Giuseppe Uva e Stefano Cucchi: responsabilità legate a vicende psichiatriche – Eugen Galasso
Tornano “sotto i riflettori” i casi di Giuseppe Uva (3 anni e mezzo fa circa) e Stefano Cucchi (poco più di due anni fa) presentano vari elementi di affinità: un passato (ma in parte anche qualche traccia nel presente) di tossicodipendenza, la requisizione da parte dei carabinieri, la morte improvvisa: fermo restando che la verità giudiziaria è ancora da stabilire, che quindi molte ipotesi rimangono aperte, in particolare sui pestaggi cui le due persone, grosso modo anche della stessa età (poco più che quarant’anni), sarebbe state sottoposte, a parte la droga e uno stile di vita che la società e la cultura dominanti condannano (problema del proibizionismo sul tema droga, eventuali responsabilità delle forze dell’ordine, c’è da dire dei medici e delle loro “colpe”: per Uva c’era stato un TSO e qui c’è da ribadire, con Giorgio Antonucci e non solo, che il TSO è una sottrazione ingiustificata di libertà, una sua violazione, che nulla può sostituire; è vero che il TSO è precedente al pestaggio in caserma (a Varese), mentre il romano Cucchi, che pure in precedenza con i reparti pischiatrici aveva avuto a che fare, è morto nella clinica (o ospedale, le definizioni valgono e neppure troppo, in alcuni casi) del carcere, dunque, foucaultianamente è stato vittima di entrambi i due poteri, carcerario e ospedaliero. Medici, nel caso di Cucchi, che hanno affermato essere l’uomo “incapace di intendere e volere” e anche qui le considerazioni si sprecherebbero. Quindi, fattualmente: A) responsabilità, per quanto ci riguarda, a livello di privazione di libertà, legate direttamente o meno (ma praticamente sempre, pur se con modalità diverse) al TSO e alle vicende psichiatriche pregresse; B) storie di vita spezzate dalle violenze dei poteri spesso confliggenti, magari senza saperlo, altre volte alleati; C) chi scrive, pur non esercitando attualmente, è ctp (consulente tecnico di parte): ora che molte cose, nei due casi, non siano state chiarite, è fuori di dubbio, pur se non è possibile da esterni, pur se relativamente informati, dire molto di più. Casi da ristudiare, ma soprattuto vite spezzate, ingiustamente (ogni vita spezzata lo è, ma quando di mezzo ci sono i poteri, la cosa viene ad essere più grave). Persone, più che casi (altro, appunto, è la valutazione giuridica). Se ne parlerà ancora, prima, durante e dopo i processi, se ci saranno nuovi rilievi e nove scoperte, ma… per ora temo di aver detto fin troppo, sperando non si tratti di riflessioni troppo scontate, pur se non posso escludere che invece sia propio così…
Eugen Galasso
Pubblicato il 27 November, 2011
Categoria: Notizie
Prospettive diverse per il superamento della questione psichiatrica
Negli ultimi tempi, quando la psichiatrizzazione sembra essere un toccasana secondo molti, si riaffaccia il problema degli approcci non-anti-a- psichiatrici (sono contro inutili nominalismo, nella linea antonucciana), che tendono a distinguersi e a separarsi, anche a seconda di orientamenti politici, ideologici, ma anche personali. Qui l’esempio di due proposte diverse, ma convergenti verso un unico obiettivo, cioè il superamento delle inutili conflittualità. Diversità, si può dire, ma senza contrapposizioni, appunto.
Del resto, un po’ di storia non fa mai male: nell’anno topico 1968 proprio il compianto dott. Edelweiss Cotti, bolognese e il dott. Giorgio Antonucci, fiorentino, costituivano a Cividale del Friuli il “Centro di relazioni umane”(http://centro-relazioni-umane.antipsichiatria-bologna.net/2008/12/21/giuseppe-gozzini-esercizi-di-memoria-il-68-visto-dal-basso-sussidio-didattico-per-chi-non-cera-ed-asterios/), quale luogo simbolico-emblematico del superamento del pregiudizio psichiatrico. Un’esperienza, in gran parte, pre-basagliana, comunque più radicale di quella dell’assolutamente importante medico e teorico veneziano. Con una foto (http://centro-relazioni-umane.antipsichiatria-bologna.net/2011/11/16/edelweiss-cotti-e-giorgio-antonucci-a-cividale-del-friuli-foto/) fortemente esplicativa, come sempre le immagini, che vivificano le parole.
