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“La fabbrica della cura mentale” di P.Cipriano e i distinguo inutili – Eugen Galasso

Tra le tante genericità e i luoghi comuni su psichiatria, antipsichiatria, TSO etc., diffuse e diffusi a più non posso, anche tra gli operatori e le operatrici del settore spicca questo testo, quest’intervista che mi viene segnalata e inviata, che Piero Cipriano, psichiatra  basagliano ha rilasciato a Laura Antonella Carli in A-Rivista anarchica di febbraio 2014, n.386, un’intervista  che nasce intorno a un libro del dott.Cipriano.  Le contraddizioni di questo testo (l’intervista, intendo, ma anche il libro) sono flagranti:  Cipriano dice che “La diagnosi in psichiatria è un modo brutale per annullare una biografia con una semplice etichetta”. Dopodiché lo schizofrenico sarà uguale a tutti gli altri schizofrenici: incomprensibile e inguaribile come tutti gli schizofrenici”. Già qui ci sarebbe molto da dire, in quanto per es. il concetto di schizofrenia non viene messo in discussione, ma il problema in realtà non sta qui, in quanto comunque Cipriano mette seriamente in dubbio le “certezze” della logica psichiatrica. Ma poi, parlando del TSO, si dice che “Il TSO è il nervo scoperto della legge 180; obbligare una persona con disturbo psichico alla cura. E’ l’atto non libertario di questa legge libertaria: atto delicatissimo, che avrebbe dovuto essere l’ultima ratio, invece ormai i TSO vengono proposti e convalidati in maniera facile e stereotipata, per non perdere tempo a negoziare”. Attenzione alle parole: già qui Cipriano accetta la logica del TSO, che, dunque “non deve venir proposto e convalidato in maniera facile e stereotipata”.  Affermando, inter cetera, di essere di formazione anarchica, l’autore in questione, che ricorda anche nel libro Mastrogiovanni, il maestro libertario sottoposto a TSO e fatto morire nel reparto psichiatrico di un ospedale campano (a Vallo della Lucania, Ospedale San Luca) , parla di lui come di colui “che ha subito un TSO, probabilmente ingiusto e, davvero persecutorio, che ha rappresentato l’ultimo anello di una catena persecutoria che subiva già da molti anni”.   Tutta questa “manfrina” (mi scusi anche Cipriano, ma lo è)contraddetta da quell’avverbio “probabilmente”: o il TSO (di Mastrogiovanni come di qualunque altra persona) è ingiusto o è giusto, tertium non datur, non vale il “probabilmente”, altrimenti varrebbe l’eccezione, anzi varrebbero le numerose eccezioni, confermando dunque una regola e una prassi. Cipriano, spinto dall’intervistatrice (ma tutto questo è già nel libro, “la fabbrica della cura mentale”, Milano, Eleuthera) parla poi di “realtà buone”, di “esempi virtuosi”. E qui già enumerando: Trieste, Mantova, Trento, Merano etc. Ora: sarebbe sciocco negare che ci siano realtà “meno peggiori” di altre, ma così il problema non si risolve: o si è contro, con Szasz e Antonucci, il “mito della malattia mentale”, oppure si opera a favore dello stesso, con un riformismo più o meno blando al suo interno. Il basagliano di ferro romano, che richiama il nichilismo di chi scrive bellissimi libri ma non agisce nella prassi, forse dimentica che “gli antipsichiatri (i Laing, i Cooper, i Szasz) che , nonostante i bellissimi libri che hanno scritto, non hanno inciso minimamente rispetto alle pratiche manicomiali dei loro paesi”. Ora, la questione è ovviamente più complessa: in Gran Bretagna le opere di Laing e Cooper non sono state recepite a livello politico legislativo, ma hanno inciso sull’opera non solo teorica di molte persone (Basaglia stesso leggeva gli autori citati con entusiasmo), negli States, paese ancora più conservatore della Gran Bretagna, Szasz non ha aperto quasi nessuna breccia a livello istituzionale, ma ne ha aperte molte a livello di coscienza. Anche Cipriano e anche la casa editrice Eleuthera, che pure qualcosa di suo aveva pubblicato (“Il pregiudizio psichiatrico” e “Pensieri sul suicidio”) sembrano dimenticare o voler dimenticare Giorgio Antonucci, che certi distinguo inutili non li fa…
Eugen Galasso

