“Solitudini” di Paolo di Giosia – Eugen Galasso
In questo bel volume “Solitudini” di Paolo di Giosia, troviamo, con i testi importanti del compianto filosofo dell’educazione Antonio Valleriani e di altri, una documentazione ricca su come ci sia emarginazione, anzi meglio, di come l’emarginazione venga creata. Concezione dicotomica del mondo, nata con e da (almeno, personalmente credo anche da prima) Parmenide e Platone, con il mito cui tutti/e (compreso chi scrive, ma oggi con riserve) indugiamo di “Hellàs”, della filosofia greca dove “il pensiero vede finalmente terra” (G.W.F.Hegel), dove c’è la “ragione” e la “sragione”, la verità e la sua negazione e…tertium non datur. Concezione poi confermata da Descartes, Kant, da Hegel, che pure ci pone di fronte alla complessità, da una concezione miope ed escludente del marxismo (di cui Marx ed Engels non furono in alcun modo né colpevoli né correi), dalla grande parte del pensiero dell’Occidente, magari “cristiano” (definizione coniata da Novalis, poeta romantica che ingenuamente rincorreva il Medioevo, poi statuito in ogni fascismo, in quello spagnolo “In nome dell’Occidente cristiano fucilateli”, in quello greco dei colonnelli e di Pattakòs, in quello cileno di Pinochet o salvadoregno di D’Aubisson, in quello in salsa argentina di Viola e Videla, nella superiorità del WASP (White Anglo- Saxon Protestant) à la Ku-Kux-Clan, nel razzismo di Piek Botha in Sudafrica etc.. Ma anche nel razionalismo “democratico”, “tollerante” (aggettivo che già dovrebbe far riflettere, infuriare chi lo legge!) le sacche di “emarginazione” vanno represse, se c’è bisogno, anche “a ferro e fuoco”… Idem con tanti altri, tante altre manifestazioni orribili, dove il “matto”, l’ “extracomunitario”, il “deviante”, chi parla altre lingue o ha altre culture (in accezione antropologica, cioè usi, costumi, abitudini, modi di pensare) viene ripreso/represso/disperso, “emarginato” e…scegliete voi quale termine sia più adatto, a seconda delle situazioni e dei contesti. “Follia”, dunque, miseria, diversità, da vedere in queste foto e da leggere in questi testi, dove, con riferimenti a Ricoeur, a Lévinas, a Maria Zambrano, a Galimberti (filosofo e psicoanalista, sia detto inter cetera), a Cambi etc., si documenta e si riflette sul “Monde comment ça va”, come diceva Franòois Marie Arouet, id est Voltaire e cioè, per dirla solo con un avverbio: “male”, finché il rispetto non la vincerà sulla pelosa “tolleranza”, la giustizia sociale non avrà la meglio sulla pelosa “carità”etc.
Eugen Galasso
– DENTRO FUORI: “Teresa B.” – Roberta Giacometti e intervista a Giorgio Antonucci su Teresa B. –
“Dentro Fuori. Testimonianze di ex-infermieri degli ospedali psichiatrici di Imola” di Roberta Giacometti, ed Bacchilega editore, 2009.
“Il dottor Antonucci era stato l’unico medico, che io abbia visto, che entrasse nel suo camerino senza camice, la toccasse, le rivolgesse la parola, stesse seduto accanto a lei sul letto a parlare senza timore. Lei lo aspettava con trepidazione e mi diceva che anche lui aveva delle belle mani.”
TERESA B.
La storia di Teresa è incredibile, per questo la scrivo a parte, per farne un quadro più preciso.
Mi raccontano di lei le infermiere Giuseppina Pelliconi, Anna Piancastelli e Ileana Mingotti.
