L’ impegno a incasellare- Fritz Leiber – Eugen Galasso
Fritz Leiber, scrittore USA del fantastico e non solo, scomparso nel 1992, studioso di Shakespeare (era figlio di due attori shakespeariani, tra l’altro), è esempio di intelligente ironia, di cultura, sorta di pendant di Isaac Asimov e non a caso in “The Spider”(1962), racconto intelligente e “non facile” (che cosa lo è, però?) si burla di uno psichiatra (dove negli States il ruolo dello psichiatra tende spesso a inglobare anche quello dello psicoanalista…) che, per spiegare la presenza di un ragno nelle “fantasie” di un suo “paziente” occasionale (paziente ne era stata la moglie, un tempo), tira fuori la teoria del “mandala” compensatore, per cui il ragno sarebbe un “Mandala” pronto ad emergere quando la persona è in crisi, sorta di salva-vita, di valvola di compensazione, ma poi si spaventa quanto il ragno c’è davvero e gli capita sottomano…Peccato che poi, però, in un saggio intelligente come quello sui “Mostri” (Monster and Monster Lovers, 1962, quindi coevo al racconto anzidetto) riferendo di come, in tempo di guerra e di calamità la paura reale schiacci quella surrogatoria, per cui le “brame di mostri” si riducono, venga poi invece a dire: “Gli psichiatri che si trovavano in Europa durante il terrore nazista osservarono che le nevrosi erano praticamente scomparse, benché le psicosi infuriassero come sempre” (in trad. italiana, in “Spazio, tempo e mistero”, Milano, Mondadori, 1987, p.33. , mentre in op. cit., pp.18-21 si trova la tradz. del racconto di cui si diceva sopra). Partizione di comodo, come senz’altro Leiber sapeva, magari non ammettendolo “ad extra”, fatta ad usum delphini o meglio di psichiatri impegnati a incasellare. Ma allora, sapendo che si tratta, perché perpetuare una partizione che serve solo a perpetuare (o eternare?) la volontà classificatoria di chi ha bisogno di nosografie per inquadrare, ma poi anche punire “disturbi”, anzi “malattie” (dicono gli psichiatri) e persone… ?
Eugen Galasso
Pubblicato il 21 October, 2011
Categoria: Testi
Disegno onirico del 15/16 ottobre – Restituzione -Eugen Galasso
Ulteriore proposta di disegno onirico, con persone già esperte, perché avevano già frequentato tale tecnica, che vorrebbe essere anche altro. L’espressione grafica della creatività, spesso tabuizzata o troppo canalizzata a scuola, all’università, con distinzioni troppo nette di tipo critico-valutativo, per cui se ti rivolgi a certe forme espressive rischi l’ukase (“quella non è arte”etc.), risponde in realtà a un bisogno fondamentale, che risale agli stadi precorticali del nostro cervello, ossia alle esigenze meramente emotive, sentimentali e passionali, ma poi coinvolge anche l’area dell’inconscio, meglio di ciò che per comodità definiamo ancora come tale, della creatività, della “fantasia”, di tutte le connessioni che si muovono oltre ed extra quanto definiamo “logica deduttiva”. Peraltro oggi sappiamo che anche le partizioni troppo rigide (emisfero destro del cervello=creatività, emisfero sinistro=logica deduttiva) sono da rivedere, comunque non valgono più in modo apodittico, come la “rivoluzione”gardneriana sui tipi di intelligenza e la concezione di Goleman sull’intelligenza emotiva ribaltano molte false certezze acquisite, come anche altro. Schemi troppo fallaci, dicotomie accettate spesso per mera comodità vengono senz’altro rimesse in discussione e le scoperte dei prossimi anni e decenni porteranno ad ulteriori “rivoluzioni” (nell’accezione letterale, quella copernicana, della “revolutio” ), dove bisogna aggiungere che l’ambito delle neuroscienze, oltre ad essere revedibile e modificabile in ogni momento, si ferma ad un livello: il cervello non è=mente, la mente non è tout court= pensiero, come anche nella concezione anti-meccanicistica di Giorgio Antonucci. Tornando però al contesto che si è creato, la possibilità di essenzializzare l’attività relativa al disegno e la riflessione, legata all’interpretazione dei disegni, ha consentito di lavorare con maggiore consapevolezza, accentuando lo scambio di giudizi sulla sinergia colore-forma che dà luogo alla produzione grafica. Non è venuto mai meno il divertimento(nell’accezione letterale, ancora una volta, cioè il di-strarsi rispetto alle attività consuete, di impronta o meramente esecutiva o logico-deduttiva), il piacere di confrontarsi, di stare assieme con e per un obiettivo comune. Gli incontri successivi, che speriamo si svolgano ancora con regolarità almeno relativa, produrranno, speriamo, sempre nella condivisione, ulteriori scambi di opinioni, dove l’immissione di nuovi partecipanti, prontamente aiutati da chi ha già dimestichezza con il metodo e la prassi, favorirà altro e altro ancora… Nel frattempo, ancora ringraziando chi ha “sacrificato un week-end” (vedo diversamente le cose, ma anche questa è una lettura possibile), invitiamo a intervenire anche via e-mail con domande, prese di posizione, richiesta etc.
