Il computer e il futuro – di Giorgio Antonucci
Rapsodia.
“Vi sono poche idee per cui mi farei uccidere.
Non ce ne sono per cui io ucciderei”.
Montaigne.
Mari
Aperti
Con vele
Nere
Su
L’orizzonte.
Un tempo si diceva, e molti tra di noi l’hanno sentito, che il vero significato è – la specie – e poco importa se, in guerra o in altre aggressioni, spariscono individui a migliaia, piccoli e grandi, giovani e vecchi: la natura si rinnova ed è ricca e procede per abbondanza.
La natura conosce i suoi scopi e li persegue con sicurezza.
Così noi saremo come i virus o gli spermatozoi o le lumache, come i moscerini dell’aria e i microbi dell’acqua.
Provvisori e insignificanti.
Sicuri strumenti per fini superiori.
Con questa scusa si esaltava la guerra e si giustificavano i potenti – ognuno credeva di poter bagnare col sangue le proprie particolari superstizioni: la religione il partito la scienza la patria l’impero la filosofia il popolo il proletariato la storia.
Gli uccisi non contavano – specie quando erano gli altri.
Si parlava di natura come se fosse immortale.
E si parlava di natura come se fosse un concetto definito, invece che una pura astrazione senza contenuto.
Il vuoto delle parole appoggiava il conformismo e preparava la rinuncia e l’inquadramento.
Il parlare a vuoto era spesso virtù politica e serviva da seduzione.
I sofisti lo avevano capito per primi.
******************************
Si diceva cosi una volta, oppure si dice ancora?
******************************
Ma quel che riferiscono adesso dalla Russia potrebbe funzionare da rivoluzione di pensiero, essere di stimolo ai più maliziosi, e cambiare le idee dei più esperti.
Raccontano interessati i giornali che esiste un robot intelligente, (quasi come il cervello d’un uomo), orgoglio degli ingegneri e vanto dei costruttori, che, appena gli esperti americani avranno atomizzato l’oriente, risponderà a puntino con la distruzione completa di quel che rimane, funzionando da solo con rigoroso metodo scientifico, frutto maturo di elaborazioni di genio.
Ed ecco finalmente la terra quietamente pacificata in modo definitivo, nitida e silenziosa come la luna.
Ecco finalmente arrivato il trionfo dello spirito assoluto dopo secoli di ammirevoli tentativi inefficaci.
Avverato il sogno di Hegel.
Non c’era riuscito nemmeno Hitler.
Per riuscire nell’intento occorrevano i mezzi, e solo la scienza sperimentale avrebbe potuto procurarli.
Questi miracoli della tecnologia.
Non potevano bastare né le utopie dei filosofi né le fantasie dei poeti.
******************************
Ora la luna, ancora più silenziosa che ai tempi di Leopardi, si affaccia perplessa su questo deserto.
Giorgio Antonucci – 1993
Pubblicato il 17 November, 2015
Categoria: Notizie
“Janas” di Rocco Lombardi – Storie di donne: intelligenza cultura e conflitti con il potere – di Maria D’Oronzo
Blugallery
Inaugura Sabato 14 Novembre alle ore 18.00
JANAS
mostra personale di
ROCCO LOMBARDI
14 Novembre 2015 – 21 Gennaio 2016
Da Martedì a Sabato ore 16-19
Testo critico di Maria Rosaria D’Oronzo
Serigrafie a cura di Stranedizioni
Inaugurazione convivio e intervento musicale con AKASHA
JANAS
“SONO LA PRIMA E L’ULTIMA.
SONO L’ONORATA E LA DISPREZZATA.
SONO LA PROSTITUTA E LA SANTA.
SONO LA SPOSA E LA VERGINE.
SONO LA MADRE E LA FIGLIA.
SONO SPUDORATA,SONO VERGOGNOSA SONO INSENSATA E SONO
SAGGIA.
SONO SENZA DIO E SONO UNA IL CUI DIO E’ GRANDE.”
Uno sguardo sul femminino tra psiche, mito e storia: sei scintille, sei lavori stampati in serigrafia artigianale su grande formato in tessuto.
Le grandi serigrafie stampate su tessuto a tiratura limitata presenti in mostra, saranno anticipate dall’esposizione delle sei opere originali realizzate con la tecnica dello scratchboard su acetato.
Rocco Lombardi è nato a Formia, nel 1973. Fumettista e illustratore, i
suoi lavori sono comparsi in numerose pubblicazioni in Italia e all’estero, su copertine di dischi e poster per gruppi della scena indipendente. Con Simone Lucciola nel 2002 fonda Lamette Comics, etichetta di fumetto underground con cui pubblica la raccolta di storie brevi L’albero sfregiato (2006) e l’albo illustrato Non senza mano cattiva (2011). Nel 2009 per Nicola Pesce Editore esce Annetta. È tra gli autori della rivista Giuda e
nel 2012 per Giuda Edizioni realizza a quattro mani con Lucciola
Campana. Ancora per Giuda edizioni nel 2013 esce Alberico.
Dal 2014 collabora con la BluGallery di Bologna per cui produce il progetto FieraNera.
Gira l’Italia insieme a Marina Girardi con Nomadisegni: un
progetto in divenire fatto di laboratori itineranti, storie e disegni ispirati al paesaggio.
Protagoniste della cultura
STORIE DI DONNE: INTELLIGENZA CULTURA E CONFLITTI CON IL POTERE
Saffo, nasce a Ereso, Lesbo nel 630 a.C circa muore a Leucade, Lesbo, nel 570 a.C circa.
