Lutero e lo stigma del “pazzo” – Eugen Galasso



Lutero, alla Wartburg, dove Ferdinand III di Sassonia lo proteggeva dall’arroganza cattolica espressa nel potere temporale di Don Carlos (Carlo V°), tradusse la Bibbia, tra il 1522 e il 1537, dai testi greci e non dalla “Vulgata” latina di Girolamo. Si dice (sarà anche leggenda, ma è avallata da (Heinrich) Harry Heine, tra i tanti, poeta ebreo-tedesco dell’Ottocento e grande studioso di queste cose), sentendosi osservato-perseguitato dal demonio. Vero/non vero (senz’altro non vero, per chi scrive, ma prescindiamo dall’affermazione singola), il fatto è che Lutero non si sentiva all’altezza del compito eppure svolse una traduzione splendida, poeticamente e linguisticamente (esempio di tedesco moderno eccelso) indiscutibile, pur se, certo, la filologia biblica moderna nel 1500 non era nota… Eppure,  oggi, non allora, per alcuni/e persone, Lutero sarebbe un folle o addirittura, togliendoli l’alibi culturale, un volgare “pazzo”.  Un aneddoto – diciamo così, provvisoriamente, sul quale conviene meditare…

Eugen Galasso

Pubblicato il 20 October, 2011
Categoria: Testi

Malatesta e la “follia pericolosa” – Eugen Galasso

Peccato che Errico Malatesta, pensatore e agitatore anarchico di indubbio spessore, pur se “discutibile” (cioè da discutere, come peraltro chiunque) fosse favorevole, comunque tutt’altro che contrario ai manicomi. Curioso, per chi non voleva in alcun modo le prigioni, ma…  Lo sapevo, avevo letto alcuni brani nei quali ciò veniva teorizzato, ma ora ritrovo un passo inequivocabile; anzi meglio, l’avevo trovato leggendo e poi recensendo il primo volune delle opere complete (a cura di Davide Turcato, saggio introduttivo di Davide Turcato, MIlano-Ragusa, Zero in condotta-La Fiaccola, 2011). a p.71, ne “L’Agitatore Socialista Anarchico” del 25 aprile 1897, Malatesta scrive: Così, per esempio, potrebbe, non lo neghiamo, esservi un vantaggio tecnico ad avere un corpo di specialisti incaricato di diagnosticare la follia pericolosa (?) e di portare i matti al manicomio; ma, che volete? noi abbiam paura che quei signori dottori e infermieri giudicherebbeto matti tutti quelli che non pensano come loro. Lombroso (che considerava matti comunque gli anarchici tutti. e..g.), che ci rinchiuderebbe tutti, Merlino compreso!”. Il testo prosegue con alcune considerazioni sulla polizia, ma il fulcro della cosa è detto: come si vede, dubbi Malatesta ne ha, relativizza il giudizio, ma rimane l’incipit del ragionamento, la considerazione sulla “follia pericolosa” etc. Certo, non si vede perché chi fa della sua bandiera la libertà voglia condannare (questo è il manicomio, questo è il TSO) chi pensa diversamente o chi si comporta in modo considerato “strano”.

