IL GIUOCO DELLE PARTI – di Giorgio Antonucci



Articolo per “Senza Confine”





Il suo capo
Solca
La galassia
Dell’assurdo.
(Renè Char)


Si potrebbero concepire divertenti commedie o satire brillanti, specialmente in campagna elettorale, tra tutte queste macchiette, tra stupidi che vogliono fare i furbi, e furbi che fingono di essere tonti, e sarebbe bello rappresentarle in piazza, coi burattini, come ancora di recente, ho visto a volte, nel mezzo del caos di Roma o di Napoli, ricordi di intrichi paesani nel rumore delle metropoli.
Si legge ne ‘La Repubblica’ del 19 marzo scorso ( 1992) a pagina 17 nella rubrica ‘verso le elezioni’ che due candidati di parti differenti, si sarebbero insultati con violenza, com’è logico per vivace passione democratica, come avveniva in antico a Catone o a Cesare o a Catilina, tutti consapevoli dell’alto livello del gioco, e delle relative consacrate responsabilità del cittadino nelle sue pubbliche funzioni.
Ma non sapevano che la magistratura in un paese civile è sempre all’erta, e niente sfugge all’occhio del giudice, sempre attento al bene comune sostenuto dal diritto.
Così si trova scritto solennemente che è reato dire le parolacce anche nelle tenzoni politiche, come ha stabilito la Corte di Cassazione con una apposita sentenza.
“Non può in nessun caso essere tollerato – sostengono i giudici – che le espressioni degenerino in frasi pesantemente e platealmente sconvenienti e volgari, trasmodando in incivile denigrazione, non giustificabile neppure nella vis polemica invalsa nelle tenzoni politiche.”
Ma che cos’è che si son detti quei due da rischiare, nonostante le loro posizione di vantaggio nei riguardi, ad esempio, degli immigrati o dei mendicanti, di essere perbacco arrestati sul posto per violazione flagrante dei costumi?
Si son dati l’un l’altro di ‘coglione’ e di ‘malato di mente’: ecco che cosa è successo.
Così appare chiaro che hanno ragione i tutori dell’ordine, quell’ordine prezioso che ci appartiene e che ci proponiamo ogni giorno di difendere sempre di più con tutte le nostre forze e senza risparmio di mezzi.
Quel tipo di denigrazione e di insulto, così leggermente adottato dai due candidati in questione, è linguaggio scientifico, è roba da specialisti, e può essere usato legittimamente e con proprietà solo da psichiatri o da psicologi, che hanno studiato all’università per molti anni appunto per questo.
Ognuno deve stare al suo posto, come diceva Confucio, ogni cielo ha i suoi dei.


Firenze, 28 marzo 1992

Pubblicato il 8 November, 2015
Categoria: Notizie

Per Frigidaire – LA SCELTA – Giorgio Antonucci






Un solo
Momento

Mi aveva
Distratto:

– Il sollievo
Di pensare
Alla morte.



