sono nata sotto un sole nero (Giulia) – Giorgio Antonucci – Poesie ( V parte)
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La vita per cui sei nato
Ti spiegherò io
come funziona
la fabbrica
e sicuramente capirai
e capirai senz’altro
che la tua vita è quella
che quella è
la tua vita
la vita per cui sei nato
D’altra parte
non hai altra scelta
d’altra parte
non hai altra scelta
a meno che tu
non voglia
ribellarti
ma non te lo consiglio
a meno che tu
non voglia
ribellarti
ma non te lo consiglio
Potresti essere solo
Poresti essere ridicolo
tutti ci stanno e tu no:
pensa
che vergogna
che disagio
ti porterebbero
via
al manicomio
Ti spiegherò io
come funziona
la fabbrica
e sicuramente capirai
e capirai senz’altro
che la tua vita è quella
che quella è
la tua vita
La vita per cui sei nato
D’altra parte
non hai altra scelta
d’altra parte
non hai altra scelta
a meno che tu
non voglia
ribellarti
ma non te lo consiglio
a meno che tu
non voglia
ribellarti
ma non te lo consiglio
perchè sono ancora
continuare
a esserlo
nei limiti del possibile.
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Tensione interna nella testa e nelle membra
Ansia
Capogiro
La morte intravista con paura
e vagheggiata con gioia
Violento desiderio di vivere
e profondissimo desiderio di riposo.
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Se esco da questo squallore
da questo squallore senza nome
da questo squallore
da questo squallore
siamo giovani vecchi bambini
tutti senza futuro
tutti ammassati
tutti isolati
tutti senza futuro
tutti senza tempo
tutti senza futuro
tutti vuoti
Li hai visti i manichini?
Li hai visti come sono?
Li hai visti come sono?
Specialmente la sera
Specialmente la sera
quando sembrano ancora
più vuoti
quando sembrano ancora
più vuoti
nella luce finta
nei bagliori delle insegne
che s’accendono
che si spengono
che s’accendono
che si spengono
come i ritocchi
di una campana
che t’impedisce
di dormire
Se esco da questo squallore
da questo squallore
Se esco fuori
finalmente
finalmente
nel nulla
Voi direte: gesto insano
di un pazzo
fuggito
dal manicomio
Io non so perchè il sole
non scappa
Come fa a sopportarvi?
Come fa a sopportarvi?
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I miei occhi non vedono
Le mie labbra
Le mie labbra
Le mie labbra tremano
e loro colpiscono ferocemente
Se la testa mi duole
Se la testa mi duole
Se la testa mi duole
le mie labbra tremano
e loro colpiscono ferocemente
Se non grido mi picchiano
e se grido
e se grido
Se la gola si stringe
Se la gola si stringe
Se la gola si stringe
Se la gola
Se la gola
Se la gola si stringe
non solo loro che strozzano
Mi strozzava l’angoscia
capisco
capisco
capisco
Ma non posso parlare
Io non so che succede
Non ricordo che cosa
Se potessi
Se potessi
Se potessi spaccare
la mia fronte
correrei contro il muro
e sarebbe un sol colpo
nella cella di pietra
dove vivo da anni.
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Non dobbiamo
leggere
la storia
con animo
con la disperazione
col furore
con la rivolta
Dobbiamo leggerla
con le passioni
che ci consumano.
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L’ordine è uccidere
uccidere sempre
uccidere in qualunque condizione
uccidere tutti
uccidere gli ebrei
uccidere gli slavi
(ci vorrà molto tempo per sterminarli tutti!)
uccidere i comunisti
uccidere i disertori
uccidere gli incerti
(il dubbio è delitto contro il partito!
il dubbio è una debolezza imperdonabile!)
L’ordine è uccidere
uccidere sempre
uccidere in qualunque condizione
uccidere tutti
E noi uccidiamo
E noi uccidiamo
E noi uccidiamo tutti
E noi uccidiamo in qualunque condizione
ho sparato
ho sparato
ho sparato e continuo a sparare
anche se la testa mi duole
anche se la testa
anche se la testa
anche se la testa mi duole
Se la testa mi duole
22 Ottobre 1941
Dopo la ricognizione delle strade
effettuata personalmente dal comandante
della prima brigata
fanteria SS.
le unità proseguono
la marcia
in direzione Konotop.
Le condizioni delle strade
continuano
continuano
continuano a mantenersi
eccezionalmente cattive
Anche se la testa mi duole.
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Pubblicato il 11 March, 2017
Categoria: Notizie
nata sotto un sole nero (Giulia) – Giorgio Antonucci – Poesie (IV parte)
Se tu batti un colpo fuori tempo
(come il timpanista bizzarro) tutti
gli altri ti saltano addosso come
tigri, e tu devi sperare che ti
sbranino nel minor tempo possibile.
Non importa se quel colpo fuori tempo
era proprio quello che ci voleva.
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La prima volta ho fatto il saluto
e mi sono messo a ridere
e mi hanno sbattuto in carcere
La seconda volta ho fatto il saluto
e mi sono messo a ridere
e mi hanno sbattuto in manicomio
Ora dopo tre anni di manicomio
continuo
a fare il saluto
e a ridere
Dicono che sono pazzo
Invece i sani di mente
continuano
a fare il saluto
senza ridere.
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Attimo per attimo dubitavo di me stesso
fino a ridurmi al silenzio.