(seguono i testi)
Giuseppe Bucalo:
Oggi 17 novembre 2011 viene presentata pubblicamente un’esperienza antipsichiatrica unica che ci vede attivi da 10 anni in Sicilia e che abbiamo deciso di chiamare “Soccorso Viola”.
Esperienza ultima in ordine di tempo di una serie di speriment/azioni che fa del Comitato Iniziativa Antipsichiatrica non solo l’organizzazione antipsichiatrica più longeva del panorama italiano (la data di nascita si perde nel lontano 1986), ma anche quella che ha saputo coniugare la lotta ad ogni forma di abuso psichiatrico con la ricerca di opportunità concrete per fare a meno della psichiatria.
Dall’autogestione collettiva delle esperienze di crisi sociale a Furci Siculo, con l’azzeramento dei TSO, alla Sindrome Associativa esperienza di autogestione delle esperienze allucinatorie; dalla scoperta dell’ “accettazione delle cure” come strategia legale maestra per sottrarsi ai TSO alla costruzione di una rete di accoglienza antipsichiatrica capace di ospitare, rifocillare e sostenere quanti, nella loro ricerca di autonomia e libertà, tentano di sfuggire dalla psichiatria; dalle battaglie per l’abolizione della non punibilità per vizio di mente e il superamento dell’OPG alla creazione di luogo intermedio per sostenere la fuoriuscita delle persone dal circuito psichiatrico-carcerario.
Il “Soccorso Viola” prende atto di questa realtà antipsichiatrica viva e concreta che si confronta con il quotidiano, tenendo insieme nel “viola” le partiche legali che da sempre hanno contraddistinto l’azione di tutela dei diritti e della libertà degli im-pazienti psichiatrici e nel “soccorso” l’urgenza di dare una mano concreta a quanti per fare a meno della psichiatria rischiano di rimanere privi di qualsiasi rete o appoggio sociale e familiare.
Il grande valore di questa esperienza è che mostra che si può fare a meno della psichiatria. Il grande limite che essa si è limitata a sud, in Sicilia. Non ha trovato negli anni nessuno che accettasse la sfida di andare oltre la mera rivendicazione del diritto alla follia e ne replicasse, magari innovandola e in maniera originale, l’esperienza in altre realtà d’Italia.
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Chi scrive è convinto da sempre della bontà e sincerità dell’attività, importante, di Giuseppe Bucalo, che opera nel settore anti-psichiatrico, non-psichiatrico, a-psichiatrico (niente nominalismi, please!). Idem ritiene che chi opera, a vario titolo, in quest’ambito, debba collaborare con le altre realtà – dividersi non ha senso e porta acqua al mulino della reazione, id est della psichiatria, diffranta in realtà diverse ma (queste sì, sempre e appassionatamente) convergenti… Ciò che forse vorremmo da parte dell’amico e “compagno”(nell’accezione letterale del lemma, cioè chi mangia il pane insieme, senza bisogno di riferimenti cristici, che a me andrebbero anche bene…) Bucalo sarebbe un minimo di ritrosia in più: rivendicare primogeniture va bene, ma, acconsentendo a riconoscere che il dott.Giorgio Antonucci, in anni pericolosi, affrontava processi e reprimende, negando dall’interno l’istituzione manicomiale, per es… Se c’erano Laing, Cooper, Basaglia (già scomparso, però, nell’86 citato), c’era chi, in loco, non lesinava critiche all’istituzione…