Eugen Galasso
Pubblicato il 21 October, 2011
Categoria: Testi
Lutero e lo stigma del “pazzo” – Eugen Galasso
Lutero, alla Wartburg, dove Ferdinand III di Sassonia lo proteggeva dall’arroganza cattolica espressa nel potere temporale di Don Carlos (Carlo V°), tradusse la Bibbia, tra il 1522 e il 1537, dai testi greci e non dalla “Vulgata” latina di Girolamo. Si dice (sarà anche leggenda, ma è avallata da (Heinrich) Harry Heine, tra i tanti, poeta ebreo-tedesco dell’Ottocento e grande studioso di queste cose), sentendosi osservato-perseguitato dal demonio. Vero/non vero (senz’altro non vero, per chi scrive, ma prescindiamo dall’affermazione singola), il fatto è che Lutero non si sentiva all’altezza del compito eppure svolse una traduzione splendida, poeticamente e linguisticamente (esempio di tedesco moderno eccelso) indiscutibile, pur se, certo, la filologia biblica moderna nel 1500 non era nota… Eppure, oggi, non allora, per alcuni/e persone, Lutero sarebbe un folle o addirittura, togliendoli l’alibi culturale, un volgare “pazzo”. Un aneddoto – diciamo così, provvisoriamente, sul quale conviene meditare…
Eugen Galasso
Pubblicato il 20 October, 2011
Categoria: Testi
Malatesta e la “follia pericolosa” – Eugen Galasso
Peccato che Errico Malatesta, pensatore e agitatore anarchico di indubbio spessore, pur se “discutibile” (cioè da discutere, come peraltro chiunque) fosse favorevole, comunque tutt’altro che contrario ai manicomi. Curioso, per chi non voleva in alcun modo le prigioni, ma… Lo sapevo, avevo letto alcuni brani nei quali ciò veniva teorizzato, ma ora ritrovo un passo inequivocabile; anzi meglio, l’avevo trovato leggendo e poi recensendo il primo volune delle opere complete (a cura di Davide Turcato, saggio introduttivo di Davide Turcato, MIlano-Ragusa, Zero in condotta-La Fiaccola, 2011). a p.71, ne “L’Agitatore Socialista Anarchico” del 25 aprile 1897, Malatesta scrive: Così, per esempio, potrebbe, non lo neghiamo, esservi un vantaggio tecnico ad avere un corpo di specialisti incaricato di diagnosticare la follia pericolosa (?) e di portare i matti al manicomio; ma, che volete? noi abbiam paura che quei signori dottori e infermieri giudicherebbeto matti tutti quelli che non pensano come loro. Lombroso (che considerava matti comunque gli anarchici tutti. e..g.), che ci rinchiuderebbe tutti, Merlino compreso!”. Il testo prosegue con alcune considerazioni sulla polizia, ma il fulcro della cosa è detto: come si vede, dubbi Malatesta ne ha, relativizza il giudizio, ma rimane l’incipit del ragionamento, la considerazione sulla “follia pericolosa” etc. Certo, non si vede perché chi fa della sua bandiera la libertà voglia condannare (questo è il manicomio, questo è il TSO) chi pensa diversamente o chi si comporta in modo considerato “strano”.