Poetessa. Nasce nell’isola di Lesbo ma presto si trasferì, con la famiglia, in Sicilia, per le lotte politiche tra i tiranni che c’erano a Lesbo. Tornata a Lesbo, fondò un tiaso, un’associazione di carattere religioso legato al culto di Afrodite, la dea dell’amore, della bellezza, della fertilità. Curò l’educazione di giovani donne all’amore, alla delicatezza, alla poesia, alla grazia, alla danza, al canto, all’eleganza, alla seduzione, alla musica. Nella biblioteca di Alessandria la sua opera comprendeva otto o forse nove libri.
Ipazia, nasce ad Alessandria d’Egitto 355/370 muore ad Alessandria d’Egitto 450 circa.
Matematica, astronoma, filosofa. Venne istruita alla matematica dal padre Teone, e divenne ella stessa maestra di molti scienziati e filosofi. Dal 393 fu a capo della Scuola Alessandrina. Le fonti antiche sottolineano il pubblico insegnamento di Ipazia verso chiunque volesse ascoltarla. Ipazia, fu capo della Scuola Alessandrina quando vennero demoliti i templi per ordine del vescovo Teofilo, fu risparmiato il tempio di Dioniso perché trasformato in chiesa. La scienziata fu uccisa da parte di una folla di cristiani. Il prestigio di Ipazia ha una natura principalmente culturale, ma la sua grande cultura è la condizione di un potere anche politico. La libertà di parola e di azione che venivano dalla sua cultura le permisero di essere ricercata dagli amministratori delle questioni pubbliche. Il vescovo cristiano Cirillo “veduta la grande quantità di persone che frequentava la casa di Ipazia si rose a tal punto nell’anima che tramò la sua uccisione” ( Damascio, filosofo).
Artemisia Gentileschi nasce a Roma 8 luglio 1593 muore a Napoli 1653
Pittrice, scuola caravaggesca. Le sue opere si trovano nei musei in tutto il mondo. Figlia di Orazio Gentileschi e Prudenza Mantone. Artemisia a 16 anni aveva dimostrato il suo talento nel disegno nella bottega del padre dove, insieme ai suoi fratelli, imparò il modo di dare lucentezza ai dipinti e a impastare i colori, a Roma. Venne stuprata nel 1611 dal pittore Agostino Tassi. Al processo, Artemisia accettò di deporre le accuse sotto tortura: lo schiacciamento dei pollici. Ebbe successo a Firenze, presso i medici, a Roma presso il papa Urbano VIII, a Venezia, Bologna, Londra. Napoli fu la città che preferì e dove raggiunse la sua indipendenza come donna, mentre il suo successo di pittrice era solido da decenni.
Pubblicato il 16 November, 2015
Categoria: Notizie
Il pensiero e la legge – di Giorgio Antonucci
Riflessioni sulla repressione psichiatrica.
Articolo per ANARRES
Naturalmente nel decreto legge presentato di recente dal governo c’è scritto che il ricovero obbligatorio per motivi psichiatrici è previsto nell’interesse specifico del paziente.
Col passaggio di questo decreto a livello esecutivo il ricovero coatto, come più schiettamente si chiamava una volta, diventa perfino più facile che ai tempi della giurisdizione antica del 1904.
Siccome la persona non sarebbe in grado di capire il proprio tornaconto a renderle giustizia e a prepararle felicità ci penserebbero il medico e la polizia con le delizie del sequestro e dell’internamento.
Ogni garanzia sarebbe rimandata a dopo il ricovero realizzato con una rapidissima classificazione squalificante.
Il medico, come il centravanti di una squadra di calcio, calcia il paziente in rete come fosse un pallone.
I grandi saggi vegliano amorosamente su di noi e ci permettono di riposare tranquilli.
Come si sa le cliniche psichiatriche lavorano per la salute la gioia e la libertà dei cittadini, e per la serenità delle famiglie.
Se la domanda è: “Come fa un uomo depresso a essere padrone di se stesso e della propria vita troppo complicata?” – la risposta può essere: “Dopo aver dimenticato i suoi guai con l’elettrochoc o l’insulinacoma, più leggero, liberato dal peso dei ricordi, più svanito, ma più disponibile a sopportare, più incline a sottomettersi e più socievole”.
La legge del maggio 1978, la cosiddetta 180, fu varata frettolosamente per evitare un imprevedibile e preoccupante referendum contro i manicomi indetto dai radicali, e venne avanti anche contro il parere di Basaglia, come mi ha detto personalmente Pannella, parlando con me del problema in un nostro incontro a un congresso del partito radicale.
Questo spiega bene perché è una legge così ambigua e contraddittoria tanto da poter essere fonte dei provvedimenti e delle pratiche più opposte.
D’altra parte in tutti questi anni, in pratica dal ’60 in poi, la critica della situazione si è concentrata molto sugli effetti della psichiatria, senza arrivare ai principi e ai postulati, su cui senza dubbio si regge da almeno tre secoli una intera cultura psicologica e giuridica, che è stata e continua a essere la base sostanziale dell’intolleranza dei costumi, e della solidità delle istituzioni segreganti.
Visti i delitti universali della psichiatria che ha seminato morti ovunque è arrivata, sia morti fisiche, sia morti civili, sarebbe stato logico pensare che, accanto alla critica delle istituzioni, si sarebbe sviluppata, in una epoca di crisi di tutte le scienze e di tutte le ideologie individuali e sociali, una polemica serrata contro i principi che ne sostengono le metodologie e la legittimità.