E’ proprio quando difetta la speranza che arrivano i ciarlatani, e vendono al mercato le loro magìe, come prodotto di scienza e guida alla salute.
Arrivano allegri con le pillole della gioia.
Sono i signori del piacere.
Vengono sicuri e presuntuosi come profeti.
Aprite loro le porte e sarete alla fine al sicuro, al riparo da ogni turbamento.
Ora per moltissimi il mondo collettivo è sordo ai desideri, povero di prospettive, e ricco di paure come un mare notturno senza luna.
Altri, in apparenza più privilegiati, sentono, nonostante tutto, di essere solo strumenti fuggevoli di strutture indifferenti.
Così non tutti sono felici di esistere.
Allora tra poco tempo i depressi, così come li chiamano genericamente, rischieranno proprio di essere la maggioranza.
Aumenta sempre più la tristezza e spesso la voglia di morire.
Mentre l’individuo è ogni volta più isolato si moltiplicano le seduzioni illusorie e le risorse ingannevoli.
Nascono e vivono le semplificazioni.
Nei campi di concentramento di Hitler alcuni internati per trovare sollievo si sfracellavano a terra nel fondo della cava di pietra.
Hitler è passato ma non i suoi metodi.
E nemmeno le sue istituzioni.
Anche ora il terrore sociale è così forte e così grande la paura delle autorità e così poca la sicurezza di se stessi che è accaduto non di rado che giovani studenti si sono uccisi per insuccessi scolastici o fanciulli hanno cercato la morte per senso di colpa o altre forme di disperazione.
Che il nostro cervello sia un sistema chimico complesso, come ciascun organo vivente, è una idea che tutti abbiamo, da Rita Levi Montalcini al portinaio della Casa di Riposo, per cui è perdita di tempo ritornarvi sopra, come fosse un argomento a favore o contro l’esistenza degli psichiatri e delle loro prodezze, oppure a vantaggio o svantaggio delle teorie psicoanalitiche e della psicoterapia.
Sappiamo anche tutti che le funzioni del sistema nervoso centrale possono essere momentaneamente influenzate o modificate da composti chimici di vario tipo detti per questo dagli specialisti neurotropi, come neurotropi sono certi virus che hanno affinità particolari per il cervello.
Così sono sostanze neurotrope le droghe come gli psicofarmaci.
Chi è angosciato o triste o depresso può allentare la tensione sia con un bicchierino, sia con una pera, sia con una pillola comprata dal farmacista.
E forse anche con un po’ di chiacchiere.
Ma questo non vuol dire affatto che la depressione è una malattia o un difetto del cervello o una eredità genetica e che sono salute solo l’allegria, la spensieratezza e l’incoscienza.
Né che è fisiologico solo il comportamento prescritto dai costumi.
La grande costellazione chimica del cervello dell’uomo, complicata più del cielo stellato, è costruita sia per la gioia sia per il dolore e per molte scelte differenti che vanno molto al di là dei costumi limitati di una singola cultura.
Il nostro pensiero ha costruito molte culture e molte ne costruirà ancora finché saremo al mondo.
Il cervello non è una macchinetta a gettone.
E può scegliere sia la vita che la morte.
Tuttavia il compito degli psichiatri non è quello di diminuire il dolore o aumentare la gioia o ravvivare il significato di un’esistenza incerta o dubbia o in pericolo, ma è più precisamente quello di controllare con le buone o con le cattive (pratiche) gli umori il comportamento e il pensiero dei cittadini perché rientrino negli schemi dell’ordine costituito come unico ordine possibile e unica misura di saggezza.
Per questo se non stai buono ti bruciano il cervello con gli psicofarmaci o con l’elettrochoc o ti spaventano con i ricatti.
Con loro la vita diventa meno attraente e minore la voglia di lottare per ritornare alla speranza.
Più difficile essere se stessi e padroni del proprio mondo.
Più frequente la voglia di farla finita.
Senza di loro si comincerebbe a discutere di vita e di morte al di là dei pregiudizi con la libertà di pensiero necessaria ad affrontare ogni tipo di problema.
Avrebbe principio una psicologia degna di questo nome, fondata finalmente sull’intelligenza.


Firenze, 13 settembre 1993

Pubblicato il 31 October, 2015
Categoria: Testi

Il Patibolo – Giorgio Antonucci




Joan Mirò – La Danzatrice –


“Uomo, tu sei qui solo, sei solo nel mezzo della gente: solo sei nato, e solo devi lasciare il mondo”.
Veikko Koskenniemi


– Ora l’immagine è più importante del fatto – : si discute di pena capitale nascosta in prigione o in diretta televisiva invece che inorridire perché lo Stato si permette di disporre della nostra vita.
Nel Medio Evo e nel Rinascimento il supplizio comminato ai sudditi dai potenti era spettacolo di popolo in piazza.
L’episodio più grande della storia della Toscana è l’aver abolito per prima la pena di morte.
Ma la burocrazia di Stato continua il suo corso.
La maggior parte delle nazioni del mondo conserva la pena capitale anche per reati senza danno diretto alle persone.
La schiera degli schiavi deve vivere nel terrore, tutti devono, non solo sapere, ma anche vedere coi loro occhi di carne, che la trasgressione è mortale, sia nel’azione sia nel pensiero.
La virtù del popolo è la sottomissione, e questo deve essere frequentemente ribadito col sangue.
La morale dei sudditi nasce e si mantiene con il terrore, mentre la concezione etica del mondo è ancora un’utopia, perché il potere è maestro di sopraffazione.
Il potere è male in sé, come scrive Burckardt.
Ma Mosè disse “Tu non ucciderai” oppure disse “L’omicidio va bene solo quando è legale”?
S’io dovessi scegliere tra omicidio e omicidio troverei più umano il delitto del singolo come effetto di passione, che quello al servizio dello Stato, come effetto di ordini ricevuti.
Si può uccidere per amore o per odio, ma squallido è l’omicidio a freddo di carattere burocratico, sia nella pena capitale, sia nel bombardamento di guerra.
Preferisco Otello ad Eichmann, anche se a scuola ci insegnano il contrario.
E così il singolo, lacerato dalla morale di Stato, e dalle altre morali autoritarie, vive in tradimento della sua sensibilità, e si consuma nei sensi di colpa, che spesso sono motivi di suicidio.