Eugen Galasso
Pubblicato il 26 November, 2011
Categoria: Notizie
Edogawa Ranpo e l’ “incomprensibile” – Eugen Galasso
Nell’ambito di recenti riscoperte di autori ignoti o quasi da noi (intendendo: Europa, “Occidente”, non solo Italia) ottima quella di Edogawa Ranpo, pseudonimo di Taro Hirai, giapponese (1894-1965), autore di “noir” e più ancora di racconti e romanzi fantastici, che ora in italiano esce con “L’inferno degli specchi”, Milano, Mondadori, 2011, racconti, anzi meglio raccolta di essi, di eccelso valore, ispirati da quello che era il mito di Ranpo, Edgar Allan Poe, cui l’autore si rifà anche per lo pseudonimo (attenzione alla fonematica: si legga lentamente il nome con scansione sillabica e si capirà perché – e certo non c’è bisogno di conoscere la lingua giapponese). Ma c’è un tema in questi racconti, che ci sconcerta e interessa: il protagonista dei racconti si chiede, di fronte al’ “orribile non sublime”, all’incomprensibile, se egli sia pazzo? Concezione atavica, inculcata da molte culture (in accezione antropologica, beninteso, non di “cultura alta”), anche orientali. Ma regolarmente l’autore respinge tale affermazione, la nega. In Poe, alcolizzato e “drogato” d’oppio, invece, la questione non si pone neppure. Il grande americano, in effetti, si chiede (fa chiedere al protagonista dei racconti) se ciò che vede/esperisce sia un’altra realtà oppure prodotto dei fumi dell’alcol e della droga. Ma la risposta, comunque, è sempre la prima, dato che Poe non era un materialista o un meccanicista.
Eugen Galasso
Poesia di Giorgio Antonucci
“Se mi ascolti e mi credi” (http://centro-relazioni-umane.antipsichiatria-bologna.net/2010/11/27/giorgio-antonucci-poesia-se-mi-ascolti/)
Pubblicato il 24 November, 2011
Categoria: Notizie
Edelweiss Cotti e Giorgio Antonucci a Cividale del Friuli – Foto
In questa foto si vedono Edelweiss Cotti e Giorgio Antonucci, e altri, davanti al reparto neurologico di Cividale del Friuli, chiamato – Centro di Relazioni Umane -, nel 1968.
PUBBLICATA SU: VIE NUOVE, ANNO XXIII, 29 AGOSTO 1968
Interno del reparto chiamato “Centro di relazioni umane”
altre foto del reparto di Cividale: qui
Approfondimenti:
GIUSEPPE GOZZINI – “Esercizi di memoria – il ‘68 visto dal basso- sussidio didattico per chi non c’era”
VI CONGRESSO ENUSP “Il futuro per gli utenti e sopravvissuti della psichiatria – Tributo a GIORGIO ANTONUCCI
Da: “Report del VI congresso del Network Europeo di (ex) Utenti e Sopravvissuti della Psichiatria (ENUSP)” di Salonicco.
28 Settembre – 1 Ottobre, 2010
Determining our own future: “The way forward ford all European user and survivors of psychiatry”
pag 156:
This piece is in recognition of Giorgio Antonucci’s work, who was the first person in Italy to create a self managed asylum psychiatric ward and freed psychiatric prisoners by giving them back their money, their documents and the keys.
“Il testo è il seguente:
“Questo pezzo è un riconoscimento del lavoro svolto da Giorgio Antonucci, la prima persona in Italia che ha creato un reparto autogestito dentro un manicomio e che ha liberato i prigionieri psichiatrici, restituendo i loro soldi, i loro documenti e le chiavi”.
