Fenomeno da baraccone del XXI sec – Eugen Galasso
Nelle ultime settimane moltissime città italiane hanno visto tournée dello spettacolo teatrale-circense “Psychiatric Circus”, dove momenti di spettacolo si incentrano, programmaticamente sul tema “follia”. Alcune considerazioni: A) quelli di “Psyochiatric Circus” danno ovviamente per accertato-acclarato a priori, senza bisogno di dimostrazione, che la follia esista – dunque un assioma, quello che la maggior parte delle persone accetta quale dogma; B) Tesi fondamentale, ricavabile anche dalle dichiarazioni di autori e attori è che “siamo tutti matti”. A parte la questione filologica (e non solo) sul rapporto pazzia-follia – “essere matti”(la follia sarebbe più “colta” e più “romantica”, l’essere matti un qualcosa che corrisponde a una gradazione minore), si propone la quieta accettazione di chi “pensa e si comporta diversamente” (sintetizzo affermazioni di Giorgio Antonucci) in chiave di “tolleranza”, non di “accettazione”, dato che “siamo tutti/e un po’strani/e”, il che sottintende, però, “certo alcuni/e persone lo sono di più”, ma che cosa volete farci…; C) La rappresentazione dei “matti” è comico-grottesca, come dire “fanno un po’ridere, sono sboccati”, dunque ancora una volta tolleranza, ma, presupponendo che siano comunque inferiori, meno intelligenti, meno capaci etc.
Eugen Galasso
Pubblicato il 20 August, 2017
Categoria: Notizie
Elettroshock: trauma o terapia? – Eugen Galasso
A proposito dell’ “amnesia post-traumatica” vari manuali di psicologia (non di psichiatria, attenzione!) rubricano ancora tranquillamente quale trauma l’elettroshock, senza prendere posizione su questa “modalità terapeutica”, quasi fosse “data da Dio” o comunque da accettare o almeno da non mettere in discussione, quale datità terapeutica necessaria/inevitabile. Una cosa è, evidentemente, prendere atto di un fatto (l’elettroshock alias “terapia elettroconvulsiva” viene purtroppo ancora praticato in varie strutture pubbliche e private, soprattutto private), altro è non voler prendere atto della questione, non volerla mettere in discussione, non volerla criticare (classica viltà di ambiti scientifici e ordini professionali concorrenti, simili ma evidentemente non sovrapponibili, non uguali). Le evidenze terapeutiche, in questo caso, vengono bypassate/eluse, a favore di una normatività sociale che passa ancora per la condanna/punizione del “diverso”, ossia di chi pensa e agisce in modo non conforme a modelli accettati quanto subdolamente imposti. Sembra che la lezione di Giorgio Antonucci non sia stata accolta o meglio sia stata espunta-forclusa per “quieto vivere” ossia, in buona sostanza, per viltà. Eugen Galasso
Pubblicato il 4 April, 2017
Categoria: Notizie
Eugen Galasso – Considerazioni sulla mostra “Buffoni, Villani e Giocatori”. Firenze
Buffoni, villani e giocatori alla corte dei Medici, Palazzo Pitti, Firenze.
