Seminario – Disegno Onirico – 19/20 maggio 2012
“Volete conoscere e soprattutto conoscervi divertendovi? Provate con il disegno onirico, dove in gruppo si impara e ci si diverte, riscoprendo anche il piacere dell’espressione grafica”.
E’ NECESSARIA LA PRENOTAZIONE
…Siete invitati/e a sognare ad occhi aperti ma senza dormire. Modalità creativa per conoscersi, conoscere aspetti “curiosi” della propria personalità, anche divertendosi.
Oltre che a interpretare, almeno a grandi linee, i disegni onirici, e proprio attreverso questa interpretazione, con il disegno onirico si impara a conoscersi, non razionalmente, ma nell’interezza della nostra person…alità, quindi nelle componenti emotive, sentimentali, nella trama di ricordi e pulsioni. Stare con gli altri nel gruppo implica la possibilità di conoscere anche gli altri, proprio anche confrontandosi con una situazione in cui ognuno supporta gli altri, li aiuta magari anche non rendendosene conto.
Termine iscrizione:16 maggio 2012
Iscrizione: centrorelazioniumane@gmail.com
cell: 339 3040009
Approfondimenti: http://centro-relazioni-umane.antipsichiatria-bologna.net/2011/06/06/il-disegno-onirico-seminario-eugen-galasso/
Centro Di Relazioni Umane – Bologna
L’elettroshock al ragazzo autistico: il processo che scuote l’America –
I poteri così vogliono dominare anime e corpi. Il controllo sociale si esplica in forme terribili, con pochissime pause di”tolleranza”solo apparente. Eccone una dimostrazione
VIDEO mostrato al processo: http://video.corriere.it/elettroshock-ragazzo-autistico-caso-che-scuote-america/660789e8-8887-11e1-989c-fd70877d52ac
Pubblicato il 18 April, 2012
Categoria: Notizie
Sulla pena di morte in Giappone e il silenzio di Mario Monti – Eugen Galasso
“Spero di sbagliare ma non mi risulta che il presidente del consiglio prof. Monti, in visita in Giappone, abbia protestato per le tre esecuzioni di ieri.
Forse questo è un tema che non compete ad un governo tecnico.
Claudio Giusti”, 30 marzo 2012, e-mail
Claudio Giusti: Membro del Comitato Scientifico dell’Osservatorio sulla Legalità e i Diritti, Claudio Giusti ha avuto il privilegio e l’onore di partecipare al primo congresso della sezione italiana di Amnesty International ed è stato uno dei fondatori della World Coalition Against The Death Penalty.
Nobilissima, questa segnalazione, importante quanto sicuramente “silenziata” dai media di “regime”, di Claudio Giusti, sul silenzio del presidente Monti, di cui chi scrive non ha alcuna considerazione positiva (non sono “comunista”, almeno non nell’accezione di Marco Rizzo, che parlava del “governo più a destra nella storia della Repubblica”, ma condivido il giudizio), anche per aver reso Ministro della Difesa (Guerra?) un ammiraglio e dei diplomatici rispettivamente Ministro e Sottosegretario agli Esteri, aspetto un po’ trascurato, nella critica al governo, dove i provvedimenti economico-sociali tengono, forse giustamente, “banco”. Ora, che purtroppo la pena di morte, oltre che in molte “stelle” degli States, in Cina, Corea del Nord, Arabia Saudita etc, sia un fatto in Giappone è noto, dipendente anche e soprattutto dall’orientamento imperialista e per nulla democratico (salvo la democrazia formale, quella delle elezioni) del paese “banzai”, dei “Samurai”, con punte non a caso apprezzate in Europa e States da chi è “alla destra del padre”. Che il “governo tecnico” non s’immischi è ancora una volta un fatto, non casuale (credo e temo), dove non vorrei dilungarmi oltre, perché il giudizio lapidario quanto efficacissimo di Giusti mi sembra “della giusta misura”. Almeno da Camus in poi (metà Novecento) gli appelli contro la pena di morte rimangono inascoltati. Anche questo non è un caso.