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Ero troppo malinconico
Indifferente a tutto
Ma cinque giorni
di cura
mi sono bastati
Ero troppo malinconico
Indifferente a tutto
Ma cinque giorni
di cura
mi sono bastati
Una cella di cemento
un letto puzzolente
una ciotola di legno
un pigiama giallo
un cortile per la passeggiata
Ero troppo malinconico
Indifferente a tutto
Ma cinque giorni
di cura
mi sono bastati
Ero troppo malinconico
Indifferente a tutto
Ma cinque giorni
di cura
mi sono bastati
Ho strozzato il guardiano
Gli ho stretto la gola
Erano anni che non provavo
una gioia così grande
Erano anni che non provavo
una gioia così grande
Ero troppo malinconico
Indifferente a tutto
Ma cinque giorni
di cura
mi sono bastati
Ero troppo malinconico
Indifferente a tutto
Ma cinque giorni
di cura
mi sono bastati.
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Le mie passioni mi hanno fatto vivere e le mie passioni mi hanno ammazzato. J.J. Rousseau
Le continue pericolose incertezze della coscienza tra l’incontro sempre rinnovato coi più difficili problemi della vita pratica e le tentazioni della fuga nell’immaginario fino all’inattività più completa, o le tentazioni della rivolta furibonda fino alla violenza più feroce e incontrollata. Da una parte la soffocazione e l’oppressione sociale sempre più intollerabili dall’altra le grandi complicazioni della vita interiore.
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Un cavallo nel cielo
l’ho veduto sul serio
Ma non c’erano allora
in quel grande momento
e non mi hanno creduto
Ma non c’erano alora
in quel grande momento.
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Incontro al manicomio di Volterra
Avevo otto anni
otto anni
otto anni
quando mi hanno sbattuto
qui dentro
quando mi hanno sbattuto
qui dentro
con la violenza
E ora quanti anni hai?
E ora quanti anni hai?
Minuto per minuto
Ora per ora
Giorno per giorno
Le notti a occhi spalancati
I giorni senza fine
Le notti a occhi spalancati
i giorni senza fine
E’ passato troppo tempo
E ora quanti anni hai?
E ora quanti anni hai?
Le notti a occhi spalancati
I giorni senza fine
Le notti a occhi spalancati
I giorni senza fini
E’ passato troppo tempo
Ma non li hai contati
i tuoi anni?
E perchè avrei dovuti contarli?
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Diverse volte ho sognato una parete
tutta bianca – ma era una vera parete
impenetrabile o era un fascio di luce? –
e davanti ad essa mi trovavo completamente
disorientata e cadevo in una paura tremenda,
che mi abbandonava solo al risveglio.
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Tra la panca
inchiodata
e le mure
umide
mi portano
la ciotola
di legno
Non corro
con la testa
contro il muro
perchè la cella
è troppo corta
per fracassarmi
perchè sono in due
perchè sono più forti
Non corro
con la testa
contro il muro
Troppe volte
la testa mi doleva
le forze non mi bastavano
la voce
che non c’era
la voce
che non usciva
dalla stretta della gola!
la voce
che non usciva
dalla stretta della gola!
tolto mia sorella
che viene durante la notte
tolto mia sorella
che viene durante la notte
e nessuno lo sa.
Nessuno
può togliermi
mia sorella!
mi portano
la ciotola
di legno.
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Forse avevo paura
già da prima
Forse avevo nemici
già da prima
Forse ero distrutto
già da prima.
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Pubblicato il 9 March, 2017
Categoria: Notizie
sono nata sotto un sole nero (Giulia) – Giorgio Antonucci – Poesie ( III parte)
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I guardiani del campo
Io volevo ammazzarmi
e me l’hanno impedito
e me l’hanno impedito
Io volevo ammazzarmi
e me l’hanno impedito
e me l’hanno impedito
Senza noi che fareste?
Io volevo morire
e me l’hanno impedito
Senza noi che fareste?
Che fareste?
Mancherebbe il lavoro
ai guardiani del campo.
Mancherebbe il lavoro
ai guardiani del campo
ai guardiani del campo.
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Il sole
diventa rosso
ogni sera
perchè si vergogna
il sole
diventa
rosso
ogni sera
perchè si vergogna
perchè si vergogna
di aver
fatto
il giro
di aver
fatto
il giro
di questa
nostra
terra
di questa
nostra
terra
schiava
di questa
nostra
terra
che muore
Il sole
diventa
rosso
ogni sera
perchè si vergogna
perchè si vergogna
di avere
fatto
il giro
di questa
nostra
terra
di questa
nostra
terra
schiava
di questa
nostra
terra
che muore
Tra le colline
livide di polvere
tra le vallate
aspre di pietre
io ho
lavorato
ho lavorato molto
poi
quando
avevo
lo sguardo
spento
come
un cavallo
stanco
mi hanno
messo da parte
nella paglia
come
un cavallo
stanco
poi
quando
avevo
lo sguardo
spento
come
un cavallo stanco
mi hanno
messo da parte
nella paglia
come
un cavallo
stanco
Il sole
diventa
rosso
ogni sera
perchè si vergogna
il sole
diventa
rosso
ogni sera
perchè si vergogna
perchè si vergogna
di aver
fatto
il giro
di aver
fatto
il giro
di questa
nostra
terra
di questa
nostra
terra
schiava
di questa
nostra
terra
che muore
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Non conosco la gioia
da quel giorno
Li ho incontrati
Li ho incontrati per caso?
Mi han detto
ti prendiamo con noi
Mi prendete con voi?
ti prendiamo con noi
Non conosco la gioia
da quel giorno.
