Archivio della Categoria: ‘Notizie’

Eugen Galasso – Intervento – “Armonie delle sfere”

 

 

Eugen Galasso: Intervento finale dell’ incontro pubblico “Armonie delle sfere” al ‘CortileCafe‘, Bologna, su trattamento sanitario obbligatorio, elettroshoc, trattamento sanitario necessario  (riforma Ciccioli) e altro.



 

 

Pubblicato il 27 November, 2010
Categoria: Notizie, Video

Giorgio Antonucci – Poesia – Se mi ascolti



Se mi ascolti


Giorgio Antonucci – La nave del paradiso ed. Spirali/Vel – Milano, 1990

Video: Poesie di Giorgio Antonucci, lettura di Laura Mileto

http://youtu.be/VsBltxlwJCQ


Pubblicato il 27 November, 2010
Categoria: Libri, Notizie, Video

REFLECTION – Incontro pubblico con Eugen Galasso


Il “Centro di Relazioni Umane” di Bologna vi invita all’incontro pubblico “REFLECTION” con Eugen Galasso.

Reflection: un metodo per guardarsi dentro senza farsi confiscare la vita.

22 novembre 2010, ore 18

Barlume’, via Bertiera 10, BOLOGNA


 

 

 

 

Pubblicato il 16 November, 2010
Categoria: Eventi, Notizie

FREUD E LA PSICHIATRIA – Giorgio Antonucci Atlantica – Grande Enciclopedia universale – Annuario Enciclopedico 1991 – European Book Milano

FREUD E LA PSICHIATRIA – Giorgio Antonucci
Atlantica – Grande Enciclopedia universale – Annuario Enciclopedico 1991 – European Book Milano

