Manicomi e località protette per religiosi/e in crisi vocazionali. – Egen Galasso

“Chiunque si adiri con il proprio fratello sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al suo fratello stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna”(Matteo 5,22). Breve commento di chi è “credente in altro”, ma ha una formazione anche teologico-esegetica: il “fuoco della Geenna” non è l’inferno (scrivo il lemma minuscolo, non a caso) della tradizione mitologica, genialmente ampliata anche in Dante, ma quella, appunto, è…Mitologia.  Né il “giudizio” è quello universale, ma quello della comunità dei “fratelli”. L’offesa e la violenza erano grave colpa (più che “peccato”…), per il cristianesimo delle prime comunità, quelle il cui pensiero e comportamento è ancora espresso in Matteo o meglio nell’Evangelista cui convenzionalmente si dà il nome di Matteo. Ma dopo…Condanne anche a morte di eretici e pagani (La vergine Ipazia, ma anche gnostici, manichei, monofisiti etc.), “streghe” e “maghi” bruciate/e sul rogo, Crociate, Guerre di Religione. I cattolici forse un po’ peggio degli altri, ma anche gli altri…Lutero, traduttore in lingua moderna dei testi ebraici, era poi anti-semita, sostanzialmente…  Ma guardiamo al lemma “pazzo”. Che cosa hanno fatto le chiese, hanno bandito chi dava del “pazzo” al fratello? No, hanno benedetto (salvo alcune persone, “illuminate”,  che però costituiscono un’eccezione, non certo la regola) manicomi et similia.  Preti o religiosi(e) che entrino “in crisi” vocazionale, che manifestino “passioni del tutto naturali” (ma la chiesa cattolica non le ammetterà mai come “naturali”) vengono, dicitur, ma sembra proprio sia così, “inviate per un periodo di riposo” in “località protetta”, che il lettore può facilmente immaginare quale sia…  “Lugar escondido”, luogo nascosto, celato, in qualche modo a “insane curiosità”. A parte la (invero scarsa) letteratura disponibile sul tema (capiamo anche perché…), si noleggi o veda su qualche canale TV quello strano (e di scarsissimo successo, credo) film di Damiano Damiani che si chiama “Il sorriso del grande tentatore”…  Se ne ricaverà qualche informazione non da poco, anche se il linguaggio è metaforico e un po’ cripitico…
Eugen Galasso

Pubblicato il 8 July, 2012
Categoria: Testi

“L’empatia uno/a non se la dà” – Eugen Galasso


“L’empatia uno/a non se la dà”: potrebbe essere questo, parafrasando una famosa frase di Alessandro Manzoni, attribuita a Don Abbondio, la descrizione di un fatto. Non è facile ascoltare in modo partecipe, non passivo, anzi attivo. Non è facile non continuare a porre domande, interrompendo il ductus verbale o meta-interpretare le dichiarazioni della persona (o del “cliente”, ma mi sembra una brutta definizione made in USA…). Terrificanti, in questo senso, alcune frasi di “terapeuti” (sic!) rogersiani, dove, spesso in modo arbitrario, formulistico, manualistico all’approccio “non direttivo” rogersiano si attribuisce ogni possibile merito…
“Scusi se la disturbo. Volevo solo dirle che nei suoi occhi ho visto empatia vera e vera condivisione dei miei stati  d’animo.
Spero che non sia troppo tardi per me. Avrei forse dovuto pensarci prima. Io credo comunque che lei possa aiutarmi a essere sereno.
Ho sempre diffidato da psicologi e psichiatri ma oggi mi sono confrontato con una persona che mi ha messo a disposizione la propria umanità al di la delle competenze. lei è una persona libera per questo la stimo e quindi la seguirò.
Grazie per non avermi trattato da malato.”
L’umanità, rilevata nell’sms, è il lemma-chiave. Spesso lo psicologo, l’analista, il reflector, chiunque svolta professione/i d’aiuto rimane impassibile, freddo, calcolante (nel senso migliore: attento a formulare un’anamnesi, poi una diagnosi; nel caso peggiore: attento solo al…proprio personale arricchimento), mentre l’uso di tonematica, parole, frasi (chi scrive, come reflector, non può fare domande, ma  solo intervenire “rilanciando” parole o sintagmi-chiave), del non-verbale, quindi della “tonematica corporea”, della prossemica etc. fa la differenza. Ma il tutto “non serve” se non c’è reale interesse (il che non implica identificazione o “simpatia”, parola spesso fraintesa) per la persona e i suoi problemi, le sue istanze, i suoi dubbi etc. ”

