Archivio della Categoria: ‘Testi’

CORPI E MALATTIE MENTALI – intervista a Giorgio Antonucci

Intervista di Augusta Eniti a Giorgio Antonucci

a.eniti@altreforme.net

CORPO n. 07 08 UNIVERSITà DEGLI STUDI DI UDINE
multiverso

Forum Editrice

Eniti: “I corpi non sono altro che superfici da attraversare, corpi da plasmare, un ordine che si esplica come un’immensa nervatura di prescrizioni, di modo che gli stessi corpi siano punteggiati e attraversati dall’ordine”. A questa affermazione di Philippe Pinel, Michel Foucault aggiunge che quest’ordine si sostiene anche sul potere disciplinare della psichiatria. Professor Antonucci, cosa può dirci a riguardo?

Antonucci: La psichiatria ‘istituzionale’, agendo all’interno di un sistema giuridico che ancora glielo consente, ha la possibilità di sequestrare le persone, internandole contro la loro volontà in clinica o in manicomio e violando così quel diritto fondamentale che si è affermato nell’Inghilterra del XII secolo e che tutti conosciamo come habeas corpus. Con questo principio, nato per proteggere alcuni aristocratici, si garantiva di non essere sequestrati. Ciascuno è proprietario di se stesso e del proprio corpo e ciascuno, facendo parte di uno stato, ha il diritto di non essere sequestrato senza motivazione di legge.

Eniti: Che rapporto c’è, quindi, tra i cittadini e quella che lei definisce psichiatria ‘istituzionale’?

Antonucci: In uno stato di diritto, come dovrebbe essere il nostro, e diversamente da uno stato totalitario, non si può essere arrestati e portati da qualche parte se non per cause dimostrabili o per ipotesi più gravi di reato, come per esempio l’arresto per motivi penali. La psichiatria invece ora, in Italia come in altre parti del mondo, si appropria della possibilità di sequestrare i cittadini, tutti i cittadini, fino a rinchiuderli in clinica per un giudizio arbitrario sul loro pensiero. Tutto questo ci porta al manicomio, il manicomio è questo. In qualsiasi luogo si venga portati per un giudizio negativo sul proprio pensiero, quello è il manicomio, perché si è trattenuti con la forza. Il nostro corpo è in mano ad altri e altri ne fanno quello che vogliono, nel senso che si può essere sottoposti a trattamenti, legati al letto o tenuti rinchiusi. Il nocciolo del problema è proprio questo: che lo psichiatra interviene con la forza; il che non avviene in nessun altro campo della medicina.

Eniti: E invece cosa succede, solitamente, in medicina?

Antonucci: Se ho dei disturbi alla vescica o alla prostata, al fegato o ai polmoni, il medico fa degli accertamenti. Se trova un problema biologico, mi informa che la mia salute e la mia vita sono in pericolo, non può però operarmi o sottopormi a terapie radianti contro la mia volontà. Sono io che decido, vista la situazione che mi viene segnalata, se sottopormi o non sottopormi a trattamenti. Da una parte c’è la medicina che è consulenza per le persone che poi decidono cosa fare, dall’altra c’è la psichiatria che non è consulenza, è intervento autoritario e sequestro di persona.

Eniti: Ascoltandola mi viene da chiederle che cosa sia per lei la psichiatria.

Antonucci: Per me, per Basaglia e per altri che la pensano così il discorso è questo: noi abbiamo detto no alla coercizione. Poi si può discutere in vari modi sul problema, ma prima di tutto no alla coercizione, che vuol dire no al manicomio, perché il permanere della coercizione è il permanere del manicomio, cioè della possibilità di uno stato di sequestrare delle persone per motivi di pensiero.

