A Piero – FuoriBinarioLibri – Di suo pugno… scritti di Piero Colacicchi

L’11 agosto 2014 è morto Piero Colacicchi.

 

Quando negli anni novanta si aprì la discussione sui campi per Rom fui fortemente impressionato da alcuni paralleli con quanto avevo visto negli anni precedenti seguendo il lavoro di Giorgio Antonucci negli ospedali psichiatrici. Qui mi trovavo di fronte a persone che insistevano perché venissero approvate leggi regionali istituzionalizzassero l’esistenza di campi per nomadi, sostenendo che i Rom erano incapaci di vivere tra la gente (tra “noi”), che erano nomadi e che promuoverne l’integrazione sarebbe stato un atto di violenza, mentre i Rom stessi dichiaravano di non essere affatto nomadi, di non aver mai vissuto in campi e di non volerne sapere: chiedevano case, lavoro, scuole per i figli. Là, negli ospedali psichiatrici, avevo visto la pretesa da parte degli psichiatri di curare persone giudicate, anche in questo caso da loro, incapaci di vivere tra la gente, internandole magari per anni; e mi è stato mostrato come questo non avesse niente a che fare con la realtà in cui erano vissuti e che volevano vivere i ricoverati. Nell’uno e nell’altro caso alcune autorità pretendevano di fare gli interessi di altri e di curarne i diritti, mentre i diretti interessati chiedevano, in un modo o in un altro, cose del tutto diverse: e per prima cosa la libertà di scelta. Venivano a cozzare così due concezioni del tutto opposte del concetto di diritto: un ‘diritto’ difeso autoritariamente da alcuni, che si dichiaravano esperti e affermavano l’incapacità di quegli altri di difendersi, ed un diritto dai diretti interessati ed appoggiato da persone che traevano le loro convinzioni e le loro conclusioni dalla volontà di quegli stessi che gli esperti consideravano incapaci a vivere secondo le loro idee. Nè nel campo della psichiatria nè in quello dei Rom il dibattito è chiuso, tolto il fatto che i Rom stessi cercano il modo di disfarsi degli esperti e di prendere in mano le redini del loro destino. Gli oggetti delle attenzioni degli psichiatri, invece, quelli che vengono definiti ‘malati mentali’, sono ancora costretti a subire la volontà di coloro che li trattengono nei loro ‘ospedali’ non essendo essi ancora riusciti a imporre – cosa, del resto, realisticamente quasi impossibile – o non avendo ancora ottenuto da chi li appoggia – cosa anch’essa ad oggi solo in pochi casi possibile per il rapporto di forze contrario – la loro libertà.
Perché è così difficile per i ‘ricoverati mentali’ (oggi vittime più di prigioni chimiche che architettoniche) ottenere la libertà di decidere il loro destino? Proprio perché sono definiti malati e perché la psichiatria, a differenza di quelle pseudo – antropologie che hanno tentato di imporre la loro idea dei Rom, vive all’interno di un comparto il cui potere, anche storico, è enorme e non è, nel suo insieme, criticabile: la medicina. I Rom invece possono definirsi apertamente razzista chi voglia opprimerli e il razzismo, per quanto oggi ancora – anzi sempre di più – diffuso è, dopo la scoperta degli orrori dei lager della Germania e dei ghetti del Sudafrica oggetto di dibattito e di condanne a livello mondiale.
Un libro uscito recentemente riapre però il dibattito – in realtà mai chiuso, come si diceva, se pur costretto in limiti ristrettissimi – sul rapporto tra psichiatria e medicina, tra cura e danno e tra diritti reali e ‘diritti’ imposti. “Sorvegliato mentale: Effetti collaterali degli Psicofarmaci” di Maria Rosaria D’Oronzo e Paola Minelli, ed Nautilus, Torino, è un manuale ragionato dei farmaci usati dagli psichiatri per ‘curare’, cioè rinchiudere chimicamente, i loro pazienti e degli effetti ‘collaterali’ (ma che dovremmo chiamare reali in opposizione a quelli pretesi) che questi farmaci hanno sulla salute: su quella vera, quella fisica. Effetti sempre negativi, a volte tremendi, che vanno dalle convulsioni a danni definitivi ed irreparabili. Per curare che? Opinioni. Opinioni di singoli, contrarie al sentire comune e giudicate quindi segno di malattia. Oppure per eliminare brutalmente contraddizioni interne, sempre di singole persone già di per sé impossibilitate a difendersi: quelle contraddizioni in cui ciascuno di noi potrebbe trovarsi e che spesso generano drammatiche, paralizzanti, incertezze. Da capire. Da affrontare con il rispetto che le stesse autrici del libro mettono giornalmente in pratica nel loro lavoro. Per gli psichiatri, invece, malattia, schizofrenia: da estirpare, con ogni mezzo.
In un bel saggio del 1939 su alcune peculiari fisime di Jonathan Swift, Aldous Huxley (l’autore di Bravo Mondo Nuovo, romanzo/manifesto sulla possibilità di asservire persone per mezzo di sostanze chimiche e sul tipo di regime assoluto che ne deriverebbe) scriveva: “Le nostre menti, come i nostri corpi, sono colonie di vite separate che convivono in una condizione di simbiosi cronicamente ostile; l’anima è in realtà un grande conglomerato di anime e il nostro comportamento è, in qualunque dato istante, il prodotto di questa loro guerra infinita.” In quello stesso anno 1939 gli psichiatri Cerletti, Bini (italiani) e Kalinowski (tedesco) perfezionavano l’elettroshock, cioè l’uso di violente scariche elettriche per curare la malattia delle contraddizioni, la schizofrenia. L’idea di usare l’elettroshock su persone partiva, com’è noto, dall’osservazione del metodo usato nel macello di Roma per anestetizzare i maiali prima dell’uccisione.