Invece ha prevalso il conformismo, e continuano a prevalere l’ipocrisia e la sordità, come se la licenza di sequestrare su motivazioni arbitrarie, apparisse un’intoccabile necessità dei sistemi sociali di cui ci troviamo a far parte.
Un vero tabù.
Quando si parla di critica alla legittimità scientifica del giudizio psichiatrico, dintorno si fa uno strano silenzio, simile a quello che circonda il sequestrato in clinica dopo il ricovero coatto.
Discutere la legittimità degli psichiatri risulta la pazzia più grande.
Invece noi è proprio questa legittimità che intendiamo discutere per uscire, come avrebbe detto Marx, dalla preistoria dell’uomo.
In ogni modo nella legge 180 c’è una contraddizione istruttiva che i nuovi decreti vorrebbero togliere, ma che per noi è estremamente interessante, se non altro come abbozzo di una cultura differente.
Vi si dice che il TRATTAMENTO SANITARIO OBBLIGATORIO dovrebbe essere eseguito con il consenso e la partecipazione dell’interessato.
Al di là della contraddizione in termini, il legislatore si lascia sfuggire il concetto che la persona oggetto di attenzione psichiatriche è capace di consenso e di partecipazione, dunque è capace di intendere e di volere, dunque non è malata di mente.
Allora perché ricoverarla con la forza?
Allora perché continuare a ragionare in modo mitologico, come se esistessero la verità e la saggezza, come patrimonio e come proprietà di alcuni, a scapito o a rischio di tutti gli altri?
Comunque la proposta che i medici e gli psichiatri siano facilitati il più possibile nel loro arbitrario potere di internamento è parte integrante della generale politica di repressione e di terrore che i governi successivi stanno gradatamente attuando per la mancanza totale di opposizioni qualificate e credibili, e per l’inerzia della maggioranza dei cittadini, ormai rassegnati e disponibili a tutto.
Giorgio Antonucci
Firenze 8 maggio 1993
Pubblicato il 16 November, 2015
Categoria: Notizie
IL GIUOCO DELLE PARTI – di Giorgio Antonucci
Articolo per “Senza Confine”
Il suo capo
Solca
La galassia
Dell’assurdo.
(Renè Char)
Si potrebbero concepire divertenti commedie o satire brillanti, specialmente in campagna elettorale, tra tutte queste macchiette, tra stupidi che vogliono fare i furbi, e furbi che fingono di essere tonti, e sarebbe bello rappresentarle in piazza, coi burattini, come ancora di recente, ho visto a volte, nel mezzo del caos di Roma o di Napoli, ricordi di intrichi paesani nel rumore delle metropoli.
Si legge ne ‘La Repubblica’ del 19 marzo scorso ( 1992) a pagina 17 nella rubrica ‘verso le elezioni’ che due candidati di parti differenti, si sarebbero insultati con violenza, com’è logico per vivace passione democratica, come avveniva in antico a Catone o a Cesare o a Catilina, tutti consapevoli dell’alto livello del gioco, e delle relative consacrate responsabilità del cittadino nelle sue pubbliche funzioni.
Ma non sapevano che la magistratura in un paese civile è sempre all’erta, e niente sfugge all’occhio del giudice, sempre attento al bene comune sostenuto dal diritto.
Così si trova scritto solennemente che è reato dire le parolacce anche nelle tenzoni politiche, come ha stabilito la Corte di Cassazione con una apposita sentenza.
“Non può in nessun caso essere tollerato – sostengono i giudici – che le espressioni degenerino in frasi pesantemente e platealmente sconvenienti e volgari, trasmodando in incivile denigrazione, non giustificabile neppure nella vis polemica invalsa nelle tenzoni politiche.”
Ma che cos’è che si son detti quei due da rischiare, nonostante le loro posizione di vantaggio nei riguardi, ad esempio, degli immigrati o dei mendicanti, di essere perbacco arrestati sul posto per violazione flagrante dei costumi?
Si son dati l’un l’altro di ‘coglione’ e di ‘malato di mente’: ecco che cosa è successo.
Così appare chiaro che hanno ragione i tutori dell’ordine, quell’ordine prezioso che ci appartiene e che ci proponiamo ogni giorno di difendere sempre di più con tutte le nostre forze e senza risparmio di mezzi.
Quel tipo di denigrazione e di insulto, così leggermente adottato dai due candidati in questione, è linguaggio scientifico, è roba da specialisti, e può essere usato legittimamente e con proprietà solo da psichiatri o da psicologi, che hanno studiato all’università per molti anni appunto per questo.
Ognuno deve stare al suo posto, come diceva Confucio, ogni cielo ha i suoi dei.
Firenze, 28 marzo 1992
Pubblicato il 8 November, 2015
Categoria: Notizie
Basaglia: le ragioni di uno sconosciuto – intervista a Giorgio Antonucci
SabatoSeraonline
22 maggio 2008
foto: Massimo Golfieri
Giorgio Antonucci, medico collaboratore di Franco Basaglia, fa un bilancio a trent’anni dal varo della legge 180.
Giorgio Antonucci ha collaborato con Franco Basaglia a Gorizia nel 1969, poi ha provveduto allo smantellamento dei manicomi di Imola. Ha potuto farlo grazie anche alla legge 180 varata nel maggio di trent’anni fa.
Dottor Antonucci, cos’erano i manicomi prima di questa legge?
