciolo della cosa, ossia a un elemento chiave del libro, che nel film non c’è, perché là sarebbe inutile: il dottor Roman, che vuol curare, per indicazione del marito Mark la moglie, giovane cleptomane (cito qui la definizione desunta dalla vulgata psichiatrica) terrorizzata dal sesso (anche qui definizione semplificata, per intenderci). Ebbene, Roman, che Graham definisce”psichiatra” (cfr. quanto detto sopra; ma c’è anche da dire che un romanziere, per di più anglosassone, non è obbligato a distinguere troppo tra questi ruoli, e comunque l’autore non lo fa…), ad un certo punto chiede alla protagonista se lei non voglia(generare ma poi avere, educare, curare etc.) bambini. Una violenza inaccettabile, orientata ad un paradigma teleologico, ossia di finalismo procreativo imposto alle persone. D’accordo, non c’era il femminismo, si potrebbe obiettare, ma anche dei maschi potrebbero rivendicare (chi scrive spera lo facciano sempre di più, ma questo è altra cosa) la loro intenzione di non generare. Discorsi culturali a parte, però, rimane la violenza fatta al pensiero e alle intenzioni di una persona, specie se donna (nella fattispecie) indotta se non obbligata, comunque “persuasa occultamente” (l’espressione è di Vance Packard) a generare anche se non vuole farlo. Si dirà: ma è un romanzo. Invece no: a parte il fatto che molto spesso, se non sempre, i romanzi riflettono la cultura del proprio tempo, nel caso specifico si sa di medici (anche per nulla psichiatri), psichiatri, psicologi, psicoanalisti insistono, che, anche se non sono cattolici integralisti, su questo tipo di argomentazione insistono, sulla necessità di “sorvegliare e punire”, di controllare, in particolare chi si ritiene (meglio: il potere machista ritiene) sfugga alla cultura, collocandosi più sul versante della natura. Ma, se il discorso vale a fortiori per la donna, sempre repressa (Giorgio Antonucci, “non psichiatra” che ha il merito di aver chiuso i reparti femminili dei manicomi, ma anche di aver teorizzato la sua prassi, docet), esso vale anche per l’uomo, o meglio per quegli uomini che non rientrano negli stereotipi logocentrici della “sola cultura”.
Eugen Galasso
Pubblicato il: 29 January, 2014
Categoria: Notizie