Lucio Battisti “No dottore” – Eugen Galasso
Lucio Battisti, cantautore laziale accusato delle più atroci turpitudini (di essere “fascista”, in particolare) per malintesi continui, ma soprattutto per non essersi occupato troppo di politica, sia nella fase di collaborazione con Mogol (Giulio Rapetti) sia in quella successiva (dal 1980 in poi) con Pasquale Panella, dedicandosi invece a sentimenti, sensazioni, emozioni, ha però, anche nella fase Mogol, in particolare nell’album “La batteria, il contrabbasso etc.”(1976) scritto una canzone, “No dottore”, in cui il protagonista, forse (forse, però, il tutto è lasciato in una condizione di indeterminatezza, di “vaghezza”, voluta), in un contesto musicale da “progressive rock” con venature tra il funky e l’avvicinamento alla “disco music” più intelligente, accusato di omicidio della sua “lei” (“Quel che dice non mi piace” (rivolto allo psichiatra, a quanto pare)/l’ho lasciata che dormiva/respirava/era viva come me”), in una situazione kafkiana, che ricorda anche “L’orange” di Vidalin-Bécaud (testo e chanson precedenti di un decennio circa). Il protagonista è solo, con uno psichiatra, cui rivolge il “No Dottore”, viene evidentemente rinchiuso (“Son rinchiuso/Ma è un abuso”), dove la situazione richiamata, indeterminatezza o meno, è proprio quella del TSO e della reclusione psichiatrica. Tutto è già preparato dalle frasi brevi, paratattiche (del resto è una canzone), “No dottore, per favore/Non è urgente/non è niente/Per un attimo la mente mi si è accesa/e qualcosa si bruciò/Il mio nome?/Il cognome?/L’indirizzo?/Dica il prezzo/Stia tranquillo non son pazzo”. Non vorrei qui analizzare troppo in dettaglio tutto il testo, che è è facilmente reperibile, ma basterà dire qui che Rapetti-Mogol e Lucio Battisti a 4 anni dall’approvazione di una legge (La”Basaglia”, come viene impropriamente definita) affrontano un tema scottante allora, come lo è comunque ancora oggi, quando “fatta la legge, trovato l’inganno”, come recita un atroce detto italico (italiota, volendo)per cui, in buona sostanza, il potere della repressione psichiatrica, anche per ovvi motivi economici, ha potuto riaffermarsi, anche riproponendo le proprie terribili modalità (contenzione, elettroshock, sulla cui bontà giurava anche il “compianto” Giovanni Jervis, per vario tempo considerato quasi un “antipsichiatra” o comune un “alternativo”, espressione che rischia di non voler dire né designare alcunché. ”
Eugen Galasso (ringraziando Gerardo Musca che della canzone mi ha segnalato l’esistenza).
Pubblicato il 3 July, 2013
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Cervello, psiche, anima – Eugen Galasso
Si riapre un discorso sull’ “anima”, termine controverso, anche perché troppo connotata in senso religioso e metafisico. Nella cultura ebraica (Antico Testamento), per es., di “anima”, propriamente detta non si parla (in ebraico è “néphèsh, “soffio vitale”, che non ha la connotazione dell’ “anima” proriamente intesa), mentre è poi un termine greco (psychè, da cui anche, con notevoli slittamenti semantici, deriva “psiche”…) a”fare la differenza”…Ma se per “anima” intendiamo l’Ego, la coscienza (eventualmente supportata quanto fecondamente “minacciata” da quel coacervo di impulsi, istinti, sensazioni ed emozioni che la psicoanalisi chiama “inconscio”, interpretandolo variamente), allora sappiamo che quanto intendiamo per “cervello” non può fare tutto, ossia non può determinare tutta la vita psichica… Nel XVIII° secolo, un chirurgo e pensatore radicalmente materialista e meccanicista, Cabanis, affermava: “L’anima, io non l’ho trovata sotto il mio scalpello”,
Pubblicato il 6 June, 2013
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Residenze Sanitarie psichiatriche: riflessioni. Contenzione e valutazione del distress lavorativo- Vito Totire
Il luttuoso episodio verificatosi a Casalecchio il 27 agosto 2012 che ha determinato la morte di un giovane di vent’anni impone alcune riflessioni.
