Centro di Relazioni Umane di Bologna. Al lavoro di Giorgio Antonucci – VIDEO
Né psichiatria né antipsichiatria.
La lezione di Giorgio Antonucci e il Centro di Relazioni Umane di Bologna. L’immenso lavoro di Giorgio Antonucci non può essere descritto in pochi righi, ma il Centro di Relazioni Umane di Bologna vuole rinnovare con ogni mezzo e in ogni occasione l’unico medico al mondo che concretamente ha praticato la sola rivoluzione umana nel campo della sofferenza interiore. “Il manicomio è la base per il sostegno della violenza nella società, per questo deve sparire” Giorgio Antonucci.
https://www.youtube.com/watch?v=BYwQdRz0Xe8
I GIOVANI PRIME VITTIME DELLA PSICHIATRIA – di Piero Colacicchi – il Giorno della Memoria
Inviato a Elisabetta Armiato da Piero Colacicchi:
Io credo ( o, piuttosto: spero) che in un tempo futuro, ma forse non troppo lontano da oggi, verrà istituito il Giorno Mondiale della Memoria in commemorazione delle vittime della Psichiatria e, se ciò dovesse davvero accadere, la data giusta sarebbe il 23 di novembre.
Il Giorno della Memoria in commemorazione delle vittime dell’Olocausto è stata indetta in ricordo del 27 gennaio 1945 quando le truppe russe entrarono ad Auschwitz e il mondo fu messo di fronte alle conseguenze del pensiero razzista. Il 23 novembre del 1971 avvenne la prima delle ‘Calate’, cioè la prima delle cinque visite popolari spontanee di controllo all’Ospedale Psichiatrico Statale San Lazzaro di Reggio Emilia. La visita era nata in seguito al lavoro svolto dal Dott. Giorgio Antonucci durante l’anno precedente nella provincia di Reggio per tenere in libertà coloro che erano in pericolo di ricovero obbligato in quell’ospedale. Parteciparono una sessantina di persone venute dai paesi della montagna reggiana ed alcune, io compreso, chiamate da Antonucci da altre città. Questa fu, per quanto ne so, la prima volta nella storia che un gruppo numeroso di cittadini sia entrato insieme, improvvisamente e senza preavviso, in un’istituzione chiusa come un ospedale psichiatrico con la dichiarata intenzione di vedere quello che veramente succedeva. Tutti i giornali locali ed alcuni tra quelli nazionali ne discussero per mesi. Ne parlarono anche all’estero. Ed è appunto perciò che il 23 novembre sarebbe la data giusta per ricordare gli orrori di cui è responsabile la psichiatria: la svalutazione totale e definitiva del pensiero di migliaia di persone e la lenta e metodica distruzione dei corpi.
Un resoconto di quella visita lo feci già anni fa nel capitolo che Antonucci mi chiese di scrivere per il suo libro “Critica al Giudizio Psichiatrico” edito da Sensibile alle Foglie nel 1993 (1), ma voglio qui riprendere la parte che descrive il momento in cui entrammo nel reparto ‘De Sanctis’, cioè nel reparto in cui erano rinchiusi le persone più giovani, tra cui anche bambini.
Eravamo passati da vari reparti per adulti, alcuni dei quali erano lì da venti, trenta e più anni, trovandoci di fronte a scene terribili come stanze con donne mezze nude legate ai letti e perfino alle inferriate delle finestre e uomini, coperti dei loro escrementi, messi in tutta fretta sotto violenti spruzzi d’acqua appena si era sparsa la voce che noi giravamo l’ospedale, ed avevamo i nervi a fior di pelle, ma non immagginavamo di poterci trovare di fronte a scene ancora più sconvolgenti.
Nel capitolo “Le calate di Reggio Emilia” del libro scrivevo:
“Alla fine della mattinata ci dirigemmo verso l’edificio più lontano ed isolato, il reparto De Sanctis, dove vivevano rinchiusi i bambini.
Prima di entrare dovemmo sostenere un’animata discussione con le infermiere ed entrammo solo quando si furono assicurate che avevamo il consenso del direttore < consenso alla visita dell’Ospedale che era stato concesso di malavoglia, dopo molti tentativi di mandarci via con le buone, e soltanto perchè richiesto in modo sempre più pressante da gente determinata e convinta che il diniego nascondesse cose che nessuno doveva vedere >. Ancora un grande stanzone con panche lungo le pareti vuote, ma questa volte vedemmo ragazzi e bambini, alcuni dell’età di cinque o sei anni, di cui alcuni legati che piangevano e chiedevano di essere liberati. Ordinammo alle infermiere di scioglierli, ma loro si rifiutarono. Rimanemmo lì un pò di tempo e cercammo di parlare con i bambini, ma fu difficile, specialmente per l’atteggiamento chiuso e minaccioso delle infermiere che si intromettevano protestando ogni volta che si provava ad avvicinarsi.
Dopo un pò, mentre giravo per un corridoio, sentii qualcuno piangere disperatamente, ma non vidi nessuno. Mi sembrò che i lamenti provenissero da dietro una piccola porta metallica.