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Lo so che tutto quello che mi è accaduto
vi è sembrato strano
Ma so anche
che non avete
capito
nulla
Non avete capito nulla e non me ne importa nulla
Vi ho incontrati sulla Neckar e vi ho detto:
non esistono più
i fiumi
Mi avete incontrato sulla Neckar
e volevate sapere
e volevate sapere
e volevate sapere
ma non vi ho risposto
e non vi risponderò
ma non vi ho risposto
e non vi risponderò mai
Mi avete aggredito
e non mi sono difeso
Sapevo anche troppo bene
che sarebbe stato inutile
Mi avete interrogato
e non mi sono difeso
Sapevo anche troppo bene
che sarebbe stato inutile
Mi avete serrato le braccia
e trascinato in Manicomio
e sono venuto senza nemmeno protestare
Non ho protestato
Non ho protestato
Apparentemente
Apparentemente
Mi ero chiuso in me stesso
Mi ero chiuso in me stesso
per sottrarmi
a un’esistenza
divenuta
sempre
più
assurda
Mi avete chiuso in cella
e non mi sono difeso
Sapevo anche troppo bene
che sarebbe stato inutile
Grida pure
vi sarà
qualcuno
che ti risponde?
Grida pure
vi sarà
qualcuno
che ti risponde?
Così diceva
Temanita
Così diceva
Elifaz Temanita
a Giobbe.
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Grande incertezza, inquietudine, senso di
disorientamento.
In sogno corpi che bruciano.
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Vorrei avere la rapidità della luce
per attraversare lo spazio
senza ostacoli
Se la terra avesse la velocità della luce!
Se la luce
Se la luce
Se la luce del sole ci raggiungesse
non saremmo come siamo
sempre disperati
e continuamente feroci
Non saremmo come siamo
sempre feroci
e continuamente disperati
Mi pesano i sassi che ho dentro
mi pesano i sassi che ho dentro
Mi hanno detto – il Sole!
io non conosco il sole
perchè i lupi
la notte
perchè i lupi
la notte
mi spaventano con le loro grida
m’inseguono
mi uccidono
mi divorano
e ridono come nei giorni di festa
Io non capisco
non parlo
non mi muovo
non fuggo
non parlo
non mi muovo
non vedo
aspetto di ritornare
aspetto di ritornare nel sole
per morire
per morire nel fuoco
per morire come sono nato
per morire
per morire come sono nato
per morire nel fuoco bruciando
bruciando
bruciando come i soldati
come i negri
come i soldati
come i negri
come i buddisti
come i bambini
Come i bambini di Londra e di Desdra
come tutti
come tutti nel fuoco
come tutti nelle fiamme di Hiroschima
come tutti nella serenità della morte
Io sono un sasso
sono una torre
sono un uomo di pietra
perchè ho guardato negli occhi
perchè ho guardato negli occhi
perchè ho sputato
perchè ho vomitato
perchè ho battuto la testa nel muro
perchè volevo vivere
e mi sbagliavo
e mi sbagliavo sul serio
e loro lo hanno capito
e mi hanno chiuso qui dentro
e dovrebbero soffocarmi ogni giorno
e dovrebbero soffocarmi
perchè io sono colpevole
colpevole di essere nato
colpevole di vivere
colpevole
colpevole perchè un giorno morirò
e non potrò più gridare
e sarò disperato
senza saperlo.
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Pubblicato il 7 March, 2017
Categoria: Notizie
nata sotto un sole nero (Giulia) – Giorgio Antonucci – Poesie (II parte)
Io non vi capisco
Io non vi capisco
Voi mi avete insultato
Io mi sono difeso
Allora mi avete serrato le braccia
mi avete serrato i piedi
mi avete inchiodato al letto
Poi il dolore
Il dolore
Il dolore dei colpi sulla testa
Il dolore dei pugni nella pancia
Il dolore dell’impotenza e dell’umiliazione
Il dolore
dell’impotenza
e dell’umiliazione
Più volte
mi avete
soffocato
più volte
mi avete
soffocato
Io non vi capisco
Io non vi capisco
Voi continuate
a insultare
a picchiare
a sputare
Voi continuate
a insultare
a picchiare
a sputare
Ora sono muto
e non so più muovermi
Ora sono muto
e non so più muovermi
Voi quando passate
mi spostate col piede
e mi sputate addosso
Voi quando passate
mi spostate col piede
e mi sputate addosso
Io non vi capisco
Io non vi capisco
Lo so che siete feroci
Lo so che siete feroci
Ma non ho capito perché
Lo so che siete feroci
Lo so che siete feroci
Ma non ho capito perché.
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A Ferdinando Faggiani
Ho pensato
Ho pensato
Se ci fossero
Se ci fossero luoghi
Se ci fossero luoghi
dove le persone che vogliono morire
pagano per essere fucilate
Ho spalancato gli occhi
Ho spalancato gli occhi
Avevo questa speranza
Avevo questa speranza
Se ci fossero luoghi
Se ci fossero luoghi
Se ci fossero luoghi
dove le persone
pagano per essere fucilate
non sarei disperato
come sono
non sarei
non sarei
non sarei disperato come sono.
———————————————————–
-Ricordi Barbara
quei giorni
di Montevago
quando eri bella
quando volevi vivere
quando eri libera
quando volevi vivere
quando volevi vivere
Ricordi Barbara
quei giorni
di Montevago?
-La terra è inquieta
Uccidimi ti prego!
La terra è inquieta
la terra è terribile
loro sono finiti
tutti finiti
Uccidimi! Ti prego!
La notte è buia
Il freddo mi fa tremare
e io non posso muovermi
Uccidimi! ti prego!