Da decenni portiamo avanti un approccio “non psichiatrico” a questioni che le istituzioni ritengono di poter affrontare con metodi violenti e custodialistici.
L’episodio di cui stiamo parlando può diventare un evento-sentinella che contribuisce a trovare la forza per nuotare controcorrente con rinnovato vigore,cercando di evitare errori che sono frequenti e, a volte, automatici, quali la classificazione dell’episodio come “errore umano”, si intende, errore umano degli operatori presenti al momento dell’episodio;
occorre spostare i riflettori dall’ottica della “colpa individuale” alla analisi delle costrittività organizzative e della inadeguatezza del sistema;
occorre cioè evitare la logica del “capro espiatorio” e cercare eventuali incongruenze e costrittività organizzative ; in linea di massima questo significa valutare se un comportamento che può senza dubbio essere considerato sbagliato o inaccettabile non sia causato o concausato da un carico eccessivo di fatica fisica o mentale o comunque essere correlato ad una sinergia negativa tra basso livello di autonomia e gravosità del compito;
si tratta, a mio avviso, di proporre ed adottare una chiave di lettura quale quella proposta da Karasek per la valutazione del distress lavorativo;
Racconto breve di Trattamento Sanitario Obbligatorio – Eugen Galasso
“Ma vedete, anche i concetti di destra e sinistra, beninteso in senso spaziale, non politico, sono relativi: se guardate da un certo angolo visuale, per es., il tavolo sarà dislocato a destra, da un altro, opposto sarà a sinistra”. “Ma questo è un sofisma. Se una cosa è a destra, è situata a destra; se è a sinistra, idem. Non si discute, su ciò, altrimenti si mette in discussione tutto e finiamo a…” . “Ma il suo p.d.v. è assolutistico; la verità non è mai bianca o nera, è sempre – almeno anche – grigia” . “Questo è disfattismo, nichilismo. Allora Cristo che ha detto “Io sono la via, la verità e la vita…?. Questa affermazione, in Giovanni 14, 6, sarà pure indiscutibile o no?”. “Ma vede, intanto bisogna esaminare la frase nel suo contesto, valutarla storicamente, come ha fatto la scuola esegetica storico-critica. Poi deve considerare i disastri cui la frase è stata sottoposta. Si è creata l’intolleranza dogmatica, la verità imposta, l’uccisione di eretici e di non-Cristiani, le Crociate, la “Sancta” (per voi, ovviamente) Inquisitio, etc.” . “Aha, allora si svela, la sua vera natura. Lei è un nichilista, un uccisore di Dio e della tradizione cristiano-occidentale”. “Sì, durante la dittatura di Franco e quella cilena di Pinochet si diceva: “In nome dell’Occidente cristiano, fucilateli!”, dunque…”. “Vede, se fosse per me, la farei giustiziare, appunto in nome di quanto lei ricordava. Ma, faute de mieux, chiamo il mio amico prof.Rossi, primario di psichiatria, il sindaco e la sottopongo a un TSO”. “Ma come osa?”. “Non si discute”. Detto fatto.