Leggi l’articolo completo »

Pubblicato il 4 June, 2009
Categoria: Testi

Alberto Prunetti – Recensione – Sorvegliato Mentale


di Alberto Prunetti , Carmilla on line


Paola Minelli, Maria Rosaria D’Oronzo, Sorvegliato mentale. Effetti collaterali degli psicofarmaci, Torino, Nautilus, 2009, pp.141, euro 10.

La critica della malattia mentale ha rimesso in discussione l’idea di segregare chi esibisce comportamenti che non si inquadrano nei canoni della normalità. Ma nel frattempo il concetto di segregazione, la gabbia intorno al cosiddetto “malato mentale”, si è trasformato: le gabbia fisiche sono diventate chimiche, il letto di contenzione è stato sostituito dal farmaco ipnotico e sedativo, il muro dell’isolamento è stato abbattuto solo per lasciar posto ai muri del vuoto comunicativo indotto dallo stordimento da cocktail di pillole.

Mentre i manicomi si svuotavano (magari per essere abilmente trasformati in eleganti aule universitarie, o per continuare a funzionare secondo il vecchio sistema, riclassificando i malati mentali sotto diciture diverse), le acque reflue dei paesi cosiddetti “sviluppati” si scoprivano inquinate da nuove sostanze, prescritte con leggerezza da medici a cui manca qualsiasi capacità di mettere in discussione i depliant pubblicitari dell’industria farmaceutica.

Infatti la psichiatria, nel tentativo di governare l’alienazione mentale senza rimuoverne le cause, ha allargato il catalogo dei medicinali disponibili e quindi lo spettro delle dipendenze da sostanze legali, per poi estendere l’inventario delle malattie mentali e moltiplicare il numero dei malati e quindi il bacino degli utenti di servizi sociali e sostanze psicoattive. Leggi l’articolo completo »

Pubblicato il 12 May, 2009
Categoria: Testi

Colpevoli di essere donne – GIORGIO ANTONUCCI

Sabatoseraonline,29 aprile 2009


di Giorgio Antonucci


Il primo reparto di cui mi occupai al manicomio di Imola era il reparto 14, quello delle “agitate”. Le pazienti erano ridotte in pessime condizioni da anni di immobilità, imbottite di farmaci, abituate a convivere con la camicia di forza. Alcune di loro avevano subito lobotomie ed elettroshock, non possedevano vestiti propri, non avevano oggetti personali o armadi. La loro era una vita solo a livello biologico, erano completamente aboliti i rapporti con loro. Solo ordini e repressione. Passare i giorni legati al letto, imboccato ad attendere iniezioni non è vivere, ci si scorda anche che cosa significhi.Entrando dissi che avrei cambiato tutto. Che non ammettevo metodi repressivi e ho incominciato ad instaurare un rapporto diretto con ogni singola persona. Restando con le pazienti giorno e notte, in attesa che passassero paure e incubi per trovare il momento giusto per poter parlare con loro. Incominciai a distribuire abiti, oggetti personali ed armadietti. Col tempo, cambiando atteggiamento verso di loro sono cambiate anche loro, hanno incominciato a uscire, hanno ripreso a vivere.

Anche le cartelle cliniche non dicevano nulla di queste donne, c’erano dati generici, origine sociale (quasi tutte povere) e altri dettagli che non corrispondevano alla loro vita. Quando hanno incominciato a uscire dal reparto, camminando in giardino e poi in città, è incominciato il dialogo con loro e con i loro parenti.Ho conosciuto le loro storie e ho saputo che i problemi erano spesso legati alla sfera sessuale. C’era la giovane donna che prima del ricovero aveva ricevuto le “attenzioni particolari” di un padre o di un altro membro della famiglia, altre erano stato ricoverate a seguito di una gravidanza “indesiderata”. I ricoveri erano spesso utilizzati per eliminare una testimonianza, per coprire la famiglia. Mi accorsi che troppo spesso proprio l’essere donne era alla base del loro ricovero.

