L’ALBA- Articolo su “Senza confine” di Giorgio Antonucci
L’aurora una volta mi pareva trasparente, al contrario di ora che mi sembra sanguigna; e le stelle erano puntine di diamante, ma ora le notti sono opache, e versano incubi.
Forse sono cambiati gli occhi.
Pochi giorni orsono alcuni amici, a pranzo da me a Firenze, erano arrivati a discutere, sulla guerra o sulla pace, su Ernesto Balducci e Norberto Bobbio, e si leticava sul giusto o non giusto della “Guerra del golfo”.
Ma è stata una guerra o un genocidio?
Ricordo da adolescente quando in pubblico per la prima volta mi ero alzato con grande paura e avevo contraddetto un domenicano vecchia maniera che diceva che i bombardamenti erano moralmente ammissibili se ristretti entro un certo numero di vittime, e io gli avevo chiesto ironicamente di informarmi con precisione sul numero.
Quel domenicano era sostenitore avanti lettera della guerra chirurgica.
Pubblicato il 17 May, 2010
Categoria: Testi
Alcune considerazioni “storiche” sulla “follia” – Eugen Galasso
Credo che sulla “follia” e sulla sua “storia”, sulla sua “gestione” e la reclusione “dei folli” abbia detto cose determinanti e “vincolanti” Michel Foucault, ma mi aggiungo di apporre qualche determinazione. A parte una considerazione sui presocratrici e il filosofo-poeta Empedocle, ritenuto “folle” dagli sciocchi, perché era democratico e si credeva messaggero dell’Assoluto incarnato dalle 4 realtà “elementali” (acqua, aria, terra, fuoco), dove non a caso Empedocle diviene eroe eponimo della tragedia “romantico-classica” di Friedrich Hoelderlin “La morte di Empedocle”, dove il poeta in questione visse molti anni in una torre da recluso perché “folle” e inviso ai poteri- con un certo sgomento leggiamo che i suoi, di Hegel-esegeti, lo definiscono “folle quieto” o parlano di “quieta schizofrenia” (Pierre Bertaux), come “folli” furono altri romantici (Schumann, Nerval il suicida, Nodier, in parte Hoffmann, ma perché non anche Mozart e Beethoven, Baudelaire, Verlaine e Rimbaud?), ma anche dopo il “dèmone” attecchì, nella visione della “plebe” bigotta e conformista al peggio…
Pubblicato il 16 May, 2010
Categoria: Testi
Il nocciolo – Giorgio Antonucci
“Così il vicino tradiva il vicino
la povera gente tra sè si dilaniava,
l’odio montava nelle case e nei quartieri”.
Bertolt Brecht
Ora si parla di nuovo di modificare la legge in campo psichiatrico.
Il nocciolo della legge 180, sfuggito all’attenzione della maggioranza, è nell’articolo che afferma che anche il ricovero obbligatorio deve essere fatto, quando non si è capaci di evitarlo, “con il consenso e la partecipazione” del paziente.
Il ricovero obbligatorio è comunque un arbitrio, è in ogni caso un sequestro di pesona, e sempre risulta a danno di chi lo subisce, ma il riconoscimento giuridico del consenso e della partecipazione indica che il legislatore ritiene la persona in questione un individuo capace di intendere e di volere, e di conseguenza capace di discutere e di decidere. Così chi ha redatto la legge, sia pure in modo contraddittorio, ha abbandonato il pensiero della tradizione psichiatrica, responsabile della logica dei ricoveri coatti senza discussione, che portano diritti al manicomio, che è il luogo dove le persone vengono condotte e trattenute con la forza.
Non importa se il luogo è una cella, una stanza da letto, o un giardino, e nemmeno importa se fa parte o non fa parte dell’ospedale civile.
Se una persona viene presa e trattenuta con la forza è necessariamente sottoposta a una condizione di violenza crescente, fintanto che non si sottomette o viene annientata.
Non so come si possa sostenere il contrario e vorrei che qualcuno provasse a spiegarmelo.