Eugen Galasso
Pubblicato il 13 May, 2013
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O.P.G.: quale prevenzione? – Eugen Galasso
Recensendo un libro di Adriana Pannitteri sugli OPG (di cui apprendiamo che non verrano chiusi se non tra un anno, causa impossibilità di individuare strutture sostitutive… Come sempre in questo paese le emergenze si rimandano sine die, ad calendas graecas!), la psichiatra e psicoterapeuta Annelore Homberg , attiva a Roma e docente all’università di Chieti, afferma: “La malattia mentale esiste, ma nella psichiatria la parola”malattia”indica la mente, non il cervello. Chi parla di “malattia mentale” non segue necessariamente un’impostazione organicista (secondo la quale i disordini della mente derivano dal malfunzionamento del cervello). Perciò fare diagnosi di malattia della mente non significa condannare il malato e non c’è bisogno di rifugiarsi nell’idea di una sua mera “diversità””(ne “L’Unità”, 7 marzo 2013, p.22). Affermazione apodittica, pur se l’autrice riconosce non la non assimilabilità tra mente e cervello. Poi, anche per allontanare, criticandolo e superandolo, lo stigma della malattia, la Homberg riporta due esempi: quella di una donna “dimenticata” in manicomio per trent’anni e ridotta a una larva e quella di una sua zia, colpita dallo stigma di cui sopra, appunto quello della “pazzia”. Ma, criticando il fatto per cui “nella psichiatria progressista di tutti i paesi europei si vada da un estremo all’altro”, la dottoressa Annelore ribadisce che “in una certa percentuale, nella malattia mentale esiste la pericolosità per sé e per gli altri”. Ben diversamente argomenta (a ragione) il nostro dottor Giorgio Antonucci, che nei suoi interventi clinici e teorici dimostra come ciò non sia assolutamente vero: tesi, tra l’altro, confermata dalla statistica, che invece rileva come le motivazione della pericolosità (violenza) sia da ricercare invece nella disperazione sociale/alcolismo, nella criminalità organizzata, nell’eccesso(strumentalizzato ad hoc dai diversi poteri -venerdì 22 marzo è in programma la partita di calcio tra Serbia e Croazia…) del tifo sportivo. Ancora: “Se dovesse prevalere una visione (non estranea alla “riforma Basaglia”) che nega la malattia mentale negando anche la violenza che essa può comportare, c’è il rischio che non si vada oltre l’assistenza. Prevarrebbe una visione positivistica nella quale il massimo traguardo cui i pazienti possono ambire è un certo grado di inserimento sociale, e non il recupero delle loro capacità di sentire, provare affetti, pensare e relazionarsi liberamente.”. In conclusione del suo articolo (che è solo in parte una recensione) la professoressa Homberg teorizza la prevenzione, senza precisare bene che cosa intenda come tale; ma, vista la sua posizione precedentemente espressa, anche con ampio ricorso a citazioni tratte dal testo, l’idea di “prevenzione” non rassicura: ci sarebbe il rischio di un controllo sociale sulle menti e i suoi cuori delle persone, soprattutto di quelle considerate (ma da chi? Chi sarebbero coloro che verrebbero nominati quali “valutatori”, in base a quali criteri? Gli psichiatri, magari…) “potenzialmente pericolose”. Altro che Basaglia. Qui si andrebbe verso una lettura neo-conservatrice di Basaglia (che comunque, con tutti i suoi limiti, individuati anche da Antonucci, ma in ben altro senso… era altra cosa e si infurierebbe giustamente a sentire simili proposte), decisamente inaccettabile.
