Archivio della Categoria: ‘Testi’

“Igiene mentale e libero pensiero”-Recensione e riflessioni Eugen Galasso



Qualcuno vorrebbe la “follia” o qualunque cosa si voglia identificare con una condizione “altra” con il genio (genio e sregolatezza, secondo l’abusato cliché invero più pseudo-romantico che romantico). Si citano, allora, gli esempi di Michelangelo (di cui invece, da recenti biografie oltremodo attendibili, apprendiamo una”capacità raziocinante” financo estesa agli interessi materiali-banausici), Van Gogh (qui naturalmente l’endiadi funzionerebbe meglio, ma secondo la triste vulgata), Artaud, tanti romantici, da Schumann a Hoffmann a Poe, dai “maudits” quali Baudelaire, Verlaine, Rimbaud, ma anche di un “dissidente totale” quale Majakowsky, oppure, a fortiori, di un danzatore -coreografo come Nijnskij, per non dire dei “santi folli”, delle “sante anoressiche”.  In realtà, a parte la quaestio della follia (se esista, che cosa in realtà sia), vi sarebbe ancora la questione fondamentale di come sia eventualmente la schizofrenia (sull’onda di Gilles Deleuze e Felix Guattari) a identificari con il genio. In realtà, poi, Guattari aveva specificato non essere geniali gli schizofrenici e/o gli schizoidi, ma, semmai, la capacità di essere “altro” rispetto alla normalità, alla “consuetudine”, il che probabilmente è anche un po’limitativo, come descrizione, ma rende la ” differenza” dell’artista (non citerò testi precisi, anche perché l’autore su questo tema è tornato molte volte, chiarendo malintesi sorti dopo la pubblicazione e gli entusiasmi suscitati dall'”Anti-Oedipe”, in relazioni a congressi, scritti vari, interviste etc.). D’altronde, sempre tenendo provvisoriamente, ma come mera ipotesi di lavoro, il lemma (e quindi il concetto) di follia, rimane l’argomento dell’autore-attore- regista teatrale César Brie (Argentino, ma per anni attivo in Europa e ora, da tre lustri, nel”Teatro de Los Andes”in Bolivia), che una volta, in una conversazione privata (1996) disse: “Artaud non era “grande” quando era “folle”,  ma in una condizione di (almeno relativa) lucidità”. Un argomento che appare oltremodo convincente, se pensiamo a come l’artista “folle” sia incapace di produrre arte quando è nell’altro stato (“der andere Zustand”, mi servo della metafora di Robert Musil, che pure nella fattispecie si riferiva ad altro…); un altro problema, poi, è il come la società o meglio il potere/i poteri gestiscono/”controllano”/manipolano/contengono quanto la “follia” può portare con sé.

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Pubblicato il 18 April, 2010
Categoria: Libri, Testi

Giorgio Antonucci e le sue considerazioni sul crinale – Eugen Galasso

“Pomezia-notizie”, rivista culturale  febbraio 2010

Giorgio Antonucci, Diario dal manicomio. Ricordi e pensieri, Milano, Spirali.


Antonucci, protagonista e”corifeo” dell’antipsichiatria non solo in Italia, da sempre si batte per l’abolizione del manicomio, dell’elettrochoc e di ogni terapia contentiva, ma anche degli psicofarmaci che a suo parere (competente, però, essendo stato impegnato a Volterra, Gorizia, a Imola, a Firenze come sostenitore della teoria ma anche della prassi dei”matti da slegare”) che non si possa ritenere un disturbo psichico qualcosa di identificabile, di classificabile, di curabile, tanto più se con terapie barbare come elettrochoc o lobotomia (intervento parziale sul cervello, bene esemplificato in”Qualcuno volò sul nido del cuculo”, libro di Ken Kesey, relativo dramma teatrale e film di Milos Forman tratto da entrambi). Sugli psicofarmaci, sappiamo, medici psichiatri (gli unici che possano prescriverli, invero) si dividono sulla valutazione della loro efficacia terapeutica.

