Morire da giovani in Italia a causa di uno psicofarmaco

11-05-2009 15:27

Tratto dalla rassegna stampa di www.giulemanidaibambini.org
Campagna sociale nazionale contro gli abusi nella prescrizione di psicofarmaci a bambini ed adolescenti.


Francesco era un ragazzo autistico, ma a detta di entrambi i genitori “era un ragazzo fisicamente in ottima salute, che venne assalito da una febbre di circa 38 gradi durante una normale vacanza al mare, lontano dalla sua città”. Persistendo la febbre, vennero interpellati cinque diversi medici, tra i quali uno specialista, ma tutti negarono collegamenti tra lo stato febbrile e lo psicofarmaco che Francesco assumeva – tra gli altri – per le proprie terapie per l’autismo, il Risperidone. Francesco venne ricoverato in ospedale 13 giorni dopo, quando ormai era troppo tardi per intervenire con efficacia, morì poche ore dopo per sindrome maligna da neurolettici, in diretta conseguenza nella assunzione dello psicofarmaco alle normali dosi terapeutiche. Della sindrome maligna da neurolettici, segnalata come effetto collaterale di questo farmaco nei foglietti illustrativi in USA, non c’è traccia nelle avvertenze delle confezioni commercializzate in Italia. Il Ministero della Salute italiano, interpellato nel 2004 per fornire tempestiva risposta al grido d’allarme lanciato dei genitori di Francesco per evitare il ripetersi di tragedie simili in altre famiglie, non ha ancora risposto. Desiré Preziosi Manzi, mamma della vittima, ci ha inviato questa testimonianza del suo rapporto con un’Associazione favorevole alla somministrazione di psicofarmaci ai bambini, con autorizzazione alla pubblicazione. La ringraziamo per il contributo alla riflessione ed al dibattito.
“Tempo fa mi sono iscritta al forum dell’Aifa www.aifa.it (è l’Associazione Italiana Famiglie ADHD, genitori favorevoli alla somministrazione di psicofarmaci per l’iperattività sui propri figli, ndr) un po’ per curiosità e un po’ per trasmettere la mia testimonianza. In un primo momento, tutti erano dispiaciuti per la morte di mio figlio.
Poi nel loro forum internet incominciai a ricevere delle risposte dalla responsabile dell’associazione, ricevendo anche degli insulti, e non solo da Lei ma anche da chi – da anni – era in questa associazione, convinti che dare psicofarmaci per l’iperattività ai loro figli fosse una cosa giusta e sacrosanta.

Pubblicato il 13 May, 2009
Categoria: Notizie

Alberto Prunetti – Recensione – Sorvegliato Mentale


di Alberto Prunetti , Carmilla on line


Paola Minelli, Maria Rosaria D’Oronzo, Sorvegliato mentale. Effetti collaterali degli psicofarmaci, Torino, Nautilus, 2009, pp.141, euro 10.

La critica della malattia mentale ha rimesso in discussione l’idea di segregare chi esibisce comportamenti che non si inquadrano nei canoni della normalità. Ma nel frattempo il concetto di segregazione, la gabbia intorno al cosiddetto “malato mentale”, si è trasformato: le gabbia fisiche sono diventate chimiche, il letto di contenzione è stato sostituito dal farmaco ipnotico e sedativo, il muro dell’isolamento è stato abbattuto solo per lasciar posto ai muri del vuoto comunicativo indotto dallo stordimento da cocktail di pillole.

Mentre i manicomi si svuotavano (magari per essere abilmente trasformati in eleganti aule universitarie, o per continuare a funzionare secondo il vecchio sistema, riclassificando i malati mentali sotto diciture diverse), le acque reflue dei paesi cosiddetti “sviluppati” si scoprivano inquinate da nuove sostanze, prescritte con leggerezza da medici a cui manca qualsiasi capacità di mettere in discussione i depliant pubblicitari dell’industria farmaceutica.