Poiché in questi anni, alla fine del millennio, non si può in nessun ambiente parlare di psicologia senza pensare a Freud, questo lavoro si propone di iniziare una riflessione sulle relazioni che si possono individuare tra le ricerche di Freud e i primi nuclei di pensiero critico nei confronti delle dottrine psichiatriche.
Certamente le contraddizioni teoriche della psichiatria vengono notate spesso anche prima di Freud, ma con lui, più che con ogni altro, nasce un nuovo modo di ragionare, che può precludere alla critica sistemica di tutte le opinioni tradizionali.
Il concetto fondamentale freudiano che tutto quello che appare frammentario in un panorama psicologico rimanda necessariamente a dei nessi più profondi da ricercare e scoprire; permette di applicarsi nella riflessione sulle caratteristiche unitarie della personalità, al di là dei pregiudizi con cui gli psichiatri liquidano sommariamente le persone.
Il giudizio di schizofrenia, ad esempio, non sembra più avere significato e sussistenza, se si può dimostrare di vedere una logica al di là delle apparenze immediate, e lo stesso si può dire di tutti gli altri giudizi di classificazione psichiatrica.
Con questo criterio la psichiatria può essere metodicamente smantellata, con vantaggio per la conoscenza degli uomini e anche per la loro incolumità.
Le contraddizioni psicologiche, parlando in termini freudiani, non sono effetto di una disgregazione della personalità, come ritiene lo psichiatra, ma al contrario sono la rivelazione e l’espressione di un conflitto strettamente legato con l’intelligenza.
Già infatti nella prima opera importante per la fondazione della psicanalisi, “Studi sull’isteria”, scritta in collaborazione con l’amico Josef Breuer, Freud dichiarava a mo’ di meditazione autobiografica: ” Non sono sempre stato uno psicoterapeuta. Come gli altri neuropatologi, avevo imparato a impiegare diagnosi locali e elettroprognosi, e ancora mi sembra strano che i casi da me descritti sembrano, alla lettura, delle storie immaginarie e che, come qualcuno potrebbe dire, manchino di una seria importanza scientifica. Debbo consolarmi con la riflessione che più di qualsiasi mia preferenza è responsabile di ciò la natura dell’argomento. Il fatto è che le diagnosi locali e le reazioni elettriche non conducono ad alcun risultato nello studio dell’isterismo, mentre una descrizione dettagliata dei processi mentali quali siamo abituati a trovare nelle opere di narrativa, mmi mette in grado, con l’aiuto di alcune formule psicologiche di ottenere per lo meno un certo tipo di visione entro il corso di tale disturbo. Casi di questo genere debbono essere giudicati come psichiatrici; essi hanno, comunque, un vantaggio sugli altri, cioè una connessione intima tra la storia delle sofferenze del paziente e i sintomi della sua malattia; connessione che cerchiamo ancora invano nella biografia delle altre psicosi”. (“Studien on Hysteria, 1893-1895, Standard Edition, Hogarth Press e Istituto di Psicanalisi di Londra. Volume secondo. Breuer e Freud, pagine 160-161).
In queste parole di Freud ci sono in fermento molti problemi e molte contraddizioni.
E’ chiaro che Freud ha capito che le situazioni riferite dalla tradizione con il giudizio dell’isterismo non sono né spiegabili né affrontabili con i concetti e con i metodi della neurologia, e suppone che anche altri quadri di riferimento della psichiatria possano trarre vantaggio da ricerche psicologiche e biografiche, sia a livello di comprensione che a livello di risoluzione di conflitti.
Però rimane legato al concetto di malattia e alle classificazione psichiatriche, avviandosi così in un labirinto dalle uscite apparentemente irraggiungibili.
L’ambiguità su questo punto genera il concetto vuoto di malattia funzionale, che da una parte serve alla medicina per nascondersi le sue lacune e i suoi errori, dall’altra serve agli psicologi per invalidare qualunque comportamento o pensiero non conforme alla moralità dei costumi.
E’ per noi di particolare interesse seguire per un momento di giovane Freud, quando nell’allargare le esperienze tradizionali e nel rinnovare il pensiero scientifico diviene perturbatore della moralità e si conquista tutte le ostilità relative, evitando certe conseguenze solo per la sua posizione di neurologo abbastanza affermato.
Singolare è la diffusione del concetto di isterismo maschile, al ritorno da Parigi, dopo aver studiato con Charcot, il quale certe verità scottanti, per ragionevole prudenza, da buon scienziato, le comunicava solo agli amici più fidati o agli specialisti.