Eugen Galasso

Pubblicato il 1 July, 2012
Categoria: Notizie

Psichiatria democratica e elettroshock (terapia elettroconvulsivante) – Val Pusteria – Eugen Galasso


“Hai lavorato bene, brava talpa!” (Shakespeare, citato anche da Marx).
           
Talora anche le Commissioni d’inchiesta, spesso destinate all’italiota “macello dei tempi” funzionano e approdano a risultati.  Finalmente gli altarini si scoprono. Sono quelli del reparto psichiatrico dell’Ospedale civile di Brunico, diretto dal “solerte” prof. dott. Roger Pycha, psichiatra di origini lussemburghesi, assertore convinto della bontà dell’elettroshock e della contenzione (leggi: camicia di forza) che non smette di praticare nel suo reparto “d’avanguardia” (sic!) della Val Pusteria. Contro la “teoria Pycha” (che in realtà rimonta a Ugo Cerletti, che la “terapia elettroconvulsivante” aveva scoperto, per poi pentirsene o quasi, come rileva con la consueta intelligenza e “agudeza” (Baltasar Graciàn) negli anni Trenta dello scorso secolo, oggi ripresa alla grande a Pisa in Italia dal “vate della depressione” Giovanbattista Cassano, personaggio anche noto come “terapeuta delle star”, avendo “curato”, tra gli altri, Vittorio Gassman e Sandra Mondaini) ora si attiva la Commissione d’Inchiesta sulla Sanità del Senato, con il senatore (medico) Ignazio Marino, con l’aiuto del dott.Lorenzo Toresini, basagliano della prima ora e primario di psichiatria a Merano (tra quattro anni, con il suo pensionamento per motivi d’età, dovrebbe subentrare Pycha…). La situazione della psichiatria in Alto-Adige/Suedtirol, da sempre oltremodo opinabile,  entra ora giustamente nell’occhio del ciclone. Non occorre essere seguaci dell’anti (o a-)-psichiatria, ma anche solo “psichiatri democratici” per capire che l’elettroshock è metodo “terapeutico” contestato da tutti o quasi (solo un altrettanto opinabile manuale di psichatria svizzero-tedesco lo rivaluta, assieme agli psichiatri citati), che la contenzione si commenta da solo. Un’ultima considerazione: la prospettiva basagliana ha “figliato” la psichiatria democratica, nobile ma non coraggiosa (diciamo così) al punto da mettere in discussione la “malattia mentale”, mentre la prospettiva anti (e a-psichatrica, dove è inutile, in questa sede, tornare su nominalismi e distinzioni talora solo verbali) rileva come l’identificazione tra cervello=mente=psiche (o vogliamo tornare a dire “anima”? Ma allora, gnosticamente, si riaprirebbe la partizione anima/spirito) sia una mera ipotesi a-(o anti-)scientifica.  La “psichiatria democratica” o ripropone, in un modo o nell’altro, teorie di stampo neuro-fisiologico di derivazione ottocentesca (“frenologia” di Gall, certo ri-aggiornata) oppure si rifà al “work in progress” delle neuroscienze che però, quasi meccanicisticamente,  non contemplano scarti, eccezioni, insomma il fiorire della “singola personalità” che fa la ricchezza dell’essere umano. Altri, come il generoso Lorenzo Toresini e altri, si rifanno al meglio dell’impostazione basagliana, quella di orientamento esistenziale.  Chi scrive, in accordo con l’impostazione antonucciana, recepita dal Centro di relazioni umane, ritiene che nessuno(psichiatra o altro) possa sindacare il pensiero e il comportamento di altre persone.