Eugen Galasso
Pubblicato il 9 April, 2013
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Hallucinations: Oliver Sacks -Recensione Eugen Galasso
Ormai diffuso nelle librerie di lingua inglese dallo scorso novembre, il nuovo libro di Oliver Sacks, “Hallucinations” (Picador), che attende ancora una traduzione italiana, come altre opere del famoso neurologo, “neuroscienziato”e scrittore inglese operante negli States, che a luglio compie 80 anni, crea un fecondo scompiglio. Pur se Sacks non esclude l’allucinazione psicotica, ma la relativizza al minimo, quasi escludendola nella prassi, in questo testo e nel dibattito intorno ad esso, l’autore non trascura di raccontare le sue personali esperienze con l’acido , ossia l’LSD, certo non facendone un’apologia, tutt’altro. Esperienze comuni, peraltro, a un Timothy Leary, psichiatra e antropologo che dell’LSD è stato definito, abbastanza impropriamente “il guru”, a Albert Hofmann, il chimico che l’acido in questione ha isolato, venendone considerato “il padre”, allo scrittore Aldous Huxley, a Ernst Juenger, scrittore e teorico anche “della destra”, anzi molto amato in quei settori, ma ormai anche a sinistra (Masini e Cacciari hanno fatto scuola…), a tutta la beat generation (William Burroughs, Jack Kerouac, Allen Ginsberg, Peter Orlowsky, Lawrence Ferlinghetti, Gregory Corso, il cineasta Dennis Hopper); ma, al di là della (pericolosa, inutile ripeterlo) sperimentazione con gli “allucinogeni”, le allucinazioni, come Sacks racconta, sono anche fattrici e almeno fautrici di “conoscenza altra”. Anticamente, Aristide ne parlava nei “Discorsi sacri”, più tardi ne parlano i mistici e i “santi” (chi scrive non accetta in absoluto il lemma), la creatività artistica ne nasce, come nasce da sogni, incubi, “sogni ad occhi aperti”, dall’ambito che si può definire “second sight” (seconda vista) e che gli Orientali (e quegli occidentali che seguono l’Oriente)chiamano “terzo occhio”. Sacks, ateo convinto, è molto scettico sulla possibilità di”epifanie relative all’Assoluto” (chi scrive ha una posizione diversa, ma non importa). Importante è invece soprattutto che Sacks ci dica con estrema chiarezza che “in altre culture sono state considerate come doni degl dèi o delle Muse, ma nei tempi moderni sembra che esse portino con sé un ominoso peso nell’opinione della gente, quasi fossero presagi di gravi disordini mentali o neurologici” (pur in un’ottica”moderata”, dunque, Sacks smentisce ciò: chi è in preda a stati “allucinatori”, vede cose “altre”o “sente voci”- ma di questo Sacks parla altrove, in altri testi-non è un “pazzo”, ha “esperienze e conoscenze altre”, è importante dirlo, contro chi per es. sostiene il diritto al TSO facile). “Nella maggior parte dei casi esse (allucinazioni, sott.) sono benigne e, invero, in molte circostanze, del tutto normali, dove non ci piace il riferimento a una presunta “normalità”, ma, provando a sostituire a “normali”, “consuete”, le cose andrebbero già molto meglio. Stanchezza, difetti della vista, altre cause, starebbero alla base di queste famose “allucinazioni”, dove la parola deriva da “ad lucem” o “ad luces”, cioè “presso la luce” o “presso le luci”, per indicare la liminalità delle esperienze di cui si parla. Da considerare, questa piccola “rivoluzione copernicana”, che Sacks opera, di fatto smentendo quanto invece la psichiatria ha canonizzato, ponendosi al servizio della repressione, comunque sia. Sarà che un serio neurologo è “altro dallo psichiatra”, come Giorgio Antonucci sottolinea sempre… Eugen Galasso
Pubblicato il 2 April, 2013