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Pubblicato il 14 April, 2010
Categoria: Testi

Pseudoscienza religione e cartomanti.- Lucia Maria Catena Amato


Nel corso della nostra esistenza è naturale vivere dei periodi difficili, proprio neri, di quelli che ci rimettono in gioco nel nostro più profondo, nelle nostre radicali concezioni dell’essere, e che alla fine non sappiamo neppure se riusciremo a sopravvivere e se ce la faremo non conosciamo in quali terribili condizioni.
Ed allora? Che fare? Ecco che qualche amico mago, propone il “rito di liberazione”, un lavoro di “cento giorni” su una foto. Costo: a partire dai due mila euro. Toglie la negatività che ci sta portando alla fossa. Il male avanza. Ed allora l’operatore dell’occulto è prontissimo a fare un ottimo lavoro per la nostra salvezza.
Molti che sono vissuti all’interno della Religione Cattolica, si pentono dei propri peccati, e si comunicano, mentre il mago sentenzia, con un secco: “Dio si fa il suo lavoro ed io mi faccio il mio!”, che non lascia alcun margine di replica. E lo psichiatra? Propone la sua soluzione. Anche lui non ha bisogno di interventi dall’alto. Si fa il suo lavoro di medico.
Ma per qualcuno questo dio non è poi così inutile: il parroco del paese si allarma a sentire parlare di “rito pagano”. Per lui queste pratiche sono opera del male per distruggere l’uomo. Propone la frequentazione assidua della pratiche religiose.
Ma altri, me compresa, nella Chiesa Cattolica hanno trovato solo ipocrisia, e nessuna umanità, che ha aggiunto tanta sofferenza nella nostra vita; un’altra esperienza assolutamente negativa e distruttiva, che non si intende certo ripetere, al pari di quella dallo psichiatra, che può arrecare distruzione fisica e mentale.
Ed allora che fare? Dove andare?
Qualche giorno fa ho letto uno scritto pubblicato su internet: Psichiatria e religione. Nuovi orizzonti dell’omologazione di Andrea Franzoni.
Vi trovo in esso una grande analisi, che pienamente condivido e che accumuna tra di loro religione e psichiatria. Entrambe, mirerebbero all’omologazione e quindi al controllo sociale. Credo comunque che la questione vada approfondita. A mio avviso occorre scendere più a fondo, con concretezza ed esempi pratici. Ed allora le similitudini non mancano.

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Pubblicato il 24 March, 2010
Categoria: Testi

Diario dall’immemoriale – Carlo Marchetti

di Carlo Marchetti – cifrematico,direttore Coop.Sociale “Sanitas atque Salus”


“Via via che conoscevo meglio la vita del manicomio mi rendevo conto che le persone internate ricorrono alle strategie e agli accorgimenti di sopravvivenza di cui tutti hanno bisogno quando si trovano costretti in luoghi di soggiorno forzato, dopo essere stati strappati con l’inganno e con la violenza alla loro casa, ai loro rapporti reali, ai loro affetti e al loro ambiente originale”. Tra le centinaia di testimonianze e di riflessioni che possiamo leggere nel Diario dal manicomio. Ricordi e pensieri (Spirali), di Giorgio Antonnucci, considero questo uno tra i brani più significativi per indicare quella particolare logica, espressa dal pensiero occidentale dal quattordicesimo secolo a oggi – a eccezione del rinascimento – che porta gli uomini a giudicare l’altro togliendone prima di tutto il diritto, quindi pretendendo di modificarne il pensiero, per corregerlo, per indirizzarlo, per riportarlo su una via presunta retta in termini di morale e di ragione. La mitologia di Procuste, molti dialoghi di Platone, tra cui il Menone,  i libri dell’inquisizione religiosa, tra cui il Martello delle streghe, ma anche quelli dell’inquisizione filosofica, politica e mediatica di anni più recenti ce lo indicano. Corregere il pensiero dell’altro, togliere poesia, arte e invenzione, sogno di dimenticanza, e sessualità, in nome del logos e di principi di ragionamento e di valori che cambiano secondo le diverse epoche e le differenti mode culturali e politiche, è rimasta una pratica costante del pensiero occidentale.