Leggi l’articolo completo »

Pubblicato il 29 April, 2009
Categoria: Testi

DAL MANICOMIO AL GREMBO SOCIALE – MARIA ROSARIA D’ORONZO



13° Convegno Nazionale di Globalità dei Linguaggi

Integrazione, Intercultura, Interdisciplina

Portando il saluto di Giorgio Antonucci al Convegno, Maria Rosaria D’Oronzo, psicologa e sua collaboratrice, testimonia la necessità di proseguire sulla strada tracciata dalle esperienze da lui condotte dagli anni sessanta con Franco Basaglia a Gorizia e Udine e fino ad oggi. Un percorso di integrazione, tutt’altro che concluso, per i diritti della persona contro la psichiatria coercitiva.

Ho conosciuto il dott. Giorgio Antonucci nel reparto Autogestito d’Imola nel’92 dove ho fatto un lavoro di ricerca per l’Università di Padova. Era un reparto aperto (negli anni settanta in Italia e in Europa si cercava di superare il manicomio, cosa che ora non si fa più). Reparto aperto non significa solo che le persone etichettate, classificate, denunciate come “matte” possono uscire dal manicomio, ma significa anche che la società può entrare nell’istituzione psichiatrica.

Per me è stato un periodo di formazione molto ricco perchè l’autogestito d’Imola, grazie agli interessi molteplici del dott. Antonucci, ha richiamato artisti e intellettuali da tutto il mondo, anche dal Giappone e poi da tutta Italia, e io che ero lì, ho potuto godere di tutto ciò.

Questo cambiamento culturale, che ha interessato la “rivoluzione psichiatrica” degli anni sessanta, settanta e ottanta, ora è soltanto un ricordo e le indicazioni di quegli anni stanno diventando ormai lettera morta. Oggi stiamo vivendo una regressione culturale allarmante, anche per la scandalosa ignoranza che investe il mondo psichiatrico.

Ogni psicologo sa che il benessere psicologico ha il suo fulcro nella scelta, in altre parole: noi siamo perchè scegliamo. La capacità della scelta è diversa da persona a persona rispetto al suo mondo, alla sua cultura e al suo ambiente.

Leggi l’articolo completo »

Pubblicato il 20 April, 2009
Categoria: Testi

EUGENIA OMODEI ZORINI- Recensione “Diario dal manicomio. Ricordi e pensieri” di Giorgio Antonucci

recensione di Eugenia Omodei Zorini

Psico-terapia e scienze umane, FrancoAngeli – anno 2009, volume XLIII, n.1


Alcune note biografiche sono utili per collocare il Diario dal manicomio in un contesto storico preciso. Giorgio Antonucci si è laureato in medicina all’inizio degli anni 1960, e già durante gli anni dell’università è entrato in contrasto con i docenti per le sue critiche esplicite all’impostazione autoritaria della medicina ufficiale. Dopo aver lavorato in alcuni quartieri della periferia di Firenze, la sua città, e in alcune borgate dei dintorni, è venuto in contatto con la realtà segregante delle Case di Cura e degli Ospedali Psichiatrici. Ha allora dedicato il suo tempo a evitare i ricoveri psichiatrici. Nel 1968 a Cividale del Friuli ha fatto parte del primo reparto di Ospedale Civile che nasce come padiglione aperto in alternativa ai manicomi. Nel 1969 ha lavorato nell’Ospedale Psichiatrico di Gorizia, allora diretto da Franco Basaglia. Dal 1970 al 1972, nel Servizio Psichiatrico Provinciale di Reggio Emilia, dove anch’io lavoravo, è stato responsabile del Centro di Igiene Mentale di Castelnuovo Monti (link). E’ stata un’esperienza unica e significativa la collaborazione con lui alle iniziative innovative di partecipazione e coinvolgimento delle comunità locali per rompere la segregazione dei ricoverati dell’Ospedale Psichiatrico San Lazzaro. Leggi l’articolo completo »

Pubblicato il 14 April, 2009
Categoria: Libri, Testi

TRATTAMENTI PSICHIATRICI E LIBERTA’- SECONDA PARTE

Intervista a Giorgio Antonucci

xx mila LEGHE SOTTO – Catalogo NAUTILUS – n.9 – 2008

Alla domanda se sei contrario all’uso delle sostanze mi pare che tu abbia già risposto precedentemente….