Pubblicato il 15 May, 2010
Categoria: Testi
O.P.G. (Ospedale Psichiatrico Giudiziario) – Eugen Galasso
In un’ecumenica trasmissione di prima mattina su RAI 1(“Uno Mattina”- prima tranche- e come altrimenti, sulla rete neovaticana del servizio pubblico/rete ammiraglia?) dello scorso 6 maggio, si è presentata un “realtà- modello” di un OPG (ospedale psichiatrico giudiziario) situato a Sagurano, Appennino Tosco-Romagnolo, in provincia di Forlì-Cesena, gestito “ovviamente” da un sacerdote, con il commento successivo della senatrice Maria Elisabetta Alberti-Casellati (PDL), attuale sottosegretario alla Giustizia e della senatrice Anna Maria Cantoni (PD), relatrice della Commissione Giustizia. Dalle due esponenti politiche è emersa (credo) buona fede ma scarsa conoscenza del problema specifico. Anche il presentatore-giornalista aveva fatto richiami generici ai problemi ancora esistenti (tra l’altro, nei 20 minuti dedicati al problema è emerso che i letti di contenzione in queste strutture esistono ancora, magari non nella struttura romagnola da cui si è partiti, ma altrove senz’altro, quasi fossero il frutto di una “tragica necessità”…).
Pubblicato il 9 May, 2010
Categoria: Testi
Conferenza – Università di Bologna – Scienza dell’educazione
Bologna 09 maggio 2007
dott.ssa Maria dOronzo, Psicologa
Pubblicato il 7 May, 2010
Categoria: Video
La questione sociale e i problemi individuali – EUGEN GALASSO
Se si proponesse una valutazione tassonomica, ispirata alla nosografia psichiatrica acclarata quanto tradizionale(quella dell’Arieti, per intenderci, ma anche di qualche repertorio, finora solo in fase di stampa…), di certe regioni alpine (penso per es.al Nord-Est italiano, includendo parte del Veneto, il Trentino-Alto Adige, il Friuli-Venezia Giulia, anche qui in parte) troveremmo un quadro sconfortante: il tasso di suicidi e di diffusione dell’etilismo e della droga è enorme anche in micro-realtà di montagna e di paese (ma pensiamo anche alla situazione delle regioni alpine occidentali, come la Vallée-Val d’Aosta- il caso della signora Franzoni non è l’unico, vi sono successi molti fatti “curiosi”). In realtà, che giovamento porterebbe psichiatrizzare tutto?Nessuno, in quanto il quadro risulterebbe turbato o a mo’ di giustificazionismo (“Poveretti, sono così, perché hanno una tara, una malattia…” ) oppure a una censura, a una reprimenda repressiva (“Sono così, ma gli faremo passare queste mattane”etc. ). Prescindo qui dai casi più eclatanti, quali il manicomio criminale (attenzione: esiste ancora, nonostante la legge Basaglia, che non ha potuto né abolirlo né “tangerlo”), dove chi ha commesso un reato viene sottoposto a una reclusione-terapia forzata (sempre in bilico tra le due situazioni) che sicuramente non lo “recupera”; pur se qualche giovane psicologo/a operante in quel settore cerca al meglio di “innovare” (ne ho avuta testimonianza diretta circa mezz’anno fa, in occasione del convegno pistoiese su “Sette, satanismo… “, a proposito di una stuttura lombarda), la struttura è quella che è e si fa sentire sempre e comunque…
Pubblicato il 4 May, 2010
Categoria: Testi
CONVERSAZIONI CON GIORGIO ANTONUCCI di ERVEDA SANSI
Critical Book i quaderni dei saperi critici
pp.1-6
“Penso che spesso, oltre alla pericolosità del
giudizio psichiatrico, la cosa più pericolosa
sia la resa che una persona fa alla propria
convinzione di essere malata”.
“Giorgio Antonucci non ha niente del medico tradizionale, indaffarato, autoritario, privo di abbandoni che siamo abituati a conoscere. La sua faccia triste esprime una dolcezza morbida, acuta, quasi dolorosa. I suoi occhi sono pieni di una timida assorta attenzione”.