Eugen Galasso

http://altoadige.gelocal.it/cronaca/2012/06/24/news/psichiatria-a-rischio-i-basagliani-1.5312768

Pubblicato il 30 June, 2012
Categoria: Notizie

David Servan-Schreiber – Contraddizioni – Eugen Galasso


David Servan-Schreiber, in un bestseller che viene ripubblicato postumo in traduzione italiana, “Anticancer” (2007, Paris, Laffont, 2010 in seconda edizione, completamente rivista e “corretta” come si suol dire, trad. italiana 2008, 2001, Milano,  Sperling & Kupfer, ora ancora su licenza della casa editrice citata by Cairo, Milano, 2012, allegato a “Natural Style”), espone le sue riflessioni ma anche la “prassi terapeutica” seguita dopo la sua esperienza quale malato di tumore cerebrale maligno particolarmente insidioso (una recidiva lo ha condotto alla fine, appunto, a fine luglio 2011). “Neuroscienziato” e “psichiatra” in senso proprio (come tale operava presso varie cliniche universitarie degli States). Psichiatra “umanista” (è un erede della psicologia “umanistica” e “transpersonale” di Maslow, che cita ripetutamente nei suoi libri, contamina la sua “clinica” con lo sciamanesimo, la medicina ma anche la filosofia orientale – e in Oriente i confini tra le due discipline sono da sempre poco netti, talora molto sfumati se non inesistenti), Servan-Schreiber anche in questo libro lascia consigli interessanti e utili, anche ma non solo sul piano dietetico (a parte il riferimento al karaté per i “terminali”, ma la proposta terapeutica è mutuata da un altro studioso) per prevenire e combattere il cancro, ma lo fa come medico e come studioso, non come “psichiatra”, sia detto con chiarezza. E, per essere chiari, la voce dello psichiatra non la sentiamo praticamente mai, se non quando ( a pp. 243-244 dell’edizione citata per ultima, quella del 2012): “Feci semplicemente il mio lavoro di psichiatra: chiesi alla donna quali erano stati gli eventi più recenti della sua vita…Dato che la donna avrebbe lasciato l’ospedale il pomeriggio decisi (sic! Senza meno, lo psichiatra decide, sic est, sic manebit! Nota mia, ovviamente) di sottoporla alla EMDR (é Eye Movements Desensitization and Reprossing, ossia la stimolazione dei movimenti oculari, ancora nota mia)”. Ho ridotto la citazione per ovvi motivi di spazio, ma, dopo la crisi, in cui la paziente, sofferente di disturbi bronco-asmatici, con “sospetta componente psico-somatica” (sic!), durante la quale la signora rievoca la morte del marito per infarto, avvenuta sotto suoi occhi una settimana prima dell’inizio delle sue crisi bronco-asmatiche… Durante l’EMDR il terapeuta le chiede di fissare la terribile immagine continuando a fare i movimenti con gli occhi, la donna lancia un urlo e poi afferma: “E’ tutto finito: l’immagine è scomparsa”. Questo stando, certo, al racconto di Servan-Schreiber, dopo di che (sempre ipse dixit…) le crisi di soffocamento sarebbero sparite e lei non avrebbe più avuto bisogno di ricoveri. Abbellimento di una situazione, auto-apologia del medico-scienziato o…altro? Quien sabe… Fatto sta che, comunque, l'”umanista” decide e fa, sottopone a terapia, una terapia quasi à la Arthur Janov, sostenitore del “Cri primal”, una terapia anche condensata in un vecchio libro, in cui sostiene che il “paziente” si libererebbe dei suoi “disturbi” con un grido liberatore, appunto, primigenio ( “primal” vuol dire questo, “cri”=grido). Ma la signora citata da Servan-Schreiber era stata consultata? Dalla citazione diremmo di no e non si trattava, precisamente, di “acqua fresca”…  Senza voler insistere, sembra che il nostro, grande umanista senz’altro e senz’altro diverso da tanti suoi colleghi (cfr.quanto scritto sopra)anche nei metodi, fosse però, un decisionista, comunque convinto (lo dimostrano altre sue opere) dell’esistenza di “schizofrenia”, “depressione” etc.  Autoinganno, rimanere “a metà del guado”? Non ai posteri ma ai lettori la sentenza, rilevando – con il debito riserbo, anche in considerazione della scomparsa dell’autore – che anche i “grandi” o comunque chi nella formulazioni teoriche  ma anche nell’empatia si dimostra “più avanti” in qualcosa “cede”, però…si rivela meno attento o, almeno, cade in contraddizione…