Ho imparato

-scrisse la giovinetta-

a desiderare con paura

e ogni mia
gioia


mi pareva
un peccato

Così mi sono
Uccisa
Per punirmi

-che non nascano più
sotto il sole e la luna
queste amare apparenze-

Così pregavo
Prima di morire
Il mio Dio.



Firenze, febbraio 1991

Pubblicato il 25 October, 2015
Categoria: Testi

All’Organizzazione Mondiale delle Nazioni Unite e ai Capi degli Stati implicati nel conflitto.



“L’errore – scrive Gandhi – non diventa verità perché si diffonde e si moltiplica facilmente, la verità non diventa errore perché nessuno la vede”.
Noi non vorremmo la guerra nemmeno se fosse senza morte, perché noi rifiutiamo la logica del diritto del più forte e riteniamo che ogni singolo uomo debba essere considerato uno scopo e non uno strumento. Questo è il messaggio fondamentale che ci arriva da tutta la nostra cultura sia religiosa che laica, a partire da Isaia e da Cristo, per giungere a Voltaire e Kant, a Beccaria e Manzoni, a Russel e Einstein, a Schweitzer e La Pira.
Il fatto che la Costituzione della Repubblica Italiana rifiuti la guerra così come rifiuta la pena di morte non è un dettaglio casuale e contingente, ma è il frutto di una cultura precisa che noi difendiamo; e non è solo un patrimonio nazionale o locale, ma l’attuazione di principi universali, ormai indispensabili sia alla libertà degli individui, sia allo sviluppo dei popoli, sia alla sopravvivenza della specie.
Per questo chiediamo la sospensione immediata di tutte le ostilità e l’inizio del dialogo.
Non resterà a nessuno, altrimenti, – come dice Omar Khayyam – questo vecchio mondo.


Comunicato per la pace di un gruppo di cittadini.

Pubblicato il 25 October, 2015
Categoria: Testi

Seminario “Disegno Onirico” con Eugen Galasso






Centro di Relazioni Umane di Bologna organizza: Seminario di “Disegno Onirico” ,
Bologna, sabato 17 e domenica 18 ottobre 2015 “Il disegno onirico consente di esprimersi, senza alcun vincolo di giudizio estetico(“bello” versus “brutto”), di narrarsi ed esprimersi pienamente, con l’accompagnamento di musiche generalmente gradevoli, ma non “invasive”. Tuttavia non solo disegno onirico: la persona può esprimersi anche con la scrittura (diari, racconti, poesie, altre forme espressive e altri generi letterari), con scene teatrali (in questo caso, visto tempi e spazi, solo brevi scene espressive, senza scenografia, oggetti di scena etc., ovviamente), con la musica e il canto (chi vuole, ma ciò vale per la domenica pomeriggio, può portare il proprio strumento “d’affezione”, purché ovviamente piccolo o esprimersi cantando). In altri termini, il disegno onirico diviene prodromico, ossia introduce ad altri linguaggi, altre forme di comunicazione, che dicono di sé e degli altri, dato che si lavora in gruppo. Come sempre vale la consegna di fondo: “Cercare di rispettare le consegne, ma sfruttare tutti i molti spazi di libertà consentiti” e anche “Nulla di quanto si dice o fa nel gruppo può essere comunicato ad extra”. Il disegno onirico (consegne) vale sabato e all’inizio di domenica (fino alle 11 circa), mentre poi c’è spazio libero per quanto la creatività dei/delle partecipanti esprime.
Saremo ospiti in via Boldrini 16, Bologna.
Il seminario è gratuito,
E’ preferita la prenotazione