-Ricordi Barbara
Le sere di Montevago
quando eri bella
quando eri libera
e mi correvi incontro
e mi amavi
con i tuoi occhi di luce?
La luce della luna
La luce della luna
Ricordi Barbara
Come eri viva
Come eri bella?
Ricordi Barbara
le sere di Montevago?
La luce della luna
La luce della luna
-La terra è inquieta
la terra è terribile
tutti che gridavano
sotto le travi
sotto la polvere
Uccidimi! ti prego!
Poi il silenzio
La notte è buia
Il freddo mi fa tremare
E io non posso muovermi
Uccidimi! ti prego!
Poi il silenzio
Poi nessuno.
—————————————————————
Mi rivolgo al sole
come al mio unico amico
per chiedergli di non venire
domattina
a illuminare
me che saltello nel mondo
allegramente
e rido
tra uomini d’acciaio
che tagliano le carni
dei miei fratelli
che per gridare
non hanno più voce.
———————————————————-
A Lionello Mannelli
Mi hanno
mandato
in Russia
a uccidere
uccidere
gelo
del vento
gelo
delle acque
del Don
vetri
rotti
nelle piccole
case
diroccate
vetri
rotti
nelle piccole
case
diroccate
Mi hanno
mandato
in Russia
a uccidere
uccidere
gelo
del vento
vetri
rotti
nelle piccole
case
diroccate
Mi hanno
mandato
in manicomio
a morire
a morire
gelo
del vento
gelo
delle acque
del Don
vetri
rotti
nelle piccole
case
diroccate
Mi hanno
mandato
in manicomio
a morire
L’agonia di un uomo
non è
nulla
Quello
che conta è il regolamento
– Le regole del campo
tagliatemi a pezzi
ma fatelo
con ordine
con metodo
con precisione
Uccideteli tutti
ma fatelo
con ordine
con metodo
con precisione
L’agonia di un uomo
non è
nulla
quello che conta è il regolamento
– Le regole del campo –
Tagliatemi a pezzi
Uccideteli tutti
Tagliatemi a pezzi
Uccideteli tutti
quello che conta è il regolamento
– Le regole del campo –
Tagliatemi
a pezzi!
Uccideteli
tutti!
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Pubblicato il 6 March, 2017
Categoria: Notizie
sono nata sotto un sole nero (Giulia) – Giorgio Antonucci – Poesie ( I parte)
Pubblicazione sulla Rivista “Psico-terapia e scienze umane“, aprile-giugno 1974
I moderni sistemi d’indebolimento o di annullamento della volontà individuale con i metodi psicologici e farmacologici sono molto efficaci e più radicali di tutte le torture antiche e moderne.
Si può togliere il pensiero e la volontà in modo silenzioso rapido e pratico senza bisogno di sporcarsi le mani.
Non c’è bisogno di mutilare, non è necessario uccidere, basta consumare i cervelli fino a ridurli all’assenso costante definitivo, fino a portarli alla sottomissione più completa.
Parallelamente le possibilità di guidare le moltitudini come e dove si vuole sempre senza violenza fisica e senza versare sangue.
Questo uno degli aspetti più minacciosi dell’applicazione della scienza nella civiltà contemporanea e futura.
Una civiltà di tutti i popoli, di tutte le culture, e d’infinite relazioni umane che potrebbero essere l’apertura per un mondo d’infinite libertà e che invece sta sviluppando dal suo intimo un potere d’oppressione senza precedenti.
Questo un problema serio e concreto per uomini che abbiano ancora la capacità di preoccuparsi. Giorgio Antonucci
<<Nel profondo del nostro
animo
fluttua un’ansia
di donarsi liberamente
a qualcosa di più alto.>>
(Goethe)
A Noris, con ammirazione
<< Noi siamo come malinconici viaggiatori in una sala d’aspetto di terza classe e tra queste pareti bianche e disadorne aspettiamo un treno che non arriverà mai>>.
Scritto sul muro di un manicomio.
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Se mi ascolti
e mi credi
posso raccontarti
in che modo
sono finita
qui dentro
in che modo
sono finita
qui dentro
posso raccontarti
cos’è accaduto
quando avevo
sedici anni
La mia storia
è molto
semplice
La mia storia
è semplice
e chiara
La ricordo assai bene
e posso parlarne
con serenità
nonostante tutto
Nonostante il ricovero a tradimento
Nonostante gli interrogatori dei primi tempi
Nonostante
gli insulti
Sei agitata!
(io mi ribellavo)
Sei incomprensibile!
(io cercavo di spiegarmi
e di sapere)
Sei pericolosa!
(io mi difendevo)
Nonostante la camerata e il cortile
dove il sole e la luna
concedono poco
per mancanza di spazio
Nonostante i miei anni
senza nulla
La mia storia
è semplice
e chiara
e la ricordo assai bene
e posso parlarne
con serenità
se mi ascolti
se mi ascolti
e se hai il coraggio di credermi
e se hai
il coraggio
di credermi
perché vedi
non mi ha
mai
creduta
nessuno
perché
non mi ha
mai
creduta
nessuno
Ho perduto le gambe sotto il treno
Per loro fu un tentativo di suicidio
Io potrei dirti
forse è successo
per disgrazia
forse volevo uccidermi
Ma che t’importa perché è successo?
Per loro non fu disgrazia
Per loro non fu disperazione
Per loro fu pazzia
loro spiegano
tutto
con la pazzia
e sono venuta qui dentro
e ci resto
e debbo ringraziare l’infermiera
se la mia seggiola a rotelle
viene spinta
dalla cella
al cortile
e dal cortile
alla cella
perché così la mia vita
anche se squallida
non è monotona del tutto
perché così la mia vita
anche se squallida
non è monotona del tutto
Se mi ascolti
e se hai il coraggio di credermi
la mia storia
come vedi
è molto semplice.