Eugen Galasso
Pubblicato il 20 October, 2011
Categoria: Testi
“Vuoti a perdere” – Eugen Galasso
Recupero ora in registrazione, non avendola seguita direttamente, la trasmissione “Vuoti a perdere”, a cura di Sivia Bacci, con la regia di Giovanna Cornaglia e Marco Testa, impostata sulla storia della psichiatria in Italia, inserito in “La storia siamo noi”. Lavoro probo, non c’è nulla da dire, onesto, ma almeno in parte monco. Intervengono Tommasio Losavio, antipsichiatra romano, Massimo Marà, Peppe dell’Acqua (già collaboratori di Basaglia), Giovanna del Giudice, antipsichiatra di area torinese. Lo sforzo di tutti/e è di dimostrare le virtù della legge 180, “l’unica legge civile in Italia assieme a quella sul divorzio e l’aborto”, dicono alcuni esponenti politici. Può anche essere vero, purché si dica che essa, però, ammette il TSO (trattamento sanitario obbligatorio), comminabile – uso volutamente il verbo che in genere regge il complemento oggetto “pena”, perché la reclusione psichiatrica è una pena- senza troppi problemi.Esistono ancora elettroshock (non solo in poche strutture), psicofarmaci à gogò, letti di contenzione… Il documentario è di per sé cosa nobile, anche ben realizzato (impressionante il documentario in bianco e nero, dove l’elettroshock, presentato come una terapia “sine cura”, viene chiamato à l’italienne elettrourto, manco elettroscossa…), con una sostanziale “celebrazione” della legge, appunto, umanitaria, libertaria, sottacendone appunto gli elementi negativi, quali quello accennato sopra; piace sentire la storia della creazione di assemblee di ricoverati, infermieri, medici, in una chiave di democrazia diretta almeno abbozzata, sentire il dott. Marà che ricorda gli orrori, oltre che dell’elettroshock, del “coma insulinico”, i cui effetti sono ugualmente devastanti, dando la sua testimonianza umana di quando pianse, dopo la somministrazione di tale tortura travestita da terapia. Ma, al di là di un “i remember”, scarso l’approfondimento in chiave di bio-politica (ossia di come la politica influisce direttamente sulla vita), dove stupisce non poco che il dott.Giorgio Antonucci, protagonista vero della lotta non solo contro le aberrazioni della psichiatria, ma contro la psichiatria tout court, che si dirige all’ irreggimentazione degli individui, in queste occasioni (telefilm RAI su Basaglia di due anni fa, “C’era una volta la casa dei matti”etc.) non venga mai consultato. Oppure la cosa, invece, non stupisce affatto, perché chi “canta fuori dal coro” è sempre considerato pericoloso… e forse, in certo senso, lo è davvero, per logiche di potere che si vorrebbero inveterate, che si riproducono sistematicamente, con camouflages di facciata (cambiamenti nelle denominazioni di alcuni partiti etc.) e altro, che si eternano -si spera non letteralmente- senza alcun ritegno.
Eugen Galasso
Pubblicato il 17 October, 2011
Categoria: Testi
5° Vetrina della stampa anarchica e alternativa – Antipsichiatria – Eugen Galasso
Se non nelle manifestazioni alternative, dove trova spazio l’antipsichiatria? Ecco, allora, che effettivamente alla Vetrina della stampa anarchica e alternativa (Firenze, Teatro -Tenda Saschall, dal 7 al 9 ottobre), c’era la bella mostra del Collettivo antipsichiatrico “Antonin Artaud” di Pisa, “Nuoce gravemente alla salute”, c’era anche il filmato – efficacissimo nella sua nuda violenza – su Vallo della Lucania, sulle fasi immediatamente precedenti la morte di Mastrogiovanni. Il fatto è che, in una manifestazione che presenta e ha presentato tanti libri, tante riviste, tanti video e concerti-spettacoli teatrali, iniziative lodevolissime come questa sono importanti, ma rischiano di perdersi in un mare magnum di proposte, di altro… Non è una critica, ma una constatazione: forse, almeno in certe occasioni, concentrarsi su un tema (per es la repressione in carcere e nel “post-manicomio”, perché tale rischia di essere il reparto psichiatrico dell’ospedale e della clinica, può essere utile. Certo, l’urgenza di parlare della crisi e di come essa venga fatta pagare sempre ai più poveri è reale, ma, anche il problema delle prigioni e dei “post-manicomi” e dei TSO è, a pieno titolo, “strutturale”.