Invece Freud, almeno allora, era piuttosto scapestrato e correva i suoi rischi, tra cui quello di contraddire persone intelligenti, come quel medico che gli disse: “Mio caro signore, come potete dire una tale assurdità? Hysteria significa utero; come può un uomo essere isterico?”
In seguito Freud scriverà, con una certa malinconia, nella sua “Storia del movimento psicoanalitico”, che innocentemente aveva preso la parola in un convegno dell’Associazione Viennese di Psichiatria e Neurologia, con Krafft-Ebing in cattedra, “aspettandomi che le perdite materiali cui mi ero volenterosamente sottoposto sarebbero state ricompensate dall’interesse e dal riconoscimento dei miei colleghi. Trattai le mie scoperte come ordinari contributi della scienza e sperai che fossero accolte col medesimo spirito. Ma il silenzio che seguì alle mie comunicazioni, il vuoto che si formò attorno a me, i commenti, mi fecero realizzare che l’introduzione della sessualità nell’eziologia della nevrosi non poteva contare su di una accoglienza dello stesso genere di quella avuta da altre comunicazioni. Compresi che da allora in avanti sarei stato uno di quelli che avevano “disturbato il sonno del mondo” e che non potevo contare sull’obbiettività e la tolleranza”. (History of the Psychoanalitical Movement, 1914-1916, Standard Edition. Volume XXV, pagine 21-22).
Certamente, la vita degli innovatori, sia pure medici relativamente affermati, nel vecchio secolo come nel nuovo, sembra giustificare i timori di Charcot, specialmente se si pensa alla fine di Semmelweis, che per aver scoperto le cause della febbre puerperale, e i metodi per combatterla, si era guadagnato tante umiliazioni da indurre gli amici a ricoverarlo in manicomio, luogo della sua morte (13 agosto 1865).
Meno male che Freud avrebbe avuto maggior fortuna, nonostante la conquista di Vienna da parte dei nazisti.
La minaccia che molti sentono nel pensiero di Freud non è solo legata alla scoperta dell’importanza della sessualità, sia negli adulti che nei bambini, ma anche al fatto che le contraddizioni e i conflitti psicologici non vengono più attribuiti a un difetto neurologico ma cominciano a essere riferiti alla storia dell’individuo e alla sua collocazione nelle strutture sociali.
Come si leggeva prima, la ricerca comincia a diventare biografia.
E Freud come si è visto, afferma con precisione e con ammirabile chiarezza: “Debbo consolarmi con la riflessione che più di qualsiasi mia preferenza è responsabile di ciò la natura dell’argomento”.
Cesare Lombroso, ai giorni nostri ancora così popolare presso sociologi e giornalisti di fama, era solito affermare, anche a sostegno della necessità dei manicomi giudiziari, che un eccesso di intelligenza è di per se stessa una pericolosa forma di pazzia, e se questa affermazione può lasciare ragionevolmente tranquilla la maggior parte degli psichiatri e degli psicanalisti, poteva essere micidiale per un uomo come Freud, che veniva da ogni parte sospettato, come è logico negli ambienti più qualificati.
Si racconta ad esempio che, in un congresso di neurologi e psichiatri tedeschi nel 1910 ad Amburgo, un certo professor Wilhelm Weygandt abbia detto, interrompendo una discussione nella quale erano state menzionate le teorie di Freud: “Questo non è un argomento per un dibattito in un convegno scientifico: è cosa che riguarda la polizia”.
E un altro neurologo, il professor Oppenhaim, allora molto famoso e ascoltato, chiese che gli scritti di Freud fossero censurati in tutte le istituzioni psichiatriche rispettabili.
Così, proprio in rapporto all’intolleranza e al fanatismo che accompagna l’odio per le novità, dobbiamo a Freud alcune osservazioni importanti che rimandano a molti problemi della nostra epoca, gravi e tutt’altro che risolti: “Era una situazione analoga a quella del medio evo, allorché un malfattore, o anche soltanto un avversario politico, veniva messo alla gogna e abbandonato ai maltrattamenti della plebe. Forse non vi renderete conto fino a quale livello della nostra società arrivi la volgarità, e di quali eccessi le persone siano capaci qualora esse si sentano parti di una massa ed esonerate dalla responsabilità personale. A quei tempi io ero abbastanza solo, e riconobbi ben presto che il polemizzare non dava alcun risultato, che anche il lagnarsi e l’invocare spiriti migliori era assurdo, poiché non esistevano istanze cui presentare lagnanza”. (New Introductory Lectures and Other Works. 1932-1936, Standard Edition. Volume XII, pagine 137-138).
Aveva proprio ragione Hume a dire che la stabilità della conoscenza dipende solo dall’abitudine, infatti gli animali umani,  specialmente quelli delle istituzioni scientifiche, sono attaccati alle vecchie abitudini con tutta la profondità delle loro radici.