Giuseppe Tradii – il pittore dell’Autogestito di Giorgio Antonucci
Qui tra noi c’è Giuseppe Tradiì.
Tradiì è un uomo che, per sua sfortuna e per una serie di circostanze negative e in una società come la nostra, doveva vivere fuori e invece è stato incastrato in manicomio. Ora, le persone possono avere o non avere il talento della pittura, indipendentemente dal fatto di essere fuori o dentro del manicomio; c’è chi ha talento per la pittura, chi per la musica; c’è chi ne ha molto ed è grande, chi ne ha poco ed è meno grande.
Però la pittura di Tradiì non c’entra nulla con il Reparto Autogestito dell’ospedale psichiatrico di Imola, dove vive da tanti anni; c’entra soltanto per il fatto che da noi, all’autogestito, ogni persona, fintanto che restava lì perché non aveva sbocchi immediati (è difficile tornar fuori dal manicomio, come tutti sapete), però quelli che stavan lì, anzitutto erano liberi. Per esempio, Tradiì la sera andava a Bologna, al night, quando voleva; oppure andava al mare, oppure al cinema, come gli altri; siamo stati all’estero, ecc. (continua)
Alcune immagini delle opere di Giuseppe Tradii http://centro-relazioni-umane.antipsichiatria-bologna.net/2010/07/02/490/
Pubblicato il 2 December, 2018
Categoria: Immagini, Testimonianze, Video
Maria Amato – Intervento ” La costruzione del malato” – 23° Convegno Nazionale GdL: metodo Stefania Guerra Lisi
“Le implicazioni giuridiche del pregiudizio psichiatrico del controllo dei costumi sociali: posizione di controllo e di garanzia, e valenza giuridica, del documento psichiatrico”.
Intervento della Dr.ssa Amato Lucia Maria Catena, Avvocato e Magistrato Onorario, in funzione di Giudice del Lavoro, Tribunale di Patti, Sezione Previdenza, Distretto di Corte d’Appello di Messina,
in occasione del 23° Convegno Nazionale organizzato dal Centro di MusicaArtTerapia Globalità dei Linguaggi.
Tavola Rotonda : ” Dalla riforma Basaglia al progetto persona nella GdL” con la collaborazione del Centro di Relazioni Umane di Bologna della Dr. ssa Maria D’Oronzo.
Video: YOUTUBE
https://www.youtube.com/watch?v=L2GaERBSCh0&feature=youtu.be
“I poveri sono matti” Festival internazionale di canto sociale Corazone
VIDEO:
Basaglia – Antonucci: la differenza di idee e pratiche
Le difficoltà della vita non sono malattie
Si può fare diversamente: che cos’è il Trattamento Sanitario Obbligatorio
Pubblicato il 21 June, 2018
Categoria: Eventi, Notizie, Presentazione, Video
Dibattito Giorgio Antonucci e Riccardo D’Este – Giugno 1993
VIDEO
https://www.youtube.com/watch?v=0-B9OPD7mdM&feature=share
https://youtu.be/0-B9OPD7mdM
Pubblicato il 7 March, 2016
Categoria: Video
Senza Ragione – Documentario
http://www.cinemaitaliano.info/senzaragione
Attraversando la storia della psichiatria, questo documentario si propone di mettere in discussione non solo le tecniche, ma il suo stesso fondamento scientifico. Attraverso le testimonianze di chi direttamente ha vissuto una storia psichiatrica, si cerca di ricostriuire il percorso che ha trasformato questa “Falsa Scienza” da tecnica di controllo sociale a branca della medicina.
Pubblicato il 27 December, 2012
Categoria: Video
Giorgio Antonucci – Video – Firenze 2012
Giorgio Antonucci, all’inagurazione della mostra multimediale “Il volto sconosciuto della psichiatria“, ricorda Thomas Szasz :”I manicomi sono così perchè molte persone che sono fuori, lo vogliono così”.
La costrizione deve finire.
