Ricordo di Malaguti – Giorgio Antonucci
Articolo per “Senza Confine”, Imola 3 marzo 1993.
Chi poria mai pur con parole sciolte
Dicer del sangue e delle piaghe appieno
Ch’i’ ora vidi per narrar più volte?
Dante. Inferno. XXVIII – 1,3
Ora è nel piccolo cimitero del suo paese. La settimana scorsa pranzavamo insieme come avveniva di frequente da anni.
Si discuteva di tutto, ma in particolare di politica.
Adesso il non senso, la separazione che non si spiega.
Le carte vengono rimescolate ogni volta.
Le vicende della vita quotidiana sono vuote e di forma buffa, come un fiasco senza vino.
Igino Malaguti (1920-1993) aveva combattuto in Grecia con l’esercito italiano nella seconda guerra mondiale. Sul fronte aveva avuto occasione di parlare con Mussolini in visita ai soldati.
Ricordava questo fatto come il più importante della sua vita giovanile. Così diceva di non essere fascista, ma di avere ammirazione per la figura di Mussolini.
Aveva vissuto il suo momento di storia.
Diceva che aveva avuto la fortuna di non uccidere nessuno, non avendo avuto occasione di scontri a fuoco.
Io criticavo Mussolini e lui lo difendeva.
Nel dopo guerra, in cerca di lavoro, era passato dall’hinterland di Bologna alla periferia di Milano, e aveva iniziato la sua carriera psichiatrica e manicomiale in seguito a un litigio di osteria per colpa di alcuni che lo avevano insultato, picchiato e definito terrone.
Pubblicato il 22 May, 2010
Categoria: Testi
Libertà vo’ cercando. Quando si dice no – Giuseppe Gozzini
Non me ne vorrà Gherardo Colombo se, per riflettere sul suo articolo, comincio dalla parabola evangelica del giovane ricco. Un tale si avvicina a Gesù, gli si inginocchia davanti e gli chiede: “Che cosa devo fare per avere la vita eterna”. Gli risponde Gesù: “Osserva i comandamenti”. “Ma questo lo faccio fin dalla giovinezza!”. Allora Gesù gli dice: “Ti manca una cosa sola: vendi tutto quello che hai, dallo ai poveri e vieni e seguimi”. Ma il giovane se ne andò contristato perché aveva molti beni.
Siamo di fronte a un bravo giovane, contento di fare il proprio dovere, a posto con la sua coscienza. Si aspettava una benedizione di incoraggiamento – “continua così che vai bene” – e invece quello che gli propone Gesù è un capovolgimento di vita, a cominciare delle ricchezze da dare ai poveri. In sostanza gli dice: “Sei cresciuto nell’osservanza dei comandamenti, ma sei prigioniero delle tue sicurezze, non ti manca nulla salvo una cosa: la libertà. E allora pianta lì tutto e vieni e seguimi”.
Non ho trovato niente che meglio esprima il confine fra le antinomie volere e dovere, libertà e obbligo, scelta e obbedienza. Ciò che più interessa a Colombo è riflettere sulla percezione soggettiva di tale confine. In altre parole: due persone hanno lo stesso comportamento, ma l’una per dovere, l’ altra perché lo ha scelto; l’una per obbedire, l’altra perché ne è profondamente convinta. Il confine fra i due modi di dire “sì” è sottile ma tutt’altro che irrilevante.
Pubblicato il 17 May, 2010
Categoria: Presentazione, Testi
L’ALBA- Articolo su “Senza confine” di Giorgio Antonucci
L’aurora una volta mi pareva trasparente, al contrario di ora che mi sembra sanguigna; e le stelle erano puntine di diamante, ma ora le notti sono opache, e versano incubi.
Forse sono cambiati gli occhi.
Pochi giorni orsono alcuni amici, a pranzo da me a Firenze, erano arrivati a discutere, sulla guerra o sulla pace, su Ernesto Balducci e Norberto Bobbio, e si leticava sul giusto o non giusto della “Guerra del golfo”.
Ma è stata una guerra o un genocidio?
Ricordo da adolescente quando in pubblico per la prima volta mi ero alzato con grande paura e avevo contraddetto un domenicano vecchia maniera che diceva che i bombardamenti erano moralmente ammissibili se ristretti entro un certo numero di vittime, e io gli avevo chiesto ironicamente di informarmi con precisione sul numero.