Pubblicato il 31 March, 2012
Categoria: Notizie
L’inganno del “senso comune” – Eugen Galasso
Forse qualcuno ricorda “The Wall”, film-musical dei “Pink-Floyd”, dove il ragazzino sensibile sorpreso a scuola a scrivere poesie, viene bacchettato dal prof. (frustrato in casa) che gli rimprovera appunto (“Poems, Poems!) di dedicarsi a un’attività così “inutile”. Non a caso i “romantici” erano presi per “pazzi”, Byron e Shelley (cito solo due nomi) erano dei “reprobi”, tanto che “A Defense of Poetry” (Difesa della poesia), da parte del’ “ateo” Shelley diviene un’opera “scandalosa”. Ma, oltre alla poesia, altre “speculazioni folli” invadono la modernità e post-modernità: il non concepire la realtà spaziale in termini consueti (le geometrie non euclidee di Lobacevsky e Riemann), più ancora la messa in discussione della scissione tra le categorie dello spazio e del tempo ad opera di Einstein e degli sviluppi della teoria della relatività, con l’ipotesi di realtà parallele, la critica al concetto stessa di realtà, le teorie del caos (Thom, Prigogyie, Stengers e altri) corrodono quello che chiamiamo “common sense”, senso appunto(mi si scusi il gioco di parole) il senso troppo comune… Roba da “disperati”, muoversi al di là delle convenzioni, per cui sia l’ “escapista” giramondo, post-hippie o post-qualunque cosa, sia il poeta della “beat generation”, ma più in genere il poeta, sia il pensatore non comprimibile in schemi, attentano al “buon vivere civile”, alla conservazione di standard di vista e modi di pensare e di comportamento (patterns). Ecco perché, in primis, l’antipsichiatria o comunque la si chiama “contropsichiatria”, “apsichiatria” etc., sconcerta chi ne ha paura; ecco perché , oggi invece di Viriginia Woolf (famoso dramma di E. Albeee) possiamo (potremmo) dire “chi ha paura di Giorgio Antonucci?… Molte persone, per certo.
Eugen Galasso
Pubblicato il 9 March, 2012
Categoria: Notizie
Ala: Ospedale o clinica psichiatrica? – Eugen Galasso
Da quanto risulta da comunicazioni recenti, via mail e su carta stampata, la psichiatrizzazione incombe, con la proposta di ridurre (è il caso di dirlo) una struttura ospedaliera consueta in struttura psichiatrica. Ciò si realizza con il concorso di alcune forze politiche (non interessa entrare in merito, ma forse non è difficile capire quali, ma cretini e “malpensanti” ci sono dappertutto, in ogni angolo dello spettro politico), ma anche di psichiatri e pediatri, ad Ala, ridente (mah…) località del Trentino Meridionale, quasi al confine con il Veronese… Ma, esprimendo la solidarietà a chi scrive per opporsi a tale progetto, che senz’altro andrebbe a detrimento di “pazienti” e soprattutto di bambini, cui si rifilerebbe sempre la diagnosi di ADHD e poi massicce dosi di medicinali “adatti all’uopo”, bisogna rilevare che tale situazione è diffusa in tutta Italia, in tutta Europa, con alcune differenze in tutto il mondo: non si vogliono bambini “iperattivi”, “ipercinetici”, con “deficit d’attenzione”, tutte invenzioni recenti al servizio di una società sempre più burocratizzata, militarizzata, “conforme”, obbediente. Roba al cui confronto “1984” di George Orwell, “The Wall” dei Pink Floyd e comunque tutte le distopie più terrificanti sembrano non reggere il passo, perché il “morbo” si insedia con una velocità terrificante, con ordini o somministrati in maniera subliminale oppure comunque obliquamente, senza tregua e con quel passo che non è “da lupo”, ma in maniera surrettizia , lenta quanto inesorabile… Non voglio qui fornire un quadro apocalittico, ma semplicemente invitare a prestare più attenzione a quanto si sta muovendo, senza che le persone ne siano consapevoli. La realtà di Ala è pericolosamente in fieri, quella di Roma, per esempio (ma non solo quella della capitale, era solo per fornire un esempio macroscopico, per ovvie questioni di dimensione…), con le strutture ospedaliere “in vacca” (mi si perdoni, anzi no, non me ne scuso, l’espressione volgare) rafforzerà, paradossalmente, un controllo “psichiatrico” ulteriore su chi cade vittima della psichiatria stessa. Un bel disastro, prospettive nere, che un Giorgio Antonucci (per fare solo un nome) identifica, ma che ai più sembra uno scenario da “vox clamantis in deserto”…