Un ringraziamento a Erveda Sansi (http://senzapsichiatria.blogspot.com/)
Pubblicato il 9 November, 2011
Categoria: Notizie
“DISAGI MENTALI IN SCENA DA COSTANZO”- Pazienti ed ex pazienti, con Giorgio Antonucci, a “Costanzo show”
20 luglio 1996 — pagina 34 sezione: SPETTACOLI E TV
ROMA – Giovedì sera la puntata del Maurizio Costanzo show è stata davvero speciale. Su Canale 5, dalle 23 in poi (per più di due ore) sul palcoscenico del Teatro Parioli non c’ erano i soliti ospiti, ma solo degenti ed ex degenti di ospedali psichiatrici (sei in tutto), accompagnati dal professor Giorgio Antonucci, direttore del reparto autogestito dell’ Istituto ‘ Lolli’ di Imola. E’ la prima volta che questo accade in un talk show. Un fatto che farà sicuramente discutere, ma di cui Maurizio Costanzo va particolarmente fiero. Costanzo, ci spiega come è nata questa puntata? Per parlare di ‘ disagi mentali’ era proprio necessaria questa provocazione? “Io sono sempre stato contro l’ etichetta della diversità. Mettere i normali da una parte, gli anormali dall’ altra. Perciò, due mesi fa, parlando con il professor Antonucci, primario dell’ ospedale di Imola, ho cominciato a pensare ad una puntata da dedicare a chi ha o ha avuto dei ‘ disagi mentali’ : offrendo l’ intero palcoscenico a loro disposizione. Ma lo sapete che, per legge, il 31 dicembre di quest’ anno in 33 mila dovrebbero lasciare gli ospedali psichiatrici italiani? Bene, io allora ho voluto fare un tentativo: quello di dimostrare che non esiste la diversità, o almeno che è molto difficile stabilire quali sono i limiti”. I telespettatori avranno capito il suo messaggio? Come ha reagito il pubblico del teatro Parioli? “E’ andata benissimo: ci hanno seguito 1 milione e 400 mila telespettatori di media. Abbiamo avuto il 22 per cento di share. Ma anche il 15 per cento sarebbe stato un buon risultato. Io conosco il pubblico del Parioli: vi posso garantire che erano rapiti. Alcuni di loro, che ho sentito dopo la registrazione, mi hanno detto di aver trovato la trasmissione molto interessante. Sono contento, con questa puntata ho coronato un sogno, è l’ appagamento di un desiderio: bisogna creare la cultura della non diversità”. Tutto è filato liscio. Ma con questi ospiti, se ci fossero stati dei problemi, l’ avrebbero accusata di fare una speculazione televisiva… “Sì, sapevo di giocare una carta molto delicata. Ma con il mio show corro dei rischi tutte le sere, e non mi interessa più quello che dicono certi critici. Nessuna scaletta per questi ospiti: assieme al professor Antonucci, e agli psichiatri Rosaria Iacoponelli ed Ettore Pasculli, abbiamo cercato solo di farli sentire a loro agio. Ho fatto apposta a non mettere altri ospiti nella puntata: avrei detestato qualsiasi parola di ‘ comprensione’ nei confronti di chi vive il disagio mentale. Un momento difficile? Quello dei due fidanzati, Mariella e Giorgio: lei ha espresso il desiderio di lasciarlo, lui soffriva, io ho lasciato che finisse di parlare mentre mi allontanavo”. Questa puntata è un preludio al tanto annunciato ‘ nuovo corso’ del Maurizio Costanzo show del prossimo autunno? “E’ un test molto importante”, dice Costanzo, mentre Alberto Silvestri, autore dello show, ci legge soddisfatto il testo di un fax di approvazione. A Costanzo lo ha inviato Anna, da Pistoia, e dice: “Una settimana fa le ho scritto perché mi aveva offeso la presenza di Sabani nel suo show. Avevo detto che avrebbe perduto una fedele telespettatrice. Ma oggi le chiedo scusa, e mi complimento per la straordinaria puntata”. – di LEANDRO PALESTINI
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1996/07/20/disagi-mentali-in-scena-da-costanzo.html
Pubblicato il 28 October, 2011
Categoria: Notizie
“Libertà nella produzione poetica e saggistica di Giorgio Antonucci” – Eugen Galasso