Così Freud, uomo diverso, non piaceva a nessuno. Tanto meno piaceva ai suoi colleghi.
Lo storico statunitense Daniel J. Boorstin nella opera “The Discoveres” (1983) in italiano “L’avventura della scoperta – Una storia della ricerca umana per conoscere il mondo” (Edizioni Mondadori, 1985), parla della predilezione di Freud per la cultura classica, per l’archeologia e per la storia, e rivela come le sue intuizioni e le sue ricerche siano più stimolate dalla filosofia di Goethe che non da quella di Helmoholtz.
“Quando – scrive Boorstin – passati i quarant’anni, spostò l’attenzione dal mondo di Helmholtz e dalla neurologia al mondo della cultura e della storia, si dedicò all’archeologia dell’anima, “la psiche”. Il suo terreno di scavo furono gli strati mai esaminati dell’esperienza, sia della società che dell’individuo” pagina 533 dell’opera citata).
Però, quando cominciò a raggiungere il successo, ci si affrettò a ridurre la sua opera nei confini impropri della medicina.
D’altra parte Jung dice che la genesi della teoria di Freud reca il marchio inconfondibile dell’esperienza ambulatoriale. Eppure, quando i medici degli Stati Uniti chiesero che la pratica della psicanalisi fosse riservata soltanto ai laureati in medicina, Freud si manifestò decisamente contrario non volendo che la psicanalisi si riducesse a una semplice ancella della psichiatria.
Anche Giano, come raccontano le storie, si offriva per allontanare gli incubi della notte.
In ogni modo, fino agli ultimi anni della sua vita, i conservatori gli furono contro.
Le sue opere erano state messe al rogo dalla Germania nazista, non erano mai arrivate nell’Unione Sovietica, e risultavano all’indice per la Congregazione dei Riti Vaticana.
La cultura esplicitamente autoritaria lo respingeva senza mezzi termini.
Contemporaneamente, come riferisce Carlo Belihar nella sua “Vita di Freud” edita da Peruzzo nel 1986, alcuni scrittori importanti tra cui Thomas Mann e Romain Rolland gli scrivono: “Noi sottoscrittori non possiamo immaginare il nostro mondo mentale senza l’opera ardita e coraggiosa di Sigmund Freud”.
Nell’ultimo periodo della sua vita, poco prima della sua partenza per Londra, era divenuto obbiettivo della gioventù hitleriana, che maturava il proposito di aggredirlo, sicuramente non solo per antisemitismo.
Secondo noi i nuovi modi di vedere sostanziali dell’opera freudiana son in primo luogo il collegamento di tutte le tensioni interiori con le possibili motivazioni, in secondo luogo la possibilità di acquisire metodicamente un sempre più attento controllo di se stessi, per divenire il più possibile autonomi.
Il premio Goethe del 1930 è il riconoscimento di uno scrittore chiaro ed essenziale, diverso da tutti quei sofisti ingarbuglia-idee che si ritengono suoi seguaci e continuatori.
Non a caso a Vienna, a fine secolo, si discute molto di problemi di linguaggio, in rapporto ai significati e al non senso.
Si cerca intensamente una nuova chiarezza del linguaggio per rinnovare la propria comprensione della realtà, e per ritrovare se stessi.
“Solo nella voluttà della creazione linguistica il caos diventa mondo” scrive Karl Kraus, e in questa stessa ricerca lavorano nei loro campi rispettivi Wittgenstein e Schoberg, in parallelo naturalmente con Freud.
Infatti anche le scoperte di Freud sono prima di tutto un problema di linguaggio e di chiarezza di pensiero, e non certo un problema di medicina.
Ora, dopo un secolo, il problema della comunicazione e del linguaggio è divenuto ancora più urgente.
I mezzi di comunicazione di massa come il cinema, la radio e specialmente la televisione, hanno la possibilità di aumentare le informazioni e allargare la conoscenza, così come, per contro, la possibilità di diffondere la confusione e accrescere la superficialità e la disposizione a sottomettersi.
Gli intellettuali hanno perso ogni rigore di linguaggio e ogni rigore di ragionamento, diventando scrittori da autogrill.
Reggono solo se sono al servizio di qualcuno.
La dipendenza da una qualche autorità è ritenuta, nonostante tutto, una specie di legge di sopravvivenza.
Scriveva Freud ad Einstein riflettendo sulle possibilità di costruire un mondo senza guerra: “Richiamandoci a questa realtà si dovrebbe dedicare maggiori cure, più di quanto si sia fatto finora, alla educazione di una categoria di persone dotate di indipendenza di pensiero, inaccessibile alle intimidazioni”. (Lettera ad Einstein su ‘Perché la guerra?’, settembre 1932, Edizione italiana Bollati Boringhieri, 1989).