Pubblicato il 14 October, 2015
Categoria: Eventi

La normalizzazione coatta nella cultura – Eugen Galasso



Leggo in Gérard de Nerval (1808-1855) la frase seguente, inserita nel “Voyage en Orient”, racconto “Histoire du calif Hakem” (realmente esistito, 11° secolo, personaggio contraddittorio quanto stimolante, lontanissimo da ogni “islamismo”):  “IL rispetto degli Orientali per i folli non arriva a lasciare in libertà coloro che potrebbero essere pericolosi” (cito da Nerval, “La harem”, antologia tratta dal citato”Voyage”,  Paris, Gallimard, folio, 2015, p.110). Da chiarire che in Oriente , come anche nelle civiltà antiche, il “folle” (ossia chi sfugge alla maniera consueta di pensare e agire) era considerato = il veggente, chi è in contatto con la divinità, con l’Assoluto, ricevendone comunicazioni comunque importanti, anche se spesso indecifrabili o incomprensibili, almeno di primo acchito, se non si sa “decriptare il messaggio”. Anche il citato califfo arriva in “manicomio”, venendo ritenuto “pericoloso” per una serie di equivoci, anche perché s’era travestito da “altro” dal califfo… Su ciò, sulla presunta “pericolosità” si possono vedere le giuste annotazioni di tutta l’antipsichiatria e della non-psichiatria, ma anche le statistiche ufficiali dimostrano che quasi nessun omicidio o atto violento è imputabile a coloro che la società tuttora si ostina a definire “malati di mente” et similia. Le annotazioni storico-culturali hanno un valore fondamentale dal punto di vista antropologico, dimostrando, tra l’altro, data la relatività delle culture e dei rispettivi “patterns”, ossia modelli di pensiero e comportamento, che il concetto di “follia” corrisponde solo a un modello occidentale-borghese di cultura e di “normalizzazione coatta”, come Foucault, dal canto suo, ha dimostrato inoppugnabilmente.      Eugen Galasso

Pubblicato il 12 October, 2015
Categoria: Testi

Giorgio Antonucci – 7′ Vetrina dell’editoria anarchica e libertaria, 2015



Chiara Gazzola, scrittrice e antropologa presenta, a Firenze, alla “Vetrina dell’editoria anarchica e libertaria”, ottobre 2015, il suo ultimo libro “Fra diagnosi e peccato, la discriminazione secolare nella psichiatria e nella religione” con Pippo Gurrieri e Giorgio Antonucci.
Nel video Qui sono raccolti solo gli interventi del dott Giorgio Antonucci.

 

Chiara Gazzola scrive su Cenerentola, anno 14 – n.182, nell’articolo “A proposito di -Fra diagnosi e peccato”, che la conversazione riportata in appendice, con Giorgio Antonucci è eccezionale, “… pur avendo scritto molti libri (Antonucci), non ha l’arroganza di dire che la pazzia non esiste; la sua competenza culturale lo spinge semmai a considerare la follia come un argomento principe in ambito filosofico: non è la scienza medica, tanto meno la psichiatria a saper “spiegare la follia”…Antonucci non soltanto ha criticato i metodi invasivi della psichiatria, ma ha dimostrato quanto il danno si origini nel formulare diagnosi: tolgono dignità, screditano la sofferenza, sigillano un mrchio attraverso il quale si giudica la “diversità” (di pensiero, di comportamento, di aspirazione ideale)…”.

Il video completo della presentazione Qui (45′).