“Teresa era la donna con la museruola. Aveva subito una depressione post-parto, quindo poco dopo i vent’anni arrivò da noi. Aveva una bellissima voce, era un usignolo, quando spuntava il sole cantava le canzoni romagnole. Stava nel primo camerino al pian terreno del reparto 14. Giorno e notte teneva le braccia incrociate bloccate davanti e il corpetto allacciato dietro. Aveva cinque fascie di contenzione e i “zamparelli” di cuoio alle caviglie. Aveva un gran forza e faceva del male anche a sé: si metteva le mani “dentro” e tentava di tirarsi fuori l’utero. Prima che la tenessero legata per l’intero giorno, menava le altre malate: una volta rientrò dal cortile con le mani insanguinate e volle che la mettessi subito a letto legandola ben bene. “Cosa hai fatto?” le chiesi. Andai fuori e vidi una malata con la faccia pesta di sangue: le aveva quasi cavato un occhio. Da quel giorno fu legata.
Quando arrivava sera, e io stringevo le fasce per la notte, lei mi diceva: “tira, tira più forte.”. Io tiravo più che potevo, aiutandomi con i piedi appoggiati al letto. La tenevamo legata stretta perchè non muovesse neppure la testa, perchè mordeva il lenzuolo, la coperta, il materasso. Faceva così tutto il giorno, se la slegavi, il tempo che ti voltavi, un attimo, lei mordeva qualsiasi cosa. Non si sa come facesse, non ce lo siamo mai spiegate. La slegavamo solo per lavarla e stavamo accanto a lei sempre in due o tre, perchè mollava dei bei ceffoni. E poi sputava, bisognava stare attenti. Ma andava alzata, non poteva restare così, stava facendo le piaghe da decubito e allora in sartoria idearono per lei un vestito imbottito che, come un albero di Natale, stava in piedi da solo. Ma lo ruppe lo stesso, dove passava “sbragava”. Allora i medici decisero di far eseguire dal calzolaio dell’ospedale una maschera in cuoio con un telaio di tubolare di ferro, che noi allacciavamo dietro con cinghie di cuoio, affinchè non arrivasse a mordere nulla e non ci sputasse addosso, e le prime volte la portammo fuori così……Ricordo che il dottore non poteva vedere Teresa in quel modo, si guardava sempre le scarpe, erano comunque pochi i medici che guardavano i malati in faccia, specie se erano messi male. E così quando c’era la visita dovevamo metterla a letto, legarla e toglierle la maschera. E pensare che era lui che l’aveva ordinato….Poi misero un’infermiera che si prese cura di lei, gentile e paziente, con lo scpo di portarla fuori. Poco alla volta ci è riuscita”.
Ileana è la giovane infermiera di cui parla Anna. E’ lei che continua la storia di Teresa, con la quale ha passato quasi otto mesi nel tentativo di recuperare in lei un pò di dignità. Quando nel ’71 venne affidata a Ileana, Teresa era rinchiusa in manicomio da tanti anni e abbandonata nel suo camerino perchè, dopo tanti tentativi, tutti erano scoraggiati dal suo comportamento. Era considerata la paziente donna più pericolosa, un’irriducibile, forse l’unica che non si sia mai rassegnata alla sua condizione.