Pubblicato il 13 November, 2010
Categoria: Libri, Notizie

Le presunte malattie di Silvio Berlusconi – Giorgio Antonucci

http://www.orazero.it/


Per “Famiglia Cristiana”, il “Fatto quotidiano” e “l’Unità”, il presidente del Consiglio sarebbe “malato”. Per questi organi di stampa, Berlusconi sarebbe affetto da un presunto disturbo di personalità. Altri, però, hanno fortemente polemizzato con le “diagnosi” dei tre organi di stampa sopracitati, e non poteva essere diversamente. Perchè l’interpretazione psicologica che è stata fatta è arbitraria e di conseguenza, c’è chi la accetta e chi no.
Forse, più realisticamente, andrebbe riconosciuto che il problema è politico e non psicologico. Lo stesso Giorgio Bocca, mai tenero con il presidente del Consiglio in carica, nell’ultimo numero dell’Espresso, ha criticato duramente la stampa italiana che, secondo lui, “scende sempre più in basso, sostituendo i fatti oggettivi con gli attacchi personali”.
Come avevo già sostenuto in precedenza, l’attacco “psichiatrico” è diretto alla persona, ed è utilizzato per chiudere ogni discussione sull’avversario. Bruno Manfellotto, direttore dell’Espresso, dalle colonne del suo giornale ha, quindi, giustamente criticato Famiglia Cristiana che ha definito Berlusconi un “uomo malato”, e lo ha fatto proprio perchè impostare il discorso su problemi psicologici è solo una scorciatoia per non affrontare i problemi politici. Senza contare che se si usassero le stesse modalità per persone non di potere, queste rischierebbero l’internamento coatto, ovvero il trattamento sanitario obbligatorio.
Sia chiaro che, per chi scrive, Silvio Berlusconi è un avversario politico e proprio per questo ritengo che vadano usate questioni politiche per sconfiggerlo, utilizzando argomenti pertinenti su problemi reali, non presunti e arbitrari problemi psicologici.
Un esempio di quanto siano fuorvianti le analisi psicologiche è mostrato dall’articolo di Luigi Cancrini pubblicato sull’Unità di sabato scorso. Cancrini ha spesso posizioni condivisibili, ma le due pagine pubblicate sul quotidiano fondato da Antonio Gramsci sono facilmente “smontabili”.
Intanto, la sua tesi di fondo si basa sul famigerato Dsm, il “Diagnostic and Statistical Manual of mental disorders” (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali), un manuale in cui, è bene ricordarlo, fino a qualche anno fa era inserita tra i disturbi mentali anche l’omosessualità. Si decise poi “ad alzata di mano” di cancellarla dall’elenco della malattie. Basti questo a mostrare la pseudo-scientificità di questo manuale psichiatrico.
Detto questo, Cancrini elenca i vari punti utili a diagnosticare al premier un “disturbo narcisistico di personalità”.
Tra i sintomi elencati compare, per esempio, il “senso grandioso d’importanza” in quanto il premier esagererebbe i propri risultati e i propri talenti. Si potrebbe ribattere che i successi politici ed economici di Silvio Berlusconi, possono anche non piacere, ma sono evidenti e rendono ridicoli questi discorsi. Per altro, ci sono altre persone che pur avendo ottenuto minori successi politici, sono almeno altrettanto vanitose. Anche le “fantasie sugli illimitati successi” sono piuttosto diffuse, non solo tra le persone famose.
Inoltre, Cancrini scrive che Berlusconi pensa che “tutto gli sia dovuto”, ma anche questo è tipico delle persone di potere. E’ un pensiero che fa parte della psicologia umana e non ci sembra che questo possa configurarsi come un disturbo mentale. Tra gli altri “sintomi”, Cancrini inserisce anche “sfrutta gli altri per i propri scopi” e “l’invidia”. Ma se usassimo queste due categorie per diagnosticare un disturbo mentale, si salverebbero davvero in pochi.
Molti, troppi di questi atteggiamenti possono essere attribuiti, per esempio, non solo a Napoleone, ma anche a Gandhi.
Non si può dimenticare che le categorie del sano o del malato devono rifarsi a criteri e sistemi oggettivi e non arbitrari. La malattia è un’alterazione dello stato biologico dell’organismo, capace di ridurre, modificare negativamente o persino eliminare le funzionalità normali del corpo, e deve quindi essere sempre constata con fatti oggettivi, esami del sangue o di altro genere.
Non casualmente sono gli avversari di Berlusconi a credere che Berlusconi sia un malato di mente, chi lo apprezza, invece, lo nega.
Infine, credo non vada dimenticato che discutere sulla sanità mentale dei leader politici è pericoloso. Hitler era pazzo?
Anche fosse, le sue idee erano condivise da milioni di persone, antisemitismo compreso. E se si fa risalire tutto alla sua presunta follia si chiude il discorso, si interrompe la discussione e non si approfondiscono i reali motivi che hanno generato il consenso verso il nazismo ed il Fuhrer. Non per niente Hilter è stato giudicato pazzo solo dopo la sua morte, prima i giudizi erano molto, molto, diversi. Il (pre)giudizio psichiatrico, come d’abitudine impedisce di affrontare i problemi reali e deresponsabilizza. Perchè se Hitler, Mussolini, Stalin o anche Berlusconi sono folli, allora non si analizzano le responsabilità di chi li ha sostenuti, tutti liberi di scaricarsi la coscienza e di fuggire dalle proprie responsabilità.

Giorgio Antonucci

Pubblicato il 11 November, 2010
Categoria: Notizie

Lettera a Simone Cristicchi



Venerdì 5 novembre 2010 ho avuto modo di assistere a Varese al tuo spettacolo “Lettere da un manicomio”.

Uno spettacolo sicuramente bello e interessante e che mostra in modo inequivocabile come la psichiatria abbia distrutto la vita di moltissime persone, anche se sembra che questo si riferisca a un passato lontanissimo, perché dopo la legge 180 del 1978 si lascia intendere che tutto sia cambiato.