E’ così che Dacia Maraini ritrae Giorgio Antonucci in un articolo di La Stampa, e del reparto autogestito di Imola fa la seguente descrizione: “Una volta aperta la porta del reparto mi trovo in una sala lunga e stretta affollata di gente. In fondo, sotto un affresco di mari ondosi su cui navigano barche dalle vele rosse, ci sono i ragazzi dell’Aquila venuti qui a suonare. Fra l’orchestra e la porta tante sedie con tanti ricoverati, donne e uomini.[…]
La musica di Mozart, con la sua armonia esplosiva dilata gli spazi, entra in queste facce contratte segnate dalle torture trasformando la bruttezza in bellezza, si fa liquido delicato piacere. I ragazzi dell’orchestra con le loro barbe, i loro blue jeans, i loro capelli lunghi suonano, impetuosamente brandendo i corni, i violoncelli, gli oboi. Alcuni dei degenti si mettono a ballare. Altri ascoltano a bocca aperta, facendosi cullare dalla meraviglia di quelle note. L’atmosfera rispetto ai reparti chiusi è diversa, c’è “confusione, vocio, disordine, colori. […]Le pareti sono coperte di stampe colorate, disegni, fiori, stelle. Una ragazza in vestaglia va e viene portando dei dolci”.
Artisti come Luca Bramante e Piero Colacicchi hanno collaborato alle iniziative culturali e dipinto gli affreschi del reparto. Dacia Maraini chiede perché, visto il buon risultato ottenuto, non si fa lo stesso negli altri reparti: “Prima di tutto perché é molto faticoso – risponde Antonucci con la sua voce quieta, dolce – mi ci sono voluti cinque anni di lavoro durissimo per ridare fiducia a queste donne; cinque anni di conversazioni, di presenza anche notturna, di rapporto a tu per tu. Però non si tratta di una tecnica, ma di un diverso modo di concepire i rapporti umani. […] “In che consiste questo metodo nuovo per quanto riguarda i cosiddetti malati psichici?”, continua con le domande la scrittrice. “Per me significa che i malati mentali non esistono e la psichiatria va completamente eliminata. I medici dovrebbero essere presenti solo per curare le malattie del corpo.
dott. Eugen Galasso su posizioni di Vittorino Andreoli: DSM e ELETTROSHOCK – contributo inedito
Nel numero di domenica 18 aprile, Vittorino Andreoli, psichiatra sicuramente “moderno” e “illuminato” (che cosa voglia dire oggi non so, essere moderni e illuminati- se vuol dire essere distanti dal pericoloso rétour à l’ordre che c’è anche in ambito psichiatrico, d’accordo, ma poi, come si sostanziano praticamente-attuano questi due aggettivi?), prende posizione sul Diagnostic Statistical Manual (DSM), la cui quinta edizione, con alcune modifiche, che però non intaccano per nulla la nosografia di fondo della psichiatria ufficiale, è quasi pronta. Lo fa in un articolo, dal titolo “Doveva farci da esempio, ma non è mai nato quello italiano” (Corriere della Sera, 18/04/2010, p, 18; notoriamente consultabile anche sul sito), che ricorda come sia stato lo stesso Andreoli a redigere l’edizione italiana (quella americana è del 1980, terza edizione, per ora ancora sostanzialmente valida, dato che la quarta, “vigente” finora, non presenta sostanziali modifiche). Andreoli, in genere “immaginifico e narrativo”, ha scritto un articolo molto “normale”, “consuetudinario”, senza prendere nettamente posizione: ricorda però, che all’edizione del 1983, da lui coordinata, collaborarono, su suo invito, il prof.Cassano di Pisa (sic! L’apologeta dell’elettroshock) e il prof.Rossi di Genova.