Erano posti in cui i ricoverati venivano sepolti vivi. Non è un’esagerazione. Si provi ad immedesimarsi in qualcuno che non viene ascoltato o viene ascoltato senza essere preso sul serio perchè si crede che il suo cervello non funzioni. In qualcuno che resta legato al letto per giorni. Quando sono entrato al manicomio di Imola, nel 1973, molti pazienti erano legati al letto, quando uscivano venivano legati agli alberi. Erano trattati come cani, gli si dava solo ordini. Veniva praticato l’elettroshock. Anche agli omosessuali. A Imola la pratica fu abolita da Edelweiss Cotti a luglio del 1973.
Basaglia voleva l’abolizione dei manicomi. Risultato raggiunto?
Solo in parte. Per Basaglia i manicomi andavano distrutti, non umanizzati. Ora, invece, molte cliniche o reparti psichiatrici sono manicomi “umanizzati”. In cui gli psicofarmaci hanno sostituito i mezzi di contenzione violenta. Anche l’elettroshock è ancora praticato.
Basaglia diceva che era il manicomio a creare la malattia perchè “forma i malati a propria immagine” Lei è d’accordo.
Solo in parte. Nel senso che la differenza d’opinione tra me e Basaglia stava proprio nella valutazione della malattia mentale. Per lui la malattia mentale esisteva, per me, esistono solo quelle neurologiche. L’alzheimer o altre malattie rilevabili “fisicamente”. Quelle psichiatriche sono un’invenzione. Come disse Freud: “ho smesso di fare il neurologo per fare il biografo”. Le malattie psichiatriche si curano modificando l’ambiente che le ha create, infatti scomparivano con la scomparsa dei muri manicomiali. Questo osservava e sosteneva anche Basaglia. Io gli rispondevo che se per curarle occorreva agire sull’ambiente esterno e non sulla persona, allora non erano malattie. Un malato di tumore resta ammalato anche quando esce dall’ospedale. La psichiatria, invece, si preoccupa di pensieri e comportamenti. Con i ricoverati nelle cliniche psichiatriche occorre partire dal dialogo.
Ma non tutti hanno ottenuto i suoi risultati con il dialogo…
Infatti, ed è per questo che sono contro la psichiatria. Perchè crea una classe medica che non utilizza il dialogo per la cura ma preferisce gli psicofarmaci o altri metodi che servono solo a rendere tranquillo il paziente, non a curarlo. E’ la psichiatria a fare in modo che non esistono bravi psicoanalisti ed è anche il fondamento dei manicomi, che ricordo sono ancora presenti negli Stati Uniti, in Australia, in Cina e in molti altri paesi.
L’accusa che si fa più spesso alla legge Basaglia è quella di non essere attuata in pieno. Di aver abbandonato gli ex ricoverati per mancanza di risorse
Non è questione di risorse. Liberando le persone e togliendo farmaci si hanno spese inferiori e serve anche meno personale. Occorre capire se le persone intendono allontanare o meno il parente con problemi. Se ci tengono, serve una persona preparata che aiuti a risolvere il problema. Altrimenti si mandano in clinica psichiatrica senza risolvere il problema. Nei casi che ho seguito io, i parenti non hanno mai avuto da lamentarsi perchè restituivo loro delle persone che credevano di avere perso. Me ne occupavo in istituto e anche a casa. Il problema non è economico ma di qualità di intervento. Servono persone preparate, che sappiano liberarsi da pregiudizi e che abbiano una cultura sufficiente per poter affrontare problemi differenti e complessi.
Basaglia sosteneva anche che la distruzione dei manicomi e il ritorno dei “diversi” nella cominità, avrebbe fatto scoppiare le contraddizioni sociali, creato alleanza tra gli oppressi. Da questo punto di vista è uno sconfitto?
Intanto sono d’accordo con Basaglia riguardo alla medicina. Nelle istituzioni ospedaliere la persona non esiste più, il malato è uno strumento da accomodare. Il dialogo è molto scarso. Per il resto Basaglia ha lasciato un’eredità forte, altrimenti non staremo qua a parlarne. Ma oggi si ragiona come se Basaglia non ci fosse mai stato. Io dico spesso che i basagliani sono un pò come i cristiani. E Cristo oggi non sarebbe stato contento dei seguaci che si ritrova. Detto questo, dal punto di vista culturale siamo molto distanti dall’impostazione di Basaglia. Sono tornati di moda i campi di concentramento e il diverso è tornato a essere considerato un pericolo. In Italia si sta per seguire la moda dei quartieri ghetto per ricchi sul modello statunitense. Quartieri circondati da recinzioni, polizia e vigilantes. Non sentirsi sicuri porta evidentemente a segregazione e isolamento. Al proprio isolamento. Speriamo che sia una sconfitta momentanea.
Massimiliano Boschi
Pubblicato il 3 September, 2015
Categoria: Notizie
L’astronave – Il MOSTRO – di Giorgio Antonucci
Marc Chagall
“Dipende da noi essere in un modo
piuttosto che in un altro,
il nostro corpo e un giardino,
la volontà il giardiniere. Puoi
piantare l’ortica o seminare insalata,
mettere l’isoppo ed estirpare il timo,
far crescere una sola qualità di erbe o svariare qualità.”
Shakespeare – Otello –
Non serve chiudere gli occhi della conoscenza e parlare di MOSTRI come se fossimo ancora all’epoca dei diavoli e della streghe.