Infatti sia nello spettacolo che nel libro “Centro di igiene mentale – Un cantastorie tra i matti”, venduto insieme ai CD, non si accenna minimamente al fatto che ancora oggi la violenza psichiatrica continua, perché ancora oggi le persone subiscono il pregiudizio psichiatrico e internamenti coatti  (T.S.O. Trattamenti Sanitari Obbligatori), cioè vengono presi e rinchiusi con la forza e schedati per il resto della loro vita.

Ancora oggi la psichiatria si occupa di ogni momento ed esperienza della vita di un individuo, dalla nascita – con la psichiatrizzazione dei bambini – alla morte, marchiando con il suo giudizio invalidante e squalificante pensieri e comportamenti umani.

Come dice il dottor Giorgio Antonucci che tu hai conosciuto:

<La realtà manicomiale, che si può toccare perché è fatta di pareti, è ben poca cosa di fronte alla diffusione del concetto stesso di manicomialità che si fonda esclusivamente sulla persistenza del giudizio psichiatrico. Ritengo che a poco serva attaccare l’istituto del manicomio se non si porta un attacco radicale allo stesso giudizio psichiatrico che ne è alla base, mostrandone l’insussistenza scientifica. Finché non sarà abolito il giudizio psichiatrico la realtà della segregazione continuerà a fiorire dentro e fuori le pareti dei manicomi.>

Ancora oggi alle persone che finiscono sotto il controllo psichiatrico viene negato il pensiero e tolta la parola.

Ancora oggi la psichiatria usa il suo armamentario di distruzione: dagli psicofarmaci (vere e proprie camicie di forza chimica) agli elettroshock.

Ancora oggi ci sono vittime della psichiatria che vengono torturate e uccise: Francesco Mastrogiovanni, Giuseppe Casu, Tullio Ceccato solo per citarne alcuni.

Penso pertanto che se si vuole avere un minimo di onestà intellettuale e non essere intrisi di quella ipocrisia che, nel silenzio e nell’indifferenza, ha permesso e continua a permettere che migliaia di persone, ieri come oggi, continuino ad essere azzittite e annientate dalla psichiatria, bisogna fare una scelta.

Parlare solo degli orrori compiuti dalla psichiatria nel passato non crea grandi contraddizioni, occuparsi di quelli che continua a compiere oggi comporta di scegliere da che parte stare: dalla parte degli aguzzini o da quella delle sue vittime … di ieri e di oggi.

Carmen del Gruppo d’iniziativa non psichiatrica di Tradate

Risposta di Simome Cristicchi

Ciao Carmen,
grazie per aver apprezzato lo spettacolo, che nelle intenzioni vuole essere un percorso nella storia e nella memoria della segregazione e dell’istituzione psichiatrica. Le lettere del manicomio di Volterra sono un incitamento a non dimenticare.
E’ chiaro che lo spettacolo avremmo potuto farlo in mille modi, affrontando altre tematiche importanti e più attuali.
Ma a noi piace così, e sono 4 anni che va in scena con il riscontro che avrai visto anche tu, e che non può che farci piacere.
Chissà…forse in futuro lavoreremo ad un secondo capitolo, in cui affrontare la realtà di oggi.
Ma io lavoro spesso con le metafore, e questo spettacolo, lo è.

So benissimo di cosa parli, gli orrori della psichiatria di oggi, i TSO…tutte cose che ti assicuro conosco molto bene.
Ma uno spettacolo, un libro o una canzone appartengono a chi le scrive e chi le ha inventate, a seconda del suo spirito artistico,
che sicuramente non accontenta tutti, ne vuole farlo, anche a costo di sembrare presuntuosi.

Per quanto mi riguarda sono contento che in questi anni, grazie allo spettacolo, molti giovani si siano avvicinati,
e abbiano avuto modo di approfondire e conoscere questa realtà, attraverso un linguaggio semplice, diretto, ma non ipocrita.
(Forse ti è sfuggito il monologo sulle terapie psichiatriche…ma non importa)

Mi dispiace che non ti sia chiara la mia scelta, che a me risulta addirittura palese!!!

