La chirurgia (e talora la medicina) versus una concezione “soft” – Eugen Galasso
La chirurgia , se non da Ippocrate in poi, almeno da Giovanni Battista Morgagni in poi, è basata sulla necessità di salvare la persona magari togliendone – sacrificandone una parte, magari piccolissima (penso alla tonsillectomia e all’asportazione di polipi adenoidei, ma non solo). Se la medicina antica (e medievale, ma fino al Seicento, appunto) sostanzialmente espungeva dal suo codice la chirurgia, bollando i chirurghi come “cerusici”, cioè grosso modo al livello di barbieri e ambulanti, id est meri artigiani, privi di un iter studiorum (e difatti erano pesanti le condizioni d’ammissione di un cerusico alla facoltà di medicina), oggi la chirurgia è talora persino più considerata della medicina, per merito dei progressi della scienza e più ancora della tecnica. Se un tempo il “taglio della pietra”, cioè l’asportazione di calcoli (soprattutto vescicolari, all’epoca)era demonizzato come affare di/da mestieranti, ora essere un chirurgo è titolo di vanto, con tanto di onore per “trapiantisti” ma non solo. Ma…ogni rosa ha le sue spine: il chirurgo, quando opera e il paziente è in “anestesia totale”, dispone di un notevole margine d’arbitrio. Così, in uno dei migliori policlinici italiani, il primario-chirurgo ha di recente introdotto dei clips al titanio nel petto di una paziente operata di tumore al seno. La paziente, che non è medico ma ha qualche conoscenza di anatomia e medicina (è psicologa) aveva pre-avvertito il chirurgo di non volere simile trattamento (si tratta, come sarà noto a varie lettrici, di un procedimento relativamente nuovo quanto da tempo discusso), ma il “fatto” si è consumato lo stesso. Ora, non è il caso, in questa sede di proporre un’ennesima “lamentatio”, che non avrebbe senso, ma al contrario di opporre due metodologie e due filosofie: quella del chirurgo che opera (nel doppio senso del lemma) Leggi l’articolo completo »
Pubblicato il 24 February, 2012
Categoria: Testi