Pubblicato il 7 October, 2015
Categoria: Testi

Il piacere della libertà – Giorgio Antonucci

‘Già nelle valli risuonano
canti di primavera’
Alceo di Mitilene
Il nibbio – secondo una novella di ‘Mille e una notte’ – rapisce un rubino dal grembo di una fanciulla appena appena sposata.
Il marito della fanciulla abbandona le nozze e insegue il volatile correndo terra dopo terra.
Ogni tanto l’uccello si posa su un albero e l’uomo si ferma anche lui seduto sulle radici.
Così viaggiano di secolo in secolo una regione dopo l’altra all’apparire dell’alba, nei sogni del crepuscolo, e sotto i cieli di stelle.
Nessuno sa quando si fermeranno, e il loro cammino travalica gli orizzonti.
Ma anche Giogio Conciani è sempre fresco come il sole del mattino e non si può immaginare di fermarlo.
Da anni i problemi della libertà lo vedono protagonista, e quando si pensa che abbia scelto di riposarsi – riappare.
Io, che ho l’onore di essere suo amico, ricordo la prima volta che andai nella sua casa nei dintorni di Firenze sotto i colli di Fiesole e di Settignano, per intervistarlo sui suoi problemi giudiziari a proposito dell’aborto, che lui aveva praticato gratis a donne che non potevano permettersi di pagare profumatamente quei ginecologi che dopo la legge per ragioni etiche sarebbero divenuti obbiettori di coscienza.
Prima di parlare mi intrattenne al pianoforte con Bach e con i Blues e mi raccontò episodi umoristici dei suoi pochi giorni in prigione al tempo delle sue lotte insieme con Pannella e Adele Faccio.
E’ un uomo di talento, pieno di spirito e voglia di vivere, da antico fiorentino alla maniera rinascimentale, individualista e libertario.
Ma è soprattutto un uomo coraggioso che sa affrontare i problemi della condizione umana a viso aperto, senza bisogno di ipocrisie e senza ambiguità.
Così si è esposto per il diritto di scelta delle donne sulla questione dell’aborto, per il diritto di scelta degli uomini sulla questione della sterilizzazione maschile, come ora si espone di nuovo per il diritto individuale di scegliersi la propria morte, invece che farla scegliere agli altri.
E’ sempre stato antiproibizionista e contro ogni tipo di censura.
Proprio ora che ci vogliono ridurre tutti come sudditi e schiavi di politicanti e di burocrati, che un giorno ci chiamano a morire per il comunismo e il giorno dopo ci fanno morire per il contrario.
Infatti Conciani è anche il cittadino che scrive a ‘La Nazione’ per dire che stanno distruggendo ‘Piazza Signoria’ amministratori e affaristi senza cultura, inconsapevoli della bellezza, guidati solo da stupidità e interessi di parte, in un mondo in cui l’arte conta solo per pubblicizzare i detersivi.
Scriveva Nietzsche con il solito splendore, consapevole dei soprassalti dell’epoca nuova e delle conseguenze a venire: “perché l’uomo libero può essere buono o malvagio, ma l’uomo non libero è una vergogna della natura”.
E con questo pensiero mandiamo un saluto e un augurio affettuoso a Giorgio Conciani per ancora mille anni di volo.
Sono gli uomini come lui che ci fanno vivere e ci proteggono dalla morte, e ci difendono dai funzionari al servizio dello Stato, operatori di sventura.

Or ti piaccia gradir la sua venuta
Libertà va cercando che è si cara
Come sa chi per lei vita rifiuta
Firenze maggio 1991

Pubblicato il 30 September, 2015
Categoria: Testi

Articoli giornalistici pro psichiatria – Eugen Galasso



Un disastro, un articolo in quello che è considerato il miglior quotidiano europeo, “EL Paìs”, nell’edizione domenicale del 6 settembre scorso, parla dei pericoli creati (incidenti, ma anche pestaggi e peggio) dai presunti “malati di mete”. Ora, dopo decenni di anti-e non/psichiatria sappiamo che la malattia mentale è un mito (Szasz). Famiglie che si mobilitano e altro. Sembra d’essere nel Medioevo o durante l’Inquisizione: una sciagura, mentre dovremmo essere nell’epoca della Spagna post-movida, post-tutto…diremmo. Il pregiudizio è duro a morire; se ci sono responsabilità penali, esse vanno “sanate”, anche con una punizione dura; ma è ora di finirla con la psichiatrizzazione indebita di tante persone, che crea solo dipendenza da psicofarmaci ma anche dalle figure “di riferimento” (psichiatria, infermieri etc-). Che sia chiaro, una volta per tutte, pena trascinarsi dietro ancora secoli di ciarpame psichiatrico… Eugen Galasso

Pubblicato il 23 September, 2015
Categoria: Testi

Apologia dello Stato – di Giorgio Antonucci



Articolo per “Tempi Supplementari”

In un’ alba livida
Tra i fiumi del whisky
Dio venne a Mahagonny.
Bertolt Brecht.