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Pubblicato il 26 February, 2010
Categoria: Testi

Quando le escort erano prostitute – di Giorgio Antonucci



Sabato Sera Online


Giorgio Antonucci


Nel 1958, mentre studiavo medicina, lavoravo come assistente volontario di antropologia culturale e mi chiesero di occuparmi di donne che uscivano dalle case di tolleranza appena chiuse dalla Legge Merlin. Queste donne venivano aiutate da organizzazioni cattoliche, e non, a reintegrarsi nella società. Era una vera necessità, in quanto uscivano da un vero e proprio stato di reclusione in cui lo Stato alimentava lo sfruttamento, lo legalizzava e permetteva che le donne che esercitavano la prostituzione vivessero in condizioni di clausura con tanto di schedatura e carta di identità differenziata. La Legge Merlin, fu quindi sacrosanta, perchè non intendeva regolamentare il sesso a pagamento, ma difendere i diritti delle donne, tanto che fece inserire nel codice penale lo sfruttamento e non l’esercizio della prostituzione.
Con la nuova legge, le ex prostitute, si trovarono senza prospettive lavorative, considerate con disprezzo e senza essere poste in condizione di rifarsi una vita.
Ricordo che la legge fu contestata a destra e a sinistra e contro la chiusura si schierarono personaggi come Indro Montanelli, ma anche come Federico Fellini.

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Pubblicato il 25 February, 2010
Categoria: Notizie, Testi

La battaglia di Basaglia non è finita- Giorgio Antonucci

SabatoSeraOnLine

Bene le fiction, ma la realtà è diversa.



Piero Colacicchi


Premetto che non intendo giudicare il lato artistico della fiction “C’era una volta la città dei matti” trasmessa nei giorni scorsi da Rai1. Sul resto credo che alcuni aspetti del film possano essere utili. Per esempio, penso che aiuti a guardare al problema del disagio psichico senza pregiudizi. Viene mostrato come Basaglia si rapportava con gli ospiti dei manicomi, come le considerasse persone a tutti gli effetti, non esseri incapaci di intendere e di volere come facevano molti psichiatri. Questo mi sembra un buon servizio reso agli spettatori.
Basaglia diceva spesso che la malattia mentale andava messa tra parentesi e questo sposta il punto d’attenzione. Perchè un oncologo non direbbe mai una frase del genere, ma nei manicomi ha, e aveva, senso. Perchè il problema non è la salute mentale ma come quelle persone siano state emarginate e rinchiuse in manicomio. Da quella condizione andavano innanzitutto liberate.
Altre cose, invece, mi sono piaciute meno.

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Pubblicato il 11 February, 2010
Categoria: Testi

La violenza nel lavoro e nella psichiatria – Vito Totire



La città del Secondo Rinascimento, n° 27


Vorrei fare alcune riflessioni anche a partire dal mio lavoro istituzionale, che non si svolge strettamente nel campo del disagio mentale, ma in quello della medicina del lavoro. A Gorizia ho partecipato ad un processo penale riguardane le vittime dell’amianto nei cantieri navali.

A questo proposito vorrei aprire un ragionamento sugli omicidi colposi nei luoghi di lavoro e sulla loro pericolosità . Il sistema giuridico dei “delitti e delle pene” nel nostro paese, nella storia recente e passata, è in questo campo spesso ispirato al principio di “due pesi e due misure”, che Giorgio Antonucci ha denunciato a più riprese. Uno stereotipo ancora oggi fortemente radicato, nonostante la sua inconsistenza, è quello che associa la cosiddetta pericolosità, compresa la pulsione omicida. Anche nella medicina del lavoro accade questo. Il dibattimento in cui sono intervenuto a Gorizia, come perito di parte lesa, riguardava i danni dell’amianto, sostanza che oggi è fuorilegge solo in alcuni paesi e in quelli in cui non lo è provoca almeno centomila morti all’anno tra i lavoratori e molti di più se consideriamo l’impatto ambientale e sociale complessivo.

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Pubblicato il 23 January, 2010
Categoria: Testi