Infatti la psichiatria, nel tentativo di governare l’alienazione mentale senza rimuoverne le cause, ha allargato il catalogo dei medicinali disponibili e quindi lo spettro delle dipendenze da sostanze legali, per poi estendere l’inventario delle malattie mentali e moltiplicare il numero dei malati e quindi il bacino degli utenti di servizi sociali e sostanze psicoattive. Leggi l’articolo completo »

Pubblicato il 12 May, 2009
Categoria: Testi

Le persone dell’Autogestito incontrano Maurizio Costanzo

Repubblica — 20 luglio 1996   pagina 34   sezione: SPETTACOLI E TV

ROMA – Giovedì sera la puntata del Maurizio Costanzo show è stata davvero speciale. Su Canale 5, dalle 23 in poi (per più di due ore) sul palcoscenico del Teatro Parioli non c’ erano i soliti ospiti, ma solo degenti ed ex degenti di ospedali psichiatrici (sei in tutto), accompagnati dal professor Giorgio Antonucci, direttore del reparto autogestito dell’ Istituto ‘ Lolli’ di Imola. E’ la prima volta che questo accade in un talk show. Un fatto che farà sicuramente discutere, ma di cui Maurizio Costanzo va particolarmente fiero. Costanzo, ci spiega come è nata questa puntata? Per parlare di ‘ disagi mentali’ era proprio necessaria questa provocazione? “Io sono sempre stato contro l’ etichetta della diversità. Mettere i normali da una parte, gli anormali dall’ altra. Perciò, due mesi fa, parlando con il professor Antonucci, primario dell’ ospedale di Imola, ho cominciato a pensare ad una puntata da dedicare a chi ha o ha avuto dei ‘ disagi mentali’ : offrendo l’ intero palcoscenico a loro disposizione. Ma lo sapete che, per legge, il 31 dicembre di quest’ anno in 33 mila dovrebbero lasciare gli ospedali psichiatrici italiani? Bene, io allora ho voluto fare un tentativo: quello di dimostrare che non esiste la diversità, o almeno che è molto difficile stabilire quali sono i limiti”. I telespettatori avranno capito il suo messaggio? Come ha reagito il pubblico del teatro Parioli? “E’ andata benissimo: ci hanno seguito 1 milione e 400 mila telespettatori di media. Abbiamo avuto il 22 per cento di share.

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Pubblicato il 6 May, 2009
Categoria: Notizie

“Leggere l’anarchismo” – Il personale è politico – di Massimo Ortalli



Leggere l’anarchismo 2 – dossier di Massimo Ortalli –

A-Rivista anarchica, n.344


“Il personale è politico” fu uno degli slogan più puntuali e pregnanti di anni che ormai paiono distanti secoli. Quella dichiarazioni di intenti rappresentò uno degli aspetti più significativi, e innovativi,  nel modo di intendere l’impegno e partecipazione sociale; contro la repressione dei comportamenti sessuali cosidetti “anormali” e delle forme di resistenza alla cultura della produzione definita “malattia mentale”. Oggi qualcosa fortunatamente è rimasto, ed è ancora possibile trovare testi dichiaratamente ispirati a una concezione libertaria del “personale”. Cominciamo con Passioni libertarie. Sentimento ed erotismo nel pansiero anarchico (Gavardo, Libereredizioni,2005), di Clarita Kalimocio. Senza dubbio interessante e originale questa incursione nel privato degli anarchici, generalmente ben protetto e refrattario a mostrarsi. Accompagnate dalle citazioni di Fourier, Bakunin, Emma Goldman, Anna Kuliscioff, Vaneigem, Malatesta e altri, le osservazionni dell’autrice, che dedicando questo lavoro “ai (suoi) figli, oggi bambini, domani uomini, per una vita di libertà e di passioni”, mostra l’anarchismo non solo come movimento politico o filosofico, ma come pensiero “la cui forza e la cui importanza risiedono nella tensione morale e nella necessaria riflessione che esso promuove e sollecita”. Offre altri punti di riflessione il saggio di Filippo Trasatti, Contro natura. Omosessualità, Chiesa e biopolitica (Milano, Eleuthera, 2008), che tratta del persistente e repressivo rifiuto dell’omosessualità, particolarmente accentuato fra le gerarchie ecclesiastiche. In tutti i comportamenti sessualmente liberi il potere, sempre attento, anche per le vie più traverse, a legittimarsi come controllore della vita individuale, vede un pericolosissimo attentato all’integrità della “famiglia”. Dello scrittore tedesco Mackay, autore di un interessante romanzo sul mondo libertario, Gli anarchici, uscito nel 1988 e pubblicato in Italia dalla Casa Editrice Sociale nel 1921, sappiamo ben poco. Diventa quindi quanto mai utile questa biografia di Hubert Kennedy, Anarchico d’amore. La vita segreta di John Henry Mackay (Ragusa, La Fiaccola, 2007), che scava nell’intreccio profondo fra l’omosessualità dello scrittore, appena mascherata dietro lo pseudonimo Sagitta, e le pulsioni libertarie che rivendicavano comportamenti ersonali, e sociali, assolutamente dirompenti rispetto al diffuso perbenismo che affligeva le società europee. Per finire con il tema della libertà sessuale, abbiamo, di Jean-Manuel Traimond, Piacere dolore potere. Un approccio anarchico al sadomasochismo (Milano,Eleuthera,2007). Già autore di una guida erotica al Louvre, edita l’anno precedente sempre da Eleuthera, l’autore mette in relazione due termini apparentemente antitetici quali anarchia e sadomasochismo, dimostrando invece come per entrambi sia centrale un tema comune, quello del potere e dell’autorità. Igiene mentale e libero pensiero. Sul controllo sociale della psichiatriia (Milano, Zero in Condotta, 2007) è la raccolta degli atti del Convegno tenutosi a Rimini nel 2006, dal titolo “Libertaria-Mente: Igiene mentale? Libero pensiero!”. L’attenzione degli anarchici e dei libertari alle pratiche repressive in campo medico e soprattutto psichiatrico è sempre desta, e la qualità e radicalità degli interventi qui presentati lo stanno a dimostrare.