Quel domenicano era sostenitore avanti lettera della guerra chirurgica.
Pubblicato il 17 May, 2010
Categoria: Testi
Alcune considerazioni “storiche” sulla “follia” – Eugen Galasso
Credo che sulla “follia” e sulla sua “storia”, sulla sua “gestione” e la reclusione “dei folli” abbia detto cose determinanti e “vincolanti” Michel Foucault, ma mi aggiungo di apporre qualche determinazione. A parte una considerazione sui presocratrici e il filosofo-poeta Empedocle, ritenuto “folle” dagli sciocchi, perché era democratico e si credeva messaggero dell’Assoluto incarnato dalle 4 realtà “elementali” (acqua, aria, terra, fuoco), dove non a caso Empedocle diviene eroe eponimo della tragedia “romantico-classica” di Friedrich Hoelderlin “La morte di Empedocle”, dove il poeta in questione visse molti anni in una torre da recluso perché “folle” e inviso ai poteri- con un certo sgomento leggiamo che i suoi, di Hegel-esegeti, lo definiscono “folle quieto” o parlano di “quieta schizofrenia” (Pierre Bertaux), come “folli” furono altri romantici (Schumann, Nerval il suicida, Nodier, in parte Hoffmann, ma perché non anche Mozart e Beethoven, Baudelaire, Verlaine e Rimbaud?), ma anche dopo il “dèmone” attecchì, nella visione della “plebe” bigotta e conformista al peggio…
Pubblicato il 16 May, 2010
Categoria: Testi
Il nocciolo – Giorgio Antonucci
“Così il vicino tradiva il vicino
la povera gente tra sè si dilaniava,
l’odio montava nelle case e nei quartieri”.
Bertolt Brecht
Ora si parla di nuovo di modificare la legge in campo psichiatrico.
Il nocciolo della legge 180, sfuggito all’attenzione della maggioranza, è nell’articolo che afferma che anche il ricovero obbligatorio deve essere fatto, quando non si è capaci di evitarlo, “con il consenso e la partecipazione” del paziente.
Il ricovero obbligatorio è comunque un arbitrio, è in ogni caso un sequestro di pesona, e sempre risulta a danno di chi lo subisce, ma il riconoscimento giuridico del consenso e della partecipazione indica che il legislatore ritiene la persona in questione un individuo capace di intendere e di volere, e di conseguenza capace di discutere e di decidere. Così chi ha redatto la legge, sia pure in modo contraddittorio, ha abbandonato il pensiero della tradizione psichiatrica, responsabile della logica dei ricoveri coatti senza discussione, che portano diritti al manicomio, che è il luogo dove le persone vengono condotte e trattenute con la forza.
Non importa se il luogo è una cella, una stanza da letto, o un giardino, e nemmeno importa se fa parte o non fa parte dell’ospedale civile.
Se una persona viene presa e trattenuta con la forza è necessariamente sottoposta a una condizione di violenza crescente, fintanto che non si sottomette o viene annientata.
Non so come si possa sostenere il contrario e vorrei che qualcuno provasse a spiegarmelo.
Pubblicato il 15 May, 2010
Categoria: Testi
O.P.G. (Ospedale Psichiatrico Giudiziario) – Eugen Galasso
In un’ecumenica trasmissione di prima mattina su RAI 1(“Uno Mattina”- prima tranche- e come altrimenti, sulla rete neovaticana del servizio pubblico/rete ammiraglia?) dello scorso 6 maggio, si è presentata un “realtà- modello” di un OPG (ospedale psichiatrico giudiziario) situato a Sagurano, Appennino Tosco-Romagnolo, in provincia di Forlì-Cesena, gestito “ovviamente” da un sacerdote, con il commento successivo della senatrice Maria Elisabetta Alberti-Casellati (PDL), attuale sottosegretario alla Giustizia e della senatrice Anna Maria Cantoni (PD), relatrice della Commissione Giustizia. Dalle due esponenti politiche è emersa (credo) buona fede ma scarsa conoscenza del problema specifico. Anche il presentatore-giornalista aveva fatto richiami generici ai problemi ancora esistenti (tra l’altro, nei 20 minuti dedicati al problema è emerso che i letti di contenzione in queste strutture esistono ancora, magari non nella struttura romagnola da cui si è partiti, ma altrove senz’altro, quasi fossero il frutto di una “tragica necessità”…).
