LSD e psichiatria – Eugen Galasso
Su “A”, numero 436, estate 2019, un breve saggio di Piero Cipriano, quasi (ma parecchio “quasi”) antipsichiatra, stavolta sulle sostanze psicoattive, come LSD, peytol etc. Avendo letto quasi tutto Timothy Leary (lo psicologo -“profeta” dell’LSD), Albert Hoffman (colui che, da chimico, aveva isolato la sostanza , che è dietilamide-23 dell’acido lisergico), Stanislaf Grof, Carlos Castaneda, occupandomi, nei ritagli di tempo, di curanderos e sciamanesimo, intervengo e complessivamente, a differenza che in altre occasioni, mi sento parzialmente d’accordo (preciso che non ho mai provato l’LSD). Alla fine del testo, anche in polemica con lo zelante-irruente neodestrista Matteo Salvini, leader de facto anche se non de jure, Cipriano dà un consiglio, anzi rivolge un appello ai politici “mettete psichedelici nei vostri cervelli”. Chissà, potrebbe funzionare? Non si sa, né il consiglio/appello sarà messo in pratica, dunque… un’ipotesi che rimane tale, senza venire verificata o falsificata è almeno da mettere tra parentesi…bypassandola, per ora. Ora, comunque, Cipriano, che certo si muove in una prospettiva di riconoscimento della “malattia psichica”, ritiene, appoggiandosi a ricerche recenti di David Nutt (2010), di Robin Carbart-Harris, dello stesso anno, per cui l’LSD, oltre ad essere meno pericoloso di droghe ammesse , anzi “incoraggiate” come l’alcol. Ora, oltre al fatto che le ricerche citate sono state condotte in condizioni “protette” e con quantità esigue, la “mistica” dell’LSD à la Tim Leary, strutturalmente e anche stilisticamente affascinante, è estremamente problematica (e non è solo una questione di dosi, direi, ma anche di atteggiamento della persona – dove non si può dimenticare che molti “sperimentatori selvaggi”, dopo l’assunzione di LSD, sono incorsi in “incidenti” e danni fisici vari, il che vale per ogni droga), né, dal punto di vista anti-e/o non psichiatrico non abbiamo fatto grandi passi avanti, anche se siamo d’accordo (lo sono, ma con riserva, anzi con molte riserve, per quel che vale…), anzi quasi nessuno. O si accetta l’uso di ogni sostanza nell’ambito di una libertà di pensiero e di comportamento totale (che però uno Stato o anche una Società comunque “organizzata” è difficile che possa concedere…) oppure qualche controllo e qualche “verifica” verrà comunque effettuata. Oltre al fatto che questo testo, per qualche verso “un passo avanti” nella riflessione di Cipriano, sembra comunque essere tangente rispetto al problema della non psichiatrizzazione. Credo che il compianto Maestro Giorgio Antonucci, con qualche sfumatura diversa, sarebbe quasi della mia opinione… Eugen Galasso
Approfondimenti: https://it.wikipedia.org/wiki/LSD
Pubblicato il 2 September, 2019
Categoria: Testi
Gli allievi di Cesare Lombroso: Enrico Ferri – Eugen Galasso
Enrico Ferri (1856-1929) fu un criminologo, un giurista (docente di diritto penale), un avvocato e un autore di vari testi, tra i quali “Socialismo e criminalità”(1883), “Sociologia criminale”(1884), “Sociologia e scienza positiva”(1894), del più tardo “I Socialisti nazionali e il governo fascista”(1923), per alcuni (come Anna Kulischioff, moglie di Filippo Turati e esponente del socialismo europeo) “un gran cialtrone” e un “vanesio”, perché non marxista e ben poco interessato a questioni specificatamente economiche, socialista darwinista, poi però fascista (i passaggi politici erano e sono frequenti, spesso con giustificazioni discutibili, in molti autori, ma anche in personaggi politici dell’epoca e dell’oggi…) rimane soprattutto interessante, ritengo, per l’opuscolo “La giustizia nel secolo XX°(Roma, Athenaeum, 1912), conferenza tenuta al circolo giuridico di Roma il 28 gennaio; una perorazione, decisamente ispirata al pensiero del suo Maestro (grande per l’epoca, nonostante tutto) Cesare Lombroso, che, anche studiando le strutture craniche, individuava tratti atavico-ereditari (ma non solo) che portavano, molto spesso, alla formazione di caratteri criminali. Modernissimo per il suo tempo, quanto a diritto penale e criminologia, in buona sostanza Ferri perora la formazione di manicomi criminali, ritenendo essere, in molti casi, la detenzione in carcere fortemente negativa. Se all’epoca questa tendenza era moderna, oggi si va nella direzione opposta, quella di un superamento anche dei manicomi