Il Seicento (anche e soprattutto mediceo a Firenze) è quello della Controriforma, della Guerra dei Trent’Anni(1618-1648), dell’Inquisizione come delle grandi “Rivoluzioni” scientifiche (Galilei, Kepler etc.), come anche dell’interesse per la “deformità”, l'”anormalità”, ciò che sfugge ai canoni armonici della natura e della cultura, gli elementi costitutivi del Potere. Nani e “deformi”,”altri” diventano protagonisti dell'”altro”, appunto, della teratologia, del “mostro” esibito (in seguito verrà esibito come tale nei circhi), di quanto è “incomprensibile” dalla Ragione ma anche da quanto accettato meramente per Fede… Ciò che avrebbe fatto la gioia scientifica di un Cesare Lombroso, è qui visibile e visto a Firenze, in Palazzo Pitti. Giusto Suttens, Olandese fiorentinizzato è qui decisamente molto rappresentato, come anche l’Anonimo Fiorentino, ovviamente coevo di Suttens, ma c’è anche Joseph Heintz il giovane, Tedesco di Augsburg (Augusta) ma quasi sempre vissuto a Venezia, con un”Orfeo agli Inferi-Orpheus in the Underworld” impressionante, pur se non propriamente “attinente” al tema, se non per l'”eccentricità” del tema, dove il quadro, quasi rutilante per gli elementi in color oro (quasi un revival bizantino, pur se sembra impossibile, considerato il décalage temporale), sembra essere un’affiche o addirittura una scena di un musical o al limite di un film. Tematiche disarmoniche, peraltro teorizzate da autori come Torquato Tasso, come Baldassar Castiglione, a dimostrazione dell’irruzione di quanto risulterà troppo duro e inaccettabile per un mondo “razionale” e dominato “secundum rationem”, ma che al tempo stesso inizierà a farsi largo, a divenire non “accettabile”, ma comunque discusso, insinuando “pericolosi veleni” nel ciclo potere-“Ratio”-dominio…pur se poi tutto verrà inglobato e ammortizzato, almeno (beninteso) in appparenza… fino ai tempi nostri, nei quali la “democrazia”, la “tolleranza”, la “scientificità” (e forse bisognerebbe evidenziare la prima lettera di questi lemmi con la maiuscola) sembrano obnubilare quanto non rientra nei loro canoni e dunque “ammortizzarlo”. Ma il “perturbante” torna sempre, nella letteratura fantastica come nelle vicende che caratterizzano la “realtà” o ciò che intendiamo per tale… e quanto definiamo variamente come “incomprensibile”, “perturbante”, “assurdo” è l’ombra della “Follia”, da sempre demonizzata in quanto irriducibile a quanto si intende dominare, “regolare” e – invero – irreggimentare.
Eugen Galasso
Pubblicato il 5 February, 2017
Categoria: Notizie
Cipriano versus Antonucci – Eugen Galasso
(Mi riferisco ad “A”, novembre 2016, n.411, pp.29-33)
Due premesse: A) La mia non è difesa d’ufficio del dott. Antonucci, che si difende benissimo da solo. Avendo seguito, però, da anni, le vicende di Giorgio Antonucci e di chi lo attacca, credo di avere diritto di intervenire; B) Da non anarchico, però, credo sia opportuno precisare alcune cose. In primis, delegando alla dott. Mailardi, psicologa, psicoterapeuta a Roma presso la Fondazione Roma Solidale onlus l’intervista al dott. Cipriano, autore di vari libri (tutti editi da “Eleuthera”, significativamente, casa editrice di cui “A” pubblica la pubblicità – scusate il bisticcio di parole…, mentre di Antonucci ne aveva pubblicato solo uno, per così dire con un “no more” implicito), la rivista “A-rivista anarchica” fa una scelta di campo, ben più che instaurare un dialogo a distanza… Premetto, però, che credo nella sincerità assoluta di entrambi(intervistatrice e intervistato) e lo dico in buona fede, senza alcun “retropensiero” da “Ma Bruto è un uomo d’onore…” (uncle Bil l’immortale, alias William Shakespeare, Giulio Cesare, Atto III°, scena seconda). Certo, anche le domande -“obiezioni” della dott. Mailardi sembrano offrire il destro a risposte-chiarimenti non dico “orientati” (questo no) ma in qualche