Ripeto una cosa: chiunque accetti un’ipotesi anche se non ha un riferimento oggettivo, se sceglie – uno può scegliere di andare dal mago, può scegliere di andare dall’esorcista, come può scegliere di essere musulmano o cristiano – la scelta è sua, ma obbligare le persone a prendere delle sostanze, gli psicofarmaci, come fanno gli psichiatri che prendono le persone con la forza e poi danno loro queste sostanze è inaccettabile. Per esempio, se io ho un tumore alla prostata, naturalmente posso scegliere se essere operato o no. E’ successo. Ricordo ci fu uno studioso svizzero che siccome gli avevano detto che operandosi il tumore alla prostata – era giovane – sarebbe diventato impotente disse: “Preferisco vivere la mia vita con le mie capacità sessuali: non mi opero.” Ci furono delle polemiche, ma nessuno lo potè obbligare. Ora se non si può, giustamente, da parte dei medici obbligare uno che ha una malattia grave a curarsi se non vuole, non vedo perchè si debba prendere con la forza e portare in clinica psichiatrica uno che ha la melanconia.

Anche se è pur vero che ai testimoni di Geova viene imposto un certo tipo di trattamento…

Il fatto è che i testimoni di Geova rifiutano certi trattamenti ed è un loro diritto rifiutarli.

Certo, però molto spesso il medico si prende il diritto di fare le trasfusioni.

Questa è una violazione della libertà delle persone come quella degli psichiatri. A questo proposito – hai fatto bene a dirlo – la medicina, ha una struttura autoritaria, in generale, ha una struttura autoritaria perchè il medico, come il sacerdote egiziano che aveva in mano il rapporto della medicina con la salute, non si limita a curare le persone dietro loro richiesta, ma pensa di interferire con la vita della persona, di fare un controllo sociale: questo è il medico in generale.  Ad esempio, quando mio padre era gravemente ammalato, sono dovuto andare a litigare con dei medici che volevano imporgli delle terapie; io dissi che mio padre faceva le terapie che lui riteneva giuste: il corpo era suo.

I medici hanno una tendenza autoritaria che si vede sempre e di cui si potrebbe parlare a lungo. Proprio perchè hanno questa tendenza autoritaria e hanno in mano un certo influsso possibile sulla salute, il potere costituito se ne serve per il controllo sociale. E’ quello che Thomas Szasz chiama lo Stato terapeutico, che vuol dire lo Stato che si serve della medicina per controllare i cittadini. In certi momenti lo fa con degli eccessi, però la usa con continuità. Poi – questo è importante a dirsi – se una persona ha un potere sociale, se è ricca, colta, naturalmente si difende bene, ma se è uno che non ha potere sociale quando va negli ospedali ci fanno gli esperimenti sopra, contro la sua volontà.

Qual’è il ruolo della psichiatria nelle istituzioni?

Il ruolo della psichiatria è molto semplice a dirsi: è il controllo sociale; quel controllo sociale che si è  visto in modo particolarmente esaltato sotto Hitler o sotto Stalin: tra i due modelli sociali non c’è niente di qualitativamente diverso. Lo psichiatra ha dalla sua parte la legge ( la legge 180 non è diversa, da questo punto di vista, da tutte le altre) per cui può intervenire, prendere il paziente con la forza, portarlo in clinica e fargli quello che vuole lui. Questo è il manicomio. Leggi l’articolo completo »

Pubblicato il 3 April, 2009
Categoria: Testi

TRATTAMENTI PSICHIATRICI E LIBERTA’- PRIMA PARTE

Intervista a Giorgio Antonucci

xx mila LEGHE SOTTO – CATALOGO NAUTILUS – n.9 -2008

Le sostanze psicotrope sono usate da millenni in ogni cultura, ma – mai sradicate, sempre usate, quasi sempre gestite da élite come sciamani, medici, psichiatri o quant’altro – hanno mantenuto comunque la loro rilevanza nella società. Perchè?