C’è un confine tra normale e patologico? – Stefano Benassi



La città del Secondo Rinascimento, n°27


ll libro di Giorgio Antonucci Diario dal manicomio. Ricordi e pensieri (Spirali) è complesso, non solo per il numero di pagine e per la corposità del testo, ma per il modo con cui è stato scritto. C’è una sorta di filo d’Arianna che conduce all’interno di un ospedale psichiatrico, l’Ospedale Psichiatrico di Imola, a partire dall’esperienza dell’Autore. Un’esperienza diretta che fa da filo conduttore all’esplorazione di uno spazio, un’istituzione totalizzante, in cui a un individuo vengono ridotte le capacità di libertà individuale e di movimento. E’ uno spazio totale in senso assoluto, perchè ingloba l’individuo e non consente, proprio come una prigione, neppure di muoversi: attraverso sistemi di contenzione fisica da un lato e, dall’altro, attraverso la riduzione della capacità di percezione dello spazio con l’uso di mezzi molto più sottili, mezzi di “cura”, come elettroshock e psicofarmaci. Questa limitazione dello spazio corrisponde a un tentativo di annientamento della personalità individuale che, tuttavia, viene considerata “a scop di cura”. Sembrerebbe una contraddizione evidente, ma così non è perchè il confine tra ciò che consideriamo normale e ciò che consideriamo patologico è molto labile.

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Pubblicato il 23 January, 2010
Categoria: Testi

Il caso Sabattini: dissenso radicale – Giorgio Antonucci: perito della difesa

Ricorre l’anniversario della scomparsa di Carlo Sabattini (Il Nuovo giornale di Modena: lettera firmata da Giuliana Galli).

Dal libro di Giorgio Antonucci, “Il pregiudizio psichiatrico”, Eleuthera,1989

Il caso Sabattini
A proposito del problema del dissenso politico sottoposto attualmente in Italia a persecuzione riferirò del caso, già accennato, di Carlo Sabattini, di cui mi sono occupato come perito di difesa. ( La storia dell’internamento di Carlo Sabattini cominciò con una denuncia del sindaco di Modena per presunto danneggiamento di edifici pubblici in seguito ad affissione di manifestini che sarebbe stato difficile staccare.)

Nell’estate del 1985, quando Carlo Sabattini era internato nel manicomio giudiziario di Castiglione delle Stiviere, in seguito a denuncia pretestuosa del sindaco di Modena e per ordine del pretore Persico, appoggiato dalla perizia di tre psichiatri, che avevano dichiarato Sabattini malato di mente pericoloso, in qualità di perito della difesa andai più volte a trovarlo, con lo scopo di conoscerlo e preparare con lui gli strumenti della difesa.

In quel periodo la stampa nazionale italiana parlava molto del caso Sacharov e poco o nulla di Sabattini, capolista dei Verdi nel Comune di Modena, una persona che godeva la fiducia dei cittadini, oltre che degli amici e collaboratori, tanto che era stato eletto con il maggior numero di preferenze. Le sue iniziative per denunciare le condizioni ecologiche e altri aspetti della vita modenese, erano molto ponderate e precise, frutto di convinzioni profonde. Sabattini era diventato un punto di riferimento non solo per i Verdi ma per chi voleva cambiare le cose. Così l’hanno fatto passare per matto, sono andati a prenderlo a casa e l’hanno internato in un manicomio.

Sono andato a trovarlo, ho parlato con lui e l’ho trovato persona estremamente consapevole e cosciente di quello che era accaduto. Con serenità mi ha detto: “Non guardate chi è Sabattini. Stando qui dentro al manicomio giudiziario potrebbe anche innervosirsi. Guardate piuttosto i documenti delle vertenze giuridiche di cui mi sono occupato”. Così mi ha fatto vedere i documenti con i quali ha formato un “libro bianco”, mandato alla Federazione provinciale del Partito Socialista di Modena, che a sua volta lo ha trasmesso al presidente Pertini perchè lo sottoponesse all’esame del Consiglio Superiore della Magistratura.
Sabattini ha infine ribadito: “Guardate i documenti e decidete, invece di mettere da parte me con dei pretesti.”

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Pubblicato il 24 September, 2009
Categoria: Testi

Giorgio Antonucci: contro l’esclusione psichiatrica, per il diritto di libertà alla persona

Da “31 anni di 180 a Imola”, tesi di laurea di Elena Gentileschi, 2008/2009



3.2 LA MALATTIA MENTALE E IL GIUDIZIO PSICHIATRICO

“Dal punto di vista etimologico, la parola “deviante” deriva dal greco e significa allontanarsi dalla vita o allontanarsi dalla norma…” così scrive il Dr.Antonucci mentre esprime riflessioni sul giudizio psichiatrico da lui inteso come la prima e più diffusa segregazione e continua “…il termine deriva dal latino tardo. Da questo è stato tratto il termine politico deviazionista ma più tradizionalmente per identificare il dissenso dalle norme di pensiero o di costume si usano anche nel linguaggio popolare le parole matto, pazzo, e folle”1.