Fintanto che continuiamo a nasconderci la verità psicologica non possiamo costruire una vita sociale corrispondente alla nostra intelligenza e alle qualità interiori che nascono continuamente dal nostro interno come un ruscello dalla roccia.
La nostra struttura cerebrale è dal punto di vista biologico così complicata che non se ne vedono i confini, e il biologo si trova smarrito dentro di lei come un antico navigatore dell’oceano.
La biologia molecolare ha allargato questa ricchezza dando allo studioso attento l’immagine di quelle che sono le basi strutturali della libertà.
Sono passati i tempi oscuri in cui il cervello era ritenuto una macchinetta, o un computer più complicato di quello con cui scrivo.
I vortici delle acque hanno leggi complesse, ma ancor di più le trame sottili dei neuroni, il fenomeno più stupendo della biologia, un vero cielo stellato dentro di noi.
Ma essere liberi significa scegliere: e molte sono le scelte possibili con tante morali e con tante direzioni.
Il genere umano ha conosciuto San Francesco e Gandhi, ma anche Stalin e Hitler.
L’antico principio e comandamento di Mosè – Tu non ucciderai – è stato tradito in ogni epoca, ma non mai tanto come nella nostra.
Il ventesimo secolo è ricolmo di massacri, e la politica del sangue è tuttora in corso, con l’approvazione esplicita di illustri filosofi e intellettuali di varia radice e nazionalità.
Così ci sono anche singoli individui omicidi e torturatori per loro scopi personali, come scopi personali di lucro hanno i commercianti di organi umani, che uccidono i bambini poveri delle metropoli per rifornire le cliniche di lusso.
In Francia di recente, per non sprecare soldi, autorità sanitarie e politiche hanno diffuso consapevolmente sangue per trasfusioni inquinato, contagiando di AIDS bambini già ammalati di emofilia.
In Iugoslavia, ai confini della Turchia e dell’Iraq, sui bambini ci si spara con i cannoni dei carri armati e con i missili degli aerei.
Nelle famiglie i bambini sono maltrattati, negli istituti crescono in una tragica alienazione.
A San Paolo la polizia si esercita al tirassegno.
La mafia li uccide per i suoi affari.
Allora io dico che non serve fare i superstiziosi ingenui parlando, quando ci fa comodo, di MOSTRI, per esorcizzare le nostre angoscie, invece di fare un’autocritica severa al nostro comportamento come specie e alla nostra limitatezza come cultura e società ancora fondate su principi e strutture assassine.
Non si può uccidere con una mano e fare i moralisti con l’altra senza rendersi ridicoli, come erano ridicoli i farisei agli occhi di Gesù.
MOSTRO vuol dire prodigio, rarità, invece da noi l’assassinio è la regola, e il rispetto della vita è l’eccezione.
Su questi dati di fatto si deve ragionare se si vuole una psicologia dell’uomo che non sia una novelletta se si vuole capire il mondo per cambiarlo.
“Guarda – mi disse – io sono quella che deve sempre oltrepassare se stessa. Così diceva la vita a Zarathustra.”.
E guardava al futuro, e indicava UTOPIA, il luogo che non c’è ancora.
Noi ci siamo affannati per secoli.
Ma il nostro cammino è lungo come quello di un’astronave.
per Senza Confine
Imola 5 novembre 1992
Pubblicato il 28 July, 2015
Categoria: Notizie
Antonucci: “La locura no tiene ningún significado filosófico”- Diagonal
El médico italiano Giorgio Antonucci revisa críticamente los fundamentos de la psiquiatría y repasa su trayectoria profesional.
Giorgio Antonucci es médico y una referencia en Italia por su crítica a los fundamentos de la psiquiatría.Después de trabajar en Gorizia con Franco Basaglia, desmanteló los hospitales psiquiátricos Osservanza y Luigi Lolli en Ímola, devolviendo la libertad a los internados. Sigue activo en Florencia, ocupándose de poner en libertad a personas encerradas en centros psiquiátricos. En 2005 recibió en Los Ángeles el premio Thomas Szasz, en homenaje a uno de los referentes de la antipsiquiatría.
Comienzos en la psiquiatría
Mi historia no empezó en relación con la psiquiatría. He llegado hasta aquí por mi experiencia directa. Ya cuando iba a la universidad, además de estudiar medicina, iba al Instituto de Antropología de la Universidad de Florencia. Empecé a interesarme por la comparación entre las diferentes culturas. Ciertas cosas que en una cultura tienen un significado, en otra cultura tienen un sentido completamente distinto.
En 1958, la parlamentaria [Lina] Merlin en Italia enfocó el discurso de una ley para abolir las casas de tolerancia del Estado. Las chicas que estaban en ellas, además de ser explotadas por el Estado, tenían un documento de identidad diferente. Estaban, de alguna manera, marcadas. Había una casa de hospitalidad católica [que ayudaba a exprostitutas] que necesitaba a alguien que les echara una mano.
“Se acaba en el manicomio o en una clínica psiquiátrica por decisión de alguien con más poder”
No soy religioso, no soy creyente, pero siempre he tenido relaciones con los demás, sin prejuicios. Una vez que estaba allí –todavía no me había licenciado– hubo una pelea entre una chica exprostituta y una persona de la casa. Vi llegar a la ambulancia y se llevó a la chica exprostituta al manicomio. Yo intenté oponerme, pero no pude porque no tenía ninguna autoridad. Este hecho me dejó muy afectado.