Pubblicato il 9 May, 2010
Categoria: Testi
La questione sociale e i problemi individuali – EUGEN GALASSO
Se si proponesse una valutazione tassonomica, ispirata alla nosografia psichiatrica acclarata quanto tradizionale(quella dell’Arieti, per intenderci, ma anche di qualche repertorio, finora solo in fase di stampa…), di certe regioni alpine (penso per es.al Nord-Est italiano, includendo parte del Veneto, il Trentino-Alto Adige, il Friuli-Venezia Giulia, anche qui in parte) troveremmo un quadro sconfortante: il tasso di suicidi e di diffusione dell’etilismo e della droga è enorme anche in micro-realtà di montagna e di paese (ma pensiamo anche alla situazione delle regioni alpine occidentali, come la Vallée-Val d’Aosta- il caso della signora Franzoni non è l’unico, vi sono successi molti fatti “curiosi”). In realtà, che giovamento porterebbe psichiatrizzare tutto?Nessuno, in quanto il quadro risulterebbe turbato o a mo’ di giustificazionismo (“Poveretti, sono così, perché hanno una tara, una malattia…” ) oppure a una censura, a una reprimenda repressiva (“Sono così, ma gli faremo passare queste mattane”etc. ). Prescindo qui dai casi più eclatanti, quali il manicomio criminale (attenzione: esiste ancora, nonostante la legge Basaglia, che non ha potuto né abolirlo né “tangerlo”), dove chi ha commesso un reato viene sottoposto a una reclusione-terapia forzata (sempre in bilico tra le due situazioni) che sicuramente non lo “recupera”; pur se qualche giovane psicologo/a operante in quel settore cerca al meglio di “innovare” (ne ho avuta testimonianza diretta circa mezz’anno fa, in occasione del convegno pistoiese su “Sette, satanismo… “, a proposito di una stuttura lombarda), la struttura è quella che è e si fa sentire sempre e comunque…
Pubblicato il 4 May, 2010
Categoria: Testi
CONVERSAZIONI CON GIORGIO ANTONUCCI di ERVEDA SANSI
Critical Book i quaderni dei saperi critici
pp.1-6
“Penso che spesso, oltre alla pericolosità del
giudizio psichiatrico, la cosa più pericolosa
sia la resa che una persona fa alla propria
convinzione di essere malata”.
“Giorgio Antonucci non ha niente del medico tradizionale, indaffarato, autoritario, privo di abbandoni che siamo abituati a conoscere. La sua faccia triste esprime una dolcezza morbida, acuta, quasi dolorosa. I suoi occhi sono pieni di una timida assorta attenzione”.
E’ così che Dacia Maraini ritrae Giorgio Antonucci in un articolo di La Stampa, e del reparto autogestito di Imola fa la seguente descrizione: “Una volta aperta la porta del reparto mi trovo in una sala lunga e stretta affollata di gente. In fondo, sotto un affresco di mari ondosi su cui navigano barche dalle vele rosse, ci sono i ragazzi dell’Aquila venuti qui a suonare. Fra l’orchestra e la porta tante sedie con tanti ricoverati, donne e uomini.[…]
La musica di Mozart, con la sua armonia esplosiva dilata gli spazi, entra in queste facce contratte segnate dalle torture trasformando la bruttezza in bellezza, si fa liquido delicato piacere. I ragazzi dell’orchestra con le loro barbe, i loro blue jeans, i loro capelli lunghi suonano, impetuosamente brandendo i corni, i violoncelli, gli oboi. Alcuni dei degenti si mettono a ballare. Altri ascoltano a bocca aperta, facendosi cullare dalla meraviglia di quelle note. L’atmosfera rispetto ai reparti chiusi è diversa, c’è “confusione, vocio, disordine, colori. […]Le pareti sono coperte di stampe colorate, disegni, fiori, stelle. Una ragazza in vestaglia va e viene portando dei dolci”.