Pubblicato il 23 February, 2014
Categoria: Testi

A volte ritornano: le gabbie – Eugen Galasso



A volte ritornano: ma non solo i vecchi ceffi della politica (uno dei quali, che ha tagliato il traguardo degli 88 anni, si è fatto rieleggere, dopo vari tira e molla, Presidente della Repubblica, caso unico nella storia repubblicana, non solo in Italia….), non solo i fantasmi e simili nei libri di Stephen King, ma anche i vecchi pregiudizi , come quello psichiatrico, duri a morire. Non basta il pre-giudizio popolare verso e contro i “matti”, ma anche quello intellettuale.   Oltre a Pier Aldo Rovatti, filosofo, marxista e fenomenologo, che in un libro recente (Restituire la soggettività, ediz.Alphabeta Verlag),  scritto comunque da un”Basagliano”, che ora prende la distanza, parzialmente, dal “Maestro”, più decisamente critico nei confronti del “lascito” basagliano è Gianfranco De Simone, psichiatra (sic!) e psicoterapeuta che, in un articolo de “L’Unità” del 17.12.2013 rilegge Basaglia, tramite appunto Rovatti, come “incapace di prassi” (l’espressione, devo chiarirlo, non è dell’autore, è di chi scrive per riassumere quanto è in Rovatti, meglio, nel libro curato da Rovatti, con testi suoi e di altri), come condizionato da Binswanger e Heidegger (credo invece sia piuttosto la fenomenologia di Husserl ad aver agito su Basaglia, più che Heidegger…) oltre che da Marx, che avrebbe letto male (riassumo ancora una volta, ad usum lectorum). Ma quale, allora, l’alternativa proposta da De Simone: la psichatria “nuova”, quella di Massimo Fagioli, “guru” della sinistra radical-chic (poi, pare, passato con i Radicali di Pannella, a causa di screzi con i post-PCI), il vate di Ascoli Piceno che ha dato”vita nuova” a un orientamento che vuole il confronto, la soluzione dei conflitti etc. Lo psicoanalista che ha attratto registi come Marco Bellocchio, nonché folle acclamanti, parte comunque da una valutazione psichiatrica, che distingue, separa, pur se non in modo kraepeliniano-tassonomico. Finché si pongono barriere tra “sani” e “malati” nel campo della mente (concetto oltremodo discutibile e flou, come si è detto spesso, da parte di Giorgio Antonucci e, molto più modestamente, da parte di altri ,  tra cui chi scrive questa nota), finché ci si muove comunque in un’ottica in qualche modo “giudicante” verso la “patologia”, il passo “avanti” nei confronti di Basaglia è in realtà un netto passo indietro.   In Basaglia, se pure contraddittoriamente, c’era la consapevolezza della non scientificità della psichiatria e della non esistenza della “malattia psichiatrica”; qui, con tutti i distinguo nobili e accettabili quali excusationes non petitae (giustificazioni non richieste) il pre-giudizio verso i malati da “aiutare” e in qualche modo da “curare” rimane, permane, per cui, rispetto ai “Matti da slegare”, essi non saranno più legati materialmente, ma imbrigliati in una gabbia (teorica ma non solo) che li fa ripiombare in una condizione di “minus habentes” rispetto agli altri.