“Prova, mi aveva detto la capa. Io non sapevo nulla di Teresa. Mi fece entrare nel suo camerino e mi chiuse dentro. Il camerino era circa 3 metri per 4, con il letto al centro fissato a terra e un finestrone alto dal quale neppure io vedevo fuori, solo la cima degli alberi. Il pavimento di cemento aveva un avvallamento sotto il letto nel quale si concentravano i bisogni della malata. La puzza era pungente, perchè il cemento aveva assorbito negli anni la pipì. Le quattro pareti della stanza erano pieni di sputi, non c’era un centimentro libero; erano macchie rosate in quanto, in mezzo alla saliva, c’era del sangue, perchè Teresa si mordeva le guance. Teresa era legata al letto, strettissima, e aveva imparato a sputare anche attraverso la maschera. Leggi l’articolo completo »
Pubblicato il 15 May, 2011
Categoria: Libri, Testi, Testimonianze
Psichiatria e antipsichiatria – Eugen Galasso
Parliamo delle persone, diceva Giorgio Antonucci, in videoconferenza con Tolè, sabato scorso, non di psichiatria o antipsichiatria. Sacrosanto, quando invece gli psichiatri parlano di “casi”. Di un “borderline”, di uno “schizofrenico”, di un’ “isterica” (sì, persino questa diagnosi, sempre contra mulieres, vale ancora, per taluni “strizzacervelli”), di un paranoico etc. Casi, da risolvere(neanche fossero Sherlock Holmes, questi men and women), per incasellare-inquadrare-classificare. Senza i loro schemini non sanno far nulla. Talora verrebbe da rimpiangere epoche più crudeli (?) nelle quali almeno si usava la violenza senza troppa pre-meditazione. Ora, trovano la signora o ragazza che è scomoda per lasciarle l’eredità, il tipo che è troppo artista per assumersi “la responsabilità” e allora avanti, badabing-beng-bong (è in una canzone, anche bella, francese, non preoccupatevi… ); lo sbattiamo in “RP” (Reparto psichiatrico) con un bel “TSO” per “scioglierlo”/”liberarlo”/sollevarlo dagli impegni-impacci del “quotidiano”… Psichiatria d’assalto, altro che storie… Se volete, trovate parole e frasi più adatte, per “travestire”, metaforizzare etc., ma in realtà il succo della cosa è questo… Un ginepraio, se vogliamo, anche di leggi e cavilli giuridici, dove invece sarebbe molto meglio “en sortir”, con un’abolizione di tutto quanto limita la libertà. Un conto è il delinquente che uccide, che va recluso (esprimo al maschile solo per comodità, non è disprezzo della par condicio), per evitare che ricada nel delitto, ma chi è ingiustamente “accusato” (vale quanto detto prima) di “pazzia” sia libero, oltre e contro i pregiudizi degli sciocchi.
Eugen Galasso
Pubblicato il 14 May, 2011
Categoria: Testi
Philip Dick, FBI e psichiatria – Eugen Galasso
Philip Kindred Dick (1928-1982), grande scrittore di Chicago, autore di testi “profetici” (“Il mondo come Ubik lo creò”, “La trilogia divina”, “L’occhio della sibilla”, “Gli androidi sognano montoni elettrici”, che diviene poi il film “Blade Runner” di Ridley Scott), è uno di quegli autori che, tra critiche e riduzionismi “eterni”, ha attraversato fasi di scoperta-riscoperta, di valutazioni oscillanti, di sottolineatura polemica, tanto che qualcuno lo aveva definito “schizofrenico”….sic! In realtà la vita difficile di Philip (detto Phil da tutti, con la “mania” yankee di ridurre all’osso i nomi-noto il fatto che Ronald Reagan tutti i cittadini lo chiamavano Ronnie, che Clinton, che in Francia nei libri e nei giornali sentirete sempre chiamare William, era sempre Bill in patria), tra la morte della sorella gemella poche settimane dopo la nascita, il divorzio dei genitori quando aveva appena quattro anni, restando solo con una mamma autoritaria, “buttato” dalla facoltà filosofica di Berkeley per filo-comunismo (era l’epoca maccartista, la contestazione studentesca era ancora lontana), passando per sperimentazioni con droghe varie (LSD in