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Il mulino di Gemona
L’acqua salta giù dai monti
e fa girare la ruota
fa girare al ruota del mulino
la ruota
gira
gira
gira
e non sa come mai
intanto il grano diventa farina
Il vento salta giù dai monti
e porta via la farina
ma non si sa dove
ma non si sa dove.
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Manicomio di Gemona
400 recluse
Per esempio Bernarda
aveva quattro anni
non la voleva nessuno
l’hanno chiusa qui dentro
Ora ne ha trenta
ma se vuoi
puoi ripassare tra trent’anni
allora ne avrà sessanta
e continuerà ad aspettare
in silenzio.
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Vedendo Gemona dall’orizzonte
tra questi monti
altissimi
non si penserebbe mai
come vivono gli uomini
non si penserebbe mai
come vivono
gli uomini.
Non ti lasciare ingannare
dalla bellezza
(la torre i monti la grande apertura del cielo)
Non ti lasciare ingannare
dalla bellezza
perché la verità
è un’altra.
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Quando sono venuto
mi hanno interrogato
eccetera eccetera
Mi hanno denudato
eccetera eccetera
Mi hanno frustato
eccetera eccetera
Mi hanno sputato
eccetera eccetera
Dovevo cacare e pisciare
nella cella
eccetera eccetera
Nella ciotola di mollica
mangiavo con avidità
una broda da maiali.
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Se tu avessi capito
fino a che punto
l’umiliazione
può distruggere un uomo
se tu avessi capito
se tu avessi capito
sapresti uccidere
sapresti uccidere senza pietà
Tu non mi senti ma io ti voglio dire lo stesso
ti voglio dire
ti voglio dire
che non è il dolore
che non è la tortura
ch’io provo
Ti voglio dire anche se non mi senti
Ti voglio dire che non è paura
non è paura
non è paura
non sono gl’incubi
che attraversano
che attraversano la mia testa
che attraversano la mia cella
e che bruciano i miei occhi
come il fuoco del sole
Ti voglio dire anche se non mi senti
che non ho mai gridato
che non ho mai gridato
per le mie torture
per le mie torture che subisco da anni
Potrebbero tagliare
Potrebbero tagliare
senza farmi nulla
Ma se urlo
Ma se urlo
ma se urlo a pieni polmoni
e vorrei urlare sempre
se mi bastasse la gola
se mi bastasse la voce
Ma se urlo
come un lupo ferito
è la mia umiliazione
che non ha nome
che non ha fine
che non ha vendetta
Se tu avessi capito
fino a che punto
l’umiliazione
può distruggere un uomo
Se tu avessi capito
Se tu avessi capito
sapresti uccidere
sapresti uccidere senza pietà.
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Pubblicato il 28 February, 2017
Categoria: Notizie
Eugen Galasso – Considerazioni sulla mostra “Buffoni, Villani e Giocatori”. Firenze
Buffoni, villani e giocatori alla corte dei Medici, Palazzo Pitti, Firenze.
Il Seicento (anche e soprattutto mediceo a Firenze) è quello della Controriforma, della Guerra dei Trent’Anni(1618-1648), dell’Inquisizione come delle grandi “Rivoluzioni” scientifiche (Galilei, Kepler etc.), come anche dell’interesse per la “deformità”, l'”anormalità”, ciò che sfugge ai canoni armonici della natura e della cultura, gli elementi costitutivi del Potere. Nani e “deformi”,”altri” diventano protagonisti dell'”altro”, appunto, della teratologia, del “mostro” esibito (in seguito verrà esibito come tale nei circhi), di quanto è “incomprensibile” dalla Ragione ma anche da quanto accettato meramente per Fede… Ciò che avrebbe fatto la gioia scientifica di un Cesare Lombroso, è qui visibile e visto a Firenze, in Palazzo Pitti. Giusto Suttens, Olandese fiorentinizzato è qui decisamente molto rappresentato, come anche l’Anonimo Fiorentino, ovviamente coevo di Suttens, ma c’è anche Joseph Heintz il giovane, Tedesco di Augsburg (Augusta) ma quasi sempre vissuto a Venezia, con un”Orfeo agli Inferi-Orpheus in the Underworld” impressionante, pur se non propriamente “attinente” al tema, se non per l'”eccentricità” del tema, dove il quadro, quasi rutilante per gli elementi in color oro (quasi un revival bizantino, pur se sembra impossibile, considerato il décalage temporale), sembra essere un’affiche o addirittura una scena di un musical o al limite di un film. Tematiche disarmoniche, peraltro teorizzate da autori come Torquato Tasso, come Baldassar Castiglione, a dimostrazione dell’irruzione di quanto risulterà troppo duro e inaccettabile per un mondo “razionale” e dominato “secundum rationem”, ma che al tempo stesso inizierà a farsi largo, a divenire non “accettabile”, ma comunque discusso, insinuando “pericolosi veleni” nel ciclo potere-“Ratio”-dominio…pur se poi tutto verrà inglobato e ammortizzato, almeno (beninteso) in appparenza… fino ai tempi nostri, nei quali la “democrazia”, la “tolleranza”, la “scientificità” (e forse bisognerebbe evidenziare la prima lettera di questi lemmi con la maiuscola) sembrano obnubilare quanto non rientra nei loro canoni e dunque “ammortizzarlo”. Ma il “perturbante” torna sempre, nella letteratura fantastica come nelle vicende che caratterizzano la “realtà” o ciò che intendiamo per tale… e quanto definiamo variamente come “incomprensibile”, “perturbante”, “assurdo” è l’ombra della “Follia”, da sempre demonizzata in quanto irriducibile a quanto si intende dominare, “regolare” e – invero – irreggimentare.