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“La libertà sospesa. Il trattamento sanitario obbligatorio” – Recensione di Eugen Galasso
Questo volume di autori vari, “La libertà sospesa. Il trattamento sanitario obbligatoria”, a cura di Renato Foschi, Roma, Fefè, di AAVV(autori vari), affronta la tematica del TSO in senso inter-e direi anche transdisciplinare. Partendo dall’esperienza di Philip Zimbardo condotta negli anni 1970 all’università di Stanford, sul “gioco di ruolo” tra guardie carcerarie e prigionieri, che a sua volta si rifaceva all'”esperimento Milgram” di un decennio prima a Yale, condotto da Stanley MIlgram, si individua il pericolo della violenza (“effetto Lucifero”, come dice spiritualisticamente Zimbardo) che inerisce al TSO, ossia alla sopraffazione, alla privazione di libertà. Se il tema è trattato dallo stesso Foschi, da Giuseppe Allegri, giurista che però incrocia sempre problematiche legate alle “scienze umane e sociali”, importante è l’apporto di validi giuristi come, oltre allo stesso Allegri, Ines Ciolli, Nicola Viceconte (docenti alla romana “Sapienza”) Gioacchino di Palma (avvocato cassazionista presso il Foro di Roma, collaboratore del Telefono Viola), che mostrano l’assurdità del TSO, quale privazione di libertà e strumento di oppressione dell’Altro, con la scusa di presunte violazioni, di che cosa non sappiamo (non sa chi tali disposizioni impartisce), dove la vera motivazione, semmai, è “Il Perturbante”, ciò che sconcerta la “brava gente”. Fondamentale la prefazione di Zimbardo, ma anche l’intervista di Giorgio Antonucci, vero demolitore fondamentale della “psichiatria” come “apparato ideologico di stato”(Althusser), come ancora l’apporto creativo di Ascanio Celestini, attore, regista e autore romano tra i più grandi di ogni tempo, ma anche l’apporto di Giuseppe Galzerano, editore e storico, che ricostruisce il vissuto e purtroppo la morte di Mastrogiovanni, maestro libertario, “ucciso” (non c’è altra espressione possibile, se non questo participio passato con valore aggettivale per designare quanto avvenuto nel 2009) durante un TSO. Da leggere, questo “agile” quanto profondo volumetto, cercando di attivare le proprie riflessioni, anche “divergenti”, a partire da esso.
Eugen Galasso
Pubblicato il 27 March, 2013
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Condizionamento e condizionamenti – Dibattito con Eugen Galasso
Per “condizionamento” intendo quelli contemplati dalla storia della psicologia, dal cosiddetto “behaviorismo”, per condizionamenti (al plurale) gli altri: è sostanzialmente basato, il condizionamento, sullo schema S-R (Stimolo-reazione), nel senso che uno stimolo induce una reazione (pensiamo alla puntura di un’ape, ma anche a un qualcosa che ci spaventa: si avvicina un orso, scappiamo). Il condizionamento incondizionato: Ivan Pawlow (1849-1936), fisiologo (non psicologo e neppure psichiatra) russo, nota come la salivazione di un animale da esperimento (topo, cavia/ ie, porcellino d’India, cane, gatto) inizi prima di ricevere il cibo; se in più c’è un campanello che suona annunciando il cibo, la salivazione viene indotta così, condizionata così, quindi con un terzo tramite (cibo, salivazione, suono).
Prima ancora di Pawlow (anche Pavlov, cfr.traslitterazione), che si accosta a questi esperimenti nel 1901, è Edward Thorndike (1874-1949) alla fine dell’Ottocento a parlare di “condizionamento strumentale”: l’animale, muovendo una leva, o rimane in gabbia o apre la porticina che gli presenta del cibo. Dapprima l’apre per caso (per tentativo ed errore. by trial and error), poi automatizza (“ricorda”) l’operazione e lo fa senza ulteriori inutili tentativi.