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Pubblicato il 4 May, 2009
Categoria: Notizie

— Liberarsi dalla psichiatria — TRE INCONTRI PUBBLICI


14/21/28 maggio:
Tre incontri pubblici al KINESIS autogestito, TRADATE



pieghevole da stampare: fronteretro e locandina


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Pubblicato il 1 May, 2009
Categoria: Eventi, Notizie

Colpevoli di essere donne – GIORGIO ANTONUCCI

Sabatoseraonline,29 aprile 2009


di Giorgio Antonucci


Il primo reparto di cui mi occupai al manicomio di Imola era il reparto 14, quello delle “agitate”. Le pazienti erano ridotte in pessime condizioni da anni di immobilità, imbottite di farmaci, abituate a convivere con la camicia di forza. Alcune di loro avevano subito lobotomie ed elettroshock, non possedevano vestiti propri, non avevano oggetti personali o armadi. La loro era una vita solo a livello biologico, erano completamente aboliti i rapporti con loro. Solo ordini e repressione. Passare i giorni legati al letto, imboccato ad attendere iniezioni non è vivere, ci si scorda anche che cosa significhi.Entrando dissi che avrei cambiato tutto. Che non ammettevo metodi repressivi e ho incominciato ad instaurare un rapporto diretto con ogni singola persona. Restando con le pazienti giorno e notte, in attesa che passassero paure e incubi per trovare il momento giusto per poter parlare con loro. Incominciai a distribuire abiti, oggetti personali ed armadietti. Col tempo, cambiando atteggiamento verso di loro sono cambiate anche loro, hanno incominciato a uscire, hanno ripreso a vivere.

Anche le cartelle cliniche non dicevano nulla di queste donne, c’erano dati generici, origine sociale (quasi tutte povere) e altri dettagli che non corrispondevano alla loro vita. Quando hanno incominciato a uscire dal reparto, camminando in giardino e poi in città, è incominciato il dialogo con loro e con i loro parenti.Ho conosciuto le loro storie e ho saputo che i problemi erano spesso legati alla sfera sessuale. C’era la giovane donna che prima del ricovero aveva ricevuto le “attenzioni particolari” di un padre o di un altro membro della famiglia, altre erano stato ricoverate a seguito di una gravidanza “indesiderata”. I ricoveri erano spesso utilizzati per eliminare una testimonianza, per coprire la famiglia. Mi accorsi che troppo spesso proprio l’essere donne era alla base del loro ricovero.

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Pubblicato il 29 April, 2009
Categoria: Testi

DAL MANICOMIO AL GREMBO SOCIALE – MARIA ROSARIA D’ORONZO



13° Convegno Nazionale di Globalità dei Linguaggi

Integrazione, Intercultura, Interdisciplina

Portando il saluto di Giorgio Antonucci al Convegno, Maria Rosaria D’Oronzo, psicologa e sua collaboratrice, testimonia la necessità di proseguire sulla strada tracciata dalle esperienze da lui condotte dagli anni sessanta con Franco Basaglia a Gorizia e Udine e fino ad oggi. Un percorso di integrazione, tutt’altro che concluso, per i diritti della persona contro la psichiatria coercitiva.