criminali, divenuti, peraltro, quasi sempre, strutture pessime anche a livello sanitario. anche se (bisogna pur dirlo) non si sa bene come la svolta si concretizzi nel senso di strutture ancora una volta chiuse o di libere comunità, certo in qualche modo controllate… Parla di “scuola positiva criminale”, spiegandone la specificità : “…si potrebbe dire che mentre l’istinto o il pregiudizio popolare nell’autore di un reato, soprattutto di sangue, vede soprattutto il delinquente, e la scuola classica vede anzitutto l’uomo, la scuola positiva dice, da trentanni, che bisogna guardare in esso l’uomo delinquente”(op.cit.. p.19). Come dire non solo il delinquente, ma anche l’uomo e parimenti non solo l’uomo, ma appunto l’uomo che delinque. Devono dunque darsi giudici specializzati anche in criminologia, secondo Ferri e al tempo stesso strutture che, curando adeguatamente “l’uomo delinquente”, gli permettano di ri-crearsi (certo non nell’accezione banale del termine), di divenire una persona “nuova e diversa”. Senza particolari utopie (dalle quali l’autore era alieno), una proposta certo radicale, per l’epoca, espressa da una persona il cui stile rimane quello battagliero di un avvocato-oratore (non certo alieno, anzi, dalla retorica), con quella formazione lombrosiano che all’inizio del 1900, era nuovissima, oltremodo polemica nei confronti delle “solite entità giuridiche astratte della colpa e del castigo” (cit., p.81), in nome di un modernismo pragmatista (anche se probabilmente la corrente in questione, a livello psicologico e filosofico, di James, Dewey e Pierce, non era nota al Ferri, non era alieno da tale prospettiva, essendo quasi un “pragmatista fattuale”) e di un’adesione , anche questa involontaria, a un orientamento fondamentale che, sempre negli States, ma originariamente su spinta di un fisiologo russo, Pavlov, con Watson e poi Skinner, diverrà un riferimento fondamentale per la psicologia, pur se, notoriamente, era già nell’aria un altro approccio, quello “psicanalitico”, fondamentale rivolto non solo ai comportamenti esterni o meglio estrinsecati ma invece alle loro cause più o meno inconsce. Una “giustizia né più severa né più pietosa” ma “più veramente umana e socialmente più efficace”(cit., ,p92) auspicava il Ferri. Ebbene, potremmo dire che questo ideale, con ma anche nonostante lui, non si è ancora attuata… Ma soprattutto, nonostante la lezione di Giorgio Antonucci e di Thomas Szasz (autori che si sono conosciuti, ma hanno lavorato indipendentemente) rimane fisso e incrollabile il mito della “malattia mentale”. Smontato il quale, rimane certo il problema di sottoporre il reo di un crimine, in particolare di omicidio (pensiamo al femminicidio) a una pena. Chi scrive, non essendo “anarchico”, ritiene che essa debba comunque esserci; si possono però, anzi si debbono ripensare completamente le modalità della pena, che non può avere, oggi, una funzione meramente repressiva. Eugen Galasso
Pubblicato il 8 August, 2019
Categoria: Testi
Centro di Relazioni Umane. Al lavoro di Giorgio Antonucci – Maria D’Oronzo
Ripercorrere le vicende, che si sono succedute negli anni di lavoro del dottor Giorgio Antonucci per una nuova linfa e nuovi stimoli alla lotta al Pregiudizio Psichiatrico. Giorgio Antonucci non solo dovette curarsi della liberazione di centinaia di donne e uomini internati, ma si occupò di restituire loro alla pienezza della vita.
Abbiamo realizzato un VIDEO dell’opuscolo https://www.youtube.com/watch?v=BYwQdRz0Xe8
Qui la versione A3 per stampa
Giorgio Antonucci A3
E’ disponibile anche la versione A2 se richiesta.
Pubblicato il 20 June, 2019
Categoria: Notizie, Presentazione, Testi, Video
Dacia Maraini – “La grande festa” – racconta l’incontro e il lavoro di Giorgio Antonucci
…Sono corsa all’ospedale psichiatrico e l’ho trovata lì, legata mani e piedi, su un lettuccio di ferro. Tremava, aveva gli occhi spenti e mi guardava senza riconoscermi.
“Che t’hanno fatto?”
Ma non rispondeva.
Sono andata alla direzione. Ho contrattato la sua uscita. Se mi prendevo tutte le responsabilità, si poteva fare. Ho firmato.
“Ma ancora per tre giorni deve rimanere in osservazione”.
Per tre giorni sono andata a trovarla mattina e sera. Riprendeva a mangiare, anche se assomigliava più a uno zombi che a una persona. Doveva nutrirsi con le posate di plastica perché non si fidavano.