Ognuno fa il suo mestiere. Io cerco di farlo con onestà, soprattutto se tratto tematiche così importanti, sento una responsabilità maggiore rispetto ai “canzonettari”, che pure hanno un loro ruolo.

ti auguro in bocca al lupo per il tuo percorso

Simone

Pubblicato il 10 November, 2010
Categoria: Notizie, Testi

Intervista di Daniele Ruta a Giorgio Antonucci



D. Lei sostiene che la pschiatria, a differenza degli altri rami specialistici della medicina, non ha nessuna base scientifica. In pratica e’ una falsa scienza.

R. E non solo. Dico anche che nessuno e’ ancora riuscito a provare il contrario. Le faccio un esempio distinguendo tra neurologia, vera scienza, e pschiatria, falsa scienza. La neurologia si applica su basi scientifiche, dati epidemiologici, statistiche sanitarie. Una Tac puo’ dimostrare una degenerazione neurologica. Lo pschiatra dice invece che sei schizofrenico, dice questo e basta. Dice una cosa che non ha senso, sostiene una sciocchezza. Tutti allora possiamo essere o non essere schizofrenici. Dipende solo dallo pschiatra che si ha davanti. Uno dice che lo sei, un’altro sostiene l’opposto. Ma nessuno dei due puo’ dimostrare su basi scientifiche la sua posizione.

D. Questo assurdo lo possiamo spiegare meglio con le contraddizioni della pschiatria forense.

R. Altro punto interessante. In un processo penale contro un accusato di omicidio si confrontano due posizioni opposte. La difesa tende a far passare l’accusato come un pazzo, l’accusa cerca di dimostrare che l’omicida e’ sano di mente. Su questo si gioca tutto. La galera a vita o qualche anno di trattamento pschiatrico. Si scontrano, con tesi differenti, due pschiatri che sono periti e a cui gli avvocati hanno affidato l’analisi del soggetto. Uno dice che e’ pazzo, l’altro dice di no.

D. Allora trasferiamo questa immagine pensando che l’omicida e’ un diabetico o un cardiopatico.

R. Appunto, si torna all’assurdo. Due medici dicono due cose opposte ma per la medicina o sei diabetico o non lo sei, o sei cardiopatico o non lo sei. Diverso e’ il caso della medicina sperimentale che cerca di indagare, per esempio, il virus dell’aids. Ma siamo alla sperimentazione che e’ una cosa diversa dal dire che la pschiatria e’ una scienza.

D. Mi dice una cosa semplice su questo passaggio cosi’ importante?

R. Se si prova a fare una Tac o un’analisi qualsiasi ad un cosiddetto “normale” e ad un cosiddetto “schizofrenico” e si confrontano i risultati allora vediamo che, in assenza di vere patologie, i dati clinici sono praticamente gli stessi.

D. Ma allora tutti questi articoli scientifici che parlano di schizofrenia? Con tutti i disegni e le immagini dei cervelli che hanno le zone rosse o gialle o verdi piu’ marcate a seconda se sei piu’ o meno schizzofrenico?

R. Sono le case farmaceutiche che finanziano articoli e riviste del genere.

danielerutagiornalista

In continuazione l’intervista con il professor Giorgio Antonucci
Il caso Subirous

D. Centocinquanta anni fa’ una ragazza francese, la Subirous, disse di vedere la madonna a Lourdes. La Francia positivista invio’ a Lourdes, allora sconosciuto paesino francese, dei funzionari che intendevano mettere la ragazza in manicomio. La storia ci dice che la chiesa inizialmente fu’ scettica ma poi difese la ragazza con tutte le sue forze. La Subirous non fu’ internata, anzi divenne suora. Una cosa e’ chiara. Senza il potere della chiesa la ragazza avrebbe passato il resto dei suoi giorni in manicomio. Ma proviamo adesso a disconnettere questo rapporto tra i due poteri. Immaginiamo che la ragazza avesse detto di aver visto dell’altro.
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Pubblicato il 9 November, 2010
Categoria: Notizie

