Guillermo MORDILLO
http://68gym-athin.att.sch.gr/Diaskedasi/geloiografies/mordillo/mordillo-06.jpg
“In una bella pittura di Mordillo c’è un uomo che viene arrestato dalla polizia perchè ha dipinto la sua casa a colori vivaci mentre tutte le altre sono di colore grigio uniforme”, Giorgio Antonucci ne Diario dal manicomio, Spirali 2006
Intervento su ADHD di Maria Rosaria D’Oronzo
Festa Radio Blackout, Torino, 18 giugno 2004
Nel 2000 alcuni neuropsichiatri infantili, Zuddas, Masi, Marzocchi ecc. hanno iniziato la loro campagna mediatica a favore del riconoscimento anche tra i bambini italiani della sindrome dell’adhd. In italiano significa deficit dell’attenzione, dell’attività e dell’impulsività. In Canada, Usa, Inghilterra, Germania, ai bambini vengono prescritti psicofarmaci per questi comportamenti già da decenni. Gli psichiatri che ho appena ricordato lamentavano un ritardo di cura, qui da noi. Il 4% dei bambini italiani non vengono aiutati a superare le loro difficoltà, dicevano. La sperimentazione, il reclutamento di bambini con ADHD è iniziata nell’anno scolastico 2002-2003 in 6 città italiane.
Nelle scuole elementari di queste città campione sono stati distribuiti dei test, con pretesa diagnostica, riguardanti il comportamento dei bambini. Genitori e insegnanti venivano invitati a compilarli. Al test seguiva un colloquio con lo psichiatra e, in alcuni casi, la proposta di inserire il proprio figlio nella sperimentazione del Ritalin, della Novartis. Il Ritalin o metilfenidato, cioè un anfetamina simile alla Pleigin, è stato eliminato dalla tabella I degli stupefacenti (come LSD e cocaina) dalla CUF, per inserirlo nella tabella IV, quella delle sostanze considerate meno pericolose.
Mentre la Food and Drug administration raccomanda cautela per la prescrizione di psicofarmaci in età scolare, in Italia, comunque il Ritalin è ufficialmente prescrivibili da aprile 2004.
Pubblicato il 6 July, 2008
Categoria: Testi
Arte e follia: Antonucci – D’Oronzo – Guerra Lisi – Angioli – Giuseppe Tradiì
INTERVENTO AL “CONVEGNO NAZIONALE della GLOBALITA’ DEI LINGUAGGI”, Riccione 2002 (pubblicato in Arte e Follia, Armando 2002)
Giorgio Antonucci, Giovanni Angioli, Maria Rosaria D’Oronzo, Stefania Guerra Lisi
Il pittore Tradiì e il Reparto Autogestito di Imola
Giorgio Antonucci
Qui tra noi c’è Giuseppe Tradiì.
Tradiì è un uomo che, per sua sfortuna e per una serie di circostanze negative e in una società come la nostra, doveva vivere fuori e invece è stato incastrato in manicomio. Ora, le persone possono avere o non avere il talento della pittura, indipendentemente dal fatto di essere fuori o dentro del manicomio; c’è chi ha talento per la pittura, chi per la musica; c’è chi ne ha molto ed è grande, chi ne ha poco ed è meno grande.
Però la pittura di Tradiì non c’entra nulla con il Reparto Autogestito dell’ospedale psichiatrico di Imola, dove vive da tanti anni; c’entra soltanto per il fatto che da noi, all’autogestito, ogni persona, fintanto che restava lì perché non aveva sbocchi immediati (è difficile tornar fuori dal manicomio, come tutti sapete), però quelli che stavan lì, anzitutto erano liberi. Per esempio, Tradiì la sera andava a Bologna, al night, quando voleva; oppure andava al mare, oppure al cinema, come gli altri; siamo stati all’estero, ecc.