Eugen Galasso

Pubblicato il 20 October, 2011
Categoria: Testi

“Vuoti a perdere” – Eugen Galasso



Recupero ora in registrazione, non avendola seguita direttamente, la trasmissione “Vuoti a perdere”, a cura di Sivia Bacci, con la regia di Giovanna Cornaglia e Marco Testa,  impostata sulla storia della psichiatria in Italia, inserito in “La storia siamo noi”. Lavoro probo, non c’è nulla da dire, onesto, ma almeno in parte monco. Intervengono Tommasio Losavio, antipsichiatra romano, Massimo Marà, Peppe dell’Acqua (già collaboratori di Basaglia), Giovanna del Giudice, antipsichiatra di area torinese.  Lo sforzo di tutti/e è di dimostrare le virtù della legge 180, “l’unica legge civile in Italia assieme a quella sul divorzio e l’aborto”, dicono alcuni esponenti politici. Può anche essere vero, purché si dica che essa, però, ammette il TSO (trattamento sanitario obbligatorio), comminabile – uso volutamente il verbo che in genere regge il complemento oggetto “pena”, perché la reclusione psichiatrica è una pena- senza troppi problemi.Esistono ancora elettroshock (non solo in poche strutture), psicofarmaci à gogò, letti di contenzione… Il documentario è di per sé cosa nobile, anche ben realizzato (impressionante il documentario in bianco e nero, dove l’elettroshock, presentato come una terapia “sine cura”, viene chiamato à l’italienne elettrourto, manco elettroscossa…), con una sostanziale “celebrazione” della legge, appunto, umanitaria, libertaria, sottacendone appunto gli elementi negativi, quali quello accennato sopra; piace sentire la storia della creazione di assemblee di ricoverati, infermieri, medici, in una chiave di democrazia diretta almeno abbozzata, sentire il dott. Marà che ricorda gli orrori, oltre che dell’elettroshock, del “coma insulinico”, i cui effetti sono ugualmente devastanti, dando la sua testimonianza umana di quando pianse, dopo la somministrazione di tale tortura travestita da terapia.  Ma, al di là di un “i remember”, scarso l’approfondimento in chiave di bio-politica (ossia di come la politica influisce direttamente sulla vita), dove stupisce non poco che il dott.Giorgio Antonucci, protagonista vero della lotta non solo contro le aberrazioni della psichiatria, ma contro la psichiatria tout court, che si dirige all’ irreggimentazione degli individui,  in queste occasioni (telefilm RAI su Basaglia di due anni fa, “C’era una volta la casa dei matti”etc.) non venga mai consultato. Oppure la cosa, invece, non stupisce affatto, perché chi “canta fuori dal coro” è sempre considerato pericoloso… e forse, in certo senso, lo è davvero, per logiche di potere che si vorrebbero inveterate, che si riproducono sistematicamente, con camouflages di facciata (cambiamenti nelle denominazioni di alcuni partiti etc.) e altro, che si eternano -si spera non letteralmente- senza alcun ritegno.

Eugen Galasso

Pubblicato il 17 October, 2011
Categoria: Testi

5° Vetrina della stampa anarchica e alternativa – Antipsichiatria – Eugen Galasso



Se non nelle manifestazioni alternative, dove trova spazio l’antipsichiatria? Ecco, allora, che effettivamente alla Vetrina della stampa anarchica e alternativa (Firenze, Teatro -Tenda Saschall, dal 7 al 9 ottobre), c’era la bella mostra del Collettivo antipsichiatrico “Antonin Artaud” di Pisa, “Nuoce gravemente alla salute”,  c’era anche il filmato – efficacissimo nella sua nuda violenza – su Vallo della Lucania, sulle fasi immediatamente precedenti la morte di Mastrogiovanni. Il fatto è che, in una manifestazione che presenta e ha presentato tanti libri, tante riviste, tanti video e concerti-spettacoli teatrali,  iniziative lodevolissime come questa sono importanti, ma rischiano di perdersi in un mare magnum di proposte, di altro… Non è una critica, ma una constatazione: forse, almeno in certe occasioni, concentrarsi su un tema (per es la repressione in carcere e nel “post-manicomio”, perché tale rischia di essere il reparto psichiatrico dell’ospedale e della clinica, può essere utile. Certo, l’urgenza di parlare della crisi e di come essa venga fatta pagare sempre ai più poveri è reale, ma, anche il problema delle prigioni e dei “post-manicomi” e dei TSO è, a pieno titolo, “strutturale”.