Secondo la sua esperienza vissuta a contatto con il disagio psichico delle persone all’interno delle strutture manicomiali italiane del Novecento per più di vent’anni, il Dr. Antonucci definisce l’origine delle parole matto e pazzo come incerta “ma questo la rende utile ancora di più nella sua indeterminazione perché così la si può usare liberamente ogni volta che fa comodo. La parola folle la si usa per indicare pensieri e comportamenti e azioni che si allontanano apparentemente o realmente dalle nostre abitudini e dai modi di pensare più usuali”2. Secondo il Dr. Antonucci la tradizione psichiatrica si fonda sul fatto che i termini di giudizio negativo siano legati all’ipotesi che i pensieri e i comportamenti che non ci piacciono siano dipendenti da un difetto della mente3.

“Se provassimo al contrario a considerare opinioni e comportamenti dei singoli individui senza prendere per punto di riferimento quello che pensa o che fa la maggioranza in un determinato momento storico, cominceremmo ad avere uno scambio libero di punti di vista personali e di modi di fare individuali. I problemi dell’intolleranza nascono dal fatto che alla generalità delle opinioni si attribuisce un carattere di norma obbligante per tutti”4.

Per questo motivo il Dr. Antonucci preferisce parlare di generalità  degli atteggiamenti e non di normalità degli stessi: se si toglie alla generalità dei comportamenti, non moralmente comprensibili, il carattere di normalità e di verità, il significato si ribalta considerando deviante ciò che prima è stato considerato normale e viceversa.

“Il determinismo classico, sia quello positivista che hegeliano, hanno allontanato il pensiero della conoscenza del reale e della complessità dell’individuo riducendo le società come caserme e stimolando la cultura dell’imperialismo”5 .

Con queste parole il Dr. Antonucci si riferisce al rischio di una semplificazione della storia sia degli uomini che dei popoli che va in senso contrario alla produzione della creatività riducendo a schemi tipici della psichiatria, della psicologia e della psicanalisi, la ricchezza degli uomini e delle donne.

Secondo il Dr. Antonucci, il potere degli psichiatri negli ultimi anni è  aumentato molto in Italia e anche nel resto dei paesi dove esiste la psichiatria.

“Questo delinea uno scenario nuovo che indica come la psichiatria contemporanea sia diversa da quella classica. La seconda ha elaborato alcuni concetti che si riferiscono a situazioni estreme intendendo con questo le antiche categorie che formano la struttura della psichiatria (schizofrenia, isterismo o paranoia). Queste categorie riguardavano situazioni nelle quali il rapporto tra individuo e società era particolarmente difficile. Attualmente invece la psichiatria estende le sue categorie a situazioni di vita molto diverse tra loro e questo è sottolineato dall’aumento delle malattie psichiatriche inserite nel D.S.M. IV”6.

Il Dr. Antonucci definisce la malattia come un fatto biologico oggettivo che mette a rischio il benessere e la vita della persona, c’è e si può constatare ma il fatto di dire per esempio che l’omosessualità, inserita fino a pochi anni fa nei disturbi del comportamento, è una malattia è un’affermazione moralistica che non ha nessun significato.

“Comunque il problema più grande non è capire se la malattia mentale è di origine organica o se è di origine psicologica, ma è il fatto che non sono ritenuti fisiologici soltanto quei pensieri e quei comportamenti che sono approvati e ritenuti ragionevoli o razionali dal moralismo di moda. Il problema non è il manicomio in sé perché è solo la conseguenza di una cultura del pregiudizio ovvero il pregiudizio psichiatrico.

Una studiosa al manicomio di Roma scrisse un libro dicendo che la maggior parte degli uomini venivano internati per problemi di lavoro e la maggior parte delle donne per problemi sessuali. E’ vero perché l’uomo viene attaccato quando non rende più sul lavoro in generale, naturalmente l’uomo che non ha potere e la donna viene attaccata per motivi di moralismo sessuali”7.

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Pubblicato il 18 September, 2009
Categoria: Testi

Centro di Relazioni Umane (Bologna) — Maria Rosaria d’Oronzo