Burrhus Skinner (1904-1990): con Skinner si ha la cosiddetta “Skinner-box”, ossia una cassa di stimoli, che creano risposte senza passare attraverso un meccanismo di “errori”, nel senso che da lui “è TUTTO PRONTO”: addirittura progetta una nuova società (utopica o distopica, fate voi) “Walden 2”, DOVE TUTTO è programmato. Se i comportamentisti (studiosi del comportamento) erano pionieri, con qualche aggiunta “inquietante” in Skinner (cfr.sopra), i successivi applicatori di teorie ed esperimenti divengono dei programmatori del comportamento, facendo emergere tratti autoritari: si va dalla piccola punizione scolastica (non ti do il premio, non ricevi nulla se sbagli) che comunque induce frustrazione, all’uso di scariche elettriche per punire “maniaci sessuali” o “criminali”. I condizionamenti: ci sono quelli necessari o inevitabili, come l’impossibilità di volare se non con mezzi a carburante (aerei) o mossi dal vento(deltaplani), il pericolo mortale di attraversare una strada ad alto volume di traffico ad occhi bendati o chiusi etc., quelli invece culturalmente indotti (non posso arrivare a casa tardi, altrimenti mio padre/mia mamma o mia moglie /mio marito mi rimproverano, anche se sono maggiorenne etc.). Ci sono altri condizionamenti autoindotti e culturalmente indotti (sono diplomatico-parlamentare, devo presentarmi sempre con giacca e cravatta, mai con un vestito fuori moda se donna etc., se sono un prete non posso baciare una donna etc.), il “no, questo non posso farlo, non “sta bene””. Una disamina di comportamenti condizionati e condizionanti, con esempi che dovrebbero venire dalle persone, mentre il relatore cercherà (da pessimo mimo, peraltro) di mimare alcuni condizionamenti grossolani, autoindotti e imposti.
Eugen Galasso
Pubblicato il 19 March, 2013
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“Apologia dell’ateismo” di Giuseppe Rensi – Accuse di pazzia – Eugen Galasso
Leggendo questa “Apologia dell’ateismo” di Giuseppe Rensi, filosofo veronese (1871-1941), ora ripubblicata da Anteo – La Fiaccola, Catania, con la vecchia prefazione di Renato Chiarenza(del 1967, mentre la prima edizione è del 1924), ho scoperto l’opera forse principale di un autore bistrattato dal dominio crocio – gramsciano, decisamente importante. Ma non è di filosofia che intendo qui parlare, bensì del reiterato uso delle accuse di “pazzia” e “follia”di cui il filosofo fa uso, qui per chi coltivi una concezione, anche paradossale, di una realtà (“Dio” o come lo si voglia chiamare) che sfugga al percepibile, a quanto è inquadrabile nelle categorie di spazio, tempo, causalità etc. Quanto non si vede e non si tocca non è, è Non Essere, per Rensi e fin qui potremmo al limite essere d’accordo (non chi scrive, ma importa poco); il problema è dare del “pazzo” a chi non pensa come si vorrebbe (qualche persona vorrebbe) che pensasse: “Negare l’ateismo è cadere nel’ allucinazione, nella pazzia, nella mentalità crepuscolare dei bambini e dei selvaggi, incapaci di distinguere l’è dal non è…chi non riconosce la verità del quale (dell’ateismo:sott.), è fuori della ragione, è pazzo” (op.cit., p.13). Convinto come sono, personalmente, anche sulla base della lettura di altri testi rensiani (pochi, purtroppo, dato che è impossibile leggere tutto…), del fatto che Rensi non avrebbe fatto sottoporre nessuna persona a un TSO per “difetto di pensiero” (presunto, beninteso), ritengo però atroce che si possa passare alla definizione di “pazzia” per chi non rientri in certi canoni di pensiero “retto”. Lasciando perdere le grandi opzioni di pensiero (teismo, deismo, panteismo, ateismo, ma consentite anche un povero gnostico-non “agnostico”, si badi…-di citare la propria “opzione preferenziale”)vorrei ricordare quanto scritto e detto più volte da Giorgio Antonucci: di una signora sottoposta a ripetuti ricoveri coatti in manicomio e poi in clinica psichiatrica in quanto fedele di Padre Pio. Lontanissimo chi scrive da ogni affezione per il Beato poi Santo (con cui comunque la Chiesa ufficiale ebbe vari contrasti e problemi, superati solo a fine degli anni Novanta con la beatificazione e poi nel 2002 con la proclamazione di santità), è però da affermare con chiarezza che il pensiero di ogni persone deve essere rispettato, passando, semmai, a misure di reprimenda se la persona in questione volesse imporre le proprie opinioni e convinzioni agli altri. Credo sia una piccola lezione di tolleranza (che ancora una volta viene dal dottor Giorgio Antonucci) fondamentale per capire le cose.