Eugen Galasso

Pubblicato il 20 December, 2013
Categoria: Testi

Creatività nell’opera di Giorgio Antonucci – Eugen Galasso

Per creatività  intendiamo, in sintesi, il non seguire il “semplice” percorso logico deduttivo A-B-C etc. (ossia A implica B, B C etc.), ma collegare elementi apparentemente slegati (come A e D, per ex., F e N etc.); per dire le cose più compiutamente:  1)”La capacità di osservare, sentire, ascoltare”;  2)”la capacità di pensare rapidamente e liberamente” (ossia il non lasciarsi condizionare e imbrigliare da schemi pre-fissati, da idee ricevute);  ) “la capacità di adattarsi velocemente a nuove situazioni e di mutare il proprio pensiero”(1);   4)Seguire vie nuove e non facilmente individuabili, comunque insperate-inaspettate. L’elemento “sorpresa” e novità è quello che fa parlare di “pensiero divergente” e non “convergente”;  5)La vera creatività consiste non solo nel trovare risposte nuove a domande classiche o comunque già poste, quanto invece nel formulare nuove domande;  6)Questo lo fa molto bene Giorgio Antonucci, quando, “sparigliando i giochi”, chiama non scienziati o medici (la medicina è al massimo scienza derivata, senza biologia, informatica etc. non  avrebbe conosciuto i progressi attuali) ma artisti e facendo interagire i presunti “malati” con la presunta “normalità”, con gite, visite a città e mostre d’arte etc.; 7)La creatività, che  negli States più che in Inghilterra (Guilford, Torrance) era concetto noto in psicologia,  ma non aveva cambiato nulla nella psichiatria (Szasz è altra cosa, ha derivazioni culturali diverse, dove anche le esperienze di Laing e Cooper non si rifanno alle teorie sulla creatività);  8)La creatività non è solo -come erroneamente si crede, tuttora- appannaggio dell’arte (in riferimento, ovvio, ad ogni forma d’arte, dalla pittura alla scultura all’architettura, alla musica,  al teatro, alla danza, al cinema, alla computer-grafica, alle “arti miste”, anche in riferimento alla provenienza “artigianale” di molte forme d’arte,  ma è tipica anche delle scienze, anche qui intese nella loro complessità e pluralità, come dimostrano alcune testimonianze: A)Ippocrate, quale medico-filosofo-“artista” (la medicina come arte, ma ciò vale, variamente, per tutta l’arte e il pensiero greci);  B)Copernico, Galileo, Keplero, cultori di astronomia, fisica, matematica, letteratura e arti varie, che consideravano le loro opere in questi secondi ambiti non meno importanti di quelle prettamente “scientifiche”. Idem vale per Isaac Newton, forse più impegnato quale esegeta biblico che come scienziato, se guardiamo al tempo dedicato agli studi biblici rispetto a quelli astronomici; anche in Newton l’aspetto “intuitivo” è fondamentale (caduta della famosa mela, sua incidenza nel darsi conto della legge della gravitazione universale);  C)Albert Einstein, a proposito della teoria della relatività, parla esplicitamente della sua “intuizione”, in un primo momento, solo successivamente “avallata” dalla dimostrazione logico-matematica.  Complessivamente, conviene ripensare tutta la tradizionale dicotomia tra le “two cultures” (due culture), come già teorizzato da Charles Snow(2), con modalità anche un po’ polemologiche e “d’assalto” (3), anche sulla base della messa in discussione dei paradigmi di presunta “verità logica assoluta”, operata da autori quali I.Prigogine, R.Thom, I. Stengers, F.Varela e H.Maturana, tra gli altri.
Giorgio Antonucci, senza teorizzare esplicitamente sulla creatività, la applica in pieno sia nella sua lunga attività di operatore, “scoperchiando sepolcri imbiancati”, sia poi nella teoria, che non è mai grigio teorizzare (Goethe), dove non a caso fa “funzionare” in pieno la poesia insieme alla teoria. Potremmo dire che Antonucci procede induttivamente (dall’esperienza alle teorie generali) più che deduttivamente (dalle teorie applicandole nella prassi…), dove naturalmente la riflessione teorica interviene giù subito nell'”esperienza clinica”, ma Antonucci la stende -scrive successivamente. Gran parte della sua opera è scritta in forma poetica, dimostrando con maggiore efficacia nella prassi poietico-poetica come esprimere i concetti poeticamente possa essere spesso più efficace di una mera “argomentazione logica” sempre che, appunto, si voglia insistere sulla permanenza “eternizzante” di tale dicotomia. Per rimanere in tema, vorrei accennare ai continui -e sempre proficui excursus teorici in “Diario dal manicomio”, come, beninteso, in tutte le opere teoriche di Giorgio Antonucci,  dove, poi, però, le parti narrative (penso agli intermezzi su Dino Campana, straordinario “chimico-poeta”) e le parti strettamente poetiche e di prosa poetica (quasi “pascaliane”, dove parlo, beninteso, dello stile) completano sempre il ragionamento.   Ecco come il “nietzschiano” (anche qui per lo stile, ma se “le style c’est l’homme”, per citare Buffon, altro scienziato-scrittore) Antonucci ci dà una eccelsa prova di “nuova scrittura”, dove narrazione e poesia non sono al “servizio” (sarebbe improprio riduzionismo) ma si fondono pienamente con la teoria, teoria che demolisce quella “pseudoscienza” (spiace dover ricorrere a un lemma crociano, ma tant’è…) che si auto-proclama “medicina dell’anima” (alla lettera psichiatria vuol dire ciò).
(1)Le parti qui riportate tra virgolette (escluse le parentesi) sono tratte da A.Sbisà, La creatività, Firenze, Le Monnier, 1976.
(2)Ch.Snow, “Le due culture”, Venezia, Marsilio, 2005.
(3) tra le tante prese di posizione sul “riduzionismo” di Snow, da parte di scienziati come di letterati e filosofi, cfr. (per l’ambito italiano ma non solo), inter ceteros G.Preti, Retorica e Logica, Torino, Einaudi (prima edizione 1968, poi numerose ripubblicazioni).
4)G. Antonucci, Diario dal manicomio, Milano, Spirali, 2006.
Eugen Galasso  

