Conferenza pubblica Telefono Viola Roma
Pubblicato il 25 June, 2010
Categoria: Audio
Farewell Summer – Recensione – Eugen Galasso
Ray Bradbury, Farewell Summer, in italiano “Addio all’estate“, Milano, Mondadori, 2010. Il grande (per chi scrive forse il più grande scrittore nord-americano vivente – Bradbury tra poco compie novant’anni) scrittore, spesso rinchiuso da politiche editoriali miopi e da critici ansiosi di classificare (in questo non solo gli psichiatri eccellono) nel genere “fantastico” o peggio horror, in questo libro, che è ideale prosecuzione (lo dice l’autore stesso nella sua nota-postilla che fa da post-fazione) di “Dandelion Wine” (in italiano, “L’estate incantata”), scritto più di mezzo secolo fa, ci narra una guerra tra ragazzi e anziani, dove l’elemento del “Bildungsroman” (romanzo di formazione) è fondamentale. Formazione umana, che comporta non tanto il superare prove iniziatiche (elemento chiave nell’esoterismo) quanto il confrontarsi con quelle ansie e paure che a qualche persona sfortunata e “malcapitata” tocca di non riuscire a superare, magari venendo sottoposto(a) a qualche terapia forzata, a qualche TSO… Senza parlare di psichiatria versus antipsichiatria, Bradbury, di cui non m’importa tampinare le idee politiche in dettaglio (negli States si ragiona e opera diversamente che in Europa; non sta a me in questa sede argomentare se meglio o peggio…), ci dà un ritratto formidabile di chi vuole “avere strade più dure, limti più invalicabili”, di contro ad “aperta campagna e libertà” (op.cit., pp.83-84) . Si tratta solo degli anziani, degli adulti, che hanno perso gioia e creatività, a favore di brama di dominio e di realtà calcolante? No, non c’entra l’età, non c’entra neppure sempre il ruolo sociale, anche la donna (vittima da quando si è affermato il patriarcato di ogni ingiuria, di ogni oltraggio, di ogni ricatto minacciato o conretizzato) talora riesce ad essere sottilmente repressiva; il problema è nel modo di agire della persona in società… Ecco come, senza mai rinunciare mai neppure un attimo al sogno e alla speranza, Bradbry, moderno Thomas Mann (“Riflessioni di un impolitico”), ma sicuramente “meno politico” (ma cfr.quanto notato sopra) ancora di Mann, riesce ad essere autore politico, nel suo demistificare i sottili meccanismi di repressione dei poteri sulle persone, dalla”persuasione occulta” (che non è mai solo quella della pubblicità) alla repressione diretta, violenta, in forma di guerra e violenza (qui non è mai in scena, ma vi si accenna=o in altre forme, subdole o meno), di imposizione. Questo ragazzo novantenne ci fa riflettere e sognare come pochi.
Eugen Galasso
Pubblicato il 24 June, 2010
Categoria: Presentazione
“Si può fare” – Recensione – Eugen Galasso
“Si può fare“di Giulio Manfredonia, film che è stato presentato in anteprima al festival di Roma(fine ottobre 2008)è sicuramente un’opera che affronta la problematica post-basagliana, del superamento dei manicomi, in una chiave non banale né riduttiva, anzi. Ben realizzato, con tecnica attorale e registica ispirato al metodo Stanislasky- Strasberg (parziale identificazione dell’attore con il ruolo interpretato), il film narra di un’esperienza reale, accaduta in epoca post-basagliana, precisamente nella primavera 1984 (funerali di Enrico Berlinguer, segretario dell’allora PCI), quando a Pordenone una cooperativa autogestita di ex-ricoverati in “manicomio” (anzi, anche senza virgolette, perché all’epoca c’erano) decolla, per merito di un sindacalista di tradizione comunista (Claudio Bisio), tra mille difficoltà e boicottaggi vari (amministrazione pubblica, psichiatri “tradizionali”, informatori sanitari e rappresentanti di medicinali). Un film coraggioso,espressamente ispirato a e da “Qualcuno volò sul nido del cuculo” (scene della scampagnata erotica ma non solo) di Milos Forman, dal libro di Ken Kesey, che non nasconde problemi e”colpi di coda”di chi non vuole”liberare” e “slegare” (metaforicamente) i “matti”, ma li vuole rinchiudere (il suicidio non è un tabù, in questo film, senza toni melodrammatici), che però non cede al pessimismo senza aprirsi a ottimismi fuori luogo, in epoca di revival reazionario (proposte di revisione della 180, per un TSO obbligatorio per “madri a rischio”, altro ancora). Tutto diverso da “C’era una volta la casa dei matti…”, film TV proposto nello scorso inverno che oscilla tra agiografia di Franco Basaglia, spesso non ben individuato biograficamente, opera di costume anni Sessanta-Settanta, con notevoli superficalità nella trattazione. L’ergoterapia, ma dove il lavoro si sposa con il piacere, dove l’eros si lega con la rivolta ma quella che persegue obiettivi precisi e non solo “divaganti”, il principio del piacere che intravvede un’altra “realtà”… Interpreti eccelsi, oltre a Bisio, Anita Caprioli, Giovanni Calcagno, Andrea Bosca, Natascia Macchniz, Bebo Storti, Giorgio Colangeli.