Eugen Galasso
Pubblicato il 20 February, 2013
Categoria: Testi
Incontro/Dibattito: “R.S.P.:Effetti Collaterali.Le regole, le leggi, i desideri” – Eugen Galasso
Importante, il convegno “Effetti collaterali. Le regole, le leggi, i desideri” (importante, l’ultimo punto, in una Bologna erede del 1977, con l’accentuazione-Deleuze e Guattari “maestri” dei desideri, in specie oggi, con un governo, se pur dimissionario, di solo rigore e sacrifici…Chi “non ci sta” deve farsi sentire, giustamente), in programma venerdì 8 febbraio alle 18 appunto a Bologna, organizzato dal Centro di relazioni umane e da Lab 57/Alchemica-Laboratorio Antiproibizionista, presso la Sala Benjamin di Via del Pratello 53 nella città felsinea. Relatori la coordinatrice del Centro di relazioni umane, dottoressa Maria D’Oronzo, psicologa e continuatrice -insieme al suo maestro Giorgio Antonucci – del pensiero antipsichiatrico, cioè del pensiero (in cui l’estensore di questa nota si riconosce in pieno) per il quale la psichiatria è una forma di repressione del comportamento e del pensiero, una pratica contraria alla libertà. L’avvocato Francesco Miraglia, attivo a Modena e Reggio Emilia, co- autore del libro “Mai più un bambino” e molto impegnato contro le sottrazioni di bambini alle loro famiglie, poi psichiatrizzati e collocati in “Case famiglia”, esperto di Pedagogia familiare. Il dottor Vito Totire, colonna, per “Medicina democratica”, di una visione umana e civile (chiaro che si tratta, prima che di un’endiadi, dello stesso concetto) della medicina, al servizio del cittadino e non come obbligo-imposizione allo stesso, del citato LAB 57, dell’Unione sindacale di base, di cooperative sociali e di cittadini (molti, si spera) partecipanti all’iniziativa. Nel momento in cui, con la prossima legislatura, il Parlamento dovrà affrontare il “Progetto Ulisse” dell’onorevole-psichiatra Carlo Cicciòli, che prevede un prolungamento del controllo sulla vita del paziente psichiatrizzato, in cui finalmente si ha l’avvio di un procedimento contro i responsabili di “Casa dolce”, struttura “protetta” di Casalecchio in cui mezzo anno fa è morto (“ammazzato”, in effetti, fatta salva la garanzia degli imputati, la “presunzione d’innocenza”) Michael Passatempi, degente presso la struttura stessa, un convegno come questo assume un’importanza notevolissima, in specie per sensibilizzare i cittadini sulla necessità di bloccare improvvide iniziative che rischiano di farci precipitare in un’ulteriore barbarie repressiva. A chi, lontano, legge e apprende da Internet, tramite lo stesso Resto del Carlino.it, del procedimento contro gli “aguzzini” (presunti, ripeto, a scanso di equivoci) di Passatempi, sovviene un’altra informazione, un atto certo meno grave, volendo: nelle montagne del Modenese, per strada, un automobilista, ha investito un cucciolo di lupo, certamente non pericoloso (come ormai ognuno sa). Ecco: Passatempi, vittima di regolamenti assurdi, è morto indifeso come il povero lupacchiotto che non faceva male a nessuno. Sarà una rappresentazione un po’ “buonista” e “con il cuore in mano”, semplicistica, volendo, che però rende violenze di strutture contro singoli (esseri umani e in genere esseri viventi) che hanno il solo torto di voler vivere per contro proprio, al riparo dal “branco umano”, quello che spesso propone-impone- caldeggia violenze organizzate.
Eugen Galasso
Pubblicato il 1 February, 2013
Categoria: Testi