Pubblicato il 27 October, 2013
Categoria: Testi

Excursus su Jack the Ripper (Jack lo Squartatore) – Eugen Galasso

La figura di Jack The Ripper (Jack Lo Squartatore) che sembra abbia ucciso cinque (ma il numero è incerto: persino Scotland Yard aveva ventilato la possibilità che fossero fino a 16) donne nel quartiere degradato di “Whitechapel”, a fine Ottocento (1888) rimane uno degli enigmi che appassionano criminologi e, ahimé, psichiatri… Sull’identità del criminale seriale(serial-killer) sono state proposte ipotesi diversissime: sarebbe stato un barbiere, per altri un chirurgo, per altri un parrucchiere, un apprendista chirurgo, un finto medico, in realtà ciarlatano, un macellaio, ancora un “folle” che odiava le prostitute e più in genere le donne (e qui le solite teorie da psicoanalisi d’accatto), un principe ereditario, un sir (baronetto) inviso alla famiglia e alla società etc… Senz’altro, in definitiva, nessuna teoria regge più di un’altra, tanto che qualche giornale, d’estate o in periodi “calmi” (feste natalizie o pasquali, quando non incombe null’altro)pubblicano qualche “scoop” relativo a presunte nuove ipotesi o a (a fortiori solo presunte)nuove rivelazioni. Nulla di che, insomma e allora il tutto rimane consegnato, forse meglio, alla letteratura, spesso capace di descrivere meglio di ogni presunta “scienza” (si pensi a quella pseudoscienza, e spiace usare il termine crociano, che si definisce “psichiatria”…) il carattere e il comportamento umano (meglio sarebbe usare il termine al plurale, però).  Tra i racconti più interessanti dedicati al personaggio e al contesto (la Gran Bretagna ultra-puritana dell’epoca)quello di Robert Bloch, notevole scrittore “thriller” e “horror”.
Tra le sue opere più famose una trilogia dedicata a “Psycho”, dal cui primo libro Alfred Hitchcok trae nel 1960 il capolavoro filmico omonimo, che solo sommariamente si potrebbe riportare alla cosiddetta “schizofrenia”, mentre in realtà il finale è da “opera aperta”, “American Gothic” (Gotico Americano), vari racconti dedicati al voodoo e altro ancora, ma certamente quella per Jack the Ripper è stata la figura che ha appassionato maggiormente l’autore. Segnalo, senza alcuna volontà di “soluzione”, che il racconto “Yours Truly, Jack the Ripper” (Cordialmente, Jack lo Squartatore) (1) dell’ormai lontanissimo 1943, formula un’ipotesi (narrativa, non psichiatrica, ma psicologicamente e -ripeto-non “psichiatricamente”, molto interessante) che non  svelerò, per lettrici e lettori che eventualmente ritrovino il testo, ma che ha a che vedere con la psichiatria in azione…, per così dire. Un rovesciamento che serve l'”effetto sorpresa” più che il climax (il crescendo, se volete) della”suspense”, per dirla con sir Alfred il grande regista, ma che, leggendo attentamente il dialogo, non è poi così “fuori fase”. Non posso dire di più, ma segnalo il testo anche al carissimo amico Dott.Antonucci, ispiratore  e mentore di questo sito. Sempre che non l’abbia già letto, naturalmente…
(1)R.Bloch, Yours Truly, Jack the Ripper, Weird Tales e in italiano, in A.Hitchcock(a cura di), I maghi del brivido, Milano, RIZZOLI-AMICA, 1990,  pp.170-196
Eugen Galasso   

Pubblicato il 14 October, 2013
Categoria: Testi

Au hasard balthazar – A favore dell’ADHD in Alto Adige anche la curia – Eugen Galasso