primis, arriva Tim Leary, lo psichiatra e antropologo che studia e sperimenta ogni ambito della psichedelia), lo porta a quello che i “piccoli borghesi”, timorosi pur anco della propria ombra, chiamano “depressione”. Dick (le cronache lo accertano) era stato perseguitato dall’FBI, era finito in clinica psichiatrica… Nel corso degli anni non ho mai potuto leggere sistematicamente le opere di Dick (cosa che invece ho fatto, per es. con Ray Bradbury), ma vari romanzi e racconti “fantastici” li ho letti, tra cui anche questi testi giovanili, recentemente ripubblicati in francese(Paris, Gallimard-Folio) come “Colazione al crepuscolo” (“Breakfast at twilight”), “Small Town” (“Una piccola città”) e “Dove c’è igiene…” (“The Cromium Fence”), racconti scritti a metà anni Cinquanta. In tutti questi testi quale la chiave? La bellezza dell’arte, della creatività, che si scontra contro la bruttezza del mondo (un tratto gnostico, certo), ma anche la teoria delle realtà parallele, che dopo la teoria della relatività di Einstein si impone. Ma si nota anche, senza dover far neppure tanta attenzione, la polemica contro la psichiatria che riduce quanto non sa spiegare a “follia” o peggio “pazzia”. Leggendo Phil Dick capirete ancora di più la colossale (e quasi sempre letale) truffa della psichiatria e di coloro (tra gli psicoanalisti, gli psicoterapeuti e altri) che vi si accodano… Eugen Galasso
Pubblicato il 8 May, 2011
Categoria: Testi
La pedagogia clinica e A.D.H.D. – Eugen Galasso
La pedagogia clinica: disciplina e prassi nata almeno 37 anni fa, con Guido Pesci e Sergio Gaiffi. E’ormai una realtà vivo e importante, tanto che sia il congresso nazionale di fine ottobre 2010, sia il recente, importante, convegno di Orvieto (16 aprile 2011) su “Multidisciplinarietà come trama educativa. Professioni, Scuola, Famiglia, Istituzioni”, organizzato ad opera dei pedagogisti clinici dell’Umbria, con un’importante lectio magistralis del presidente-fondatore Guido Pesci, hanno segnato una partecipazione importante, appunto pluridisciplinare, con tanti apporti di sociologi, psicologi, psicoanalisti e psicoterapeuti, logopedisti, operatori vari, educatori etc.. Rimane però una questione insoluta: quella del rapporto psichiatria/antipsichiatria, mai esplicitamente tematizzata ufficialmente. Peccato, perché grava sulla categoria un’affaire insoluto che pesa come un macigno: certo, si può dire che la pedagogia clinica non è quella speciale, che questioni come quella della psichiatria non afferiscono all’ambito specifico (“noi facciamo opera educativa”), eppure la questione rimane. Al convegno di Orvieto, dove non sono intervenuto direttamente, con relazioni o altro, ho sentito parole alte e importanti, probabilmente le più importanti degli ultimi dieci anni o poco più, ma la querelle rimane: resta quando si parla di ADHD (una “sindrome” inventata di recente, che categorizza bambini/e ragazzi/e “iperattivi”e”disattenti”…ovviamente trattandoli farmacologicamente).
Pubblicato il 3 May, 2011
Categoria: Testi
Reflecting:il silenzio – Eugen Galasso
Ogni volta che mi capita di parlare in pubblico di reflecting mi accorgo che il tema e il metodo (ma in realtà è di più; potrebbe essere, se realmente praticato, una concezione di vita) coinvolgono tutte le persone che partecipano a questi incontri. Cerco di riassumere quanto mi pare emerga da due incontri bolognesi, svolti in periodi differenti, a distanza di quasi mezzo anno (novembre 2010-metà aprile 2011), oltre che dagli incontri fiorentini e da quelli svolti altrove, in circostanze e periodi differenti: A) il reflecting non dà risposte, pone domande formulate insieme (cioè tra reflector e persona coinvolta), quindi , per chi vorrebbe “soluzioni rapide”, queste certamente non le dà; Leggi l’articolo completo »
Pubblicato il 3 May, 2011
Categoria: Testi