Vorrei partire, ancora una volta, da un testo compreso in “Diario dal manicomio” di Giorgio Antonucci, dove Giorgio commenta un incontro tra Francisco Varela, grande biologo e neuroscienziato nonché epistemologo cileno, scomparso circa 10 anni fa (nel maggio del 2001, per la precisione) e il Dalai Lama, dove entrambi convengono sul fatto che certi atteggiamenti, comportamenti e modi di pensare dei mistici buddhisti in Occidente, da molti, in specie psichiatri, verrebbero considerati schizofrenici; ma, aggiunge Antonucci, né l’uno né l’altro, ne traggono la debita conseguenza, per cui bisogna mettere in discussione ogni tipo di psichiatria. Sviluppando tali concetti e altri ancora del libro ed in genere del pensiero di Antonucci, la dottoressa Maria Rosaria D’Oronzo, presidente del Centro di Relazioni Umane, ha articolato la sua interessantissima relazione al convegno bolzanino sull’opera e il pensiero di Giorgio Antonucci, mostrando come non si possano in alcun modo conculcare i dirtti umani, costringendo a un TSO, all’ “obbligo” di assumere psicofarmaci, al letto di contenzione, all’elettroshock etc. (cito tutto ciò assieme, in una serie un po’ confusa, ma molti psichiatri con queste cose fanno una gran confusione eppure su ciò tengono ferma la loro convinzione, anzi tendono ad imporla o la impongono tout court), ad altro ancora, quasi non ci fosse alcuna capacità di discernimento della persona (o individuo che dir si voglia, pur se si tratta in entrambi i casi di lemmi pesantemente connotati), quasi avessero valore scientifico le loro diagnosi, dove invece la dottoressa D’Oronzo, rifacendosi al pensiero di Antonucci ma anche all’esperienza semantica, cioè diretta, mostra come si oscilli , quasi in un valzer grottesco ma anche drammatico per il “paziente” tra “schizofrenia”, per es., di moda più che altro un tempo e “disturbo bipolare”, con cui oggi invece si largheggia, notoriamente, tanto che termine designante e relativa diagnosi appaiono decisamente inflazionati, ormai. Proprio rifacendosi a ciò, dunque, la dottoressa D’Oronzo ha sviluppato argomenti e controargomenti rispetto a prese di posizione, addotti dai partecipanti, a parziale difesa di posizione da”psichiatria democratica”. Maria Rosaria D’Oronzo, a questo proposito, informata su specifiche realtà altoatesino/sudtirolesi (“Casa Basaglia” alla periferia di Merano, in specifico) ha messo in evidenza manchevolezze locali, invitando giustamente a porre maggiore evidenze sulle stesse, spesso trascurate e/o tout court rimosse. Il convegno-incontro, svoltosi lo scorso 20 settembre a Bolzano, presso la biblioteca provinciale “Claudia Augusta” del capoluogo altoatesino, ha fatto rilevare tre aspetti: A)l’interesse vivo dei/delle partecipanti (decisa la prevalenza femminile) per la tematica, nonostante si trattasse di una matinée, il che ha ridotto per molte persone la possibilità di partecipare; B)l’interesse anche umano, empatico per la problematica; C)la convinzione sostanziale di varie persone, per le quali la psichiatria dovrebbe essere “soft”, “democratica”, “Umana”, ma ha/avrebbe comunque da essere, convinzione fondata in ogni caso sull’illusione che una diagnosi psichiatrica sia possibile e che possa discenderne in qualche modo, una terapia adeguata e non solo velleitaria-arbitraria. Ma, parafrasando Freud, da non freudiano che però ne riconosce i meriti di “pioniere”, il quale però ne parlava in tutt’altro contesto (“L’avvenire di un’illusione” è un saggio freudiano che parla polemicamente della religione), c’è da augurarsi che tale illusione non abbia alcun avvenire…
Eugen Galasso
Pubblicato il 3 October, 2011
Categoria: Notizie
Seminario – Disegno Onirico – Eugen Galasso
“Volete conoscere e soprattutto conoscervi divertendovi? Provate con il disegno onirico, dove in gruppo si impara e ci si diverte, riscoprendo anche il piacere dell’espressione grafica”
E’ NECESSARIA LA PRENOTAZIONE.