Eugen Galasso
Pubblicato il 7 March, 2012
Categoria: Notizie
Honduras: cose da terzo mondo. – Eugen Galasso
A Comayagua, Honduras centrale, un incendio in carcere ha provocato certamente più di 350 vittime, oltre a feriti, contusi etc. Sarebbe sciacallaggio mediatico voler attribuire semplicisticamente tutta la responsabilità di ciò al governo honduregno (attualmente presidente è Porfirio Lobo), ma è certo che dopo il golpe del giugno 2009, che ha cacciato il presidente legittimamente eletto, la situazione sia drammaticamente peggiorata, nel terzultimo stato per condizione economica in latinoamerica, che è anche uno dei paesi più violenti del mondo. Porfirio Lobo, tra l’altro, tornato al potere dopo il golpe e un interregno feroce gestito da Roberto Micheletti (l’italo-honduregno “dal pugno di ferro”, comunque espressione dell’esercito dell’Honduras tout court), quale leader del blocco conservatore era stato sconfitto proprio da Zelaya alle elezioni del gennaio 2006. E’ indubbio, in ogni caso, che la situazione pessima, sul piano economico e sociale, sia peggiorata parallelamente anche a livello di diritti umani, facendo precipitare ogni “habeas corpus”. Da sempre l’Honduras è paese in cui latifondisti, multinazionali, organizzazioni criminali hanno molto da dire, in un intreccio di potere molto forte e nel quale l’intreccio tra i poteri penalizza i più deboli, quali carcerati, “malati psichiatrici”, malati, persone svantaggiate sul piano economico. A parte il fatto che vari carcerati lo sono per “reati politici”, è da rimarcare il comportamento violento dei poliziotti honduregni, che hanno usato subito i lacrimogeni contro i familiari delle vittime dell’incendio. Temi su cui riflettere maggiormente per tutti noi, credo. Con il colpevole disinteresse di chi scioccamente dice “cose da terzo mondo”, quasi la mondializzazione/globalizzazione non fosse in atto già da decenni.
Eugen Galasso
Pubblicato il 19 February, 2012
Categoria: Notizie
L’antipsichiatria: “Malattia mentale? Non esiste” – Articolo/Intervista di Ilaria Ulivelli a Giorgio Antonucci
La Nazione, martedì 7 febbraio 2012
“Depressione è un termine sbagliato: le persone possono essere più o meno tristi, possono avere più o meno voglia di vivere. Ma non per questo devono essere ‘bollate’ come depresse”. Giorgio Antonucci, medico e psicoterapeuta, un faro dell’antipsichiatria (“La psichiatria è fatta apposta per togliere la libertà agli altri”, è il suo pensiero), ribalta gli assiomi. Un rivoluzionario, per sempre. Fin dal 1963, quando inizia la sua formazione come psicoanalista con Roberto Assagioli (fondatore della psicosintesi) e comincia a dedicarsi alla psichiatria cercando di risolvere i problemi dei pazienti evitando i ricoveri e qualunque metodo coercitivo. Niente etichette, niente manicomi, niente forzature perchè <la malattia mentale non esiste, ma esistono i problemi che a volte possono essere insolubili>. Ma allora come si possono curare le persone che soffrono? “Se ci sono problemi da discutere, si discutono: la persona non deve essere curata con la clinica ma deve essere ascoltata per quello che è. Le malattie sono un’altra cosa. Anche Freud ha detto che i problemi psicologici non sono problemi clinici. Partendo da qui, ogni caso si affronta a sè”.