Ho conosciuto il dott. Giorgio Antonucci nel reparto Autogestito d’Imola nel’92 dove ho fatto un lavoro di ricerca per l’Università di Padova. Era un reparto aperto (negli anni settanta in Italia e in Europa si cercava di superare il manicomio, cosa che ora non si fa più). Reparto aperto non significa solo che le persone etichettate, classificate, denunciate come “matte” possono uscire dal manicomio, ma significa anche che la società può entrare nell’istituzione psichiatrica.

Per me è stato un periodo di formazione molto ricco perchè l’autogestito d’Imola, grazie agli interessi molteplici del dott. Antonucci, ha richiamato artisti e intellettuali da tutto il mondo, anche dal Giappone e poi da tutta Italia, e io che ero lì, ho potuto godere di tutto ciò.

Questo cambiamento culturale, che ha interessato la “rivoluzione psichiatrica” degli anni sessanta, settanta e ottanta, ora è soltanto un ricordo e le indicazioni di quegli anni stanno diventando ormai lettera morta. Oggi stiamo vivendo una regressione culturale allarmante, anche per la scandalosa ignoranza che investe il mondo psichiatrico.

Ogni psicologo sa che il benessere psicologico ha il suo fulcro nella scelta, in altre parole: noi siamo perchè scegliamo. La capacità della scelta è diversa da persona a persona rispetto al suo mondo, alla sua cultura e al suo ambiente.

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Pubblicato il 20 April, 2009
Categoria: Testi

EUGENIA OMODEI ZORINI- Recensione “Diario dal manicomio. Ricordi e pensieri” di Giorgio Antonucci

recensione di Eugenia Omodei Zorini

Psico-terapia e scienze umane, FrancoAngeli – anno 2009, volume XLIII, n.1


Alcune note biografiche sono utili per collocare il Diario dal manicomio in un contesto storico preciso. Giorgio Antonucci si è laureato in medicina all’inizio degli anni 1960, e già durante gli anni dell’università è entrato in contrasto con i docenti per le sue critiche esplicite all’impostazione autoritaria della medicina ufficiale. Dopo aver lavorato in alcuni quartieri della periferia di Firenze, la sua città, e in alcune borgate dei dintorni, è venuto in contatto con la realtà segregante delle Case di Cura e degli Ospedali Psichiatrici. Ha allora dedicato il suo tempo a evitare i ricoveri psichiatrici. Nel 1968 a Cividale del Friuli ha fatto parte del primo reparto di Ospedale Civile che nasce come padiglione aperto in alternativa ai manicomi. Nel 1969 ha lavorato nell’Ospedale Psichiatrico di Gorizia, allora diretto da Franco Basaglia. Dal 1970 al 1972, nel Servizio Psichiatrico Provinciale di Reggio Emilia, dove anch’io lavoravo, è stato responsabile del Centro di Igiene Mentale di Castelnuovo Monti (link). E’ stata un’esperienza unica e significativa la collaborazione con lui alle iniziative innovative di partecipazione e coinvolgimento delle comunità locali per rompere la segregazione dei ricoverati dell’Ospedale Psichiatrico San Lazzaro. Leggi l’articolo completo »

Pubblicato il 14 April, 2009
Categoria: Libri, Testi

Associazione Penelope – Giuseppe Bucalo


carissimi

Come saprete siamo impegnati in una lotta senza quartiere contro ogni forma di emarginazione e di esclusione, giorno per giorno, sui territori delle province di Messina e di Catania. Abbiamo costruito centri aperti ogni giorno dell’anno e dato una mano concreta a quanti si trovano senza fissa dimora o privi di supporto socio-familiare. Mensa, doccia, lavanderia, accoglienza notturna di emergenza, mediazione lavorativa, ricerca casa, trasporto, supporto domiciliare … una rete di servizi e di volontari che gratuitamente portano la loro solidarietà e stanno dalla parte di chi è messo da parte.
Per fare questo lottiamo ogni giorno non solo con i pregiudizi sociali, ma anche con una realtà ipocrita che ci vorrebbe legati a quello o quell’altro carrozzone politico-amministra tivo e portatori di consenso. Noi ci siamo sempre ribellati a queste logiche e spesso ci siamo trovati a lottare contro le amministrazioni così tanto interessate all’apparire e, quasi mai, al fare.
L’autofinanziamento per noi non è solo un modo per responsabilizzare le comunità sociali circa la necessità e l’eticità di quanto andiamo a fare, ma anche e soprattutto un modo per rimanere liberi e non subire i ricatti di quanti vorrebbero vederci “schierati” dalla parte dei più forti.
Per questo chiediamo la vostra firma, chiediamo di sottoscrivere questo nostro impegno a cambiare il mondo a partire da noi stessi e dalle nostre azioni. “No per cercare un posto in questa società, ma per creare una società in cui valga la pena trovare un posto”.