Eugen Galasso
Pubblicato il 5 February, 2017
Categoria: Notizie
Il lavoro di Reggio Emilia.
La prima volta che arrivai in città (siamo nel 1970) lasciai la macchina per proseguire a piedi fino alla sede dei Centri di Igiene Mentale, ma al ritorno non ricordavo dove l’avevo lasciata e faticai a ritrovarla.
Quel giorno ero venuto da Firenze soltanto per vedere.
Mi aveva invitato Giovanni Jervis a lavorare con lui a Reggio Emilia, dove lui era stato chiamato a dirigere i nuovi servizi psichiatrici della provincia, con lo scopo di evitare per quanto possibile i ricoveri in manicomio intervenendo con nuovi criteri, e con una diversa concezione dei nostri compiti e delle nostre responsabilità di fronte ai cittadini.
Dovevamo aiutare le persone a vivere senza separarle dal loro ambiente e senza sottoporle a interventi di coercizione.
Superare il manicomio significa smettere di ricoverare.
Jervis mi aveva scelto perché aveva visto come nel 1969 avevo impostato il mio lavoro nell’Istituto psichiatrico di Gorizia diretto da Franco Basaglia, dove ero stato incaricato di occuparmi dei reparti di “osservazione donne”. Per me quello di Gorizia era stato un periodo breve ma ricco di significato e di interessanti e utili esperienze.
Jervis e io avevamo avuto anche moltissime discussioni e divergenze ma ci eravamo intesi lo stesso.
Ci sembrava che lo scopo fosse il medesimo. Una divergenza che si sarebbe riproposta anche a Reggio era che Jervis praticava l’uso dell’elettrochoc mentre io ero decisamente contrario tanto che a Gorizia lo avevo tolto dai reparti delle donne dove si usava ancora mentre era stato tolto dai reparti degli uomini allora diretti da Domenico Casagrande.
Jervis sosteneva anche l’utilità della lobotomia specialmente per le persone con stati ossessivi di difficile controllo come mi disse una sera a Gorizia mentre ero a cena a casa sua.
A Gorizia c’era la convivenza di grandi novità e di antiche tradizioni, come è logico aspettarsi dove è arrivato un rivoluzionario che si dibatte dentro le trappole del conformismo e le paure dei conservatori.
L’idea del superamento del manicomio era un pensiero di Basaglia e non degli altri medici, i quali si adattavano per adeguarsi, tra molte incertezze e profondissime resistenze.
Avevano dubbi teorici e inefficienze pratiche. Nessuno poi si rendeva conto di quanto lontano portasse questo pensiero e quali potessero essere le conseguenze nel modo di concepire i rapporti umani, e nel modo di affrontare la convivenza sociale.
Jervis era un buon neurologo, ma a mio parere non era adatto a occuparsi dei problemi pratici della psicologia, e non mi sembrava nemmeno interessato e disponibile per avventurarsi ad affrontare e capire le difficoltà esistenziali. Questa storia si sarebbe vista anche a Reggio.
Non si capisce come mai i medici sono chiamati a occuparsi di psicologia.
Anche questo è un vero equivoco da chiarire.
Lasciata Reggio, nel tornare verso la Toscana, vidi per la prima volta il colle di Bismantova, maestoso e triste, come mi sarebbe apparso molte volte in seguito, quando mi occupavo dei paesi di montagna, che fornivano molte persone al manicomio.
Pubblicato il 21 December, 2016
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Cipriano versus Antonucci – Eugen Galasso
(Mi riferisco ad “A”, novembre 2016, n.411, pp.29-33)
Due premesse: A) La mia non è difesa d’ufficio del dott. Antonucci, che si difende benissimo da solo. Avendo seguito, però, da anni, le vicende di Giorgio Antonucci e di chi lo attacca, credo di avere diritto di intervenire; B) Da non anarchico, però, credo sia opportuno precisare alcune cose. In primis, delegando alla dott. Mailardi, psicologa, psicoterapeuta a Roma presso la Fondazione Roma Solidale onlus l’intervista al dott. Cipriano, autore di vari libri (tutti editi da “Eleuthera”, significativamente, casa editrice di cui “A” pubblica la pubblicità – scusate il bisticcio di parole…, mentre di Antonucci ne aveva pubblicato solo uno, per così dire con un “no more” implicito), la rivista “A-rivista anarchica” fa una scelta di campo, ben più che instaurare un dialogo a distanza… Premetto, però, che credo nella sincerità assoluta di entrambi(intervistatrice e intervistato) e lo dico in buona fede, senza alcun “retropensiero” da “Ma Bruto è un uomo d’onore…” (uncle Bil l’immortale, alias William Shakespeare, Giulio Cesare, Atto III°, scena seconda). Certo, anche le domande -“obiezioni” della dott. Mailardi sembrano offrire il destro a risposte-chiarimenti non dico “orientati” (questo no) ma in qualche modo appaiono “facilitanti”. Poi, Cipriano prende apertamente le parti di Basaglia versus Antonucci: assolutamente legittimo e anzi scopre subito le carte, ma è scelta a priori, con toni estremamente duri e dogmatici: “Quello di Antonucci è un discorso che trovo demagogico” (sarebbe da chiarire questo termine, ormai, troppo usato-abusato. Chi dava del “populista” e del “demagogo” a Donald Trump l’ha fatto vincere. Mio inciso). Dire che comunque la sofferenza