Descubrí que, en general, se acaba en el manicomio o en una clínica psiquiátrica por decisión de alguien con más poder: puede ser el padre que tiene más poder que la hija, el marido que tiene más poder que su mujer, el jefe que tiene más poder que el empleado, etc. Si una persona con menos poder expresa una manera diferente de pensar se convierte en una tragedia. Por ejemplo, si el Papa dice que existen los ángeles y los diablos, tiene el poder para decirlo sin que nadie lo ponga en tela de juicio.
Entre todas las historias que conozco, recuerdo la de una chica, una campesina, que decía –ya que estaba muy agobiada por unos problemas concretos– que por la noche la atormentaba el diablo: la llevaron al manicomio. Tenía el mismo discurso que el Papa, sólo que desde una condición de no poder. Si una persona que no cuenta dice algo metafísico, corre el riesgo de ser internada.
Psiquiatría vs. medicina
He estudiado medicina, sé qué es la medicina. También he trabajado como médico. Si una persona tiene dolores, me llama para saber de dónde vienen. Se hacen las pruebas médicas para descubrir cuál es la causa. Éstos son datos objetivos, la medicina está hecha de eso. Al contrario, si uno me llama para decirme que ha visto al Espíritu Santo, eso no tiene nada que ver con la medicina, nada en absoluto [ríe]. Es otro discurso, aquí se habla de una experiencia existencial de alguien que ve ciertas cosas, piensa ciertas cosas, siente ciertas cosas. En pocas palabras, Freud, cuando fundó el psicoanálisis, dijo: “He dejado de ser médico y he empezado a ser biógrafo”.
Psiquiatría y comunicación
Los psiquiatras nunca hablan con las personas a las que atienden, no hay comunicación. Lo que he visto es que no se conocen los pensamientos de las personas que están en una clínica psiquiátrica, no les hablan porque piensan que ni siquiera vale la pena. Han sido señaladas, arbitrariamente. Entran allí dentro y nadie les habla, o si les hablan lo hacen con prejuicios. Hablar es lo que estamos haciendo tú y yo en este momento. Yo digo algunas cosas, tú dices otras, y se confronta mi pensamiento con el tuyo. Eso es hablar.
“El discurso es que la psiquiatría se ocupa de personas consideradas defectuosas. El hecho de comunicarse con ellos es considerado una extravagancia”
Cuando fui a Gorizia introduje este hecho. Pasaba mi tiempo intentando entender: había un hombre, inmóvil, sentado en la sala en la que estaban los pacientes en Gorizia, que no hablaba con nadie. Me senté, luego nos sonreímos. Luego, ya que a veces los demás jugaban con la pelota, le tiré la pelota. Él la tiró al suelo y luego empezamos a hablar y fuimos juntos a dar vueltas por la provincia de Gorizia.
El discurso es que la psiquiatría se ocupa de personas consideradas defectuosas. El hecho de comunicarse con ellos es considerado una extravagancia. Cuando hablaba con los internados, mis colegas me miraban con ironía. Hay un espléndido cuento de Chéjov, La sala número seis. Es la historia de un médico que, en un cierto momento, empieza a hablar con los internados y se da cuenta de que era incluso más interesante hablar con los ellos que con los que estaban fuera, y acaba internado. Yo esto lo he vivido. Afortunadamente no he acabado internado.
Experiencia en Ímola
Llegué a Ímola en 1973, había 15 médicos, todos de la parte del manicomio. Cuando llegué yo hacía lo que quería. Decía que para mí los demás no son sabios ni locos. La sabiduría y la locura filosóficamente no tienen ningún significado. Kafka lo dice: “¿Qué es la no locura?”. Pascal dice lo mismo. Existe, lamentablemente, el conformismo social, las reglas rígidas en la sociedad. Por lo tanto, a ciertas personas que no se ajustan a las reglas se las intenta eliminar. Siempre son personas que tienen menos poder que las que deciden, como decía antes.
“Es fácil decir “fuera la camisa de fuerza”, pero cuando liberas a una persona que lleva años con camisa de fuerza, se asusta, siente las piernas débiles por no haber caminado”
Volviendo a Ímola, llego y encuentro a 15 médicos. Les dije que me dieran la sección –según ellos– más difícil, que era la sección 14: mujeres agitadas. Para ser breve: en un mes las liberé a todas. Estaban casi todas con camisa de fuerza, algunas estaban atadas a los árboles.
Es fácil decir “fuera la camisa de fuerza”, pero cuando liberas a una persona que lleva años con camisa de fuerza, se asusta, siente las piernas débiles por no haber caminado, tiene que volver a acostumbrarse a todo. Sin embargo conseguí que salieran al patio y luego, poco a poco, llegamos a ir incluso al Parlamento Europeo, a Viena, a ver a Juan Pablo II (…) Para mí es lo mismo hablar contigo que con alguien interno en una clínica psiquiátrica.
Pasado, presente
Los electrochoques todavía se practican en muchos sitios. Por ejemplo, en la Universidad de Pisa dicen que el electrochoque hace bien. Aunque usen otros medios, el problema es que no consideran que las personas tienen un cerebro como el nuestro. Los comas insulínicos son aún peor que los electrochoques. Poner en coma a una persona para curarla es una cosa de campo de concentración. ¿Qué problemas se han solucionado con la lobotomía o el electrochoque? Has lesionado a la persona. Es como si tuviera dolor de cabeza y me cortaran la cabeza. Claro que no me va a doler más, pero no es la manera.