Artisti come Luca Bramante e Piero Colacicchi hanno collaborato alle iniziative culturali e dipinto gli affreschi del reparto. Dacia Maraini chiede perché, visto il buon risultato ottenuto, non si fa lo stesso negli altri reparti: “Prima di tutto perché é molto faticoso – risponde Antonucci con la sua voce quieta, dolce – mi ci sono voluti cinque anni di lavoro durissimo per ridare fiducia a queste donne; cinque anni di conversazioni, di presenza anche notturna, di rapporto a tu per tu. Però non si tratta di una tecnica, ma di un diverso modo di concepire i rapporti umani. […] “In che consiste questo metodo nuovo per quanto riguarda i cosiddetti malati psichici?”, continua con le domande la scrittrice. “Per me significa che i malati mentali non esistono e la psichiatria va completamente eliminata. I medici dovrebbero essere presenti solo per curare le malattie del corpo.
dott. Eugen Galasso su posizioni di Vittorino Andreoli: DSM e ELETTROSHOCK – contributo inedito
Nel numero di domenica 18 aprile, Vittorino Andreoli, psichiatra sicuramente “moderno” e “illuminato” (che cosa voglia dire oggi non so, essere moderni e illuminati- se vuol dire essere distanti dal pericoloso rétour à l’ordre che c’è anche in ambito psichiatrico, d’accordo, ma poi, come si sostanziano praticamente-attuano questi due aggettivi?), prende posizione sul Diagnostic Statistical Manual (DSM), la cui quinta edizione, con alcune modifiche, che però non intaccano per nulla la nosografia di fondo della psichiatria ufficiale, è quasi pronta. Lo fa in un articolo, dal titolo “Doveva farci da esempio, ma non è mai nato quello italiano” (Corriere della Sera, 18/04/2010, p, 18; notoriamente consultabile anche sul sito), che ricorda come sia stato lo stesso Andreoli a redigere l’edizione italiana (quella americana è del 1980, terza edizione, per ora ancora sostanzialmente valida, dato che la quarta, “vigente” finora, non presenta sostanziali modifiche). Andreoli, in genere “immaginifico e narrativo”, ha scritto un articolo molto “normale”, “consuetudinario”, senza prendere nettamente posizione: ricorda però, che all’edizione del 1983, da lui coordinata, collaborarono, su suo invito, il prof.Cassano di Pisa (sic! L’apologeta dell’elettroshock) e il prof.Rossi di Genova.
Pubblicato il 20 April, 2010
Categoria: Testi
Eugen Galasso – Strategie di una repressione combinata – articolo
Che vi sia un forte tasso di reazione – e di “reazionarietà” forte, sul piano politico, economico, sociale, credo sia arcinoto a tutti; del resto, quasi tutte le pagine di “Cenerentola” sono dedicate a ciò. Dal punto di vista della psichiatria, la legge 180 è ormai nel mirino delle polemiche: addirittura si tratta, in molti casi, di salvare dalla ri-messa in opera dell’elettroshock (ora lo chiamano “terapia elettroconvulsivante”, quasi questa terapia non avesse ancora gli stessi effetti, in specie per la perdita di memoria, a lungo e breve termine, ma non solo). Eppure baterebbe sentire i ricordi di Alda Merini, pur se i soliti “noti” ci dicono che oggi è tutto diverso. Si mobilitano i soliti “soloni” della psichiatria (Cassano, Coukopulos etc.) per i quali Basaglia era un pericoloso sovversivo, un infangatore della memoria della “gloriosa” psichiatria di origine meccanicistica e meramente neurofisiologica (le neuro-scienze, si sa, sono un’altra cosa). Anche gli psicofarmaci (quasi tutti) vengono riabilitati in misura massiccia; talora viene da pensare che, se potessero, ritirerebbero fuori anche la lobotomia. Prescindo qui da proposte quali la castrazione chimica che attengono all’ambito criminologico (violenza carnale, tentata violenza ripetuta e…), che però vanno nella stessa direzione, coinvolgendo sia Calderoli (Lega Nord, quello delle vignette, del maiale, ora tornato ministro) sia… Veltroni/Geppetto.
Pubblicato il 20 April, 2010
Categoria: Testi