Antonucci lavora sul pensiero: “E il pensiero non può mai essere sano o malato, può essere solo giusto o sbagliato: gli organi sono malati o sani”. Il suo lavoro, sul piano teorico, è la negazione del pensiero psichiatrico. Si avvicina alla corrente esistenziale-umanistica di Carl Rogers e alle correnti di critica alla psichiatria (di Goffman, Laing, Cooper e Szasz) e alla critica all’istituzione manicomiale di Franco Basaglia con cui collabora nel 1969 a Gorizia. “Quando lavoravo con Basaglia, che contrastava le istituzioni psichiatriche, gli dicevo che per criticare le istituzioni bisognava mettere in discussione anche il pensiero che le ha create”. Quindi la psichiatria.
“Gli uomini possono essere felici o infelici, pensare che la vita valga o non valga la pena di essere vissuta – spiega Antonucci – e sono liberi di cambiare opinione: i problemi devono essere affrontati sul piano del pensiero critico, devono essere discussi, perchè sono problemi filosofici e non hanno nulla a che vedere con la medicina e con la malattia mentale. Per questo motivo non si può classificare la depressione e non si può dire quanti depressi ci sono, perchè il termine non ha nessun significato”.
Riassumendo, Antonucci è il fondatore dell’approccio non-psichiatrico alla sofferenza psichica che si basa sui seguenti assunti:
1) Il trattamento sanitario obbligatorio non può essere un approccio scientifico e medico alla sofferenza in quanto basato sulla forza contro la volontà del paziente.
2) L’etica del dialogo viene sostituita all’etica della coercizione. Il dialogo non può avvenire se non fra individui che si riconoscono come persone in un confronto alla pari.
3) La diagnosi viene negata in quanto pregiudizio psichiatrico che nega di intraprendere il vero lavoro psicologico alla sofferenza degli uomini per le contraddizioni della natura e della coscienza e per le contraddizioni della società e per i conflitti della convivenza.
4) Gli psicofarmaci o droghe psichiatriche servono per sedare, drogare la persona e per migliorare le condizioni di vita di chi si deve occupare dello psichiatrizzato. Vengono negati tutti gli altri strumenti che danneggiano la persona dalla lobotomia, alla castrazione (proposta da alcuni in Italia in rapporto ai reati sessuali) e tutti i tipi di choc.
5) Per criticare le istituzioni bisogna mettere in discussione anche il pensiero che le ha create.
Giorgio Antonucci – Eugen Galasso
Nel complesso della sua opera, di pensiero e azione (dove entrambi i livelli sono stati sempre strettamente interrelati, implicantisi a vicenda), di clinica e di riflessione, Giorgio Antonucci, come si può vedere nel suo ormai cospicuo macrotesto, bypassa completamente l’ascientificità della psichiatria, non a caso chiudendo i reparti, con le loro coazioni, con le repressioni indotte (tramite “terapia” elettroconvulsiva, shock insulinico, psicofarmaci etc.), arrivando a negare, ben più “radicalmente” (nell’accezione letterale dell’avverbio) di Basaglia e Laing le istituzioni e le teorie e le pratiche mortali che hanno creato a detrimento di chi non rientra in quella convenzione imposta che si chiama “norma”, di chi non vi rientra né con il pensiero né con il comportamento, di cui la parola, nella nostra cultura logocentrica, è elemento essenziale. Della sua importante opera scritta, dicevo, di cui il recente “Diario dal Manicomio” è punto (per ora) culminante: opera veramente “sinfonica” (non è casuale l’interesse quasi primario, comunque dominante, del dott.Antonucci per la musica, segnatamente sinfonica) dove, oltre l’apparenza, poesia, prosa narrativa, riflessioni, documenti di vita, non sono che tasselli di un mosaico che si distende, appunto, in una meravigliosa crezione sinfonica. Il terenziano “Nihil humani a me alienum puto” (nulla di umano mi è estraneo) è assunto naturaliter da Antonucci, che considera la persona (o individuo, non si vuol fare qui del nominalismo ideologico) pienamente, quale rispetto per chiunque, comunque si ponga e qualunque cosa pensi, comunque agisca etc.