Pubblicato il 21 April, 2015
Categoria: Testi

Seminario Disegno Onirico – 18/19 aprile 2015



Centro di Relazioni Umane di Bologna organizza:

“Il disegno onirico consente di esprimersi, senza alcun vincolo di giudizio estetico(“bello” versus “brutto”), di narrarsi ed esprimersi pienamente, con l’accompagnamento di musiche generalmente gradevoli, ma non “invasive”. Tuttavia non solo disegno onirico: la persona può esprimersi anche con la scrittura (diari, racconti, poesie, altre forme espressive e altri generi letterari), con scene teatrali (in questo caso, visto tempi e spazi, solo brevi scene espressive, senza scenografia, oggetti di scena etc., ovviamente), con la musica e il canto (chi vuole, ma ciò vale per la domenica pomeriggio, può portare il proprio strumento “d’affezione”, purché ovviamente piccolo o esprimersi cantando). In altri termini, il disegno onirico diviene prodromico, ossia introduce ad altri linguaggi, altre forme di comunicazione, che dicono di sé e degli altri, dato che si lavora in gruppo. Come sempre vale la consegna di fondo: “Cercare di rispettare le consegne, ma sfruttare tutti i molti spazi di libertà consentiti” e anche “Nulla di quanto si dice o fa nel gruppo può essere comunicato ad extra”. Il disegno onirico (consegne) vale sabato e all’inizio di domenica (fino alle 11 circa), mentre poi c’è spazio libero per quanto la creatività dei/delle partecipanti esprime.

Saremo ospiti da MercanZia Loredana Vitale, Piazza della Mercanzia 2 Bologna.

Pubblicato il 13 April, 2015
Categoria: Eventi

Poemito – Eugen Galasso



Ancora una volta in rima, per dindirindina


Dolce governo del niente
Todo se cierra de repente
Tendenze assurde della “sorte”
tutte nel segno della morte
Giorni passati nel dolor
Il ny’a pas de fées d’or
Dolce forse il comeback
I dont sing “Get back”


(Eugen Galasso, 23/03/2015)

Pubblicato il 7 April, 2015
Categoria: Testi

O.P.G.: intervista a Giorgio Antonucci su Radio Fujiko, 19 marzo 2015

Audio:
https://www.youtube.com/watch?v=DbuOtyexVSY&feature=youtu.be


“In tribunale per lo stesso imputato, nello stesso tempo, il perito dell’accusa dice una cosa e il perito della difesa ne dice un’altra. Dunque la definizione non vale nulla”.

 

Pubblicato il 20 March, 2015
Categoria: Audio, Notizie

O.P.G.: In un’ecumenica trasmissione su RADIO 1- Maria D’Oronzo


artista MP5

In una trasmissione su Radio 1, intervistavano pazienti/detenute e personale medico/dirigenti dell’OPG di Castiglione delle Stiviere, che detiene 60 recluse e 180 reclusi. E’subito da notare che la classe medica preferisce il concetto di “superamento degli Opg” dove le associazioni delle famiglie di coloro che sono definiti pazzi chiede e parla di “chiusura” degli stessi. Certo è che il presunto malato di mente deve essere recluso e sottoposto a trattamenti forzati, in virtù di quella sciagurata cultura del meccanicismo psichiatrico-psicologico, e colui che delinque per motivi psichiatrici dev’essere recluso per soli motivi psichiatrici, con programmi individuali e progetti di vita individualizzati. Solito stile psichiatrico. Gli psichiatri, da parte loro, denunciano una mancanza di chiarezza nella legge 81, in riferimento alle soluzioni post-OPG. definite ora REMS, residenze ad elevata misura di sicurezza. Ed è proprio sul concetto di elevata sicurezza dialogano gli specialisti del comportamento e di stadi d’animo, lamentano che le imprecisioni da loro riscontrate nella legge 81 alimentino lo stigma della diagnosi psichiatrica per cui non ci sarebbe abbastanza chiarezza tra il pazzo buono, con il tentativo di intendere una “anomalia” dai contorni e caratteristiche molto più “normali” perché contestualizzate in situazioni caratterizzate da comportamenti legittimati da una mentalità vecchia, difficile da sradicare, dal pazzo cattivo che resiste e rende molto complicato individuare l’anomalia.
Da non giurista non voglio avventurarmi sulla normativa del Codice Rocco, ancora vigente, in cui si distingue il delinquente dal delinquente pericoloso, nè credo che il carcere sia, in complesso, soluzione diversa di quanto non lo sia l’OPG e ora REMS. Certo è la 81, col preferire il diritto alla cura, ha conferito maggior potere alla classe medica dove intende che la cura preveda l’obbligo per i pazienti alla cura prescritta, è superione e vola alto sul diritto di difesa fondamentale di tutte le democrazie.