Nei tempi più antichi gli uomini hanno scoperto che certe sostanze potevano essere utili, ad esempio contro il dolore, oppure contro la malinconia e per questo hanno cercato di usarle a loro vantaggio. Contro il dolore fisico e poi anche per cambiare lo stato d’animo, non solo nella vita di tutti i giorni, ma anche in senso cerimoniale e religioso. Ci sono molte sostanze simboliche che sono usate nelle varie religioni. Ora, però, bisogna distinguere due aspetti che partendo dall’antichità arrivano ai tempi nostri. Un aspetto sull’uso di queste sostanze riguarda l’utilizzo deciso dalle persone per avere dei vantaggi: se queste sostanze vengono usate bene ci sono dei vantaggi e insieme, come succede sempre nella farmacologia, con l’uso di sostanze anche dei rischi. Una cosa è se uno decide per se stesso della propria vita, sia per effetti di miglioramento delle proprie condizioni, sia per scopi rituali, altra cosa se decidono le autorità, le istituzioni: questo è un problema che risale all’antichità. Naturalmente le autorità hanno sempre capito che la salute e il benessere, sia fisico sia psicologico, sono importanti per ognuno di noi e si sono impadronite della salute, del benessere, o meglio del controllo della salute e del benessere; per avere dei sudditi a disposizione per eventualmente controllare, ma anche ricattare, perchè quando uno ha in gioco il proprio benessere è disposto a sottomettersi.


Per capirne qualcosa, si deve indagare nell’ambito fisiologico dell’essere umano o in quello propriamente culturale? Leggi l’articolo completo »

Pubblicato il 2 April, 2009
Categoria: Testi

Sono un medico non un informatore della polizia- di GIORGIO ANTONUCCI

Sabato Sara online, 13 febbraio 2009 | 14:07

Medicina Democratica


e aveva un solco lungo il viso come una specie di sorriso……


Almeno si è levato il velo di ipocrisia. “Centri di identificazione ed espulsione” è un nome appropriato, meglio di “Centro di permanenza temporanea”, più onesto. In questi centri, infatti, le persone che arrivano in Italia fuggendo da situazioni difficili vengono solamente identificate ed espulse, trattate come nei campi di concentramento, meglio essere chiari da subito. Meglio evitare stupide ipocrisie, trattasi, infatti, di istituzione totalitarie. Luoghi che conosco bene, in cui le persone sono rinchiuse e private dei loro diritti, senza che abbiano commesso un reato. Come i manicomi.
A meno che davvero non si voglia considerare reato l’essere fuggiti dalla propria patria.
Persone che, invece di essere accolte, vengono private dei loro diritti e si ritrovano sottoposte a una violenza giuridica e fisica. Rinchiuse senza diritto di difesa.
Ma questo, evidentemente, non era considerato sufficiente, ora si chiede anche ai medici di denunciare il paziente entrato in Italia illegalmente.
Qualcuno, evidentemente, si è dimenticato del fatto che, in quanto medico, io ho il dovere di curare e non di denunciare. Anche nel caso stessi assistendo un serial killer. La cura, ovviamente, va prestata indipendentemente dal curriculum della persona.
Il pescatore della canzone di De Andrè che trovate a cappello del pezzo, non fa la spia, non è al servizio del potere costituito. Anzi porge pane e vino.
Ed il medico, anche se non libertario come De Andrè o i suoi personaggi, deve curare i pazienti, non interrogarli.
Non solo, ci si rende conto degli effetti nefasti di questa legge? Gli immigrati “illegali” dovranno quindi tenersi le malattie o farsi curare di nascosto? Ci rendiamo realmente conto delle conseguenze di questa possibilità?
Evidentemente abbiamo dimenticato le radici della nostra civiltà. Nell’Odissea si mostra come allo straniero, anche quando arrivava sporco e malridotto, venisse offerto un bagno e da mangiare e solo dopo si chiedeva chi era. Ora, siamo lontani anni luce da tutto questo. Leggi l’articolo completo »