“El manicomio de Ímola se parece a Dachau, son iguales. Cogen a las personas, las meten allí y las controlan. Si el control no es suficiente, las matan”
Ahora supongamos que no hay electrochoque o lobotomía, pero los atiborran de psicofármacos. Hay jóvenes de dieciocho años que, después de tomar neurolépticos, tienen un temblor como si sufrieran la enfermedad de Parkinson. ¿Qué tiene que ver eso con la medicina? Eso tiene que ver con los campos de concentración. Los campos de concentración fueron construidos teniendo a los manicomios como modelo. No es sólo idea mía, Thomas Szasz lo dice.
El manicomio de Ímola se parece a Dachau, son iguales. Cogen a las personas, las meten allí y las controlan. Si el control no es suficiente, las matan. Las personas aparentan no entender qué pasa en las clínicas psiquiátricas. Cada uno piensa, con su falta de sentido crítico: “A mí eso no me puede pasar, ésas son otras personas, yo soy distinto”. Durante el período de los campos de concentración, no hubo muchas personas que se dieran cuenta de lo que estaba pasando en Auschwitz, Dachau…, porque las personas conformistas no quieren ver los horrores de la estructura social, hacen como si no existieran.
Locura y peligrosidad
A mí me han pegado dos veces los enfermeros, y una vez un ciudadano. Pero podría haber pasado también que me hubiera pegado un interno porque, si me ponen una camisa de fuerza durante diez años, luego no hay que sorprenderse porque, cuando salga, pegue a alguien.
Psiquiatría e historia
“Hitler estaba loco”, lo dicen los que vienen después de Hitler, no los que estaban debajo de Hitler. Hitler tenía de su parte a personas como Heisenberg, Furtwängler, Richard Strauss. ¿Qué significa que estuviera loco? No significa nada. Lo dicen porque, si tuvieran que hacer un examen crítico de la historia, tendrían que decir que tenemos responsabilidades. Decir que estaba loco es una manera de evitar hacer un análisis crítico.
¿Entonces Truman, cuando ordenó lanzar la bomba atómica, cómo estaba? Como él ganó la guerra, nadie dijo nada. ¡Arrojó dos bombas atómicas! La psiquiatría sirve siempre para liberarse de los problemas en vez de enfrentarlos.
Niños e “hiperactividad”
Tengo experiencia directa en EE UU. Fui cuando Szasz me dio su premio en 2005. Tuve reuniones con algunos padres. Unos padres me contaron que tenían un hijo de doce años que iba al colegio y un día les enviaron un aviso para decirles que su hijo era demasiado inquieto, despistado, ese tipo de cosas, y querían ponerlo en manos de un psicólogo. Ellos dijeron que no, “nuestro hijo está bien tal como está”.
El niño tiene que ser niño, hay que preocuparse si no es vivaz, no si se mueve mucho, porque el moverse –lo digo como médico– es importante para el crecimiento. Entonces la escuela amenazó con expulsar al hijo. Ellos, ya que no tenían suficientes recursos económicos como para cambiar de escuela, cedieron: lo mataron. Le dieron Ritalina y murió intoxicado. Perdieron a un hijo de doce años. No hace falta poner otros ejemplos.
Relación médico-paciente
Cuando un médico no consigue entender el porqué de unos dolores, en vez de profundizar y entender de dónde vienen estos dolores, piensa en seguida en el psicólogo. Dice “quizás usted tiene carencias. No se lleva bien con su marido. Está preocupada por sus hijos, etc”. Pasan al plano psicológico un problema físico, con el riesgo de no darle la importancia que merece.
Cuando estaba en el segundo año de universidad aquí en Florencia, un día estaba con un grupo de estudiantes y el profesor se acercó a la cama en la que había una chica. Pidió a la chica que se desnudara porque tenían que explorarla. La chica dijo que no quería desnudarse para que todos la exploraran. Entonces el profesor trató de obligarla. Yo, desde la última fila, me abrí paso entre todos los estudiantes, fui hasta el profesor y le dije: “Usted está aquí al servicio de esta persona y no tiene derecho a obligarla a desnudarse delante de todos si no quiere, es es una prepotencia inaceptable”.
Se armó un tremendo jaleo: los estudiantes se asustaron, el profesor se enfadó conmigo, yo me enfadé con él. Mientras tanto, a la chica la dejaron en paz. Esto lo cuento para explicar que yo tenía asumido que la persona no puede ser manipulada o explotada. Tiene que ser respetada, aún más cuando depende de nosotros.
La medicina es autoritaria
Siempre lo he afirmado. Recuerdo que Edelweiss Cotti a veces me decía: “No sólo los manicomios, sino también los hospitales tendrían que ser abolidos”. Porque en los hospitales hay una estructura jerárquica con la diferencia que, de allí, uno por lo menos sale. Aunque sufra humillaciones, puede ser que termine bien. En cambio, la psiquiatría es como un pulpo: cuando a uno le cogen ya no se sale, o raramente, o con dificultad.
21-7-2015
Pubblicato il 25 July, 2015
Categoria: Notizie
La devianza come malattia – A-rivista anarchica n°398 – Recensione “Fra diagnosi e peccato” di Chiara Gazzola – Estratto
…”L’autrice di formazione antropologica,dimostra attraverso un approccio storico, sociologico, antrpologico come la diversità sia considerata indice di irrazionalità e insensatezza, una minaccia al corretto funzionamento dell’ordine morale e sociale. Sottolinea il carattere ambiguo, soprattutto nell’ambito della classificazione delle malattie mentali in psichiatria: l’anomalia, come antitesi di normalità, è irretita di attributi morali. L’ambito psichiatrico contribuisce ad alimentare il nostro pregiudizio rispetto a ciò che per noi è alienazione mentale, follia. Per altre culture, invece, rappresenta l’esternazione di uno spirito che porta ad agire al di sopra della volontà delle persone, l’anomalia sociale è interpretata in funzione del bene della collettività e inserita in un contesto di credenze condivise”….