Eugen Galasso

Pubblicato il 12 October, 2011
Categoria: Testi

“Svelando e rivelando” di Giorgio Antonucci – Eugen Galasso


Svelando e rivelando” di Giorgio Antonucci, assieme a tutto il resto (la produzione poetica, saggistica, gli interventi ai convegni etc., ora sempre debitamente repertoriati e quindi facilmente reperibili sul nostro sito) della produzione di questo instancabile protagonista della vita culturale ma soprattuttto sociale (tutto quanto è sociale è di per sé culturale, mentre la cultura-se intesa solo come produzione scientifica e letteraria-artistica non è sempre sociale; se invece intendiamo per “cultura” tutti gli atteggiamenti, i modelli di comportamento-patterns-gli stili di vita, le abitudini, gli schemi di pensiero etc., cioè nell’accezione dell’antropologia culturale, allora sì, è=cultura), purtroppo spesso ignorato o boicottato dalle istituzioni, ci dice anche come la psicologia sia monca, quantomeno.  Se dalla psicologia e dal suo studio non si può prescindere, è però vero che se essa si arrocca, divenendo, anzi volendo divenire una clavis universalis per spiegare il mondo, allora diventa una pietra d’inciampo. Un esempio: le diagnosi (con pretesa di validità scientifica incontrovertibilie) fatte a tavolino o in TV. Ma ancora: le opere letterarie o d’arte (teatro, arti visive, cinema etc.), i volumi divulgativi o anche i sommari di psicologia e ambiti affini a senso unico (tutto si legge in chiave freudiana, junghiana, kleiniana, lacanina, di cognitivismo etc.). Cercherò allora di fare un’autoanalisi, non sui sentimenti, le passioni, i gusti (al lettore, alla lettrice non interesserebbero) ma sulle scelte politiche, precisando:  A)di non svolgere né aver svolto attività politica in senso proprio, se non situazionalmente e sporadicamente, su temi precisi (per es. la lotta contro la reductio psichiatrica, certo); B)di essere in politica un pragmatico e un utopista. Mi spiego: volendo ottenere “tutto”, ossia le mete più inaccessibili, mi accontento, poi, di poco, purché qualcosa si ottenga, comunque. Non “compromessi”, ma “mediazioni”, se così vogliamo dire. Se considero la mia posizione politica attuale rispetto a quella di dieci o vent’anni fa, rispetto a un quarto di secolo fa, constato che:  1)non funziona nessuno schema psicologico e/o psicoanalitico che voglia valere “assolutamente”, cioè come a sé stante e pretendendo di avere in sé la verità “a prescindere”;  2)credo funzioni piuttosto uno schema, certo ampiamente inteso, “dialettico”, perché partendo da una certa “tesi”, ho frequentato e incorporato l'”antitesi”, arrivando (chissà, forse, magari semplicemente auspico che sia così) a un qualcosa che forse può definirsi “sintesi”.   Tesi=sinistra; antitesi=destra, sintesi qualcosa d’altro? NO, sarebbe rozzamente semplicistico, anche perché credo al “transpolitico”  baudrillardiano:  la partizione accennata risale alla partizione francese post-Rivoluzione, quindi a fine Settecento-inizio Ottocento e da allora di acqua ne è pur passata, sotto i ponti… Ciò non vuol dire negare le differenze, che credo siano ineliminabili, vuol dire ridefinirle in parte. Non per questo sarei convinto dell’assoluta giustezza della dialettica hegeliana o marxiana…