Eugen Galasso
Pubblicato il 12 October, 2011
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“Svelando e rivelando” di Giorgio Antonucci – Eugen Galasso
“Svelando e rivelando” di Giorgio Antonucci, assieme a tutto il resto (la produzione poetica, saggistica, gli interventi ai convegni etc., ora sempre debitamente repertoriati e quindi facilmente reperibili sul nostro sito) della produzione di questo instancabile protagonista della vita culturale ma soprattuttto sociale (tutto quanto è sociale è di per sé culturale, mentre la cultura-se intesa solo come produzione scientifica e letteraria-artistica non è sempre sociale; se invece intendiamo per “cultura” tutti gli atteggiamenti, i modelli di comportamento-patterns-gli stili di vita, le abitudini, gli schemi di pensiero etc., cioè nell’accezione dell’antropologia culturale, allora sì, è=cultura), purtroppo spesso ignorato o boicottato dalle istituzioni, ci dice anche come la psicologia sia monca, quantomeno. Se dalla psicologia e dal suo studio non si può prescindere, è però vero che se essa si arrocca, divenendo, anzi volendo divenire una clavis universalis per spiegare il mondo, allora diventa una pietra d’inciampo. Un esempio: le diagnosi (con pretesa di validità scientifica incontrovertibilie) fatte a tavolino o in TV. Ma ancora: le opere letterarie o d’arte (teatro, arti visive, cinema etc.), i volumi divulgativi o anche i sommari di psicologia e ambiti affini a senso unico (tutto si legge in chiave freudiana, junghiana, kleiniana, lacanina, di cognitivismo etc.). Cercherò allora di fare un’autoanalisi, non sui sentimenti, le passioni, i gusti (al lettore, alla lettrice non interesserebbero) ma sulle scelte politiche, precisando: A)di non svolgere né aver svolto attività politica in senso proprio, se non situazionalmente e sporadicamente, su temi precisi (per es. la lotta contro la reductio psichiatrica, certo); B)di essere in politica un pragmatico e un utopista. Mi spiego: volendo ottenere “tutto”, ossia le mete più inaccessibili, mi accontento, poi, di poco, purché qualcosa si ottenga, comunque. Non “compromessi”, ma “mediazioni”, se così vogliamo dire. Se considero la mia posizione politica attuale rispetto a quella di dieci o vent’anni fa, rispetto a un quarto di secolo fa, constato che: 1)non funziona nessuno schema psicologico e/o psicoanalitico che voglia valere “assolutamente”, cioè come a sé stante e pretendendo di avere in sé la verità “a prescindere”; 2)credo funzioni piuttosto uno schema, certo ampiamente inteso, “dialettico”, perché partendo da una certa “tesi”, ho frequentato e incorporato l'”antitesi”, arrivando (chissà, forse, magari semplicemente auspico che sia così) a un qualcosa che forse può definirsi “sintesi”. Tesi=sinistra; antitesi=destra, sintesi qualcosa d’altro? NO, sarebbe rozzamente semplicistico, anche perché credo al “transpolitico” baudrillardiano: la partizione accennata risale alla partizione francese post-Rivoluzione, quindi a fine Settecento-inizio Ottocento e da allora di acqua ne è pur passata, sotto i ponti… Ciò non vuol dire negare le differenze, che credo siano ineliminabili, vuol dire ridefinirle in parte. Non per questo sarei convinto dell’assoluta giustezza della dialettica hegeliana o marxiana…
Eugen Galasso
Pubblicato il 11 October, 2011
Categoria: Testi
Ne è passata di acqua, sotto i ponti – “Basaglia: intervista”- Eugen Galasso
Basaglia-intervista: tentativo di commento.