modo appaiono “facilitanti”. Poi, Cipriano prende apertamente le parti di Basaglia versus Antonucci: assolutamente legittimo e anzi scopre subito le carte, ma è scelta a priori, con toni estremamente duri e dogmatici: “Quello di Antonucci è un discorso che trovo demagogico” (sarebbe da chiarire questo termine, ormai, troppo usato-abusato. Chi dava del “populista” e del “demagogo” a Donald Trump l’ha fatto vincere. Mio inciso). Dire che comunque la sofferenza esiste e che “la libertà l’ha già perduta prima che intervenga la psichiatria con le sue armi di precisione e di repressione” è contraddittorio: prima di tutto non sappiamo se sia vero che la persona abbia già perso la sua libertà (l’autore ci dà ciò come assioma, quale “articulus fidei”) e poi Cipriano ammette che quelle della psichiatria sono “armi di precisione e repressione”. Segue poi l’argumentum princeps: “…in certi casi, bisogna assumersi la responsabilità di decidere, per quella persona non più in grado di farlo (sic! Se lo fa il dott. Goebbels, però, o comunque tutta la psichiatria istituzionale, poi, sappiamo come va a finire… e.g.). Per cui, io pure revoco, o non convalido, moltissimi trattamenti sanitari obbligatori. Però non contesto lo strumento del TSO”. Ma se questo esiste, viene usato e come… Cipriano lo sa e però difende (ripeto: credo fermamente che sia in buona fede e quindi non creda di farlo) la casta degli psichiatri e chi ne legittima l’esistenza. A Szasz, poi, contesta di “aver fatto una scelta di campo…dedicandosi solo a gente ricca e poco sofferente”. Mi sembra un riduzionismo totale, quanto meno. Non parliamo dell’attacco ad Antonucci, poi, “la cui impresa più rilevante è stata troppo veloce, pretenziosa e controproducente”. Ne è certo, prima di tutto? Sa come si siano svolti i fatti? Ne dubito, in specifico. Lascio ad altri la possibilità di replicare, concludendo solo con la constatazione che il “gradualismo”, in buona fede, di Cipriano, non cambierà nulla a livello normativo e di prassi clinica.
Eugen Galasso
Nota: Eleuthera ha pubblicato diversi libri importanti del dottor Giorgio Antonucci.
Pubblicato il 28 November, 2016
Categoria: Notizie
Psichiatri critici sull’uso dei farmaci e perseveranti nelle diagnosi – Eugen Galasso
Su “Ideas”, supplemento domenicale di “EL Paìs”, giornale di prestigio della sinistra “radical chic” (è meglio dire le cose come stanno; idem vale per “Le Monde” e “Repubblica”, che chi scrive sappia, magari anche – con qualche distingue per la “Frenkfurter Allgemeine”, da tempo si è sviluppato un dibattito sulla psichiatria: se domenica 7 febbraio il giornalista USA Robert Whitaker aveva parlato di “crisi della psichiatria” stessa, negando l’origine biologica delle “crisi” che vengono definite come “malattie psichiatriche” e quindi l’efficacia degli psicofarmaci: ma Wihitaker, lungi comunque dal negare tout court la psichiatria, si riferisce alla situazione “gringa”, che separa, anzi dicotomizza il normale dall’anormale, attribuendo i “disturbi minori” agli psicoanalisti, i “gravi” (leggi “pazzi”) all’assistenza pubblica, dunque con bombardamenti di psicofarmaci; la domenica successiva interviene Miguel Gutiérrez Fraile, già Presidente della Società Spagnola e Psichiatria e docente di psichiatria nell’Università dei Paesi Baschi, ribadendo il valore comunque positivo della psichiatria (“Psiquiatrìa sì, naturalmente”, il titolo, affermando il valore positivo anche dell’esperienza USA, con la “psichiatria comunitaria” introdotta da Kennedy, ma poi, venendo in Europa (Spagna), afferma anche che “Finalmente il malato psichiatrico iniziò ad essere trattato come il resto dei pazienti” et similia. Non solo: ribadisce che “Abbiamo l’onore dubbio di essere l’unica specialità medica ad aver un movimento “anti” “. Due assunti-postulati indimostrabili qui: A)che la psichiatria sia