…”Per un approccio alla terapia, la fiducia è indispensabile all’efficacia della cura stessa. Nella voce corale delle testimonianze raccolte, ricorre la richiesta di ascolto, conforto alla sofferenza. Si chiede Gazzola: “Quando la relazione tra individui è disturbata da burocrati, agenti di controllo e giudici o si attua all’interno di progetti nei quali il poter fare si basa su poteri di forza, può avviarsi un rapporto di reciprocità?” Le ingiustizie evitabili generano un dolore spesso impossibile da accettare.”
…”C’è una sottile e discriminatoria linea di confine fra prendersi cura e gestire l’aiuto, come ben dimostra l’analisi su etnopsichiatria e flussi migratori……L’assistenzialismo è il volto buono delle istituziioni totali. L’esclusione viene attuata ogni volta in cui si crea una categoria o una situazione che susciti scandalo, un risentimento sociale al quale si abbina una giustificazione “scientifica”. Le aree di studio dell’etnopsichiatria pongono attenzione ai fattori ambientali e sociologici, ma giustificano una cura farmacologica chiamando ogni conflitto con il nome di una patologia. Pertanto si esclude una soluzione attraverso un approccio culturale e relazional.”
…”Nelle coversazioni riportate a conclusione del saggio – pregevole quella con Giorgio Antonucci – Michela Zucca, antropologa, commenta: “La condivisione, la solidarietà, la spinta ideale collettiva aiutano a superare le sofferenze individuali. Se una persona è coinvolta e impegnata in un progetto riuscirà più facilmente a non cadere nel malessere: in questo senso la lotta è terapeutica”.
Giorgio Antonucci, medico, in Diario dal manicomio (qui) scrive: “Non è detto che una persona debba attenersi per forza alla vita empirica invece che essere fantasiosa, specialmente se il sognare a occhi aperti le è utile per vivere, e non è detto che debba rispettare i pregiudizi e le convenzioni della società quando queste le divengono intollerabili.)
L’articolo completo di Chiara Piccinelli, su Arivista anarchica, 398, maggio 2015
Fra diagnosi e peccato. La discriminazione secolare nella psichiatria e nella religione.Chiara Gazzola (qui)
Pubblicato il 25 May, 2015
Categoria: Notizie
O.P.G.: intervista a Giorgio Antonucci su Radio Fujiko, 19 marzo 2015
Audio:
https://www.youtube.com/watch?v=DbuOtyexVSY&feature=youtu.be
“In tribunale per lo stesso imputato, nello stesso tempo, il perito dell’accusa dice una cosa e il perito della difesa ne dice un’altra. Dunque la definizione non vale nulla”.
O.P.G.: In un’ecumenica trasmissione su RADIO 1- Maria D’Oronzo
In una trasmissione su Radio 1, intervistavano pazienti/detenute e personale medico/dirigenti dell’OPG di Castiglione delle Stiviere, che detiene 60 recluse e 180 reclusi. E’subito da notare che la classe medica preferisce il concetto di “superamento degli Opg” dove le associazioni delle famiglie di coloro che sono definiti pazzi chiede e parla di “chiusura” degli stessi. Certo è che il presunto malato di mente deve essere recluso e sottoposto a trattamenti forzati, in virtù di quella sciagurata cultura del meccanicismo psichiatrico-psicologico, e colui che delinque per motivi psichiatrici dev’essere recluso per soli motivi psichiatrici, con programmi individuali e progetti di vita individualizzati. Solito stile psichiatrico. Gli psichiatri, da parte loro, denunciano una mancanza di chiarezza nella legge 81, in riferimento alle soluzioni post-OPG. definite ora REMS, residenze ad elevata misura di sicurezza. Ed è proprio sul concetto di elevata sicurezza dialogano gli specialisti del comportamento e di stadi d’animo, lamentano che le imprecisioni da loro riscontrate nella legge 81 alimentino lo stigma della diagnosi psichiatrica per cui non ci sarebbe abbastanza chiarezza tra il pazzo buono, con il tentativo di intendere una “anomalia” dai contorni e caratteristiche molto più “normali” perché contestualizzate in situazioni caratterizzate da comportamenti legittimati da una mentalità vecchia, difficile da sradicare, dal pazzo cattivo che resiste e rende molto complicato individuare l’anomalia.
Da non giurista non voglio avventurarmi sulla normativa del Codice Rocco, ancora vigente, in cui si distingue il delinquente dal delinquente pericoloso, nè credo che il carcere sia, in complesso, soluzione diversa di quanto non lo sia l’OPG e ora REMS. Certo è la 81, col preferire il diritto alla cura, ha conferito maggior potere alla classe medica dove intende che la cura preveda l’obbligo per i pazienti alla cura prescritta, è superione e vola alto sul diritto di difesa fondamentale di tutte le democrazie.
http://www.ufficiostampa.rai.it/…/radio1__la_radio_ne_parla…”>http://www.ufficiostampa.rai.it/…/radio1__la_radio_ne_parla…