“Dobbiamo cautelarci, potrebbe ritentare il suicidio.” Capivo che era il metodo peggiore, ma non potevo mettermi contro l’ospedale intero.
Anni dopo avrei trascorso ore e ore all’ospedale di salute mentale di Imola, dove ero andata per seguire il lavoro di uno psichiatra fiorentino durante una inchiesta sugli ospedali italiani. In quell’occasione ho conosciuto Giorgio Antonucci, un uomo coraggioso che ha slegato i “matti” considerati irrecuperabili e li ha riportati alla vita comunitaria.
Succedeva ai tempi in cui Basaglia, cominciava a preparare la sua proposta di legge, quando ancora i manicomi erano delle pregioni, con sbarre di ferro alle finestre, e chiavistelli a tutte le porte.
Nel manicomio di Imola c’era un reparto di cosiddetti “irrecurapibili” tenuti nudi legati ai letti. Quando un infermiere si avvicinava, loro sputavano, mordevano, a qualsiasi ora se la facevano addosso e per questo stavano incatenati a quei letti con un buco nel materasso e un secchio che raccoglieva le loro feci e l’orina. Rifiutavano di mangiare e per fare loro ingollare un poco di cibo spesso gli infermieri erano costretti ad aprire i denti con un arnese di ferro che li spezzava. Tutti temevano “i pazzi furiosi” e non li lasciavano mai liberi perchè “se li slacci ti sbranano, sono inferociti”.
“Per forza!” diceva Antonucci serafico “sono arrabbiati per il trattamento che subiscono, e hanno tutte le ragioni”.
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Pubblicato il 26 March, 2019
Categoria: Immagini, Notizie, Testi, Testimonianze
Piero Colacicchi ricorda l’incontro con Giorgio Antonucci. Conversazione con Piero Colacicchi, di Maria Rosaria D’Oronzo.
Opera di Piero Colacicchi : “Mangiavo strisciando nel cortile come una biscia”. Il titolo dell’opera è tratto da una poesia di Giorgio Antonucci
Domanda – Mi dicevi che il lavoro di Giorgio Antonucci è stato importante per te perché ti ha portato ad avvicinare la questione psichiatrica in modo del tutto nuovo. E’ vero?
Risposta – Certo. Giorgio l’ho conosciuto al San Salvi, il manicomio di Firenze, dove io ero stato invitato da un’assistente sociale, Vivian Benhaim, che avevo conosciuto in occasione di una mostra che avevo organizzato a Firenze, nel 1964, sul razzismo di cui erano vittime i neri negli Stati Uniti.
Io insieme a degli amici avevamo messo su questa mostra di pittura e di documenti che provenivano direttamente dal sud degli Stati Uniti, dove ancora c’era una segregazione molto forte… Ecco, io qui a Firenze, dove insegnavo italiano in una scuola americana, avevo conosciuto una ragazza che veniva dal Mississippi e ci aveva lavorato come parte di una associazione non governativa antirazzista nata in alcune università. Tre ragazzi che facevano parte della sua organizzazione e che lei conosceva erano stati presi dal Ku Klux Klan e ammazzati. Era la storia su cui è stato fatto il film, “Mississippi burning”. Dopo quell’esperienza lei era venuta a Firenze per studiare e durante le lezioni aveva raccontato questa sua storia. Allora, insieme ad un altro insegnante, decidemmo di fare qualcosa per dare una mano a questa gente che lavorava laggiù in condizioni di enorme pericolo e pensammo di tirar su dei soldi organizzando una mostra vendita di opere d’arte. La mostra avrebbe contenuto anche un’importante parte documentaria con cui volevamo far conoscere in Italia il razzismo esistente in America contro i neri. In Italia, a quell’epoca, quando si parlava di razzismo si intendeva più che altro antisemitismo, mentre il razzismo in termini più generali veniva affrontato da pochi e quello americano in particolare non si conosceva. Ripeto il razzismo come concetto generale e il razzismo nei confronti di neri americani non erano temi di cui si discutesse molto mentre quest’ultimo, secondo noi, era un tema importante sia perché permetteva di allargare la questione fuori dei limiti nazionali sia perché noi, in Italia, avevamo una visione piuttosto idealizzata dell’America per il fatto che gli americani ci avevano liberato.
Domanda – In Italia non c’è la percezione del razzismo neanche oggi però qui parliamo del 1964, un periodo in cui in Italia c’era una forte migrazione dal Sud verso Nord e il razzismo verso i meridionali, sia in Italia che in Svizzera, in Germania e in molte altre zone del nord, già si manifestava.