Eugen Galasso
Pubblicato il 24 December, 2011
Categoria: Notizie
“La grande festa” – Dacia Maraini racconta di Giorgio Antonucci
In questo libro c’è una parte in cui Dacia Maraini racconta del lavoro di Giorgio Antonucci nei reparti di Imola.
E’ dannoso studiare o leggere? – Richard Matheson – Eugen Galasso
In “Lui è leggenda”, recente antologia mondadoriana (a cura di Christopher Conlan, Millemondi, n.57, novembre 2001), volume di omaggio a Richard Matheson, tra i tanti testi proposti, variazioni sul tema dei classici (sia racconti, sia romanzi) di Matheson, maestro del fantastico, si trova anche un racconto di John Shirley, meno che sessantenne autore di Houston, Texas, noto per vari romanzi, racconti, sceneggiature per film e telefilm. Il racconto, in italiano, si chiama “Due spari dalla galleria Fly’s” e parte dal romanzo mathesoniano” Appuntamenti nel tempo”: ma il bel racconto sul “viaggio nel tempo”, che intelligentemente evita di spiegare in dettaglio “macchina del tempo” e simili ovvietà (da H.G.Wells in poi sappiamo tutto, di quella storia…), concentrandosi invece sul punto di partenza della cosa: il protagonista, storico dell’epopea western, si innamora della bisnipote di un eroe (anzi “pistolero”) di quell’epoca e per salvarne i rapporti familiari, con un padre assente etc., si proietta nel tempo passato per evitare la morte del famoso “bandido”, iniziatore della catena di tanti padri assenti. Psichiatria all’americana, come descritta da Woody Alllen? Sì, purtroppo sì e Shirley, perché la cosa non è importante nell’economia del racconto, sorvola, pur narrando la diagnosi: il fantomatico dott. Hale Vennetty, che pare un seguace (andato a male, però) della teoria psicanalitica del “grido primario”, per cui ci si libererebbe dal peso delle proprie nevrosi gridando come all’inizio della vita, rimanda tutto alla sindrome abbandonica, per cui Becky, l’amata di Bill Walshoe, l’eroe della storia, sarebbe stata “resa depressa” dalla catena di abbandoni in famiglia… Nessuna possibilità terapeutica, stando a mister doctor Vennetty, salvo “forse tentare l’elettroshock” (op.cit., p.89). E la vicenda è ambientata negli anni 1970, 1975 o ’76, stando a indicazioni dell’autore. Epoca di grandi rivolgimenti anche medici e “psichiatrici”, ma… Shirley bypassa la cosa, senza approfondirla, nell’economia del racconto, senz’altro…e c’è di peggio: Becky è un’accanita lettrice di Sylvia Plath, della sua “Campana di vetro” ed ecco l’osservazione di Bill (speriamo che qui l’autore non si identifichi con il personaggio…) : “Leggere “La Campana di vetro” più di una volta dovrebbe essere considerato un segnale d’allarme, nei libri di psicologia clinica” (p.88, op.cit.). Eh! no, qui proprio non ci siamo: chi “non va a donne” è frocio oppure depresso, chi preferisce la lettura e lo studio agli sballi è “depressa/o”? I pregiudizi inveterati, che, a quanto pare, flower power e punk (anni fa l’autore era leader di una band “punk”) non hanno cambiato molto oppure… semplicemente la “pazzia” o il suo surrogato, la “depressione”, sono un buon vettore narrativo, senza che ci si interroghi sul perché, il per come etc. Un po’di superficialità, quantomeno, dove il principio del “primum non nocere”, che sarebbe un obbligo per il medico, ma diremmo per tutti gli operatori in professioni d’aiuto (e anche lo scrittore può esserlo), non viene per nulla rispettato, dando per scontato ciò che non lo è: “pazzia”, “depressione” e tutta la catena infame di pregiudizi che la cultura (in accezione antropologica, è chiaro) si tira dietro per non approfondire le cose.
Eugen Galasso
Pubblicato il 3 December, 2011
Categoria: Notizie