Il professore che cantava Omero e fischiettava Orazio – Eugen Galasso

“E allora chi di voi sa dirmi chi era il più grande personaggio dell’antichità?”   “Platone” “Cesare” “Augusto” “Pericle” “Cicerone” “Costantino” (voce fuori dal coro, ma…) “Sofocle”,”Euripide”, “Saffo” (voce di donna, come giusto), “Nerone” (il solito provocatore) “Spartaco” (idem),  “Mario” “Silla” (i “politici” della classe),  “Plotino”,  “Varrone”,  “Aristotele”, “Alessandro Magno”. A tutti(e) la risposta:  “Uno più grande, più grande”. A un certo punto tutti/e s’arrendevano. Ecco la risposta del prof.: “Cristo, perché rivoluzionò tutto. E sapete che cosa gli avrei fatto, potendolo conoscere?”  “L’avrebbe salutato, omaggiato” (altre risposte varie, tutte simili): “No, gli avrei dato uno schiaffo, così sarei entrato nella storia. Guarda un po’quel fesso che ha dato uno schiaffo a Cristo”.   Scena vera, non inventata, come quando, per vivacizzare il “Mostellum” Plautino, lettura e commento(ma faceva leggere le parti ai(alle) singoli(e) allievi(e)), si nascondeva dietro la cattedra dicendo “Ma dove’è, dov’è il fantasma”, quando raccontava della sua vita,: “come quando a Salsomaggiore avevo fatto un complimento a una signora…” “con me non attacca mica sa”. Come quando al playboy in erba, rampollo di ottima famiglia d’avvocati, rockettaro, fece cantare un’ecloga virgiliana, la prima, mi pare “Titùre tu patulè recubàns sub tègmine fagi…”, E Gianca la mise in musica, sfruttando la musica di una canzoncina rock. “Hurca,,,,” (commento del Moggio, egli stesso esecutore-violinista, di Mozart, Beethoven, Mendelssohn & Co.”. Parlo del grande Francesco Moggio, ormai “tra i più” (sepolto a S.Daniele del Friuli), considerato un “pazzo”, un “visionario” (ecco le follie di Moggio, diceva il sicuramente geniale Carlo Lazzerini, Livornese, neopositivista logico-“illogico”, dico io, ma…- mia madre “Moggio è impazzito, poveretto…”, la signora del bar che mi conosceva, critico di cinema in erba, “Cossa diselo lu, lo conosse?” “Sì, certo. Il mio prof..” “Per mi quel lì l’è mat”  “Ma signora, guardi che….”. Ancora, poi basta aneddoti, quando voleva spiegare la metrica greca con i legnetti e le percussioni, una baraonda in classe, più che mai, ennesima ispezione (di un’altra si vociferava, con tanto di ispettore inviato – estasiato dalle lezione del “nostro”. Era successo anni prima).  Ora basta aneddoti, cerchiamo di riflettere: per i pedagogisti “Old style” un disastro, una catastrofe,  una sciagura, perché “così non si studia, non s’impara”, sentenziano ignoranti i vetero, magari imbottiti di 3 C(conoscenze, competenze, capacità), allevati al suono dell’ex.ministro post-PCI Giovanni Berlinguer, ma incapaci di apprendere alcunché dalla glottopsicologia (per ex., ma anche dalle neuroscienze) che si apprende meglio coinvolgendo il movimento e comunque tutto il corpo, che se è vero che “docendo discitur” (coinvolgimento degli studenti, con relazioni da tenere etc.), è altrettanto vero che “ridendo discitur”, che si apprende meglio se si può ridere.

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Pubblicato il 1 November, 2010
Categoria: Notizie

Racconti del reparto “autogestito” di Imola: Giovanni Angioli, Riccardo, Cristina Vetrone e Banda Roncati

Armonie delle sfere

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Pubblicato il 23 October, 2010
Categoria: Notizie, Video

Giuseppe Casu. La psichiatria divisa sulla contenzione – dott. Giorgio Antonucci – Leonardo Tondo – Gian Battista Cassano



L’Unione Sarda


Il dibattito sempre aperto tra due diverse visioni. Parlano Tondo, Cassano e Antonucci

La psichiatria divisa sulla contenzione

Giovedì 21 ottobre 2010

Due le scuole di pensiero, simili quasi a due religioni che non trovano punti d’accordo. Chiedere agli psichiatri di parlare dell’uso della contenzione fisica (o contenzione meccanica, come la chiamano in gergo tecnico), così come dell’elettroshock, può scatenare un dibattito dai toni accesissimi. Esistono due visioni diametralmente opposte della stessa pratica, accomunate dall’unico spartiacque che è la legge di riforma della psichiatria ideata dal medico triestino Franco Basaglia.
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Pubblicato il 21 October, 2010
Categoria: Notizie

Centro di Relazioni Umane (Bologna) — Maria Rosaria d’Oronzo