Eugen Galasso

Pubblicato il 27 June, 2012
Categoria: Testi

Trattamento Sanitario Obbligatorio e Ospedali psichiatrici giudiziari: intervista a Giorgio Antonucci e Maria D’oronzo – RadiOndaRossa


http://www.ondarossa.info/

Colloquio con Giorgio Antonucci che è stato primario del Reparto Autogestito del Manicomio di Imola e con Maria Rosaria D’Oronzo fondatrice del Centro Relazioni Umane di Bologna. Il tema è il controllo Psichiatrico: alla luce del decreto che chiude gli attuali 6 Opg (Manicomi Criminali) per sostituirli con piccoli luoghi “custoditi” gestiti dalle Asl delle Regioni e non più dal Ministero della Giustizia, ragioniamo se cambierà qualcosa oppure si riprodurrà, forse su scala allargata, il meccanismo di esclusione e coercizione prodotto dal pregiudizio psichiatrico. Se non cambia l’approccio e la stessa concezione di considerare delle persone come “incapaci di scegliere”. Racconti di esperienze umane reali.

http://www.ondarossa.info/node/7242/Contro%20il%20carcere%20e%20il%20manicomio%2013/6

Pubblicato il 13 June, 2012
Categoria: Audio, Notizie

“Sottovuoto” di Alice Banfi – Presentazione e dibattito


presso “Osteria di Sana Pianta”, cortile della Cineteca, via A. Gardino 65 Bologna



Il CENTRO DI RELAZIONI UMANE, Bologna, presenta:

Dibattito con l’autrice, Alice Banfi e Giorgio Antonucci, Piero Colacicchi, Maria D’Oronzo, Eugen Galasso.

Il mondo della psichiatria, in questa giovane autrice milanese, dalla vita “spericolata” varie volte oggetto di violenza, adorabile “biricchina”, non certo “teppista”, è quella di oggi: post-basagliano, ovviamente, ossia “post-180”, che formalmente abolisce i manicomi, ma non per questo liberato, perchè prigioniero del “pregiudizio psichiatrico” quello delle cominità, diverso tra loro, ma anche e soprattutto dei “reparti psichiatrici” degli “ospedali civili”, per cui una persona è sempre “malata”, “da curare”, “da recludere”.

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Pubblicato il 12 June, 2012
Categoria: Libri, Notizie

“Sottovuoto” di Alice Banfi – Eugen Galasso




Dopo “Tanto scappo lo stesso”, sempre presso Stampa alternativa, edito nel 2008, la giovane pittrice e scrittrice Alice Banfi, milanese ma residente a Camogli, si ripropone con “Sottovuoto”, efficace rtitratto (ed è espressione corretta, trattandosi di una pittrice, capace di far sempre interagire le due arti) di uno spaccato del reale in quello viviamo: quello dell'”assistenza psichiatrica” o meglio della convinzione, dettata dal potere psichiatrico, di dover-voler-poter curare malattie e disturbi psichici.  Dopo la legge 180, la famosa “legge Basaglia”, sono stati  aboliti i “manicomi”, intesi come reclusori, come luoghi di detenzione fissi. Ma i reparti psichiatrici di molti “Ospedali civili” e talora le “comunità” (casa-famiglia oppure con dizione similare)riproducono strutture simili, solo con camuffamenti vari e diversi (mutatis mutandis, se vogliamo dire così), dove comunque l'”essere” della persona (o individuo, ma non voglio entrare nella vexata quaestio) viene gettata sia dalla porta sia dalla finestra… Con stile scanzonato, usando soprattutto lemmi tratti dalla vita e non dalla letteratura (altra vexata quaestio…) la Banfi tratta anche del dramma e in alcuni casi della tragedia, sicura oppure “probabile”, ma qui non si vorrebbe che la recensione iper-interpretasse il testo letterario, che, senza essere propriamente un documento (mancherebbero riferimenti troppo precisi, di carattere analitico-documentario), rivaluta quel genere fondamentale che è l’autobiografia, dove propriamente siamo nel “récit”, ossia nella “narrazione” ( più che nel “romanzo”).  Non mancano i “gros mots”, cioè le parolacce; ma senza le parolacce – lo ricordo, ma penso che ogni buon lettore lo sappia – non ci sarebbero, tra gli altri, Petronio Arbitro, Moravia, Pasolini, ma anche Testori, Rabelais, De Sade, quasi tutta la letteratura contemporanea,  in specie gli scrittori americani della “beat generation”, ma anche tanto mainstream contemporaneo, per non dire della letteratura di genere… Stile paratattico, dialogico, estremamente comunicativo, il che non esclude dei momenti ellittici estremamente efficaci, quasi delle “epifanie” in una scrittura che solo apparentemente potrebbe sembrarci “uniforme”, ma in realtà non lo è affatto. Testimonianza sì , nella Banfi, propaganda mai; eppure il testo, a leggerlo bene, è profondamente “politico”, sempre che si recuperi l’ètimo originario del lemma, rimandando alla polis, alla Città-Stato,  per cui la politica non ha niente a che vedere con la mera adesione ai partiti e alle loro strategie e tattiche… Del resto, poi, per la contestualizzazione socio-psicologica, si legga l’attenta prefazione (saggio introduttivo, possiamo dire tranquillamente)della sociologa prof. Maria Grazia Giannichedda, già stretta collaboratrice di Franco Basaglia e ora presidente della Fondazione intitolata a Franca e Franco Basaglia.