effettivamente una scienza; B)che essa sia parte della medicina. Per Giorgio Antonucci, per es. (ma non solo, penso a Thomas Szasz) ciò non è vero. Più critico, poi, MIkel Munzarriz Ferrandis, presidente dell’Associazione Spagnola di Neuropsichiatria, che saluta l’apertura del dibattito e afferma che gli psicofarmaci sono utili come “coadiuvanti”, ma non sono la soluzione. Manuel Desviat, psichiatra ed ex-presidente della citata Associazione Spagnola di Neuropsichiatria, è ancora più critico verso gli psicofarmaci. Un dibattito certamente salutare, importante, ma i termini della questione non si spostano di molto (o per nulla?) se non si mettono in discussione i due postulati citati sopra. Ma forse non si vuole né può fare, vista la rilevanza e potenza degli interessi in campo… Eugen Galasso
Pubblicato il 7 March, 2016
Categoria: Testi
Theodor Reik: sono i poeti l’avanguardia della psicologia – Eugen Galasso
Secondo Theodor Reik (1888-1969), psicoanalista austriaco-americano di ovvie origini ebraiche, di formazione freudiana, ma “dissidente” rispetto a Freud o meglio rispetto a varie sue tesi, in “Of love and Lust” (1957), sostiene che “Sono i poeti, non gli psichiatri né i medici l’avanguardia della psicologia del profondo. I poeti possiedono bacchette da rabdomante che mostrano loro dove son nascosti i più preziosi segreti dell’umana natura” (dalla trad. italiana, con il titolo scioccamente moralistico, “Amore e lussuria”, Milano, Longanesi, 1968, p. 177) Cita il “Faust” goethiano, Shakespeare, Delaleddin Rumi, grande poeta persiano, molti altri poeti (e idem nelle sue opere sul rito e la ritualità), lui, non di formazione medica, ma filosofico-letteraria (intervenne Freud per difenderlo da accuse “corporative” in merito) oltre naturalmente all’esperienza analitica. Credo sia, al di là delle tesi reikiane spesso criticabili (come lo è ogni teoria; a proposito di Reik mi permetto un’aggiunta: nulla a che vedere con Wilhelm Reich, le cui tesi riguardo a amore e sessualità sono, diremmo, antitetiche rispetto a quelle di Reich ), un’affermazione di indubbio coraggio e di modestia non da poco: contro chi crede di avere la verità in tasca, estendendola a ogni ambito dello scibile e soprattutto della vita, Reik parte dall’esperienza, che però è quella detta “clinica” ma anche quella di chi, genialmente e spesso con il linguaggio in genere contratto, sintetico, paratattico, della poesia, ci dice sui sentimenti e sul “sentire” umano più di quanto non ci dicano (spesso) magari lunghissimi trattati di psicologia, per non dire di quell’ambito che si presume e anzi pretende “scientifico” che è la psichiatria, che pretende di giudicare e sanzionare, ossia punire, ogni comportamento umano giudicato non conforme a una presunta “norma”: i poeti, da Omero a Saffo, da Virgilio (sì, persino, il “pacato” Virgilio ci parla senza problema della naturale bisessualità umana) a Baudelaire, da Ariosto a Rimbaud a Campana, da Rumi ad Artaud come a Bigongiari, da Villon a Ginsberg a Pasolini, da Hoelderlin a Brecht, da Calderon de la Barca a Arrabal ci parlano di ogni esperienza umana, senza mai permettersi di “sanzionarla”. Come non fanno per nulla neppure, come noto, Szasz e Antonucci, per fare solo due nomi cruciali… Eugen Galasso
Pubblicato il 23 January, 2016
Categoria: Testi
Il business della (falsa) malattia mentale – Eugen Galasso