Insomma le persone erano residenti, libere, sceglievano loro che fare, e Tradiì ha scelto di pitturare, mentre altri hanno scelto altre cose; c’è chi aveva la passione degli animali e teneva i cani e i gatti; c’è chi aveva la passione della cucina e si dedicava a questa …Ogni persona, nei limiti di quella tragica situazione che è il manicomio, anche quello di ora non solo quello del passato, una persona per riprendere a vivere come gli altri ha una serie di difficoltà, di ostacoli; in più poi gli altri non lo considerano più come prima, perché è stato classificato ed è diventato sospetto.
Pubblicato il 4 July, 2008
Categoria: Testi
Intervista a Giorgio Antonucci, giugno 2008
Intervista al dott. Giorgio Antonucci, 25.06.2008
a cura di:
Ezio Catacchio (Associazione “Altre Ragioni” – Bari)
Francesco De Martino (Quotidiano di Bari)
Dottor Antonucci, lei ha lavorato anche in collaborazione con Basaglia, ha pubblicato diversi testi ma soprattutto ha lavorato sempre slegando gli utenti psichiatrici dalla contenzione fisica e non effettuando i TSO.
E’ quindi possibile lavorare col malessere senza contenzioni fisiche e coercizioni?
Io ho cominciato proprio in questo modo; ho cominciato a Firenze negli anni 66-67 evitando che le persone fossero ricoverate. Sono partito proprio come principio dal fatto che una persona non deve essere presa con la forza, perché non abbiamo nessun diritto di sequestrare e imprigionare una persona che non ha fatto nessun reato e che è presa di mira soltanto perché si pensa che il suo pensiero sia diverso dal nostro. Perciò io ho sempre sostenuto ed ho cominciato a lavorare così e sostengo ancora attraverso questi anni che non bisogna intervenire con la forza.
Pubblicato il 4 July, 2008
Categoria: Testi
La mia esperienza all’ Autogestito- Maria Rosaria d’Oronzo
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Innanzitutto voglio ringraziare gli organizzatori per avermi invitata qui oggi affianco a persone che sono così importanti per la lotta alla psichiatria. Giorgio Antonucci ha dimostrato, nei lunghi anni del suo lavoro, che la psichiatria non ha nessun significato se non un significato dispregiativo nei riguardi della persona. È dannosa come il razzismo. Il dottore ci ha fornito di un metodo nell’affrontare le contraddizioni degli uomini insieme alla pratica dei diritti delle persone socialmente deboli. Il dottor Cestari che con la sua attività, si occupa del Comitato dei Cittadini per i Diritti dell’Uomo in Italia, ha dato seguito a denunce pubbliche di maltrattamenti, e come medico ci ha fornito di suggerimenti importanti per la disintossicazione da psicofarmaci. Alessio Coppola ha avuto l’intuizione di costituire il telefono viola (oggi sono aperti in 13 città italiane) il Telefono non si occupa solo di denuncia
Pubblicato il 3 July, 2008
Categoria: Testi
Psicofarmaci da ordine pubblico
di Stefano Sensi
il Manifesto, 6 agosto 2002
Los Angeles – È in proiezione in questi giorni nei cinema americani l’ultimo film di Spielberg, Minority Report. Tratto da un breve racconto di Philip Dick, il film narra di una società prossima ventura, in cui le attività di polizia vengono coadiuvate dall’opera di mediums che leggono nelle menti dei criminali e permettono ai poliziotti del pre-crime department di intervenire prima ancora che il crimine abbia luogo. Mentre tali apocalittici scenari appartengono ancora al mondo della fantascienza, le cronache recenti indicano come il governo americano, sotto gli auspici della guerra al terrorismo, non stia certo perdendo tempo per quanto riguarda il perfezionamento di tecniche di sorveglianza e repressione più tradizionali.
Pubblicato il 2 July, 2008
Categoria: Testi
LA PAURA DEL DIVERSO – Psichiatria e razzismo
Renato Curcio intervista Giorgio Antonucci
Questa intervista è stata raccolta per il volume “Contrappunti” di Giorgio Antonucci, pubblicato dalla Cooperativa Editoriale “Sensibili alle foglie”.