Quando si parla di antipsichatria o di”non psichiatria” (David Cooper) c’è il rischio di finire nella retorica nominalistica, di giocare con le parole, magari volendo invece ragionare con i concetti. Rivedendo (riascolando, soprattutto) l’intervista di Basaglia risalente agli anni Settanta (Basaglia muore nell’80), contiene alcuni elementi fondamentali: A)Giustissimo quanto Basaglia afferma nell’intervista (ma è un ribadire quanto scritto nei libri, nei vari interventi, quanto detto nei convegni), che cioè non è questione di psichiatria, antipsichiatria, non-psichiatria (se Cooper vuol costruire una nuova etichetta è affar suo, dice Basaglia), ma di andare incontro ai bisogni delle persone. Quanto teorizzato da Cooper (non psichiatria come negazione radicale) rispondeva a esigenze ideologiche, anche comprensibili e accettabili (anzi forse sacrosante) ma rischiava di dividere un movimento già difficile da gestire e in cui trovare un minimo comun denominatore. Oggi la situazione è quasi la stessa: B)Dire che la “scienza è politica”, invece, vuol dire riprodurre, con scarse variazioni di senso, quanto diceva Bogdanov, distinguendo tra “scienza proletaria” e “scienza borghese”. Dicotomie che forse non andavano bene neppure negli anni Venti del Novecento, quando si voleva costruire una teoria forte per la rivoluzione bolscevicaa, ma certo inutili oggi. Oggi “Proletariato” e “borghesia” sono termini relativi, ancora validi ma, appunto, relativamente. Tale distinzione vale nel “Terzo Mondo”, decisamente meno nei paesi “avanzati”. Un tempo i ricoverati in manicomio erano soprattutto proletari, oggi i degenti in cliniche psichiatriche o in reparti psichiatrici sono di ogni classe sociale. C)parlare di lotta contro l’istituzione manicomiale andava bene allora, meno oggi dove “i giochi sono più complessi”, non esistendo più, almeno in Italia i “manicomi”, ma essendoci ancora le realtà cui accennavo sopra: oggi TSO, elettroshock, psicofarmaci etc. sono ancora “bien vivants”. Attenzione: non affermo che Basaglia si limitasse agli alberi senza vedere la foresta, ma credo che abbia profondamente ragione Antonucci quando ci ricorda l’arroganza diffusa del potere psichiatrico, che oggi si disperde in tanti gangli, quasi proliferando mostruosamente con psichiatria usa e getta, mentalità radicate nel pregiudizio etc. Tutto è sempre più difficile di quanto non sembri, insomma.
Eugen Galasso
Pubblicato il 6 October, 2011
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Bevilacqua, Hoelderlin, Schizofrenia – Eugen Galasso
Rimango abbastanza atterrito leggendo, su “Belfagor”, anno LXVI, n.4,giugno 2011, la conversazione di Giuseppe Bevilacqua, grande germanista, con Mattia di Taranto, quando il notevolissimo studioso e traduttotre di poesia (peraltro l’ “intervista” verte su ciò, quasi unicamente) ribadire, anche in forza del fatto di avere dietro di sé, prima degli studi letterari, il biennio di medicina:”Qualche anno fa ho pubblicato un libro intitolato “Follia e poesia nel tardo Hoelderlin”, FIrenze, Olschki, 2007) e ho polemizzato con l’establishment germanistico perché nel considerare l’opera di un grande poeta non ha dato il dovuto rilievo alla sua infermità mentale in rapporto ai contenuti e alle modalità della sua vita e della sua opera. Si è parlato quasi esclusivamente di Umnachtung, ottenebramento, quando bisognava parlare di una gravissima schizofrenia” (Belfagor, cit, p.462). Da ex-allievo anche di Bevilacqua, sostenendo con lui l’esame proprio su Hoelderlin (non dirò quante lune fa…) non mi ero mai accorto di quest’insistenza sulla “follia”, un tratto che invero viene sottolineato fin troppo, a differenza di