Del suicidio – Eugen Galasso
Sappiamo come gli psichiatri, sempre in cerca di tassonomie atte a giustificare le loro “condanne”, che si traducono in “terapie” quasi sempre coattive (TSO et similia), come il TSO si “affannano” (invero non troppo) attorno a “sindrome suicidaria” o a “pulsioni suicidarie”, dove comunque una curiosa sintesi tra creatività e pressapochismo (si fa per dire, perché rispetto a un “dogma psichiatrico” comunque instabile, fluttuante) non si sa come classificarla, oscillando la stessa tra un pietismo di maniera (“eh certo, nella sua condizione, poveretto/a, c’è il rischio che…”) e una tendenza curiosa, decisamente tendente alla condanna già prima dell’ “evento” (“In quelle condizioni, sa, può fare delle sciocchezze. E poi…”), quasi la scelta “de vita aut de morte” fosse prerogativa dello psichiatra (a proposito, per chi condanna a priori, “sorvegliando e punendo”: quanti psichiatri suicidi? Non pochi, ma…sarebbe interessante avere in mano una statistica attendibile, pur con tutte le riserve anche di chi scrive questa nota, verso tale strumento d’indagine quantitativa). Le religioni e le chiese, poi: quella cattolica, che condanna di più (la vita appartiene e pertiene a Dio) delle altre la teoria e prassi del suicidio pratica una teoria e prassi della doppia verità: condanna a livello di dogma, ma nella pratica i funerali religiosi si celebrano, sempre omettendo di dire il motivo del decesso(ciò è particolarmente ipocrita quando il motivo è noto o almeno intuibile, quando il parente del suicida è magari il prete officiante il rito etc.). Si legga (?Si fa per dire, certo) dal”Catechismo della Chiesa cattolica”: E’ lui (Dio che l’ha donata, sottinteso) che ne (della vita, sottinteso) il Sovrano Padrone…Non ne disponiamo” (1)(1) Catechismo…, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 1992, p.561, paragrafo 2280. E ancora: “Il suicidio contraddice la naturale inclinazione dell’essere umano a conservare e perpetuare la propria vita. Esso è gravemente contrario al giusto amore di sé. Al tempo stesso è un’offesa all’amore del prossimo, perché spezza ingiustamente i legami di solidarietà con la società familiare, nazionale e umana, nei confronti delle quali abbiamo degli obblighi. Il suicidio è contrario all’amore del Dio vivente”(2)(2, ibidem, paragrafo 2281). Solo in fondo alla breve trattazione del tema (è il Catechismo, non è uno studio specifico) si dice, molto ipocritamente, che “La Chiesa prega per le persone che hanno attentato alla loro vita”(3)(3, ibidem, par.2283).
Pubblicato il 25 April, 2011
Categoria: Testi
LA CONTA – RADIO ONDAROSSA – O.P.G. – 20 aprile 2011 sull’intervista alla dott.ssa Maria D’Oronzo
In carcere non si muore solo di suicidio, ma anche per disservizi medici, soccorsi giunti troppo tardi, stati organici mal curati.
Questa puntata è dedicata agli OPG, i Manicomi criminali, dove vengono rinchiuse persone diagnosticate dalla pseudo scienza psichiatrica. Ad oggi gli internati nei 6 OPG italiani sono oltre 1500, in notevole aumento rispetto agli anni scorsi.
In alcuni grandi carceri inoltre sono state attrezzate delle infermerie psichiatriche, perché il controllo psichiatrico della gente in generale sta diventando sempre più pervasivo e sempre più persone vengono dichiarate inferme di mente.
Gli Opg sono luoghi di sofferenza atroce, dovevano essere aboliti già ai tempi della 180, ma per via dell’aspetto giudiziario, vennero mantenuti.
Anche Ignazio Marino ha fatto sentire la sua denuncia anche nel programma televisivo di Iacona su Rai3 e ciò ha prodotto una campagna nazionale sull’abolizione degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (OPG) organizzata da diverse associazioni, composte anche da psichiatri e operatori della Salute Mentale.
Il comitato promotore si chiama STOP OPG.