Eugen Galasso

Pubblicato il 11 October, 2011
Categoria: Testi

Ne è passata di acqua, sotto i ponti – “Basaglia: intervista”- Eugen Galasso



Basaglia-intervista:  tentativo di commento.       
Quando si parla di antipsichatria o di”non psichiatria” (David Cooper) c’è il rischio di finire nella retorica nominalistica, di giocare con le parole, magari volendo invece  ragionare con i concetti. Rivedendo (riascolando, soprattutto) l’intervista di Basaglia risalente agli anni Settanta (Basaglia muore nell’80), contiene alcuni elementi fondamentali:  A)Giustissimo quanto Basaglia afferma nell’intervista (ma è un ribadire quanto scritto nei libri, nei vari interventi, quanto detto nei convegni), che cioè non è questione di psichiatria, antipsichiatria, non-psichiatria (se Cooper vuol costruire una nuova etichetta è affar suo, dice Basaglia), ma di andare incontro ai bisogni delle persone. Quanto teorizzato da Cooper (non psichiatria come negazione radicale) rispondeva a esigenze ideologiche, anche comprensibili e accettabili (anzi forse sacrosante) ma rischiava di dividere un movimento già difficile da gestire e in cui trovare un minimo comun denominatore. Oggi la situazione è quasi la stessa: B)Dire che la “scienza è politica”, invece, vuol dire riprodurre, con scarse variazioni di senso,  quanto diceva Bogdanov, distinguendo tra “scienza proletaria” e “scienza borghese”. Dicotomie che forse non andavano bene neppure negli anni Venti del Novecento, quando si voleva costruire una teoria forte per la rivoluzione bolscevicaa, ma certo inutili oggi.  Oggi “Proletariato” e “borghesia” sono termini relativi, ancora validi ma, appunto, relativamente. Tale distinzione vale nel “Terzo Mondo”, decisamente meno nei paesi “avanzati”. Un tempo i ricoverati in manicomio erano soprattutto proletari, oggi i degenti in cliniche psichiatriche o in reparti psichiatrici sono di ogni classe sociale.  C)parlare di lotta contro l’istituzione manicomiale andava  bene allora, meno oggi dove “i giochi sono più complessi”, non esistendo più, almeno in Italia i “manicomi”, ma essendoci ancora le realtà cui accennavo sopra: oggi TSO, elettroshock, psicofarmaci etc. sono ancora “bien vivants”. Attenzione: non affermo che Basaglia si limitasse agli alberi senza vedere la foresta, ma credo che abbia profondamente ragione Antonucci quando ci ricorda l’arroganza diffusa del potere psichiatrico, che oggi si disperde in tanti gangli, quasi proliferando mostruosamente con psichiatria usa e getta, mentalità radicate nel pregiudizio etc. Tutto è sempre più difficile di quanto non sembri, insomma.

Eugen Galasso

Pubblicato il 6 October, 2011
Categoria: Testi

“Libertà nella produzione poetica e saggistica di Giorgio Antonucci” – Eugen Galasso



Vorrei partire, ancora una volta, da un testo compreso in “Diario dal manicomio” di Giorgio Antonucci, dove Giorgio commenta un incontro tra Francisco Varela, grande biologo e neuroscienziato nonché epistemologo cileno, scomparso circa 10 anni fa (nel maggio del 2001, per la precisione) e il  Dalai Lama, dove entrambi convengono sul fatto che certi atteggiamenti, comportamenti e modi di pensare dei mistici buddhisti in Occidente, da molti, in specie psichiatri, verrebbero considerati schizofrenici; ma, aggiunge Antonucci, né l’uno né l’altro, ne traggono la debita conseguenza, per cui bisogna mettere in discussione ogni tipo di psichiatria. Sviluppando tali concetti e altri ancora del libro ed in genere del pensiero di Antonucci, la dottoressa Maria Rosaria D’Oronzo, presidente del Centro di Relazioni Umane, ha articolato la sua interessantissima relazione al convegno bolzanino sull’opera e il pensiero di Giorgio Antonucci, mostrando come non si possano in alcun modo conculcare i dirtti umani, costringendo a un TSO, all’ “obbligo” di assumere psicofarmaci, al letto di contenzione, all’elettroshock etc. (cito tutto ciò assieme, in una serie un po’ confusa, ma molti psichiatri con queste cose fanno una gran confusione eppure su ciò tengono ferma la loro convinzione, anzi tendono ad imporla o la impongono tout court), ad altro ancora, quasi non ci fosse alcuna capacità di discernimento della persona (o individuo che dir si voglia, pur se si tratta in entrambi i casi di lemmi pesantemente connotati), quasi avessero valore scientifico le loro diagnosi, dove invece la dottoressa D’Oronzo, rifacendosi al pensiero di Antonucci ma anche all’esperienza semantica, cioè diretta, mostra come si oscilli , quasi in un valzer grottesco ma anche drammatico per il “paziente” tra “schizofrenia”, per es., di moda più che altro un tempo e “disturbo bipolare”, con cui oggi invece si largheggia, notoriamente,  tanto che termine designante e relativa diagnosi appaiono decisamente inflazionati, ormai. Proprio rifacendosi a ciò, dunque, la dottoressa D’Oronzo ha sviluppato argomenti e controargomenti rispetto a prese di posizione, addotti dai partecipanti, a parziale difesa di posizione da”psichiatria democratica”.  Maria Rosaria D’Oronzo, a questo proposito, informata su specifiche realtà altoatesino/sudtirolesi (“Casa Basaglia” alla periferia di Merano, in specifico) ha messo in evidenza manchevolezze locali, invitando giustamente a porre maggiore evidenze sulle stesse, spesso trascurate e/o tout court rimosse. Il convegno-incontro, svoltosi lo scorso 20 settembre a Bolzano, presso la biblioteca provinciale “Claudia Augusta” del capoluogo altoatesino,  ha fatto rilevare tre aspetti: A)l’interesse vivo dei/delle partecipanti (decisa la prevalenza femminile) per la tematica, nonostante si trattasse di una matinée, il che ha ridotto per molte persone la possibilità di partecipare; B)l’interesse anche umano, empatico per la problematica; C)la convinzione sostanziale di varie persone, per le quali la psichiatria dovrebbe essere “soft”, “democratica”, “Umana”, ma ha/avrebbe comunque da essere, convinzione fondata in ogni caso sull’illusione che una diagnosi psichiatrica sia possibile e che possa discenderne in qualche modo, una terapia adeguata e non solo velleitaria-arbitraria. Ma, parafrasando Freud, da non freudiano che però ne riconosce i meriti di “pioniere”,  il quale però ne parlava in tutt’altro contesto (“L’avvenire di un’illusione” è un saggio freudiano che parla polemicamente della religione), c’è da augurarsi che tale illusione non abbia alcun avvenire…