Purtroppo non c’è più da stupirsi di nulla: uno dei migliori quotidiani europei, pur se schierato su posizioni quasi sempre neo-liberiste e “centiste”, “El Paìs” dell’edizione speciale domenicale del 15 novembre scorso, a p.18 (in “Negocios”, ossia nella sezione economica) ospita l’intervento di un notevole (per la considerazione di cui gode, beninteso) economista spagnolo, docente a Londra, Luis Garicano, dal titolo inequivocabile: “La salud mental, una inversiòn prioritaria”(La salute mentale, investimento prioritario). Anche rifacendosi agli studi di Lord Richard Layard, economista della “Lord School of Economics” (sorta di “Bocconi” inglese, più quotata ma altrettanto orientata in senso neo-liberista e conservatore), Garicano afferma, richiamandosi a uno studio del 2002 dell’OMS (Organizzazione mondiale della Salute, quella dell’ “apocalisse” sulle carni) che la “malattia mentale” (assunta a priori come tale, si noti!) comporterebbe da sola il 50% delle disabilità (diversabilità sarebbe meglio, come espressione) esistenti. Naturalmente qui si parla, da buoni economisti conservatori (Galicano, sia detto non sottovoce, si candida alle prossime elezioni parlamentari spagnole, con “Ciudadanos” (Cittadini), il pendant conservatore del progressista Podemos), di costi elevati, sempre assumendo come datità assoluta e indiscutibile che la malattia mentale esista. Poi, Garicano, che non riteniamo troppo competente in materia, reclamizza, assumendola come altro valore indiscusso, che la terapia cognitiva (cognitivista-behaviorista, volendo) sia superiore a quella psicoanalitica e ciò perché essa sarebbe più breve (costi ridotti per lo Stato, ma non minori per i”pazienti”, sia invece detto come critica a questo orientamento) ed è certamente molto più “direttiva”: la terapia cognitivista orienta, senza lasciare troppo spazio (anzi quasi nessuno) al dialogo, al dubbio, alla critica. E ciò sia detto tutt’altro che come apologia della psicoanalisi, ma come constatazione. Seguono dati iperbolici sulla depressione, cavallo di battaglia ancora attuale, assieme al disturbo bipolare, degli strenui assertori della psichiatria, depressione che sarebbe aumentata anche a causa della crisi economica mondiale, mentre naturalmente non si fa parola della miseria e povertà indotte…Chiaro che gli interessi economici forti e cruciali di case farmaceutiche, psichiatri e strutture collegate vadano sostenuti, da parte di chi è conservatore politicamente-economicamente e convinto assertore della psichiatria, dove l’endiadi (due concetti in uno, cioè) non è certo peregrina, come possiamo verificare sempre empiricamente: quasi sempre chi è conservatore in politica e in economia, dunque ama Milton Friedman e Von Mises (per citare solo due nomi “à la une”del liberismo), vi dirà che “I matti vanno messi in manicomio” o, se è più prudente, che “comunque le malattie mentali vanno curate”. Con diverse gradazioni, date dalla cultura e dall’atteggiamento della persona, potete starne quasi sempre sicuri… Eugen Galasso
Pubblicato il 14 December, 2015
Categoria: Testi
La normalizzazione coatta nella cultura – Eugen Galasso
Leggo in Gérard de Nerval (1808-1855) la frase seguente, inserita nel “Voyage en Orient”, racconto “Histoire du calif Hakem” (realmente esistito, 11° secolo, personaggio contraddittorio quanto stimolante, lontanissimo da ogni “islamismo”): “IL rispetto degli Orientali per i folli non arriva a lasciare in libertà coloro che potrebbero essere pericolosi” (cito da Nerval, “La harem”, antologia tratta dal citato”Voyage”, Paris, Gallimard, folio, 2015, p.110). Da chiarire che in Oriente , come anche nelle civiltà antiche, il “folle” (ossia chi sfugge alla maniera consueta di pensare e agire) era considerato = il veggente, chi è in contatto con la divinità, con l’Assoluto, ricevendone comunicazioni comunque importanti, anche se spesso indecifrabili o incomprensibili, almeno di primo acchito, se non si sa “decriptare il messaggio”. Anche il citato califfo arriva in “manicomio”, venendo ritenuto “pericoloso” per una serie di equivoci, anche perché s’era travestito da “altro” dal califfo… Su ciò, sulla presunta “pericolosità” si possono vedere le giuste annotazioni di tutta l’antipsichiatria e della non-psichiatria, ma anche le statistiche ufficiali dimostrano che quasi nessun omicidio o atto violento è imputabile a coloro che la società tuttora si ostina a definire “malati di mente” et similia. Le annotazioni storico-culturali hanno un valore fondamentale dal punto di vista antropologico, dimostrando, tra l’altro, data la relatività delle culture e dei rispettivi “patterns”, ossia modelli di pensiero e comportamento, che il concetto di “follia” corrisponde solo a un modello occidentale-borghese di cultura e di “normalizzazione coatta”, come Foucault, dal canto suo, ha dimostrato inoppugnabilmente. Eugen Galasso