IL DISEGNO ONIRICO
… Siete invitati/e a sognare ad occhi aperti ma senza dormire. Modalità creativa per conoscersi, conoscere aspetti “curiosi” della propria personalità, anche divertendosi.
Oltre che a interpretare, almeno a grandi linee, i disegni onirici, e proprio attraverso questa intepretazione, con il disegno onirico si impara a conoscersi, non razionalmente, ma nell’interezza della nostra person…alità, quindi nelle componenti emotive, sentimentali, nella trama di ricordi e pulsioni. Stare con gli altri nel gruppo implica la possibilità di conoscere anche gli altri, proprio anche confrontandosi con una situazione in cui ognuno supporta gli altri, li aiuta magari anche non rendendosene conto.
Cenni storici: La tecnica, che non è solo tecnica ma anche teoria complessiva (fondamentale la “lettura” e l’”ermeneutica” del disegno), nasce negli anni Settanta del 1900 a Buenos Aires da due psicoanalisti di formazione e ispirazione (non dogmatica, però) junghiana, Alberto Bermolen e Maria Grazia Dal Porto, ma anche dalla loro collaborazione con Abel Raggio, artista post-surrealista (la definizione è limitativa).
Teoria del disegno onirico:
“… è notorio che ogni persona si esprime con dei segni, delle tracce anche grafiche…Ma, già in età puberale-adolescenziale (dai 13 ai 15 anni) la persona si vergogna a produrre disegni, ad esprimersi graficamente; ma ciò, sicuramente, è dovuto ai pre-giudizi, al clima culturale ammorbante”
“Non ha senso parlare a priori e interpretando prima il disegno onirico, perché si “rovinerebbe il gioco” interpretando i disegni prima che si facciano.
A) ”onirico” implica il sogno, ma è “sogno” ad occhi aperti, senza che si dorma, senza che ci sia ipnosi (non sarei capace di usare l’ipnosi né autorizzato a farlo, inter cetera), uno stato di coscienza vigile, attraversato, però, dal “sogno ad occhi aperti”, appunto;
B) conta l’uso dei colori, le forme, la posizione delle forme-figure nel foglio, ma ciò non vuol dire che, per es. l’uso di un colore implichi la possibilità di interpretare tale colore (e quindi tale uso) univocamente……
C) Non esistono non-colori. Il nero, il bianco, il grigio lo sono, dunque, a pieno titolo, contro interpretazioni classicamente “accettate” quanto oltremodo fallaci;
D) Leggere-interpretare un disegno onirico non vuol dire in alcun modo “giudicare la persona” (ci mancherebbe….!), anzi tutelarne la privacy, capirne le grandi potenzialità, sempre insite anche nella persona più schiva, meno “appariscente”;
E) Il disegno onirico si fa in gruppo, non da soli.
Che il gruppo o alcuni suoi componenti si conosca(no) o meno, ci si diverte sempre, comunque e divertendosi, come si sa, si impara, ma non nozioni astratte che servono a bene poco.
Termine iscrizioni: il 13 ottobre 2011
Iscrizioni: centrorelazioniumane@gmail.com , cell 339 3040009
Per informazioni:http://centro-relazioni-umane.antipsichiatria-bologna.net/2010/12/09/disegno-onirico-eugen-galasso/#more-692
“Libertà nella produzione poetica e saggistica di Giorgio Antonucci” – Biblioteca Provinciale Italiana, Bolzano
20-09-11
Martedì 20 settembre alle ore 11.00
Conferenza
“Libertà nella produzione poetica e saggistica di Giorgio Antonucci”
con Maria Rosaria D’Oronzo
e Eugen Galasso
Giustizia per Franco e ….mai più!
Il COMITATO VERITA’ E GIUSTIZIA
per FRANCESCO MASTROGIOVANNI
a due anni dalla morte di Franco, per non dimenticare e per continuare a chiedere giustizia
organizza a: Vallo della Lucania (Salerno)
Aula Consiliare
4 Agosto 2011 – ore 18,30
www.giustiziaperfranco.it