“Svelando e rivelando” di Giorgio Antonucci – Eugen Galasso
“Svelando e rivelando” di Giorgio Antonucci, assieme a tutto il resto (la produzione poetica, saggistica, gli interventi ai convegni etc., ora sempre debitamente repertoriati e quindi facilmente reperibili sul nostro sito) della produzione di questo instancabile protagonista della vita culturale ma soprattuttto sociale (tutto quanto è sociale è di per sé culturale, mentre la cultura-se intesa solo come produzione scientifica e letteraria-artistica non è sempre sociale; se invece intendiamo per “cultura” tutti gli atteggiamenti, i modelli di comportamento-patterns-gli stili di vita, le abitudini, gli schemi di pensiero etc., cioè nell’accezione dell’antropologia culturale, allora sì, è=cultura), purtroppo spesso ignorato o boicottato dalle istituzioni, ci dice anche come la psicologia sia monca, quantomeno. Se dalla psicologia e dal suo studio non si può prescindere, è però vero che se essa si arrocca, divenendo, anzi volendo divenire una clavis universalis per spiegare il mondo, allora diventa una pietra d’inciampo. Un esempio: le diagnosi (con pretesa di validità scientifica incontrovertibilie) fatte a tavolino o in TV. Ma ancora: le opere letterarie o d’arte (teatro, arti visive, cinema etc.), i volumi divulgativi o anche i sommari di psicologia e ambiti affini a senso unico (tutto si legge in chiave freudiana, junghiana, kleiniana, lacanina, di cognitivismo etc.). Cercherò allora di fare un’autoanalisi, non sui sentimenti, le passioni, i gusti (al lettore, alla lettrice non interesserebbero) ma sulle scelte politiche, precisando: A)di non svolgere né aver svolto attività politica in senso proprio, se non situazionalmente e sporadicamente, su temi precisi (per es. la lotta contro la reductio psichiatrica, certo); B)di essere in politica un pragmatico e un utopista. Mi spiego: volendo ottenere “tutto”, ossia le mete più inaccessibili, mi accontento, poi, di poco, purché qualcosa si ottenga, comunque. Non “compromessi”, ma “mediazioni”, se così vogliamo dire. Se considero la mia posizione politica attuale rispetto a quella di dieci o vent’anni fa, rispetto a un quarto di secolo fa, constato che: 1)non funziona nessuno schema psicologico e/o psicoanalitico che voglia valere “assolutamente”, cioè come a sé stante e pretendendo di avere in sé la verità “a prescindere”; 2)credo funzioni piuttosto uno schema, certo ampiamente inteso, “dialettico”, perché partendo da una certa “tesi”, ho frequentato e incorporato l'”antitesi”, arrivando (chissà, forse, magari semplicemente auspico che sia così) a un qualcosa che forse può definirsi “sintesi”. Tesi=sinistra; antitesi=destra, sintesi qualcosa d’altro? NO, sarebbe rozzamente semplicistico, anche perché credo al “transpolitico” baudrillardiano: la partizione accennata risale alla partizione francese post-Rivoluzione, quindi a fine Settecento-inizio Ottocento e da allora di acqua ne è pur passata, sotto i ponti… Ciò non vuol dire negare le differenze, che credo siano ineliminabili, vuol dire ridefinirle in parte. Non per questo sarei convinto dell’assoluta giustezza della dialettica hegeliana o marxiana…
Eugen Galasso
Pubblicato il: 11 October, 2011
Categoria: Testi