Eugen Galasso

Pubblicato il 3 October, 2011
Categoria: Notizie

Seminario – Disegno Onirico – Eugen Galasso



“Volete conoscere e soprattutto conoscervi divertendovi? Provate con il disegno onirico, dove in gruppo si impara e ci si diverte, riscoprendo anche il piacere dell’espressione grafica”

E’ NECESSARIA LA PRENOTAZIONE.


IL DISEGNO ONIRICO
… Siete invitati/e a sognare ad occhi aperti ma senza dormire. Modalità creativa per conoscersi, conoscere aspetti “curiosi” della propria personalità, anche divertendosi.
Oltre che a interpretare, almeno a grandi linee, i disegni onirici, e proprio attraverso questa intepretazione, con il disegno onirico si impara a conoscersi, non razionalmente, ma nell’interezza della nostra person…alità, quindi nelle componenti emotive, sentimentali, nella trama di ricordi e pulsioni. Stare con gli altri nel gruppo implica la possibilità di conoscere anche gli altri, proprio anche confrontandosi con una situazione in cui ognuno supporta gli altri, li aiuta magari anche non rendendosene conto.

Cenni storici: La tecnica, che non è solo tecnica ma anche teoria complessiva (fondamentale la “lettura” e l’”ermeneutica” del disegno), nasce negli anni Settanta del 1900 a Buenos Aires da due psicoanalisti di formazione e ispirazione (non dogmatica, però) junghiana, Alberto Bermolen e Maria Grazia Dal Porto, ma anche dalla loro collaborazione con Abel Raggio, artista post-surrealista (la definizione è limitativa).

Teoria del disegno onirico:
“… è notorio che ogni persona si esprime con dei segni, delle tracce anche grafiche…Ma, già in età puberale-adolescenziale (dai 13 ai 15 anni) la persona si vergogna a produrre disegni, ad esprimersi graficamente; ma ciò, sicuramente, è dovuto ai pre-giudizi, al clima culturale ammorbante”
“Non ha senso parlare a priori e interpretando prima il disegno onirico, perché si “rovinerebbe il gioco” interpretando i disegni prima che si facciano.
A) ”onirico” implica il sogno, ma è “sogno” ad occhi aperti, senza che si dorma, senza che ci sia ipnosi (non sarei capace di usare l’ipnosi né autorizzato a farlo, inter cetera), uno stato di coscienza vigile, attraversato, però, dal “sogno ad occhi aperti”, appunto;
B) conta l’uso dei colori, le forme, la posizione delle forme-figure nel foglio, ma ciò non vuol dire che, per es. l’uso di un colore implichi la possibilità di interpretare tale colore (e quindi tale uso) univocamente……
C) Non esistono non-colori. Il nero, il bianco, il grigio lo sono, dunque, a pieno titolo, contro interpretazioni classicamente “accettate” quanto oltremodo fallaci;
D) Leggere-interpretare un disegno onirico non vuol dire in alcun modo “giudicare la persona” (ci mancherebbe….!), anzi tutelarne la privacy, capirne le grandi potenzialità, sempre insite anche nella persona più schiva, meno “appariscente”;
E) Il disegno onirico si fa in gruppo, non da soli.
Che il gruppo o alcuni suoi componenti si conosca(no) o meno, ci si diverte sempre, comunque e divertendosi, come si sa, si impara, ma non nozioni astratte che servono a bene poco.