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Pubblicato il 16 March, 2015
Categoria: Notizie, Testi

Poteri e limiti del sindacato del giudice del lavoro sulle certificazioni psichiatriche.- Dr. Amato Lucia Maria Catena




“Iudex peritus peritorum”, precisa la Suprema Corte di Cassazione.

“Depressione maggiore “ Psicosi nas” “Disturbo di personalità paranoideo” “Psicosi nas in struttura schizoide con marcata depressione del tono dell’umore.” “Insufficienza mentale medio grave con disturbi del comportamento; ideazione di tipo deliroide ed allucinosi, irrequietezza, aggressività.” La patologia psichiatrica, generalmente concorre con le altre di tipo fisico, ad esempio: “Cardiopatia”. La prestazione economica richiesta, varia dall’assegno mensile di invalidità, alla pensione di inabilità, all’assegno ordinario di invalidità, all’indennità di accompagnamento. Alla prima udienza di comparizione delle parti, il ricorrente e l’I.N.P.S. se non vi sono questioni preliminare da trattare, si procede alla nomina di un CTU. Nel caso de quo, un medico. Il consulente tecnico d’ufficio, in acronimo c.t.u., svolge il ruolo di ausiliario del giudice in un rapporto fiduciario, qualora si renda necessaria una particolare conoscenza tecnica, per il compimento di singoli atti o per tutto il processo. L’attività del consulente tecnico è disciplinata dagli artt. 61 a 68 del codice di procedura civile (allo stesso modo dall’art. 220 fino a 233 nel codice di procedura penale), dove sono contenute le competenze che l’ausiliario designato dal giudice deve espletare dal conferimento dell’incarico fino all’elaborato peritale. “La scelta dei consulenti tecnici deve essere normalmente fatta tra le persone iscritte in albi speciali formati a norma delle disposizioni di attuazione al presente codice” (art. 61 c.p.c.), ma il giudice qualora lo ritenga opportuno ha la facoltà di nominare un esperto non incluso nell’Albo del Tribunale, motivandone il ricorso. Il compito ultimo del consulente è rispondere in maniera chiara e pertinente ai quesiti enunciati dal giudice, dando risposta ad ulteriori possibili chiarimenti richiesti dal giudice stesso (art. 62 c.p.c.). Il quesito enunciato dal giudice al momento del mandato e del giuramento consiste in una o più domande espresse solitamente in modo analitico o generico. Dovere dell’esperto è attenersi scrupolosamente ai quesiti, senza esprimere pareri non richiesti o non necessari, con un linguaggio non eccessivamente specialistico che consenta ai soggetti coinvolti (giudice, magistrato e avvocati) un accesso facilitato alla lettura; in ambito civile l’accertamento peritale acquisisce una funzione strumentale ed opzionale, in quanto il giudice può decretare se usufruire o meno del parere dell’esperto per la formulazione del giudizio. In sintesi possiamo considerare le attività che competono al consulente tecnico un confronto interdisciplinare fra diritto e scienze sociali, un’integrazione al compito del giudice, che agisce come peritus peritorum, ovvero, decisore ultimo. Sul punto, la giurisprudenza costante della Suprema Corte di Cassazione precisa che, nel nostro ordinamento vige il principio “judex peritus peritorum”, in virtù del quale è consentito al giudice di merito disattendere le argomentazioni tecniche svolte nella propria relazione dal consulente tecnico d’ufficio, e ciò sia quando le motivazioni stesse siano intimamente contraddittorie, sia quando il giudice sostituisca ad esse altre argomentazioni, tratte dalle proprie personali cognizioni tecniche. In entrambi i casi, l’unico onere incontrato dal giudice è quello di un’adeguata motivazione, esente da vizi logici ed errori di diritto. “(Cass. n. 17757 del 07.08.2014.. Conforme Cass. n. 11440 del 1997.) Il quesito che il presente giudicante si è posta nelle sue funzioni di giudice del lavoro è il seguente: “Su cosa deve basarsi una motivazione che escluda o accolga le argomentazioni di una relazione peritale o di un’altra, per essere fondante o meno del riconoscimento o della negazione di un diritto richiesto? La risposta che è stata fornita è univoca: una motivazione per essere esente da vizi logici o giuridici o da illogiche contraddittorietà deve fondarsi su dati certi, scientifici ed oggettivi il più possibile, che ci vengono consentite dall’attuale stato delle conoscenze scientifiche e prescindere da considerazioni personali ed argomentazioni illogiche ed incongruenti, senza corredo probatorio di alcun genere, e mai fondarsi sui dati incerti ed opinabili. E di conseguenza, su cosa deve fondarsi una consulenza tecnica per essere di sicuro supporto alle argomentazioni di un giudicante? Ovviamente anch’essa su dati certi. Scientifici. Oggettivi. Su esami strumentali che fungono da supporto reale alle conclusioni diagnostiche alle quali il consulente perviene. Una seria consulenza prescinde da opinioni personali o quant’altro che sia illogico ed incongruente e, soprattutto immotivato, ossia sfornito da dati probatori idonei, che, nella scienza medica, sono in primo luogo, sono rappresentati dagli esami diagnostici e clinici e da quant’altro possa essere di apporto come le cartelle cliniche. Solo su elaborati peritali che soddisfano tali requisiti il giudice può fondare le proprie decisioni, non avulse