Giuseppe Bucalo
presidente associazione penelope


anche quest’anno l’associazione Penelope (www.associazionepenelope.it) è impegnata nella campagna per la donazione del 5 x mille. Leggi l’articolo completo »

Pubblicato il 9 April, 2009
Categoria: Notizie

TRATTAMENTI PSICHIATRICI E LIBERTA’- SECONDA PARTE

Intervista a Giorgio Antonucci

xx mila LEGHE SOTTO – Catalogo NAUTILUS – n.9 – 2008

Alla domanda se sei contrario all’uso delle sostanze mi pare che tu abbia già risposto precedentemente….

Ripeto una cosa: chiunque accetti un’ipotesi anche se non ha un riferimento oggettivo, se sceglie – uno può scegliere di andare dal mago, può scegliere di andare dall’esorcista, come può scegliere di essere musulmano o cristiano – la scelta è sua, ma obbligare le persone a prendere delle sostanze, gli psicofarmaci, come fanno gli psichiatri che prendono le persone con la forza e poi danno loro queste sostanze è inaccettabile. Per esempio, se io ho un tumore alla prostata, naturalmente posso scegliere se essere operato o no. E’ successo. Ricordo ci fu uno studioso svizzero che siccome gli avevano detto che operandosi il tumore alla prostata – era giovane – sarebbe diventato impotente disse: “Preferisco vivere la mia vita con le mie capacità sessuali: non mi opero.” Ci furono delle polemiche, ma nessuno lo potè obbligare. Ora se non si può, giustamente, da parte dei medici obbligare uno che ha una malattia grave a curarsi se non vuole, non vedo perchè si debba prendere con la forza e portare in clinica psichiatrica uno che ha la melanconia.

Anche se è pur vero che ai testimoni di Geova viene imposto un certo tipo di trattamento…

Il fatto è che i testimoni di Geova rifiutano certi trattamenti ed è un loro diritto rifiutarli.

Certo, però molto spesso il medico si prende il diritto di fare le trasfusioni.

Questa è una violazione della libertà delle persone come quella degli psichiatri. A questo proposito – hai fatto bene a dirlo – la medicina, ha una struttura autoritaria, in generale, ha una struttura autoritaria perchè il medico, come il sacerdote egiziano che aveva in mano il rapporto della medicina con la salute, non si limita a curare le persone dietro loro richiesta, ma pensa di interferire con la vita della persona, di fare un controllo sociale: questo è il medico in generale.  Ad esempio, quando mio padre era gravemente ammalato, sono dovuto andare a litigare con dei medici che volevano imporgli delle terapie; io dissi che mio padre faceva le terapie che lui riteneva giuste: il corpo era suo.

I medici hanno una tendenza autoritaria che si vede sempre e di cui si potrebbe parlare a lungo. Proprio perchè hanno questa tendenza autoritaria e hanno in mano un certo influsso possibile sulla salute, il potere costituito se ne serve per il controllo sociale. E’ quello che Thomas Szasz chiama lo Stato terapeutico, che vuol dire lo Stato che si serve della medicina per controllare i cittadini. In certi momenti lo fa con degli eccessi, però la usa con continuità. Poi – questo è importante a dirsi – se una persona ha un potere sociale, se è ricca, colta, naturalmente si difende bene, ma se è uno che non ha potere sociale quando va negli ospedali ci fanno gli esperimenti sopra, contro la sua volontà.

Qual’è il ruolo della psichiatria nelle istituzioni?

Il ruolo della psichiatria è molto semplice a dirsi: è il controllo sociale; quel controllo sociale che si è  visto in modo particolarmente esaltato sotto Hitler o sotto Stalin: tra i due modelli sociali non c’è niente di qualitativamente diverso. Lo psichiatra ha dalla sua parte la legge ( la legge 180 non è diversa, da questo punto di vista, da tutte le altre) per cui può intervenire, prendere il paziente con la forza, portarlo in clinica e fargli quello che vuole lui. Questo è il manicomio. Leggi l’articolo completo »

Pubblicato il 3 April, 2009
Categoria: Testi

Centro di Relazioni Umane (Bologna) — Maria Rosaria d’Oronzo