esiste e che “la libertà l’ha già perduta prima che intervenga la psichiatria con le sue armi di precisione e di repressione” è contraddittorio: prima di tutto non sappiamo se sia vero che la persona abbia già perso la sua libertà (l’autore ci dà ciò come assioma, quale “articulus fidei”) e poi Cipriano ammette che quelle della psichiatria sono “armi di precisione e repressione”. Segue poi l’argumentum princeps: “…in certi casi, bisogna assumersi la responsabilità di decidere, per quella persona non più in grado di farlo (sic! Se lo fa il dott. Goebbels, però, o comunque tutta la psichiatria istituzionale, poi, sappiamo come va a finire… e.g.). Per cui, io pure revoco, o non convalido, moltissimi trattamenti sanitari obbligatori. Però non contesto lo strumento del TSO”. Ma se questo esiste, viene usato e come… Cipriano lo sa e però difende (ripeto: credo fermamente che sia in buona fede e quindi non creda di farlo) la casta degli psichiatri e chi ne legittima l’esistenza. A Szasz, poi, contesta di “aver fatto una scelta di campo…dedicandosi solo a gente ricca e poco sofferente”. Mi sembra un riduzionismo totale, quanto meno. Non parliamo dell’attacco ad Antonucci, poi, “la cui impresa più rilevante è stata troppo veloce, pretenziosa e controproducente”. Ne è certo, prima di tutto? Sa come si siano svolti i fatti? Ne dubito, in specifico. Lascio ad altri la possibilità di replicare, concludendo solo con la constatazione che il “gradualismo”, in buona fede, di Cipriano, non cambierà nulla a livello normativo e di prassi clinica.
Eugen Galasso
Nota: Eleuthera ha pubblicato diversi libri importanti del dottor Giorgio Antonucci.
Pubblicato il 28 November, 2016
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“Cappelli e serpenti boa” di Giorgio Antonucci– Il Piccolo Principe, una storia a fumetti di Enzo Jannuzzi e Antoine de Saint-Exupéry
Excalibur srl
Nelle prime pagine del Piccolo Principe che Vincenzo Jannuzzi ha riproposto a fumetti, il bambino vede il serpente boa, mentre l’adulto vede il cappello. Si evidenza qui il rapporto che il bambino ha con la fantasia, fintanto che non gliela organizzano e non gliela impediscono.
Fin dall’antichità, il conflitto tra creatività e controlla sociale è una costante. Già nell’Iliade incontriamo personaggi che affermano come a volte, per un istante, si sentono oscurati, come se qualche demone impedisse loro di pensare. Dalla concezione dei demoni che impediscono il pensiero, agli inquisitori, fino ai controlli sociali dell’epoca moderna, l’intelligenza creativa si scontra con le regole autoritarie della società.
Socrate rappresentava la forza creatrice attraverso l’intelligenza e il dialogo, ma lo stato ateniese ne fu impaurito e lo condannò a morte. Socrate, ricchissimo d’immaginazione, cercava di stimolare la gente a ragionare attraverso il dialogo, per raggiungere la conoscenza di se stessi, per ricercare la verità, per arrivare alla sapienza. Fu condannato a morte con l’accusa di corruzione della gioventù. Dal punto di vista di chi lo ha giudicato, dare impulso allo sviluppo del libero pensiero dei giovani era quindi considerato corruzione.
“Noi siam qui ninfe e nel ciel siamo stelle”, scrive Dante (Purgatorio, Canto XXXI, v. 106), che ho sempre citato per la sua indipendenza di pensiero e per la fantasia, era un individualista e riteneva, in un’epoca come quella medievale, che le sue opinioni dovessero essere rispettate sia dal potere temporale, quello di Firenze, sia da quello ecclesiastico di Roma. Basta leggere la Divina Commedia per vedere cosa ha scritto, quando definisce il Vaticano la cloaca del sangue e della puzza e quando mette i papi nell’inferno.
Gli artisti e i pensatori di ogni epoca hanno trovato ostacoli e repressione, con la condanna a morte, con la reclusione e i trattamenti psichiatrici, oppure con l’esclusione. Torquato Tasso è stato rinchiuso nella torre di Sant’Anna, perché il suo modo di pensare era stato ritenuto sospetto. Vincent Van Gogh è stato internato in manicomio, come Antonio Ligabue e Antonin Artaud, che è stato sottoposto all’elettroshock. Charles Baudelaire è stato addirittura interdetto, perché il suo modo di essere e di pensare non corrispondeva alla moralità dei costumi, come la chiama Friedrich Nietzsche, cioè quei costumi che sono stabiliti e imposti con la forza. Ci sono persone che col pensiero sembrano disturbare la tranquillità delle persone perbene, sottomesse al potere costituito.
Ritornando ai giorni nostri, Il Piccolo Principe è un’opera in cui la fantasia prevale su tutto il resto: quello che è simile al reale è scartato, mentre conta quello che è immaginario. Per questo motivo, come pure Alice nel Paese delle Meraviglie o Pinocchio, non possono essere inquadrate; hanno un testo semplice, ma ricco di pensiero, adatto sia ai bambini sia agli adulti. Libri semplicissimi, ma di una ricchezza che non finisce mai: la fantasia. Sono testi che non hanno fine, anche per la figurazione; sono stati, infatti, reinterpretati numerosissime volte.