Curiosa  la vita mediale, dell'”etere” (né solforico, né aristotelicamente inteso).   La comunicazione del CCDU relativo all’abuso psichiatrico su minori e non, tramite psicofarmaci, in Alto Adige è importante ed è stato recepito, anche dal nostro sito, ma c’è chi vuol essere “più realista del re”, come il prete cattolico Balthasar Schrott, responsabile diocesano per “Le  altre concezioni del mondo” (leggi:nuovi movimenti religiosi, id est “sette”), che, appunto, rileva, con linguaggio curiale, che “non si capisce che cosa stia dietro alle denunce” (giornale “Dolomiten”, p.17, come mi segnalano via mail dei conoscenti). Nulla, don Schrott, salvo la volontà di denunciare abusi “psichiatrici”  e della psichiatria sui minori e anche sugli adulti. Il gioviale pretacchione (avevo avuto la ventura di conoscerlo, un decennio fa), smanettando, non ha visto l’ora di segnalare qualcosa e il giornale sudtirolese, sempre prono a ogni volontà curiale, non vede l’ora di dar addosso (seppure con prudenza inusitata, stavolta) alle sette pericolose.  Il titolo “Au hasard Balthasar”, ossia “A caso Baldassarre” è uguale a quello di un film del regista cattolico Robert Bresson del 1966 (lo trovate in ogni buona storia del cinema), motivo per cui il prelato può stare tranquillo.


Eugen Galasso

Pubblicato il 4 October, 2013
Categoria: Testi

Alto Adige e ADHD – Eugen Galasso



Che la situazione dell'”osservazione” dell’Alto-Adige, regione italo-bavarese (più che austriaca, ciò proprio culturalmente, al di là delle condizioni geografiche) fosse estrema, era ben noto: apprendiamo ora, da due comunicati del CCDU che: A) per l’Assessore alla Sanità della Provincia di un Bolzano, che si è espresso così in un’intervista (quindi pubblicamente) uno  screening di tutti i bambini (e di tutte le bambine) fin dalla più tenera età è necessaria, nel senso di somministrare test psicologici ed eventualmente provvedere farmocologicamente a combattere l’ADHD.  Come si vede o l’assessore (Theiner, per la conoscenza) non è informato oppure si finge tale, come è possibile che sia. “Mamma provincia”, dunque, è anche mamma provincia psichiatrizzante. B) che in Alto Adige la diffusione di “malattie psichiatriche” è di 13 volte superiore a quanto non avvenga nel vicino Trentino, dove tale statistica vale anche per i bambini (dunque il presunto “deficit da iper-motricità e carenza attentiva”, chiamato ADHD). In una popolazione ancora prevalentemente agraria, scarsamente scolarizzata, in cui è onnipresente e onnipervadente l’ìinfluenza del clero (ovviamente solo cattolico), con una curia su posizioni spesso decisamente lefebvriane e tradizionaliste, in cui alcuni ospedali praticano “tranquillamente” la terapia elettroconvulsiva queste informazioni non sorprendono, ma dovrebbero comunque allarmare, anche perché rimane comunque qualcosa come la Costituzione (italiana, certo, quindi non molto amato dalla popolazione sudtirolese, fosse quella bavarese, invece…; ma la Costituzione è comunque fonte primaria di diritto) e la presenza nell’Unione Europea.  

Eugen Galasso

Pubblicato il 18 September, 2013
Categoria: Testi

Poemito (la psy…) – Eugen Galasso –

Atroci sottintesi/Tranquilizers/

Sinapsi perdute/ Ever Psychiatric -Nursery/Pas d’espoir, my dear/Eziologia e terapia, diagnosi non solo/Golpes y almas”perdidas”/Revolverate in testa/Soin de l’autre? Cura?

(Eugen Galasso, 05.09.2013)

Pubblicato il 12 September, 2013
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Lettera a Papa Francesco della prof Palmieri (giovani tristi? li mando dallo psichiatra) – Eugen Galasso –