Eugen Galasso
Pubblicato il 24 June, 2010
Categoria: Presentazione
“Dalle tricee al manicomio” – Recensione- Eugen Galasso
Un testo sicuramente importante e interessante, questo di (anzi no, a cura di, in quanto è composto di vari saggi, tra cui alcuni del curatore) Andrea Scartabellati, “Dalle trincee al manicomio”, Torino, Marco Valerio, 2008 , scritto quasi del tutto da storici e storici della cultura come lo stesso curatore, ma anche da Alessandra Miklavic, che opera anch’essa nello stesso settore, ma come “Fellowship” all’università di Montreal/Monréal (Canada, Quebec, anzi, per meglio dire) ma presso la facoltà di Medicina, cosa che in Europa (con rare eccezioni) non si dà. Si analizza, seguendo un’analisi antropologica (di antropologia storica) e storico-sociologica che incrocia anche Foucault (singolarmente poco citato direttamente, però, quasi a dire: “Ormai sappiamo che c’era e che cosa sostiene”), la”follia”-la”pazzia”, forse meglio – e anzi le “smanie” (quasi fossero le goldoniane “Smanie per la villeggiatura”), di molti soldati italiani, durante la “Grande Guerra”, ossia la Prima Guerra Mondiale, la loro reclusione, l’incapacità di capire il problema da parte degli psichiatri, che rinchiudevano e classificavano, talora provavano a curare (“peso el tacòn che l’buso”, secondo il proverbio veneto, ossia peggio la toppa del buco, come sappiamo). Se da un lato c’era una psichiatra che, come Maria Del Rio, con tutte le prudenze del caso, date dal suo status e ruolo di psichiatra dell’allora manicomio di Reggio Emilia, riconosceva (cfr.il suo “Le malattie mentali”….) come cause principali delle difficoltà (non della”pazzia”, che non vuol dire nulla) dei reduci guerra e fame, dove l’una implica l’altra, dall’altro c’è anche chi, come Boschi, altro “vate psichiatrico” dell’epoca, ben più riconosciuto (chiaro: era maschio e sosteneva idee sulla mente e il comportamento ben diverse dalla Del Rio, non era un “sovversivo” ma un “intregato”), cerca di “leggere nel ridimensionamento postbellico della neuropsichiatria militare uno dei tanti controeffetti della”montante marea bolscevica”. Demistificare, oltre alle pratiche psichiatriche, le loro stampelle ideologiche (“ideologia”=”falsa coscienza del mondo”), questo il merito di un’opera come questa che si inserisce in pieno nell’ambito del meglio di quei “chiavistellli”, di quelle “chiavi inglesi” (entrambe le espressioni sono di Foucault) che decostruiscono i poteri sul piano storico-documentale come anche su quello teorico…
Eugen Galasso.
Pubblicato il 24 June, 2010
Categoria: Libri, Presentazione
Intervista a Giorgio Antonucci – Rita Laghi (18 gennaio 1993)
Imola – Viale De Agostino -, nel cuore della città, “Autogestito” e l’unica parola incisa sulla targhetta affissa a lato del cancello.
Di lì le persone escono e entrano liberamente in ogni ora del giorno per recarsi dove vogliono, conducendo una vita simile a quella di tutti gli altri cittadini.
Sono cinquanta persone che facevano parte degli internati dell’ex manicomio Luigi Lolli dove, prima della legge del maggio 1978, venivano condotti i cittadini della zona periferica della provincia di Bologna.
A Imola c’è anche “L’Osservanza” che prima della legge era il manicomio di tutta la Romagna.