Reparto 14 (video intervista a Giorgio Antonucci) – Radio 3 – recensione, Eugen Galasso
Bellissima, questa trasmissione radiofonica, trasmessa su Radio 3, nell’ambito di “Il cantiere”, “Reparto 14“, di Valentina Giovanardi e Valentina Neri, dove protagonista assoluto è il nostro(possiamo ben dirlo) Giorgio Antonucci, che , all’epoca del suo soggiorno quale “psichiatra” a Imola chiese di coordinare il famoso “Reparto 14”, quello degli “agitati”, dove Giorgio racconta la sua attività di “smantellamento dell’istituzione manicomiale”, dalle persone slegate(persone, racconta, che per vent’anni erano state legate, con le conseguenze note, ad iniziare dall’atrofia muscolare, dall’intorpidimento del pensiero) peraltro proprio materialmente e direttamente con le sue mani, con l’assistenza di un’infermiera fino a farle uscire dapprima nel parco, poi addirittura al Parlamento europeo per rivendicare i loro (sacrosanti quanto conculcati)diritti. Ancora per dire dell’esperienza diretta ad Imola, Giorgio spiega come una donna, che da ragazza era stata stuprata, fosse stata rinchiusa per “rimuovere lo scandalo”. Ma poi, induttivamente (certo non solo), il dottor Antonucci ci dice che il “manicomio non è una struttura, ma è un criterio”, un criterio per cui “un cervello è da riparare”, per cui qualcuno viene escluso e condannato alle terapie (elettroshock, psicofarmaci, un tempo anche lobotomia, ma giustamente Giorgio altrove ricorda come per molti operatori o almeno per una parte degli stessi la stessa operazione chirurgica sarebbe ancora concepibile). “Società ingiusta, assurda e tragica”, la nostra, sottolinea giustamente Antonucci, che mostra come la psichiatria sia assolutamente il contrario della libertà, contraddittoria perché obbliga la persona a sottoporsi a una reclusione che poi pesa sempre su di lei, senza tollerarne mai la parola, la libera espressione, anche perché, appunto, così salterebbe la rigida dicotomia: dove c’è psichiatria non c’è libertà, dove c’è libertà non ha senso la psichiatria. Un racconto pieno di riflessione e riflessioni, come s’è visto, ma anche un racconto pieno di umanità, in quanto dalle parole di Giorgio traspare sempre, chiaramente, il dolore per la condizione umana ferita dei “degenti” (in realtà ricoverati a forza) e la speranza -per ora non realizzata, viste le circostanze, e qui sarebbe inutile entrare in dettaglio- di una società diversa che non faccia passare una pseudoscienza quale psichiatria per verità. Testimonianza umana, etica, sociale, culturale, quella di Antonucci, per cambiare una situazione che, per dirla con i profeti dell’Antico Testamento “grida vendetta al cielo”.
Eugen Galasso
Anime Internate: Ospedale psichiatrico giudiziario – VIDEO – Recensione Eugen Galasso
Il video che potete vedere, realizzato quasi “di strafugo”, anche con la collaborazione e consulenza della nostra amica dott.Maria Rosaria D’Oronzo, si riferisce a una di quelle “realtà tabù” di cui “la brava gente” preferisce non parlare: gli OPG (Ospedali psichiatrici giudiziari) che, nonostante gli interventi del senatore Ignazio Marino, dei Radicali, qualche intervento insufficiente, per portata e per senso dello stesso, del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (ex-comunista di stretta osservanza, dove è da dire che nell’ex-URSS le istituzioni totali c’erano, anzi proliferavano), esistono e persistono. Si tratta di realtà (e questa di Reggio Emilia non è certo la peggiore…) in cui la persona, pur se criminale (chi è in “manicomio giudiziario” qualcosa di grave l’ha fatto e chi scrive non ritiene che il reato vada né premiato-ovvio, credo-né “ignorato”, ma punito, ma la punizione può attuarsi in modi diversi, con modalità diverse, anche più “umane”), è rinchiusa, ma anche sottoposta a una sorta di “Big Brother”-con registrazioni, videocamere etc. Secondo le parole e la gestualità (inutile ripetere, credo, che il linguaggio nonverbale è spesso ben più presente e “aggettante” di quello solamente verbale)dei “degenti”-“ospiti”, ma anche di una guardia (vogliamo chiamarlo “sorvegliante”, ma non credo che una parola o l’altra cambi radicalmente il senso della cosa) il “malessere” emerge in modo chiaro. Persino colui che, per stazza fisica, mole, modo di esprimersi, sembra un “boss” (in realtà, invece, sembra non lo sia), è visibilmente in difficoltà, non è capace di negare le proprie defaillances, le proprie “crisi”, che non saranno però, da quanto si evince dal documento, foriere di una “metànoia”, di un cambiamento interiore positivo (presa di coscienza, disposizione etica diversa) ma riprodurranno quasi certamente lo stesso “cliché” tra lampi di “ravvidimento” (?) e atteggiamenti, direi reichianamente “corazzamenti caratteriali “almeno potenzialmente”. Come osserva il citato “guardiano”, persona di notevole intelligenza e rara sensibilità empatica con i”detenuti”, ci sarebbe molto da cambiare (da chiudere gli OPG, in primis), anzi da chiudere gli OPG, sostituendoli con carceri o comunque luoghi di “detenzione” (cfr.quanto ho sostenuto sopra: sono un “riformista”, non un “rivoluzionario”, in questo campo, temendo scatenamenti incontrollati e abusi da parte delle persone) che però rispondano veramente allo spirito di una legge, la “Gozzini”, per l’umanizzazione delle e nelle carceri, che sia reale e non fittizia, non di facciata. In questo senso, contro il pensiero di coloro che chiedono comunque sempre “la mano forte”, si può cambiare tutto, ma abolendo in primis gli OPG, strumenti di derivazione inquisitoriale. Se ora, come dice l’ “amico” sorvegliante, conscio dell’assurdità di certi suoi compiti, qualcuno da “fuori di testa” lo diviene “ancora di più” (uso espressioni che chiaramente non condivido per nulla, ma…per intenderci…), sarebbe da fare in modo che qualcuno dopo “stia un po’ meglio”…, sempre per dire le cose con un linguaggio improprio ma a suo modo parzialmente efficace.
Eugen Galasso