Un fatto originale, come da Comunicato Stampa del Comitato Promotore, si evince nel grande divario tra Regioni, in pratica in una media nazionale per 100.000 abitanti pari al 2/3%, si va dallo 0,7% del Friuli Venezia Giulia, al 4% per la Liguria, l’Abruzzo e la Puglia.
Evidentemente i parametri che usa la psichiatria italiana è differente da regione a regione!
Inoltre, in fatto di reinserimento sociale degli internati, vi è un aspetto che si trova ai limiti della legge: la carenza di un riferimento familiare ostacola la liberazione delle persone, come se ciò potesse incidere sulla legalità individuale, ed è per questo che spesso, alcune persone che devono scontare una pena di pochi mesi si ritrovano a sopravvivere in OPG anche per anni.
Il 1 aprile del 2008 c’è stato un Decreto del Presidente del Consiglio che già ne disponeva la chiusura, mentre il 15 aprile di quest’anno è accaduto l’ultimo suicidio nell’OPG di Aversa, in cui vige ancora una normativa del 1930, il Codice Rocco, così come negli altri OPG Italiani.
Così mi girarono e mi legarono come non avevano mai fatto prima, l’uomo di fiducia del Direttore mostrò certamente la sua abilità. Avevo cercato di guadagnare quel poco spazio che potevo. Era proprio poco, visto che già da tempo avevo perso la mia carne e i muscoli erano ridotti a corde.
Jack London – Il vagabondo delle Stelle
Con queste parole si apre il sito della dott.ssa Maria Rosaria D’Oronzo, fondatrice e coordinatrice del Centro Di Relazioni Umane a Bologna insieme al Dott. Giorgio Antonucci.
Maria Rosaria D’Oronzo illustrerà l’argomento in questione approfondendo il concetto della psichiatria e la relazione della psichiatria con gli OPG.
Maria Rosaria D’Oronzo ha lavorato presso l’Ospedale Psichiatrico Lolli di Imola dal 92 al 96, col dott. Giorgio Antonucci, allora primario, medico che non ha mai praticato un Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO).
La stessa dott.ssa D’Oronzo ha per questo subìto varie denunce perché ha sempre impedito l’applicazione e il ricorrere a TSO.
Fino al 2008 è stata presidente del Telefono Viola di Bologna, oggi collabora con persone e Associazioni che si occupano della promozione della libertà per le persone psichiatrizzate.
AL TELEFONO MARIA ROSARIA D’ORONZO
RADIO ONDAROSSA
Si era già parlato degli OPG, oltre e precedentemente la trasmissione mandata in onda in televisione (Presadiretta di Rai3) e, a nostro avviso, crediamo si tratti di una trasmissione che contiene qualcosa di ipocrita.
Abbiamo illustrato la campagna STOP OPG che vede anche Psichiatria Democratica promotrice e vorremmo sapere da Maria Rosaria il suo punto di vista in tal senso, cioè quanto la psichiatria possa essere o meno democratica.
MARIA ROSARIA D”ORONZO
Per quanto riguarda la trasmissione voglio dire innanzitutto che quando qualcuno riesce ad entrare in queste strutture totali e totalizzanti è sempre comunque un auspicio.
Il giornalista ha anche detto che l’operatore cinematografico è stato molto coraggioso, e questo lo riconosco anch’io.
Così abbiamo potuto vedere tutti, cosa sono questi lager, come giustamente sono stati definiti durante la trasmissione, ed è senz’altro positivo.
Per quanto riguarda invece la posizione della Commissione della Sanità del Parlamento, di fronte a questo ho solo delle critiche da fare.
Ignazio Marino e gli altri sono dei medici che conoscono bene l’Accademia, la cultura, la preparazione che viene data nell’Università, quindi essere scandalizzati e definire questi luoghi – luoghi di torture – come dice lo stesso Marino, mi sembra una questione di ipocrisia intellettuale.