Giorgio Antonucci dal 1973 in poi ha lavorato prima all’Osservanza, dopo al Lolli, dove ora appunto dirige i due reparti che rimangono dell’intera vecchia struttura – l’Autogestito e un Reparto Geriatrico.
Per Antonucci la psichiatria è una pseudoscienza che deve essere superata da una nuova cultura e da una nuova psicologia, capaci di tener conto dell’uomo tutto intero, con la sua creatività e le sue contraddizioni, sia interiori sia sociali, e con il suo diritto a essere soggetto di libertà invece che vittima di pregiudizi di costume.
Prendiamo spunto dall’esperienza del dottor Antonucci per affrontare alcuni temi.
D. Dottor Antonucci, considerato che la sua presenza a Imola ha rappresentato una vera rivoluzione per le strutture psichiatriche, come ricorda i suoi primi rapporti con l’ambiente imolese?
R. Devo dire che l’inizio è stato molto difficile. Nel 1973 c’era ancora la legge del 1904 con qualche modifica dovuta a decreti del 1968. Ma più che la legge pesavano i costumi e la tradizione manicomiale e scientifica, che, del resto, sia pure in termini diversi, pesano tuttora.
Le falsità e le superstizioni impostate sotto veste scientifica sono le più dure a morire.
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Pubblicato il 21 June, 2010
Categoria: Testi
David Rasnick (vera storia dell’AIDS)- Eugen Galasso
Nel suo “La vera storia dell’AIDS”, MIlano, Spirali, 2001, David Rasnick, biochimico che con la problematica AIDS si è confrontato a lungo, smonta, in forma romanzesca (la biochimica prestata al giornalismo Core , affascinante, siamo in molti, tra quelli che hanno letto il libro, a volerla presentificare-materializzare e magari incontrare….) il mito della medicalizzazione forzata della malattia, considerata come eziologicamente legata alla sindrome da HIV-deficienza. Ora, come Rasnick mostra che tale rapporto non sia A che implica B, mentre esistono motivazionio profonde e importanti,legati al sociale, alla miseria (nulla a che vedere con il clericalismo assistenzialistico, anzi), che possono essere invece fomiti reali dell’AIDS, allo stesso modo, pur se in un ambito diverso, ha sempre agito il medico-psicoanalista-antipsichiatra Giorgio Antonucci, smontando la costruzione “falsa e bugiarda” (mi si permetta l’endiadi dantesca) di una psichiatria tassonomica che, da Pinel ad Arieti, passando per la frenologia di Gall e la psichiatria criminologica (e criminalizzante) di Lombroso, lega la malattia psichica, assunta e assurta a dogma, simile a quelli cattolici (dove contro gli eretici “Anathema sit!”) a alterazioni della funzioni cerebrali, tutte da dimostrare e non a caso mai veramente dimostrate, neppure per via di approssimazione.
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Pubblicato il 16 June, 2010
Categoria: Notizie
Ginecologi d’assalto – Eugen Galasso
I ginecologi, nella loro struttura rappresentativo-gerarchica, propongono un TSO “situazionale” per partorienti che abbiano problemi di depressione post-partum (ma come stabilirlo? Molte volte il ginecologo non si occupa di ciò segnatamente, non è compente in merito, non ha interesse per la problematica; sempre a parte il fatto – che non è di poco conto, comunque – che il lemma e il relativo concetto di depressione sono qualcosa di opinabile, come ci ricorda anche Giorgio Antonucci, quasi un “concetto referenzialmente opaco”, come direbbe il logico Willard Van Orman Quine. IL problema è emerso con il “caso Franzoni”, come molti lettori sanno. Annamaria Franzoni, originaria dell’Appennino Bolognese, imparentata “in alto” (tanto per essere chiari, la moglie dell’ex-leader Romano Prodi è Franzoni, cognome da ragazza), “confinata” per motivi familiari (di lavoro del marito) a Cogne, dove tutto il paese s’è rivoltato contro di lei quando, chiaramente per discolparsi, ha accusato un fantomatico “intruso” del paese, colà chiamata non molto amichevolmente “la Bolognese”, è da tempo in carcere nel carcere bolognese per l’omicidio del piccolo Samuele. Secondo un illustre criminologo, sarebbe coinvolta in una sorta di setta vetero-biblista che “nomina i figli” con nomi biblici famosi… In realtà, ciò che importa ai fini del nostro ragionamento è che Samuele è stato ucciso, al 99% dalla signora Franzoni, che non è “matta” neppure secondo i canoni della società e dei poteri che la “rappresentano”, che, in occasione del “Maurizio Costanzo Show”, la signora in questione aveva chiesto a Costanzo stesso: “Senti, Maurizio, ho pianto in modo naturale?”, che aveva rifiutato la semi-infermità mentale. Ma problemi con madri “assassine” perché si sentono inadeguate o altro ci sono da sempre, tanto che già il pedagogista svizzero Pestalozzi, per la sua opera “Sull’infanticidio”, aveva difeso le madri che uccidevano i loro bambini per problemi economici. Inadeguatezza, problemi sociali, economici (certo non ne ha la”diva Annamaria”…): non è che la cosa sia “nuova”, non è di ieri né di oggi, solo ora si è ampliata la percezione del fenomeno, che ora qualcuno vuole arginare (controllare?).