Io credo che dovremmo intitolare le università i licei e le scuole elementari ai vari nomi illustri della fedeltà allo Stato e ai campioni autentici dell’amore di Patria. Come ad esempio Adolf Eichmann e Martin Bormann, visto che si insegna ai discepoli la sottomissione all’ordine costituito e il rispetto delle direttive che vengono dall’alto.
Si dovrebbero distribuire ai ragazzi le biografie degli imputati del processo di Norimberga. Vittime innocenti dell’incomprensione dei vincitori, che peraltro partivano dalle stesse convinzioni.
E’ ridicolo intitolare una scuola ad Albert Einstein, che era un anarchico un po’ pazzoide e svitato che andava dicendo che per fare il militare non è necessario un cervello, ma basterebbe il midollo spinale, e considerava altre umiliazioni meno gravi che quella di indossare una divisa e marciare inquadrato per la guerra.
Ed è naturalmente sbagliato dedicarla a Dante Alighieri che, a parte che era un eretico, era pure un individualista ribelle, condannato a morte per ben due volte dal potere legittimo della città.
Le facoltà di medicina dovrebbero esser dedicate al Dottor Mengele, che seguiva i principi del giuramento di Ippocrate, e operava per il bene della specie, secondo i teoremi di Darwin.
Hanno ragione le donne di iscriversi ai militari per diventare omicide alla pari degli uomini, uscendo da secoli di oscura inferiorità e di degradante apatia.
Anche le femmine hanno diritto alla pari dei maschi di proporsi generosamente e in modo altruistico e coraggioso come attivo strumento di morte statale, rivendicando di non essere emarginate, e facendosi eredi del vecchio detto filosofico che la guerra è la madre di tutte le cose e la molla di tutti i progressi.
Dev’essere una delizia per le femministe vedere finalmente le donne vestite da vigile urbano, poliziotto, soldato e magari prete anglicano: secoli di lotte e rivendicazioni sono finalmente arrivate a buon porto.
Anche la donna è un numero, proprio come l’uomo.
Pure le fanciulle possono diventare funzionari scrupolosi.
Perfino la donna può essere a tutti gli effetti un fedele e cieco servitore dello Stato, e può contribuire in prima persona al riarmo per la pace, e ai bombardamenti chirurgici.
Per quel che riguarda i bambini e gli adolescenti non abbiamo nulla da inventare e possiamo imitare con tranquillità i nostri maestri più qualificati militarizzando tutti fino dal giorno della nascita.
I precedenti sono gloriosi.
I musicisti ci forniranno le marce e le ninna nanne.
Gli stilisti e i pittori le divise.
Gli scrittori e i poeti le parole d’ordine.
Gli architetti le aule squadrate.
Così potremo dire alla fine, dopo secoli di barbarie anarchica:”Ora non c’è più l’uomo, ma esiste finalmente la società, come per troppo tempo avevamo desiderato”.
Saremo l’invidia delle formiche.
Di qui in avanti le esecuzioni sommarie e i genocidi non saranno più guerra, ma saranno più precisamente operazioni di polizia, per garantire la legalità e la sicurezza degli onesti e dei tranquilli, tessuto formativo della cultura, e basi stabili del buon governo universale.
Gli psicologi ci diranno che la famiglia stabile, costi quel che costi, è l’unico valore sociale, e il divorzio e gli amori extra coniugali sono un segno di difetto genetico, e una nevrosi, e un sintomo di malattia della mente, e le assistenti sociali provvederanno a sorvegliarci in continuazione per il bene nostro e dei figli.
La pena capitale e i manicomi taglieranno il marcio.
Gli spot promozionali terranno viva la verità.
I portatori di handicap, come Beethoven e Leopardi, verranno castrati perché non figlino, e non riempiano il mondo di aborti.
Non sarà più necessaria la storia, come diceva quel sognatore di Pascal, ma sarà abbastanza l’ordine del giorno per regolarsi di conseguenza, con coscienza e rigore, e senza inutili divagazioni.
Ci terremo sotto gli occhi “Il buon governo” di Ambrogio Lorenzetti, e ameremo la pace dei sottomessi e la gioia degli schiavi felici.
E il mondo politico, superata la superstizione democratica, sarà guidato dai superdotati.
Tutti gli altri penseranno a riprodursi e obbedire, senza grilli per la testa e inutili discussioni.
Firenze dicembre 1992.

Pubblicato il 23 September, 2015
Categoria: Testi

Centro di Relazioni Umane (Bologna) — Maria Rosaria d’Oronzo