Termine iscrizioni: il 13 ottobre 2011


Iscrizioni: centrorelazioniumane@gmail.com , cell 339 3040009

Per informazioni:http://centro-relazioni-umane.antipsichiatria-bologna.net/2010/12/09/disegno-onirico-eugen-galasso/#more-692

Pubblicato il 21 September, 2011
Categoria: Eventi, Notizie

“Libertà nella produzione poetica e saggistica di Giorgio Antonucci” – Biblioteca Provinciale Italiana, Bolzano

Conferenza

20-09-11

Martedì 20 settembre alle ore 11.00

Conferenza

“Libertà nella produzione poetica e saggistica di Giorgio Antonucci”

con Maria Rosaria D’Oronzo

e Eugen Galasso

http://www.bpi.claudiaugusta.it/

Pubblicato il 21 September, 2011
Categoria: Eventi, Notizie

Bevilacqua, Hoelderlin, Schizofrenia – Eugen Galasso



Rimango abbastanza atterrito leggendo, su “Belfagor”, anno LXVI, n.4,giugno 2011, la conversazione di Giuseppe Bevilacqua, grande germanista, con Mattia di Taranto, quando il notevolissimo studioso e traduttotre di poesia (peraltro l’ “intervista” verte su ciò, quasi unicamente) ribadire, anche in forza del fatto di avere dietro di sé, prima degli studi letterari, il biennio di medicina:”Qualche anno fa ho pubblicato un libro intitolato “Follia e poesia nel tardo Hoelderlin”, FIrenze, Olschki, 2007) e ho polemizzato con l’establishment germanistico perché nel considerare l’opera di un grande poeta non ha dato il dovuto rilievo alla sua infermità mentale in rapporto ai contenuti e alle modalità della sua vita e della sua opera. Si è parlato quasi esclusivamente di Umnachtung, ottenebramento, quando bisognava parlare di una gravissima schizofrenia” (Belfagor, cit, p.462). Da ex-allievo anche di Bevilacqua, sostenendo con lui l’esame proprio su Hoelderlin (non dirò quante lune fa…) non mi ero mai accorto di quest’insistenza sulla “follia”, un tratto che invero viene sottolineato fin troppo, a differenza di quanto ritenga lo studioso.   Due possibili interpretazioni: A)forse così Bevilacqua polemizza con Pierre Bertaux, forse il più grande studioso di Hoelderlin, che parla di “leggera schizofrenia”,  dove fra l’altro ci sarebbe qualcosa da dire (nella nosografia psichiatrica corrente si direbbe “tendenza schizoide”, piuttosto);  B)forse riscopre così la sua primigenia passione medica, ma…   Sicuramente, invece, il campo della creazione poetica rimane intangibile dall’invasione psichiatrica, ma la psichiatria di incursioni anti-poeitche ne ha fatte comunque tante: Dino Campana, Antonin Artaud,  Ezra Pound, ovviamente  Alda Merini; a Hoelderlin,  1770-1843, le cose erano andate meglio, con la piccola reclusione nella torre, che di fatto reclusione vera e propria non può essere considerata -i poteri, allora, punivano meno intensamente comportamenti “EXTRA-VAGANTI”,  modi di pensare alieni da quell’orrendo “minimo comune denominatore” che chiamiamo norma o normalità.  Spiace per Bevilacqua, rimasto forse preso da un tardivo ri-amore per Hoelderlin, poeta che ha tradotto e commentato-studiato-insegnato per tutta la vita…  Dispiace, ma può accadere, nel nostro piccolo mondo di illusioni psichiatrizzanti…

Eugen Galasso

Pubblicato il 13 September, 2011
Categoria: Testi

Centro di Relazioni Umane (Bologna) — Maria Rosaria d’Oronzo