Durante la trasmissione è stato ricordato che tutti gli Ospedali Psichiatrici, Civili e Giudiziari, dovevano essere chiusi TUTTI QUANTI nel 1978 con la Legge 180, ma ciò non ha portato nessuna presa in carico, una discussione, non ha aperto nessuna critica alla struttura culturale, teoria e prassi della psichiatria, ma ha semplicemente fatto sì che i luoghi di detenzione Psichiatrica fossero spostati dall’Ospedale Psichiatrico all’Ospedale Civile, o nelle Comunità.
Quindi un trasferimento dei luoghi, delle cose (anche le misure di contenzione) e delle persone, per cui oggi in Italia abbiamo i Manicomi più piccoli.
Ciò non ha portato sicuramente il superamento del Manicomio, come più volte denunciato da Giorgio Antonucci nei suoi libri.
Non abbiamo più le vecchie grandi strutture con 1500 – 3000 internati, abbiamo delle Case Famiglia, delle Comunità Terapeutiche, dove le logiche e le pratiche della psichiatria sono rimaste uguali.
Questo per dire innanzitutto che i Manicomi in Italia esistono!
Invece di avere delle camerate abbiamo degli appartamenti, abbiamo delle comunità più piccole.
In Italia non c’é stata nessuna critica e nessuna posizione di critica scientifica alla psichiatria, tranne il lavoro di Giorgio Antonucci, mentre anche nel resto del mondo, anche nei Paesi più a noi vicini come la Francia, la Germania, Inghilterra, ci sono dei margini più larghi di critica al metodo della psichiatria.
Ciò che si vuole fare, ciò che Ignazio Marino vuole fare, è ciò che già si è fatto con gli Ospedali Civili, cioè svuotare come un semplice trasloco questi OPG, per contenere queste persone in residenze più piccole.
Ora consideriamo che in Opg, come è stato fatto notare anche in trasmissione, ci si ritrova internati anche per cose banali, come una multa, o chiedere una dose di eroina in più, o come sputare un poliziotto, etc. E’ così che si procura l’etichetta del malato di mente e lo stigma, per cui questa persona diventa pericolosa e tutti ne hanno paura. La paura del matto.
Ricordiamo che la vera rivoluzione di Basaglia è stata quella di voler ridare dignità alle persone considerate etichettate malate di mente, dicendo che non esiste nessun presupposto scientifico ritenerle pericolose più di chiunque altro, se non per una metodologia psichiatrica che è un processo alle intenzioni.
La psichiatria, sorta alla fine del 700, è rimasta uguale, mentre tutte le altre scienze sono state rivoluzionate fin dagli inizi del 900.
Voglio ricordare un bellissimo libro ”Psichiatria e Fascismo”, che riguarda il fascismo italiano, in cui è scritto che il fascismo ha dovuto riordinare tutte le discipline in base al suo metodo di cultura fascista, ma non ha intaccato minimamente la psichiatria per il semplice fatto che gli andava bene così com’era, sin dall’inizio.
Perché in questo modo vengono negati tutti i diritti, il primo il più importante il diritto di pensare.
La psichiatria nega questo.
L’unico medico che ha ridato, riconosciuto la libertà delle persone internate in manicomio e negli O.P.G. e che si è battuto anche nelle aule dei tribunali perché venissero giudicate sui fatti, è Giorgio Antonucci.
Ricordo uno per tutti Carlo Sabattini detenuto in OPG, di cui il dottor Antonucci si è occupato come perito di difesa, come scritto nel libro “Il pregiudizio psichiatrico” del 1989 e anche nel sito Centro di Relazioni Umane.