Pubblicato il 20 April, 2010
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Eugen Galasso – Strategie di una repressione combinata – articolo
Che vi sia un forte tasso di reazione – e di “reazionarietà” forte, sul piano politico, economico, sociale, credo sia arcinoto a tutti; del resto, quasi tutte le pagine di “Cenerentola” sono dedicate a ciò. Dal punto di vista della psichiatria, la legge 180 è ormai nel mirino delle polemiche: addirittura si tratta, in molti casi, di salvare dalla ri-messa in opera dell’elettroshock (ora lo chiamano “terapia elettroconvulsivante”, quasi questa terapia non avesse ancora gli stessi effetti, in specie per la perdita di memoria, a lungo e breve termine, ma non solo). Eppure baterebbe sentire i ricordi di Alda Merini, pur se i soliti “noti” ci dicono che oggi è tutto diverso. Si mobilitano i soliti “soloni” della psichiatria (Cassano, Coukopulos etc.) per i quali Basaglia era un pericoloso sovversivo, un infangatore della memoria della “gloriosa” psichiatria di origine meccanicistica e meramente neurofisiologica (le neuro-scienze, si sa, sono un’altra cosa). Anche gli psicofarmaci (quasi tutti) vengono riabilitati in misura massiccia; talora viene da pensare che, se potessero, ritirerebbero fuori anche la lobotomia. Prescindo qui da proposte quali la castrazione chimica che attengono all’ambito criminologico (violenza carnale, tentata violenza ripetuta e…), che però vanno nella stessa direzione, coinvolgendo sia Calderoli (Lega Nord, quello delle vignette, del maiale, ora tornato ministro) sia… Veltroni/Geppetto.
Pubblicato il 20 April, 2010
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“Igiene mentale e libero pensiero”-Recensione e riflessioni Eugen Galasso
Qualcuno vorrebbe la “follia” o qualunque cosa si voglia identificare con una condizione “altra” con il genio (genio e sregolatezza, secondo l’abusato cliché invero più pseudo-romantico che romantico). Si citano, allora, gli esempi di Michelangelo (di cui invece, da recenti biografie oltremodo attendibili, apprendiamo una”capacità raziocinante” financo estesa agli interessi materiali-banausici), Van Gogh (qui naturalmente l’endiadi funzionerebbe meglio, ma secondo la triste vulgata), Artaud, tanti romantici, da Schumann a Hoffmann a Poe, dai “maudits” quali Baudelaire, Verlaine, Rimbaud, ma anche di un “dissidente totale” quale Majakowsky, oppure, a fortiori, di un danzatore -coreografo come Nijnskij, per non dire dei “santi folli”, delle “sante anoressiche”. In realtà, a parte la quaestio della follia (se esista, che cosa in realtà sia), vi sarebbe ancora la questione fondamentale di come sia eventualmente la schizofrenia (sull’onda di Gilles Deleuze e Felix Guattari) a identificari con il genio. In realtà, poi, Guattari aveva specificato non essere geniali gli schizofrenici e/o gli schizoidi, ma, semmai, la capacità di essere “altro” rispetto alla normalità, alla “consuetudine”, il che probabilmente è anche un po’limitativo, come descrizione, ma rende la ” differenza” dell’artista (non citerò testi precisi, anche perché l’autore su questo tema è tornato molte volte, chiarendo malintesi sorti dopo la pubblicazione e gli entusiasmi suscitati dall'”Anti-Oedipe”, in relazioni a congressi, scritti vari, interviste etc.). D’altronde, sempre tenendo provvisoriamente, ma come mera ipotesi di lavoro, il lemma (e quindi il concetto) di follia, rimane l’argomento dell’autore-attore- regista teatrale César Brie (Argentino, ma per anni attivo in Europa e ora, da tre lustri, nel”Teatro de Los Andes”in Bolivia), che una volta, in una conversazione privata (1996) disse: “Artaud non era “grande” quando era “folle”, ma in una condizione di (almeno relativa) lucidità”. Un argomento che appare oltremodo convincente, se pensiamo a come l’artista “folle” sia incapace di produrre arte quando è nell’altro stato (“der andere Zustand”, mi servo della metafora di Robert Musil, che pure nella fattispecie si riferiva ad altro…); un altro problema, poi, è il come la società o meglio il potere/i poteri gestiscono/”controllano”/manipolano/contengono quanto la “follia” può portare con sé.