Pubblicato il 13 February, 2009
Categoria: Testi

QUANDO L’OSPEDALE E’ A PORTE APERTE- IMOLA

A colloquio con Giorgio Antonucci direttore degli ultimi due reparti psichiatrici rimasti al “Lolli”. Così i pazienti sono diventati “utenti”.


il Resto del Carlino, 26 ottobre 1994

“Il cannibalismo? E’ una variante della specie. Si trova nella storia a livello rituale. Il suicidio? Fa parte della opzione. Per Dante che non mise Catone all’Inferno, bensì alle porte del Purgatorio, era una scelta di dignità. Sarà anche moralmente discutibile, ma non c’entra con la psichiatria”.

Giorgio Antonucci, fiorentino, stretto collaboratore di Franco Basaglia negli ultimi anni della contestazione, sorride soavemente mentre scarica raffiche di affermazioni un attimino sconcertanti. “Non ci sono matti e sani – assicura – sono classificazioni psichiatriche, non scientifiche. Nessuno è più portato all’aggressività di un altro, tutti possiamo uccidere. I miei pazienti, una volta messi fuori, non hanno mai fatto violenze, semmai le hanno subite, come C. O., l’ex-internato che è stato investito da una macchina. Siccome io l’avevo lasciato uscire mi si voleva addossare la responsabilità della sua morte, sostenendo che si trattava di un incapace. Ma C. O. camminava sul ciglio della strada come prescrive il codice, ed io sono stato regolarmente assolto”. Leggi l’articolo completo »

Pubblicato il 12 February, 2009
Categoria: Testi

L’esperienza di un medico non comune – intervista a GIORGIO ANTONUCCI

LiberaMente, giornale di critica alla medicina autoritaria, di Giulio Murero

“Giorgio Antonucci ha dedicato e dedica tuttora gran parte della sua vita a sottrarre persone da distruttive “cure” psichiatriche e ad impedire che altre ne siano preda.
La maggior parte del suo lavoro lo ha fatto in qualità di direttore di un consistente reparto dell’ex manicomio di Imola. E’ forse l’unico esempio di primario ospedaliero che si è posto il compito (riuscito) di smantellare il proprio ospedale.”

Seconda parte

Domanda: “Parliamo un pò della tua esperienza, del tuo lavoro “sul campo”.

Giorgio Antonucci: “Ho avuto modo di incontrare persone che, dopo trent’anni di manicomio, avevano -e per fortuna direi- nonostante che fossero rinchiuse, torturate fisicamente, sottoposte a psicofarmaci, sottoposte ad elettroshock, sottoposte ad insulina-coma, sottoposte a lobotomia e così via, nonostante tutto avevano conservato ancora una loro personalità; tant’è vero che questa loro personalità, che avevano anche agli inizi, avrebbe potuto farli ricoverare di nuovo. Per cui non c’è una data malattia e facendo una determinata cura passa la malattia; c’è la ricchezza dell’esperienza di un uomo che non corrisponde ai pregiudizi di uno psichiatra e il tentativo di annientare questa esperienza, il non riuscirci e il continuare a tentarlo. Perchè esistono i manicomi? Leggi l’articolo completo »

Pubblicato il 29 January, 2009
Categoria: Testi

Centro di Relazioni Umane (Bologna) — Maria Rosaria d’Oronzo