da dati reali. Ogni diritto che si basi sull’accertamento di una patologia di qualsiasi natura, in capo al richiedente, deve essere riconosciuto se provato con dati certi ed oggettivi quanto il più possibile, all’attuale stato delle conoscenze scientifiche. Il giudice ha il potere di sindacare la relazione peritale e constatare se la stessa ha rispettato il mandato che le è stato conferito. A pena di nullità, con conseguente rinnovo delle operazioni peritali e la nomina di altro C.T.U. Operazioni che non può ripetersi all’infinito. La soluzione, congrua, in casi specifici, come il caso de quo, è quella della nomina, di un CTU fuori albo, esperto del settore. Soluzione adottata dal presente giudicante. La sentenza che motiva su dati reali ed oggettivi, è l’unico controllo, che può esercitare la Magistratura in funzione del giudice del lavoro, oltre alla trasmissione degli atti alla procura per competenza se si ravvisano particolari contraddizioni ed incongruenze Soluzione che è stata adottata in dispositivo. Unitamente, ad una verifica puntuale di tutta la documentazione medica ed un controllo rigoroso su quanto prospettato dal consulente; in primo luogo se si è attenuto scrupolosamente al mandato richiesto, che deve essere puntuale e preciso, nella richiesta al C.T.U. di fornire congrua motivazione delle sue affermazioni diagnostiche e di fondare gli stessi su basi certe quanto più possibili ed oggettive. Nel caso della Sentenza de quo, che si allega, il risultato al quale si è pervenuti è stato reso possibile dalla nomina, di un ctu fuori albo, specialista del settore neuropsichiatrico, di notevole preparazione scientifica, il dott. P.C, che si è scrupolosamente attenuto ai quesiti specifici postagli dal presente giudicante, e che ha saputo distinguere le opinioni personali dalle affermazioni professionali e supportare le stesse con prove reali ed oggettive. Come si potrà verificare nella motivazione della suddetta Sentenza. Un lavoro di garanzia in una materia quella psichiatrica, opinabile, che notoriamente, si presta ad abusi e strumentalizzazioni; che, se non attentamente monitorata, ed non ancorata su basi il più possibile reali, come esami strumentali e cartelle cliniche, diventa terreno fertile per autorizzare un’immane spreco di denaro pubblico, truffe all’I.N.P:S., che assumono la parvenza della legalità. Applicare il principio: che se affermiamo che l’osso è rotto, si deve fornire in ogni caso la lastra che lo comprovi, rappresenta il minimo di tutela possibile. L’unico.“Depressione maggiore “ Psicosi nas” “Disturbo di personalità paranoideo” “Psicosi nas in struttura schizoide con marcata depressione del tono dell’umore.” “Insufficienza mentale medio grave con disturbi del comportamento; ideazione di tipo deliroide ed allucinosi, irrequietezza, aggressività.” Diagnosi, che, devono essere supportate da comprovanti cartelle cliniche, ed altro strumento probatorio idoneo, che dia prova certa dell’incidenza funzionale delle stesse sul soggetto che richiede la prestazione economica. Onere della prova che incombe sul ricorrente, ai sensi delle leggi vigenti in materia. (Al settore previdenziale si applica il rito del lavoro del c.p.c.). Che giudice possa sostituire con proprie argomentazioni quelle del perito, è un principio o meglio un’affermazione di potere. L’ultima parola è del giudice. E così deve essere, altrimenti ne viene snaturata la funzione, quella del giudicante. I limiti a tale potere sono una congrua motivazione, in punto di fatto e di diritto. Se immune da vizi logici e giuridici, è incensurabile persino in sede di Cassazione. Un ulteriore limite al potere del giudice, potrebbe essere quello di ancorare la propria motivazione su dati certi, reali ed oggettivi. E nello stesso tempo, un punto di partenza, reale, per un’ altrettanto reale e concreta tutela dei diritti sui soldi pubblici. Se si prescinde, da questi dati obiettivi, si autorizza uno spreco di denaro pubblico di dimensioni abnormi, a danno di tutti i contribuenti e, soprattutto, si sottraggono preziose risorse economiche, ai soggetti deboli che hanno bisogno di tutela, e si concedono diritti a situazioni che non presentano alcun fondamento di realtà, e che sono esse stesse la negazione di ogni diritto Un deterrente minimo essenziale, in un settore quello psichiatrico, dove sono state medicalizzate le questioni esistenziali e deresponsabilizzata la società civile, e dove l’uso strumentale del Tso per fini di controllo sociale, ha assunto dimensioni incontrollabili, nell’attuale legislazione che sfugge totalmente a qualsiasi controllo; in un sistema sanitario il nostro dove è la psichiatria che crea i malati, nella misura in cui non fornisce una base certa reale e scientifica su cosa essa si fondi (che cosa è un “delirio patologico? O, meglio su quali basi possiamo determinarlo, con sufficiente grado di certezza, così da escludere abusi o strumentalizzazioni?); dove le diagnosi c.d cliniche assumono, come nel caso della sentenza de quo, la connotazione di giudizi personali soggettivi dell’operatore senza basi reali ed oggettivi e quantomeno scientifici. Soggettività equivale ad arbitrio, vuoto di tutela e spreco di denaro pubblico che sfugge totalmente al controllo della Magistratura e della legalità.