Pubblicato il 12 October, 2015
Categoria: Testi
Articoli giornalistici pro psichiatria – Eugen Galasso
Un disastro, un articolo in quello che è considerato il miglior quotidiano europeo, “EL Paìs”, nell’edizione domenicale del 6 settembre scorso, parla dei pericoli creati (incidenti, ma anche pestaggi e peggio) dai presunti “malati di mete”. Ora, dopo decenni di anti-e non/psichiatria sappiamo che la malattia mentale è un mito (Szasz). Famiglie che si mobilitano e altro. Sembra d’essere nel Medioevo o durante l’Inquisizione: una sciagura, mentre dovremmo essere nell’epoca della Spagna post-movida, post-tutto…diremmo. Il pregiudizio è duro a morire; se ci sono responsabilità penali, esse vanno “sanate”, anche con una punizione dura; ma è ora di finirla con la psichiatrizzazione indebita di tante persone, che crea solo dipendenza da psicofarmaci ma anche dalle figure “di riferimento” (psichiatria, infermieri etc-). Che sia chiaro, una volta per tutte, pena trascinarsi dietro ancora secoli di ciarpame psichiatrico… Eugen Galasso
Pubblicato il 23 September, 2015
Categoria: Testi
Andrea Soldi: un “caso” di trattamento sanitario obbligatorio – Eugen Galasso
Quello che per giornali e mass-media vari è il “caso Soldi”, scoppiato d’estate, che quindi “fa colore”, salvo poi essere derubricato quando ciò conviene…è invece un ulteriore elemento tragico che aggrava la questione (che è ben più di ciò, ovviamente). Quanto preoccupa, chi scrive ma ovviamente non solo, è quanto si propone: A) un TSO più “attento”, con infermieri non “sadici”etc.; B) maggiore vigilanza da parte dello psichiatra etc. Ora, a parte il fatto che lo psichiatra sarebbe in primis medico, tenuto al giuramento d’Ippocrate, al “primum non nocere”, che quindi chiaramente lo stesso sarebbe anche penalmente perseguibile in quanto viaggiava su un’auto diversa da quella che trasportava il povero Soldi, morto come si sa, in circostanze ancora non totalmente chiarite ma neppure oscure (responsabilità ovvie, per medico-psichiatra e infermieri) il problema, a monte, è un altro. L’errore sta, come si suol dire, “nel manico”, ossia nel TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio): se un paziente non può essere obbligato a un trattamento sanitario in campo medico (in ospedale e clinica si può per es. firmare una “liberatoria”per farsi dimettere o per non sottoporsi a un’operazione o a una particolare terapia), a fortiori deve poter valere nel campo della psichiatria, dove tutto è quantomeno “flou”, assolutamente non certo. Non esiste la certezza di una ” malattia”, di una “diagnosi”, al contrario di quanto vorrebbe una psichiatria che si creda/pretenda scienza. Ciò, da Laing, Cooper, Szasz, Antonucci e altri è dimostrato da decenni, anzi ormai praticamente da mezzo secolo (ma attenzione: dubbi anche seri erano già stati avanzati molto prima…), ma la prassi del TSO e della psichiatria non cambia. Stupisce, poi, che a chiedere maggiore presenza dello psichiatra sul luogo del trattamento siano i familiari stessi della vittima e loro amici e conoscenti o comunque persone con problemi analoghi: la “fede” nella psichiatria, evidentemente, alligna ancora, complici ancora una volta mass-media e poteri che la spacciano per “scienza” incontrovertibile quanto “assoluta”.
Eugen Galasso
Pubblicato il 17 August, 2015
Categoria: Testi