Vi sono singolari e insidiose analogie tra il giudizio psichiatrico sulle presunte patologie della mente e la paura del diverso che è alla radice dei più nascosti razzismi contemporanei. Ma come criticare queste realtà usando lo strumento di per sé “autoritario” che è la lingua?
Come fondere in un nuovo crogiolo liberante i linguaggi muti e quelli parlati, quelli del corpo e quelli dell’immagine?
Renato Curcio ne ha discusso con Giorgio Antonucci, uno dei più lucidi anti-psichiatri italiani.
LETTERA AI DIRETTORI DEI MANICOMI – Antonin Artaud
LETTERA AI DIRETTORI DEI MANICOMI
Signori,
le leggi e il costume vi concedono il diritto di valutare lo spirito umano. Questa giurisdizione sovrana e indiscutibile voi l’esercitate a vostra discrezione. Lasciate che ne ridiamo. La credulità dei popoli civili, dei sapienti, dei governanti dota la psichiatria di non si sa quali lumi sovrannaturali. Il processo alla vostra professione ottiene il verdetto anzitempo. Noi non intendiamo qui discutere il valore della vostra scienza, nè la dubbia esistenza delle malattie mentali. Ma per ogni cento classificazioni, le più vaghe delle quali sono ancora le sole ad essere utilizzabili, quanti nobili tentativi sono stati compiuti per accostare il mondo cerebrale in cui vivono tanti dei vostri prigionieri? Per quanti di voi, ad esempio, il sogno del demente precoce, le immagini delle quali è preda, sono altra cosa che un’insalata di parole?
Pubblicato il 2 July, 2008
Categoria: Testi
MANIFESTO DI THOMAS SZASZ
«Mito della malattia mentale» — La malattia mentale è una metafora (malattia metaforica). Il termine «malattia» denota un processo biologico, dimostrabile, che attacca il corpo degli organismi viventi (piante, animali, e uomini). Il termine «malattia mentale» è riferito ai pensieri, ai sentimenti ed ai comportamenti indesiderati delle persone. La classificazione di pensieri, sentimenti, e comportamenti come malattie è un errore logico e semantico, come la classificazione della balena come un pesce. La balena non è un pesce, la malattia mentale non è una malattia. Individui affetti da malattie cerebrali (disfunzioni del cervello) o renali (disfunzioni delle reni) sono letteralmente malati. Individui affetti da malattie mentali (disfunzioni del comportamento) sono metaforicamente malati. La classificazione del mal-comportamento come malattia fornisce una giustificazione ideologica per il controllo sociale sotto forma di cura medica sponsorizzata dallo Stato.
Pubblicato il 2 July, 2008
Categoria: Testi
RACCONTO METAFORICO DI GIORGIO ANTONUCCI – Il problema dei cervelli –
IL PROBLEMA DEI CERVELLI
Frigidaire, maggio 1994
Lui considerava la bellezza delle costellazioni e delle nebbie di luce diffusa, ma temeva in modo angoscioso gli abissi delle tenebre.
Ci sono abissi che ti divorano.
Aveva giorni di lavoro e notti di inquietudine.
D’altra parte ora si potevano studiare le astronomie senza guardare le stelle, ma soltanto con calcoli su osservazioni indirette, praticamente lavorando al computer in locali angusti, del tutto indipendenti dall’Istituto e dalle Cupole argentate dell’Osservatorio.
Era raro vedere il cielo anche dai giardini e dalle colline della metropoli. La sera tutto era giallo per le luci dei quartieri periferici e per i gas degli inquinamenti. Comunque a lui il cielo appariva come il fondo di un pozzo e con gli anni ne aveva tratto una condizione di timore sconvolgente.
Era un astronomo, ma aveva paura degli spazi.
Pubblicato il 2 July, 2008
Categoria: Testi