Sentenza n. R.G. 2142 del 2014, del 02.12.2014.


Dr. Amato Lucia Maria Catena, Avvocato e Magistrato Onorario, in funzione di Giudice del Lavoro, Tribunale di Patti, Sezione Previdenza, Distretto di Corte d’Appello di Messina.

Pubblicato il 16 March, 2015
Categoria: Notizie, Testi, Testimonianze

“Paranoia” in testi d’Antan – di Eugen Galasso

Nella lunga serie/teoria di personaggi che “spingono” la loro immaginazione e il loro pensiero fino a creare nuove teorie religiose o politiche quasi sempre si tende ad individuare il “folle”, il “malato”, l'”abnorme”: vale per Jeanne d’Arc, in italiano Giovanna d’Arco, liberatrice della Francia dagli Inglesi (con tutte le derive nazionaliste, certo, ma questo è poi anche il prodotto di altri, di ideologie successive), come vale per Khomeini, per santi, predicatori anche “interessanti” (Valdo, Savonarola, Muenzer, Lazzaretti), per gli utopisti (da Campanella a Fourier, per fare solo due nomi), come vale, certo, per Adolf Hitler, che non ci si limita a definire come un criminale ma si “deve” definire come “pazzo”, “paranoico” etc. Vale anche per una specie di “esoterista” (il lemma sarebbe da chiarire, ma qui non è possibile né molto interessante farlo) come Pierre-Eugène-Michel Vintras (1807-1875), fondatore di una “setta” (“Opera della Misericordia”) certo non apparentabile alla Chiesa cattolica apostolica romana, pur se ne nasce (nasce nel suo ambito), pericolosa perché preconizza l’avvento di un’era dello Spirito Santo, caratterizzata da pace e giustizia, ciò che è inviso a quasi tutti i poteri esistenti (utopie simili in molte “eresie” religiose, ma anche nell”Età dell’Aquario” sognata da hippies e teorici della “New Age”). Nel 1927, il Dottor Pasquier-Desvignes, in “Délire d’un paranoi” aque mystique. Vintras e l’oeuvre de Miséricorde” (Paris, Presses Universitaires, 1927, cit. da “Maurice Garçon, Heresiarque et prophéte”, Paris, Librairie Critique E’mile Nourry, 1928, pp.166-167 ) ne parla come di; 1) un paranoico, affetto da delirio mistico sistematico. E’ un delirante intelligente e spesso attivo, ben servito da una memoria rimarchevole e dalla sua assimilazione perfetta della Scrittura (si noti che Vintras era di umili origini e non aveva avuto un’istruzione regolare, e.g.). La storia del suo delirio, gli avvenimenti che lo provocarono e lo fecero evolvere mostrano l’influenza considerevole  delle tendenze politiche e religiose di un’epoca di cui essi sono spesso il riflesso. Vintras non è un grande riformatore (in parte vero, e.g.), ma la sua energia messa al servizio del suo delirio gli è valsa un mezzo successo. Egli si piazza ben al di sopra delle piccole sette di cui il secolo XIX° vide una grande fioritura; 2) Paranoico, Vintras fu anche un perverso, come testimoniano i furti e le truffe che gli sono valsi due arresti, le manifestazioni di erotismo che ebbero luogo a Tilly(luogo dove nasce la “setta”, e.g.) e la sua omosessualità (di furti e truffe non era responsabile lo stesso Vintras ma suoi seguaci e successori; l’omosessualità non risulta da studi più accurati, ma poi si noti l’identificazione tout court omosessualità=perversione, peraltro riscontrabile parimenti in Krafft-Ebing e in Freud. e.g.); 3) Vintras fu vittima allo stesso modo di delirio di persecuzione. Questo delirio, conseguenza del suo orgoglio morboso, occupa un posto di secondo piano , ma corrobora (aumenta) il suo delirio mistico, giustificando in qualche misura la missione di Vintras. Ma forse ancora più interessante è la definizione di monomania, ossia mania unica e determinante che si trova in autori vari, ma qui in particolare in un medico che aveva condotto un’indagine scientifica su Vitras: “Tra le cause che producono la monomania la principale è l’ereditarietà (tipico concetto positivista: Lombroso e Gall non pensano altro, e.g.). Poi vengono, in ordine decrescente i dolori domestici, i rovesci della sorte, l’amore contrariato, la soppressione di qualche ulcerazione artificiale o di eruzioni croniche, l’abuso di liquori. Hallé(pischiatra dell’epoca) indica ancora come cause di segno di predisposizione una corporatura elevata, gli occhi incavati, pieni di fuoco, i capelli neri, la fisionomia triste, passioni forti, la direzione unica del penisero “del pensiero o dei sentimenti” (ancora in Garçon, cit., p.168, il testo è nella Bibliotèque Nationale, 11051, fol. 291 e seguenti). Qui ci sarebbe solo da aggiungere: sic!, essendo la reductio ad corpus, l’individuazione a segni corporei esclusiva, dove la “psiche” non trova posto extra la dimensione spaziale-corporea. Vedo già i sorrisi dei lettori/delle lettrici, il ghigno (giustamente, ma fatico a immaginarmelo ghignate) o meglio il viso tra il riso e l’indignazione (ancora più giusto) di Giorgio Antonucci. Ma ciò che stupisce è quanto segue: “Ora, nessuna di queste predisposizioni né uno dei segnali che indicano la monomania è applicabile a Pierre-Michel (Vintras, cfr. sopra).  Il monomaniaco, dice Esquirol, impiega tutto il suo raziocinio per penetrare più a fondo nell’idea che lo preoccupa: attinge a tutte le risorse della dialettica per persuaderci che ciò che crede è reale…Nulla di simile si riscontra in Pierre-Michel. In genere parla poco volentieri dei suoi oggetti di comunicazione, specialmente se non siete della sua cerchia amicale”. Ecco allora però che, prima ricorrendo al “fisicismo” di tanti psichiatri, poi a una teoria più incentrata sulla “psiche”, il nostro (ignoto)autore fa cilecca, non riuscendo ad attribuire a Vintras nulla di tutto questo: un “tilt” pesante, che stende già allora un velo pietoso su tutte le “teorie” psichiatriche, per non dire delle terapie non si sa come “dedotte” dalle teorie.  E ciò non vale, chiaramente per il solo Vintras, ma mette in discussione la”scientificità” della psichiatria di ieri e di oggi (non molto diversa, come noto, da quella di ieri)…       Eugen Galasso