Eugen Galasso

Pubblicato il 4 June, 2012
Categoria: Libri, Testi

Festival dell’anima – Maria D’Oronzo e Antoine Fratini – Video


Festival dell’Anima: Il cuore e la mente

www.psicofestival.org

Video


Pubblicato il 2 June, 2012
Categoria: Video

L’approccio no-psichiatrico – Giorgio Antonucci – VIDEO

Giorgio Antonucci – L’approccio no-psichiatrico –


VIDEO

Pubblicato il 1 June, 2012
Categoria: Video

L’alternativa di “Bartleby”, di Henry Melville – Eugen Galasso


“Bartleby the Scriverer”, ossia “Bartleby lo scrivano”, racconto “cruciale” del 1853 di Henry Melville. Meno famoso, nella storia della letteratura, non solo nord-americana, di “Moby Dick”o “Billy Budd”, è però un testo cruciale per una reale alternativa, anche sociale e politica, ma soprattutto esistenziale. Il piccolo e trasandato scrivano, che dice sempre “Preferirei di no”, rispetto a vari incarichi di lavoro assegnatigli, che “non sta al gioco” è il silente antesignano dell’oppositore che non sbraita né “sbraca”, ma mette in crisi i poteri,  tanto da diventare un vero “intruso” rispetto allo schema della società produttivista, “lavorista”, iper-capitalista(notoriamente quello di oggi, che vorrebbe introdurre in Europa ritmi di lavoro giapponesi. cinesi o sud-coreani, non è più “liberismo”, ma “neo-liberismo”, cioè “iper-liberismo” spinto, con salari bassissimi e ritmi di lavoro frenetici e assurdi). Se Gilles Deleuze e Giorgio  Agamben in un bel libro “Bartleby la nuova creatura” (Quodlibet, 19934 )esaltavano, appunto come archetipo e fomite di alternativa il personaggio melvilliano, vero “baco nella mela” di un ambiente come quello di Wall Street, se pure di più di un secolo e mezzo fa, uno psichiatra, in qualche modo, inserirebbe Bartleby nel novero-ventaglio della “depressione” (ICD 10, F 32 e F 33), dell’ergofobia (finora meno accreditata, come dizione ufficiale, eppure non assente in certe diagnosi…), naturalmente non distogliendosi dalla necessità, dopo la diagnosi, di “curare” (anche a forza)il malcapitato… Contro il ribellismo spaccone di chi “spacca” per farsi riprendere in TV, Bartleby rappresenta la ribellione vera, quella sordamente silenziosa, molto più pericolosa per ogni potere, dove quello psichiatrico non è certo quello meno forte e meno incisivo… anzi.

Eugen Galasso

Pubblicato il 31 May, 2012
Categoria: Testi

Centro di Relazioni Umane (Bologna) — Maria Rosaria d’Oronzo