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Pubblicato il 17 March, 2019
Categoria: Immagini, Testi, Testimonianze
Elettrochoc: Antonucci “Stop alle costrizioni” – Cassano “Non è uno strumento di tortura”
Elettrochoc: dibattito: Giorgio Antonucci, contrario – Gian Battista Cassano, favorevole.
Quotidiano “La Nazione”, “Il resto del Carlino”, “Il Giorno”.
Domenica 24 febbraio 2008
L’eterno mito della malattia mentale – Eugen Galasso
L’abuso di espressioni come “pazzo”, “folle” etc. non ha più notizia: poco tempo fa, Jacopo Fo, in un dibattito TV (non si capisce chi lo abbia nominato opinionista politico fisso, in base a quali meriti –
forse familiari…) affermava che in fase di scelta per gli iscritti o i candidati alle elezioni per i “5 Stelle”. Da marxista non ho simpatia per il movimento; ciò che mi preme rilevare è piuttosto l’ossessione, la fobia (mi si conceda…) per il termine “pazzo, pazzi” etc. Sembra proprio, ormai, che la condanna della cosiddetta “pazzia” sia nuovamente invalsa, come fosse un dato di fatto, come se fosse acquisita da tutti. Sembra che siano passati decenni se non secoli dalla scomparsa di un Thomas Szasz (scomparso l’8 settembre 2012) e di Giorgio Antonucci (morto il 18 novembre 2017). Entrambi avevano autorevolmente combattuto il concetto (il “mito”, diceva Szasz) della malattia mentale, ma a molti fa invece comodo che tale mito venga prolungato, anzi magari anche “eternato”…. Eugen Galasso
Pubblicato il 22 February, 2019
Categoria: Testi
A GIORGIO ANTONUCCI – Poesia – Daniele Ruta
A GIORGIO ANTONUCCI
Ti avevo scritto una volta
Giorgio
Che gli uomini come te
Non dovrebbero morire mai
La penna mi tradiva?
O mi confondeva?
In questo tempo…
Di coincidenze
Appuntamenti mancati
Conoscenze
Arrivate troppo tardi
La mia penna avrebbe voluto
Condannarti
All’immortalità
Dunque
Alla cosa peggiore
Per te
Che avresti potuto
Da condannato
Dare la tua conoscenza
per sempre
All’umanità
Che
Senza libertà
Si sarebbe liberata
Che
Senza umanità
Si sarebbe umanizzata
Che
Senza strumenti
Avrebbe potuto dare agli uomini
Il potere di salvare….
Gli uomini
E l’ignoranza
Sarebbe stata salutata
Dunque cos’è la morte?
Se l’umanità migliore ti sta cercando?
E ti condanna
A trasformare…
Il coraggio e la fatica della tua vita
In un soffio di vento
In una carezza
In un brivido di libertà
Per un pensiero che resta
Dentro un corpo liberato
Dante ti accoglie
E lancia la tua città
In tutti i posti del mondo
E tra gli eletti
Nel tuo cammino
Circondato….
Da quelli che furono…
I privilegiati
Saprai..
Ancora una volta
Farli sentire
Come tutti gli altri
– Daniele Ruta –
Pubblicato il 26 November, 2018
Categoria: Testi
Poemito – Giorgio Antonucci – Eugen Galasso
E li chiaman”pazzi”
Condannati senz’altro in primo grado
Pas d’air, pas de chant
Only the torture
La sombra social se sube
Retaggi nuove inquisizioni
Pubblicato il 18 November, 2018
Categoria: Testi
Il funzionamento psichiatrico – Eugen Galasso
Sempre di più, nei testi di psichiatria ma spesso anche di psicologia si parla di “funzionamento”: ora si può parlare di “funzionamento” per una macchina, per una catena di servizi, per un sistema. Per una persona (o un individuo, soggetto, come volete dire) vuol dire apparentare la persona a una macchina e la cosa sarebbe, in realtà, offensiva anche se riferita a un animale. Al limite si potrebbe parlare di “funzionamento della psiche”, ma se ci si limitasse alla mera fenomenologia (descrizione), senza passare alle valutazioni: dire, cioè, che una psiche funzione “bene” o “male”, come vorrebbero-anzi vogliono-fare gli psichiatri, è inferenza indebita e mistificante. Come rilevato da Foucault, Szasz, Giorgio Antonucci e , con modalità diverse, da tutti gli antipsichatri e non “psichiatri”, ciò è da rifiutare, arrivando al boicottaggio, ove ciò sia possibile. Un mondo “funzionante” è solo quello dispotico (dunque oppressivo, castrante, follemente orientato alla mera produttività), descritto da “Orwell” in 1984, da Ray Bradbruy in “Fahrenheit 451” e in varie altre opere…. Eugen Galasso
Pubblicato il 13 November, 2018
Categoria: Testi