Pubblicato il 13 March, 2015
Categoria: Notizie

Sul lungo articolo di Mathilde Goanec:”Fous à délier” – Eugen Galasso –


La giovane e valida giornalista francese Mathilde Goanec, direttrice, tra l’altro di “Alimentation générale”, ha scritto un lungo articolo su “Fous à délier” (Matti da slegare) (in “Le Monde diplomatique”, janvier-gennaio 20015, p.16-cito dall’edizione francese, non consultando mai quella italiana, diversa almeno in un certo numero di pagine e settori), dove già la citazione del titolo contiene, però, un’inesattezza fattuale: il filmn”Matti da slegare”, citato anche in italiano dell’autrice, è del 1975, è, come giustamente ricorda di Marco Bellocchio, ma anche di Stefano Agosti, Stefano Rulli, Sandro Petraglia.  Chi scrive ha dovuto documentarsi in merito, non avendo mai visto il film in questione, avendone solo letto, soprattutto in occasione di passaggi in TV sempre persi, anche perché il film viene proposto quasi sempre di notte, non essendo “commerciale”. Ma veniamo al tema vero, ossia alcune inesattezze più gravi, pur considerando il testo complessivamente valido, non fosse che per il fatto di ridare voce a una problematica dimenticata: A)la Goanec parla di Basaglia definendolo “la figura maggiore (più rilevante) della “psichiatria alternativa europea”. Forse ciò può esser vero se riferito agli effetti (Iegge Basaglia, che peraltro, come ci ricorda sempre Giorgio Antonucci, che c’era, Basaglia non voleva, almeno non in quella forma, non così formulata) non di per sé: come teorico, Basaglia non è superiore a Laing, a Cooper, a Deleuze e Guattari, a Szasz (che però è americano, pur se di origini europee-ebraico-ungheresi), a Antonucci. E’ invece esatto dire, come l’autrice fa,  che “marcato da quest’esperienza (la reclusione, alla fine della seconda guerra mondiale, a causa della sua “prossimità” con un gruppo antifascista), non ha cessato di lottare contro la reclusione”, ma anche che “egli rifiuta tuttavia (pur se influenzato dalle teorie di Foucault e Fanon sulla critica alle istituzioni totali e sul colonialismo, e.g.) di iscriversi nel movimento dell’antipsichiatria” (ma qui ricordare Szasz e Antonucci non sarebbe stato opportuno, per non dire di Laing e Cooper, essendo più complesso e contraddittorio il discorso per Deleuze e soprattutto Guattari?). Un’altra affermazione, quasi nell’incipit del testo, è poi ambigua, anche se di per sé esatta: è vero che “l’ospedale psichiatrico italiano era stato per molto tempo una terribile macchina di reclusione…molto lontana dai sistemi francesi o britannici, dove già iniziavano a profilarsi soluzioni alternative alla reclusione”: vero, ma ambiguo, se detto così. Leggi l’articolo completo »

Pubblicato il 6 March, 2015
Categoria: Testi

Psichiatria ieri e oggi – Giorgio Antonucci – ATLANTICA Enciclopedia universale 1991

PSICHIATRIA IERI E OGGI – Giorgio Antonucci

 

Atlantica – Grande Enciclopedia universale – Annuario Enciclopedico 1989 – European Book Milano

 

L’articolo è corredato di immagini fotografiche interne ed esterne dell’Ospedale Psichiatrico “Luigi Lolli” di Imola (Bologna). Foto: http://centro-relazioni-umane.antipsichiatria-bologna.net/galleria/

 

 

“Colui che non rispetta la vita non la merita” Leonardo

Chi si pone il problema di capire le teorie e le pratiche della psichiatria, e cerca di studiarne la storia per comprenderne il significato, si trova subito di fronte a una contraddizione.