Credo che la lettera della prof.Palmieri al Papa Bergoglio (alias Francesco) vada bene. (vedi:http://www.nsoe.info/salute/psichiatria/lettera-aperta-a-papa-francesco-bergoglio)  Grave, anche se forse incidentale, la frase papale, che sembra contraddire il papato precedente, quello lugubre di papa Natzinger, come lo chiamavo e tuttora chiamo io-non è un refuso di stampa- visti anche i suoi “coinvolgimenti” neppure troppo involontari con l’orribile dittatura nazista (non dico e mai dirò nazionalsocialista, visto che gli esponenti della “sinistra nazionalsocialista”, i fratelli Strasser, né antisemiti né pangermanisti sono stati repressi col sangue). “Voce dal sen fuggita”? Forse, ma grave “Li manderei dallo psichiatra”? Ci dovrebbe riflettere, il simpatico (ma vedremo…) papa argentino. D’accordo su tutto: ma forse la prof.Palmieri dovrebbe dire anche che le famiglie rimangono improntate a un autoritarismo sciocco e di comodo (non ci crede più nessuno, a certi valori), che vogliono imporre codici di comportamento repressivi, come scuole e altri”apparati ideologici di stato”. Non fanno eccezione , certo, gli oratori, dove, a parte il rischio di preti pedofili (che non sono pochissimi…), i modelli di autoritarismo si sprecano tuttora. Meglio sarebbero degli oratori fourieristi, ma temo proprio che la”Sancta Ecclesia Mater et Magistra”non sarebbe d’accordo. Benissimo, insomma, con ciò che chiede la prof.Palmieri con qualche piccola correzione… E papa Francesco, molto positivo verso la vita, ci vorrebbe tutti/e allegri/e, cosa che non è possibile.  E lo psichiatra non c’entra e non deve entrarci in alcun modo”.
Eugen Galasso

Pubblicato il 12 September, 2013
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“Poemito” (piccolo poema) a Giorgio Antonucci – Eugen Galasso

A Georges:   Stilettate da sempre/Percorsi non rettilinei/Re^ver un autre vrai re^ve/La norma? Quella di Bellini, forse/Coraggio, non quello dei guerrieri.
(Eugen Galasso,   08.08.2013)

Pubblicato il 8 August, 2013
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La pecora nera (Ascanio Celestini) – “Recupero” psichiatrico – Eugen Galasso



“Dopo vario tempo (la versione filmica è del 2010, quindi di tre anni fa) riesco a vedere, appunto, il film che Ascanio Celestini ha tratto dalla sua pièce “La pecora nera”, ovviamente precedente.  Da puro “vivisettore del reale” (l’espressione è di Musil, lo ammetto, non mia) e da “puro artista” che però (ma perché l’avversativo “però”? Sarebbe meglio dire “che coglie” tout court) coglie l’essenza del reale,  Celestini ci mostra l’invenzione fantastica e fantasmatica della “follia” che nessuno sa che cosa sia, ma tutti/e abusano del termine, usandolo sempre a sproposito e citandola quando non si sa che cosa dire di ciò che si osserva e non si capisce. Così la creatività del protagonista, Nicola, “sdoppiato” in due figure, diviene “folle”, perché famiglia, scuola, istituzioni varie (non diciamo, poi, del manicomio…), non ci capiscono nulla e allora recludono e ghettizzano. Direi che tutta la teoria foucaultiana è qui racchiusa e condensata in immagini e sequenze efficacissime, dove il bambino e poi l’adulto (ma anche qui si ha una progressione cronologica, logica o di che tipo, intendo, non nella pièce celestiniana, ma nella “realtà”? E’ avvertibile, percepita, imposta, tale “evoluzione”?) è emblematico di una dimensione che vive nel “pensiero divergente”, ossia nella creatività, che la psicologia americana (diremmo meglio statunintese, dato che gli States, nonostante l’infame dottrina Monroe, non sono =l’America, le Americhe!) con Torrance e Guilford ha colto bene già circa sessant’anni fa, ma da cui la psichiatria non è mai partita per cercare di capirla e di coglierla come tale, volendola invece, appunto “sorveglaire e punire”. Ovviamente, quanto detto per gli USA, vale a fortiori per gli altri paesi, europei e non, che della psichiatria hanno fatto un totem (con il corrispettivo del tabù, Freud docet…). Ecco allora che la persona incompresa in famiglia, vilipesa e punita (o “tollerata”) nella società , diventa emblematica di una condizione che non “ci mette nulla” a reprimere, lo fa cioè con totale nonchalance, salvo poi a “recuperare” solo in certi casi e in genere post mortem (se l’artista è riconosciuto universalmente), magari “suicidandolo”prima, come con Van Gogh, “suicidato dalla società”, come Van Gogh, nell’opera geniale di Antonin Artaud, che (come volevasi dimostrare) a sua volta diviene vittima, con l’eletttroshock e tutto il resto, salvo tardivo e comunque parziale ripensamento “dopo”.

Eugen Galasso

Pubblicato il 11 July, 2013
Categoria: Testi

Centro di Relazioni Umane (Bologna) — Maria Rosaria d’Oronzo