Il Piccolo Principe fa volare la fantasia: il pilota trascorre la sua vita da solo, senza nessuno con cui parlare, in quanto le persone importanti a cui sottopone il suo disegno vedono solo un cappello – i “grandi” si riferiscono solo alle forme che sono accettate – poi, finalmente, incontra il Piccolo Principe, che gli chiede di disegnare e che capisce i suoi disegni; e, alla fine, il pilota, Antoine de Saint-Exupéry stesso, è scomparso nella vita reale come se facesse parte di questa sua opera.
Anche oggi la fantasia è guardata con sospetto e gli artisti sono sopportati con fastidio. Nel ’68 gli studenti parlavano di fantasia al potere, era un paradosso, una sfida, un modo di dire: la fantasia avrebbe dovuto sovvertire il potere, superarlo, per costruire una società nuova. Tuttavia la fantasia e il pensiero libero, non vanno d’accordo con un sistema che ha bisogno di situazioni prevedibili e controllabili, e vuole mettere limiti precisi. La fantasia, al contrario, non è né prevedibile né controllabile. Questo conflitto, messo in luce dal Piccolo Principe, sta diventando, ora, sempre più pressante, anche perché viviamo in un’epoca in cui la fantasia va scomparendo. Al contrario la fantasia dovrebbe essere presente anche nella politica. Goethe diceva: <io amo chi brama l’impossibile>. Perché chi brama l’impossibile è chi immagina e sogna un mondo nuovo, lavora per una società diversa, vuole fare la rivoluzione per avere una società differente. Ora invece ci si ferma sul dato di fatto, senza andare oltre. Siamo nella civiltà dei supermercati, una civiltà in cui veniamo consumati. I giovani non hanno punti di riferimento e le persone sono scoraggiate, per cui si accetta lo stato delle cose.
L’immaginazione, anche nei regimi per così dire democratici, che sono democratici soltanto in parte, è diventata sempre più estranea ai costumi della nostra società e, anche se a volte viene accettata, è sempre controllata. Lo scontro tra creatività, intelligenza, immaginazione e le regole del sistema che cerca di soffocarli, è presente in tutte le epoche e con metodi diversi a seconda dei tempi, però il conflitto è sempre lo stesso. La qualità particolare del Piccolo Principe è quella di dare un impulso alla riflessione, al pensiero e mettere in luce lo scontro tra l’immaginazione e le organizzazioni del potere, tanto nel XX come nel XXI secolo. Quest’opera, come è stata immaginata da Vincenzo Jannuzzi, ma anche come è stata rivisitata nella traduzione realizzata con Erveda Sansi, è un inno alla poesia. Il lavoro è un trionfo dell’immaginazione, un’esaltazione del libero pensiero non sottomesso contro il conformismo; le persone importanti vedono solo il cappello ma solo chi non è conformista, ci vede altro.
Marzo 2016
Giorgio Antonucci.
Pubblicato il 18 November, 2016
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Il “PREMIO GIORGIO ANTONUCCI” 2016
La serata avrà luogo sabato 26 novembre alle ore 15:00 a Firenze, presso l’Auditorium di Sant’Apollonia, in Via San Gallo 25A.
Il pomeriggio vedrà le premiazioni della Dott.ssa Eugenia Omodei Zorini e del Dott. Massimiliano Boschi, e sarà allietato dal piano del Maestro Andrea Passigli che suonerà musiche di Schubert e la prima esecuzione di “Sonatina fiesolana” per lui composta dal M° Anthony Sidney.
A seguire la presentazione del libro “La chiave comune” di Giovanni Angioli e la proiezione del filmato “Noris e Giorgio” di Anthony Sidney.
I premiati
Eugenia Omodei Zorini
Laureata in medicina nel ’65, desiderava capire qualcosa chi siamo e perché soffriamo, e sperava di farlo attraverso lo studio della psichiatria. Presto si rese conto di come questa disciplina ignorasse e svalutasse profondamente l’essere umano, e scelse la specializzazione in psicologia clinica, anche se sei mesi di lavoro in reparto furono sufficienti a rivelarle la disumanizzazione della pratica medica.
Nel ’69 si sentiva parlare di Gorizia, di Basaglia e dell’antipsichiatria. La dottoressa Omodei Zorini approdò al servizio di Igiene Mentale di Reggio Emilia, dove lavorò con Giorgio Antonucci e condivise il suo approccio ai problemi mentali. Dal ’95 insegna alla Scuola di Psicoterapia Psicoanalitica, per trasmettere ai giovani la sua esperienza, nella ricerca di un rapporto non violento e fondato sul rispetto della persona.
Massimiliano Boschi.
Nato a Bologna, è emigrato in Alto Adige nel 2012. Giornalista pubblicista, collabora alle pagine culturali del Corriere del Trentino e dell’Alto Adige. In passato ha collaborato con “Diario della settimana”, “Micromega” e il “Venerdì di Repubblica”. Da anni lavora a una biografia su Giorgio Antonucci.
Il Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani Onlus – è lieto di presentare il “Premio Giorgio Antonucci 2016” in onore dei Difensori i Diritti Umani nel campo della salute mentale.
Ringraziamenti al “Premio Giorgio Antonucci”:
“http://centro-relazioni-umane.antipsichiatria-bologna.net/2015/12/22/premio-giorgio-antonucci-ringraziamenti-di-jan-eastgate-foto/”
Le passate edizioni del “Premio Giorgio Antonucci”:
http://centro-relazioni-umane.antipsichiatria-bologna.net/2016/10/03/sesta-edizione-del-premio-giorgio-antonucci-premiati/
Pubblicato il 15 November, 2016
Categoria: Notizie