Da una parte appare costante e sempre rinnovata l’incertezza sulle conoscenze e sulla validità dei principi, dall’altra si rivelano superficiali e frettolosi gli interventi, così pericolosi per la libertà e l’integrità delle persone.

Scrive Thomas S. Szasz nella prefazione alla prima edizione della sua opera: The Myth Mental Illness. Foundation of a Theory of Personal Conduct (New York 1961): «L’insoddisfazione per la base medica e per la cornice concettuale della psichiatria non è di origine recente, e tuttavia ben poco è stato fatto per rendere esplicito il problema e ancor meno per porvi rimedio.

Negli ambienti psichiatrici è considerato pressappoco atto di indelicatezza chiedere: — Che cosa significa malattia mentale? — E negli ambienti dei profani la malattia mentale troppo spesso si ritiene essere tutto ciò che gli psichiatri dicono che sia. — Chi è malato di mente? — pertanto suona: — Chiunque sia rinchiuso in un ospedale psichiatrico o si rechi a consultare uno psichiatra nel suo ambulatorio privato — ».

Non molto meglio vanno le cose nella casa degli psicanalisti, che, a cominciare da Freud per finire a Lacan, si perdono sempre di più in genericità e astrazioni, senza nessun nesso con la vita reale, e non riescono mai a definire alcuna conoscenza che abbia significato.

Già negli anni ‘30 il filosofo e critico della scienza Bertrand Russell esprimeva con penetrante ironia i suoi ragionevoli dubbi sulla distinzione tra

sano e malato in psicologia, e aggiungeva argutamente di non credere che studiosi della psicanalisi avessero riflettuto molto profondamente sulla distinzione tra fantasia e realtà. In pratica — commentava — la fantasia che crede il paziente, la realtà è ciò che crede l’analista.


Ma un brano che può essere considerato un classico della critica intelligente al senso comune che sembra dare per scontata la problematica distinzione tra saggezza e follia lo si trova, sempre per mano di Russell,nell’opera The Scientific Outlook (1931,George Allen & Unwin Ltd, London), in italiano “La visione scientifica nel mondo” (Universale Laterza 1988). Il brano fa parte del capitolo “La tecnica nella psicologia”, e lo riporto qui per intero considerata la sua chiarezza e la sua importanza per il nostro discorso.

«Vi sono, tuttavia, un gran numero di opinioni che sono basate molto chiaramente sui desideri individuali di coloro che le mantengono, e non su di un terreno di respiro universale. Una volta fui visitato da uno che mostrò il desiderio di studiare la mia filosofia, ma confessò che nell’unico libro mio che aveva letto c’era una sola proposizione che gli riusciva di comprendere, e quella era una proposizione che non poteva accettare. Chiesi quale fosse, ed egli rispose: — Giulio Cesare è morto. — Io naturalmente gli chiesi perché non accettava tale proposizione. Si tirò su e rispose piuttosto rigidamente: — Perché Giulio Cesare sono io. — Trovandomi solo con lui nell’appartamento cercai di raggiungere la strada al più presto, poiché mi sembrava improbabile che la sua opinione derivasseda uno studio obbiettivo della realtà. Questo fatto illustra la differenza fra credenze sane e insane. Le credenze sane sono quelle ispirate da desideri che si accordano ai desideri degli altri; le credenze insane sono quelle ispirate da desideri che cozzano con quelli degli altri. A tutti piacerebbe essere

Giulio Cesare, ma sappiamo che se uno è Giulio Cesare, l’altro non può esserlo; perciò chi pensa di essere Giulio Cesare ci dà fastidio, e noi lo diciamo pazzo. A tutti piacerebbe essere immortali, ma l’immortalità di uno non contrasta con l’immortalità dell’altro, perciò chi si crede immortale non è pazzo. Le delusioni sono quelle opinioni che non riescono a compiere le necessarie modificazioni sociali, e lo scopo della psicanalisi è di compiere quelle modificazioni sociali che faranno abbandonare quelle opinioni. Il lettore, spero, avrà compreso che il suddetto ragguaglio è in qualche modo inadeguato. Per quanto si possa cercare, è difficile sfuggire alla concezione metafisica del fatto. Freud stesso, ad esempio quando per la prima volta espose la sua teoria della onnipervasività sessuale, fu considerato con quella specie di orrore che ispira un pazzo pericoloso. Se l’approvazione sociale è la prova della salute mentale, egli era pazzo, benché divenisse sano quando le sue teorie cominciarono ad essere abbastanza accettate da divenire una fonte di guadagno».

Parlando dell’incertezza dei principi su cui si fonda la psichiatria mi pare opportuno riprendere il racconto della singolare vicenda del cittadino francese indicato da Bruno Cassinelli col nome convenzionale di Lafoi, che nel luglio 1914, alle soglie della prima guerra mondiale, si ricoveri volontario nel manicomio di Parigi, per protestare a favore della pace.