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Pubblicato il 14 June, 2010
Categoria: Notizie
Convegno/Corso Internazionale di Psicoanalisi Laica a Firenze
SCUOLA DI FILOSOFIA DEL SE’ E ANALISI DEL PROFONDO CIRCOLO CG JUNG – LIBERA UNIVERSITA’ JUNGHIANA CENTRO UNIVERSITARIO INTERNAZIONALE DI STUDI SULL’ANIMA
Daniele Cardelli (VIDEO), Giorgio Antonucci (VIDEO), Antoine Fratini
I Convegno Internazionale di Psicoanalisi Laica
III Intensive Study Program in Soul Studies
Sabato 19 Giugno 2010
Fondazione Spadolini Nuova Antologia
Via del Pian de’ Giullari, 36/a – Firenze
VIDEO
ore 10.30 Riunione Operativa
ore 15 Interventi
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Presentazione: Diario dal manicomio- di Giorgio Antonucci – Libreria Libri Liberi-
Lunedì 21 giugno, alle ore 18.00, nel giardino della Libreria Libri Liberi
(Via San Gallo 25r, Firenze), siete invitati alla presentazione del libro
DIARIO DAL MANICOMIO
di GIORGIO ANTONUCCI
Apre l’evento il chitarrista-compositore ANTHONY SIDNEY
che suonerà alcune sue composizioni per chitarra
Presenta il libro il prof. EUGEN GALASSO
GIORGIO ANTONUCCI, medico, dopo aver lavorato a Cividale
con Cotti e a Gorizia con Basaglia, dal 1970 al 1972 ha
svolto la sua opera nei centri di igiene mentale di Reggio Emilia.
Dal 1973 al 1996 ha lavorato nei manicomi di Imola. Per le attività
svolte ha ricevuto riconoscimenti dal “Comitato dei Cittadini
per i Diritti Umani” Onlus , nel 1997 a Milano e nel 2003 a Los
Angeles. Amico di poeti e scrittori, gode di grandissima stima da
parte di Thomas Szasz, autore del libro “Il mito della malattia
mentale” uscito negli Stati Uniti nel 1961. Il 26 febbraio 2005 ha
ricevuto a Los Angeles il “Thomas Szasz Award” e, contemporaneamente,
un riconoscimento dell’assemblea legislativa della California.
Sul lavoro di Antonucci è uscito a Copenaghen, nel
1989, un libro di Svend Bach, docente di letteratura italiana al-
l’Università di Aarhus. Con Spirali ha anche pubblicato “La nave
del Paradiso” (1990) e “Le lezioni della mia vita” (1999).
ANTHONY SIDNEY, chitarrista e compositore. Nato in America,
dal 1962 vive a Firenze dove insegna e compone. Nel marzo
2008, per la “festa della donna”, si è tenuta in Palazzo Medici Riccardi
la prima esecuzione della sua composizione per trio: Flauto,
Viola e Arpa “Five moons in black” e nel dicembre 2009, nel più
prestigioso teatro della capitale della Moldavia, la prima esecuzione
del suo concerto per Arpa e Orchestra “Florence Concert”.
Attualmente tiene concerti solisti e lavora a nuove composizioni.
EUGEN GALASSO, pedagogista clinico, reflector, ricercatore
universitario, è da tempo collaboratore del sito “Centro di relazioni
umane”.
Video intervento di Maria D’Oronzo – conferenza del Telefono Viola Roma
Stralcio dell’intervento della dott.ssa Maria D’Oronzo e lettura di “Diario del manicomio. Ricordi e pensieri” di Giorgio Antonucci.
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conferenza TELEFONO VIOLA ROMA 91 from nulla on Vimeo.
Pubblicato il 10 June, 2010
Categoria: Video