quanto ritenga lo studioso. Due possibili interpretazioni: A)forse così Bevilacqua polemizza con Pierre Bertaux, forse il più grande studioso di Hoelderlin, che parla di “leggera schizofrenia”, dove fra l’altro ci sarebbe qualcosa da dire (nella nosografia psichiatrica corrente si direbbe “tendenza schizoide”, piuttosto); B)forse riscopre così la sua primigenia passione medica, ma… Sicuramente, invece, il campo della creazione poetica rimane intangibile dall’invasione psichiatrica, ma la psichiatria di incursioni anti-poeitche ne ha fatte comunque tante: Dino Campana, Antonin Artaud, Ezra Pound, ovviamente Alda Merini; a Hoelderlin, 1770-1843, le cose erano andate meglio, con la piccola reclusione nella torre, che di fatto reclusione vera e propria non può essere considerata -i poteri, allora, punivano meno intensamente comportamenti “EXTRA-VAGANTI”, modi di pensare alieni da quell’orrendo “minimo comune denominatore” che chiamiamo norma o normalità. Spiace per Bevilacqua, rimasto forse preso da un tardivo ri-amore per Hoelderlin, poeta che ha tradotto e commentato-studiato-insegnato per tutta la vita… Dispiace, ma può accadere, nel nostro piccolo mondo di illusioni psichiatrizzanti…
Eugen Galasso
Pubblicato il 13 September, 2011
Categoria: Testi
Esproprio per “follia” – Eugen Galasso
In una realtà multietnica e molto conflittuale del Nord-Est italiano, dove si scontrano (pur come “fuoco che cova sotto la cenere”), qualche anno fa si era prodotto un vulnus grave, nel senso che un’associazione culturale era stata espropriata, quanto a denominazione e ragione sociale, a una pittrice, tacciandola di pochezza culturale e di “follia”. Sulla seconda accusa non si può neppure discutere, trattandosi di un puro pregiudizio; sulla prima si dovrebbe riflettere più a lungo, dovendo esaminare una pluralità di fattori che non sempre emergono in modo chiaro; sarebbe una discussione troppo lungo da proporre, in questa sede, che richiede anche una certa brevità (non tanto la lettura in rete, ma quella nel sito richiede una certa brevitas, associata alla necessaria velocità di lettura). Certo dire a qualcuno “sei pazzo/a” vuol dire bypassare i suoi argomenti, non volerli considerare, il che è grave. Pregiudizi forti quanto radicati, in certe realtà. Ma veniamo al rovescio della medaglia: le ritorsioni della pittrice in questione sono dure e spiacevoli, con sms di natura anche (a tratti) antisemita, il che è molto grave. Allora, quali conseguenze trarne? Chi l’ha estromessa dall’associazione, appropriandosene, ha fatto qualcosa di illecito, di ingiustificabile, di arbitrario, ma la pittrice, con la sua insistenza spesso colpevole, non può barricarsi dietro il suo abuso di consumo alcolico, le sue difficoltà finanziarie etc. per nascondere il problema: deve rispondere delle sue manchevolezze come i suoi “espropriatori”, dato che, appunto, appellarsi all’essere un “minus habens” per ragioni psichiche è una sciocchezza e la “malattia mentale” è un fantasma, non una realtà. La pittrice divenga consapevole, i suoi espropriatori si rendano conto di quanto ha fatto. Utopia? Forse, ma in una realtà culturale deprivata, dove la corsa al risparmio (l’ossessione dei “conti pubblici non in ordine” ) impedisce una life-long-education, un approfondimento delle proprie capacità psico-fisiche-sociali( includendo in questo ambito quelle motorie, ovvio), senza quei pregiudizi che derivano in genere dal fanatismo religioso, in certe realtà territoriali ancora diffuso, dall’arretratezza socio-culturale. E qui la colpa è di tutta la società, anzi meglio di tutto un modello di società.
Eugen Galasso
Pubblicato il 13 September, 2011
Categoria: Testi