Scrive appunto Cassinelli nel primo capitolo dell’opera “Storia della pazzia” (Dall’ Oglio editore, 30 settembre 1964): «Le nazioni entrano in guerra, l’una dopo l’altra, quasi incalzandosi. — E’ infame — pensa Lafoi. Per tre giorni non mangerà: bisognerà pure che almeno un uomo soffra per l’umanità impazzita. La sua follia sogna di ispirarsi a Cristo e all’amore in terra per gli uomini di buona e di non buona volontà, Lafoi è un pazzo che vuole ragionare più di tutti. La follia di questo infelice, che è stato riconosciuto pazzo dai più grandi psichiatri di Francia, può rincrudire o modificare la morfologia dei suoi accessi».

Risulta così che Lafoi, precorrendo moltissimi contestatori della nostra epoca tra cui Gandhi e lo stesso Russell, intensifica la sua azione e accentua le sue provocazioni al potere costituito promotore di delitti man mano che questi delitti divengono più gravi.

«Lentamente — scrive ancora Cassinelli— ma con sicurezza s’avvia all’ultimo padiglione, se vi entra non gli sarà più permesso di uscire dalle mura del manicomio. Lafoi si sacrifica per gli uomini».

Intanto gli psichiatri si domandano stupiti come possa funzionare questa forma di pazzia così pertinente agli avvenimenti.

E’ bene ricordare che ai tempi di Lafoi l’obbiezione di coscienza, che ora in alcuni Stati è riconosciuta come un diritto se adeguatamente motivata in termini religiosi o filosofici, era ritenuta da molti psichiatri un sintomo di schizofrenia.

Però alcuni dei lettori potrebbero domandarsi:— Ma chi era questo Lafoi? — Come il Don Abbondio manzoniano si chiedeva di Carneade.

Allora noi, per toglierli dal dubbio, ci proponiamo di continuare parlando di un personaggio sicuramente più famoso.

Riferisce Vittorio Messori nel suo libro “Ipotesi su Gesù” (Società editrice internazionale-trentaduesima edizione 1986) a pagina 134 nella nota n. 8 che il famoso psicologo Binet, professore di psicologia alla Sorbona, si mise tenacemente a scrivere quattro volumi con oltre duemila pagine «per classificare scientificamente il carattere di Gesù».

Lascio la parola direttamente a Messori: «Gesù che, per il professore francese, fu TEOMANE (maniaco religioso, cioè, per la degenerazione dell’affetto verso i genitori), SITOFOBO (detestava il cibo, come testimoniato dal digiuno di quaranta giorni), DROMOMANE (non poteva star fermo, come si vede dai continui spostamenti), IMPOTENTE (per le esortazioni al celibato), OMOSESSUALE (per la predilezione per Giovanni), INSONNE (per le notti di preghiera)… Il prof. J. Soury replica: — D’accordo che Gesù fosse “l’alienato tipico”. Ciò però non si deve, come pensa il collega Binet, all’alcolismo del padre aggravato dalla tubercolosi, ma alla meningo-encefalite sifilitica. La prova? I primi segni di follia li dà a dodici anni discutendo con i dottori nel tempio —. Altri professori replicano che in realtà il disordine mentale di Gesù è dovuto al trauma neuropsichico sofferto dalla madre durante il concepimento, per il timore di essere ripudiata dal fidanzato Giuseppe: ne è prova l’ altrimenti inspiegabile mutismo davanti a Pilato».

Molto stimolante, ci pare, questa discussione tra specialisti, non tanto sul fatto se Cristo fosse o non fosse pazzo, quanto su una corretta identificazione delle cause.

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Pubblicato il 22 February, 2015
Categoria: Immagini, Libri

Fra diagnosi e peccato. – Chiara Gazzola

‘Fra diagnosi e peccato. La discriminazione secolare nella psichiatria e nella religione.

di Chiara Gazzola

Editore Mimesis (collana Eterotopie)

 

 

 

Questo testo propone un approfondimento del legame fra la disciplina psichiatrica e gli ambiti religiosi. Emerge una pianificata incoerenza fra gli intenti dichiarati e una prassi, sia storica che attuale, legittimata nell’amministrare un’esclusione sociale edificata sul controllo e sul profitto. Attraverso il labile concetto di “norma comportamentale” viene sancita ogni devianza, declinandola sui peccati e sulle diagnosi. Fra senso di colpa, paura, emarginazione, conformismo, paradossi filosofici, punizioni e sofferenza si collocano le esperienze eccezionali di chi ha saputo resistere, di chi non ha accettato l’annientamento della propria libertà. La volontà di ricostruire una memoria cancellata dai timbri maschili darà voce a un coro femminile che ridipingerà contesti storici e pensieri scomodi. Se l’umanità non temesse l’imprevedibilità, potrebbe non delegare le soluzioni a elaborazioni totalitarie. L’analisi è completata da un’intervista a un esorcista e dalle conversazioni con il medico Giorgio Antonucci e con l’antropologa Michela Zucca.

Pubblicato il 21 February, 2015
Categoria: Libri

Centro di Relazioni Umane (Bologna) — Maria Rosaria d’Oronzo