Pubblicato il 23 April, 2011
Categoria: Testi
Calunnie a mezzo stampa – Eugen Galasso
Nel panorama limaccioso del giornalismo italiano, ampiamente inquinato dallo scandalismo, che si riverbera nella diuturna polemica politica, c’è oggi la “novità” di questo “Occulto Italia” della coppia di giornalisti dell’ “Espresso” Del Vecchio-Stregli, Milano, BUR edizioni. Con il solito meccanismo dell’ “inchiesta” giornalistica, i due cronisti vogliono far luce nel mondo delle “sette”, espressione ormai bandita dal meglio della ricerca storico-sociologica, anche di strettissima osservanza cattolica (penso da Massimo Introvigne, documentato sociologo della religione, che propone da almeno vent’anni di parlare di “nuovi movimenti religiosi”). Non mi interessa qui, in specifico, difendere “Scientology”, cui non aderisco in alcun modo, né il “CCDU” (Comitato dei Cittadni per i diritti umani), che comunque è cosa diversa dalla chiesa di Scientology, facendone parte anche persone di provenienza, formazione e convinzione molto diversa. Secondo il libro, supporters, seppure esterni, di “Scientology”, sarebbero due antipsichiatri laici, ateo il primo, agnostico il secondo, come Thomas Szasz e Giorgio Antonucci, dove notoriamente la riflessione dei due grandi delegittimatori della psichiatria come scienza si colloca in un ambito laico, scientifico, che con la religione non ha alcun rapporto. Che poi il CCDU e in qualche modo “Scientology” appoggino iniziative importanti nella direzione dell’antipsichiatria è innegabile, ma dovremmo parlare ,allora, di una convergenza indiretta, ferme restando le posizioni completamente lontane, distanti anzi, dato che non c’è e non ci sarà alcuna conversione dei due grandi alla “setta”, per dirla con chi non sa le cose ma pretende di conoscerle. C’è chi pesca nel torbido e richiamandosi a un “cattivo razionalismo assolutista”, pretende di spaventare la gente evocando lo “strano”, il “diverso”, l’ “occulto”, quasi non fosse vero che gli psichiatri (ogni diagnosi psichiatrica è diversa dalle alre, ogni presunta “terapia” si differenzia dalle altre) scientificamente inaffidabili (pretendere di assimilarla alla medicina è oltremodo opinabile, a voler essere teneri) si comportano in modo “stregonesco” quando formulano diagnosi e prescrivono “terapie”… La formulazione del libro è prudente, la documentazione relativa ai testi inesistente e/o rapsodica, per cui non conviene ricorrere a denunce (che, vista la situazione confusa della giurisprudenza italiana e a fortiori della procedura) che finirebbero, forse, nel “nulla” cartaceo, ma conviene diffidare i frequentatori del sito dal consultare un testo inutile, appesantito da ipotesi e tesi complottiste, che oggettivamente serve solo a riconfermar il potere psichiatrico.
Eugen Galasso
Pubblicato il 20 April, 2011
Categoria: Testi
A.D.H.D. : UN PROBLEMA DELLA PSICHIATRIA – Eugen Galasso
Quando, ancora all’inizio degli anni Novanta dello scorso secolo, non esisteva l’ADHD (disturbo da iperattività e carenza attentiva, pur se la traduzione non può essere precisa), nel senso che non si”configurava”come disturbo conclamato, certamente bambini/e e adolescenti annoiat/ei a scuola c’erano come anche bambini/e e adolescenti con la “fregola” di muoversi anche al di fuori di luoghi e tempi canonici(altra costruzione socio-culturale). Come venivano curati/e? In genere in nessun modo, ma non succedeva nulla. O la persona evolveva nel senso di adattarsi a ogni coazione socioculturale (in genere avviene ciò) oppure diveniva un/a ribelle (casi più rari, statisticamente). Non c’era la proliferazione di farmaci nuovi e nuovissimi e quindi del ciclo economico domanda-offerta con tanti farmaci (di nuovissima generazione) venduti e altrettanti acquistati, con un jamming (compressione) chimico micidiale, dove sarà opportuno bel testo di Maria Rosaria D’Oronzo e Paola Minelli, “Sorveglaito mentale”, Torino, Nautilus, 2009. Leggi l’articolo completo »
Pubblicato il 18 April, 2011
Categoria: Testi