“Svelando e rivelando” di Giorgio Antonucci – Eugen Galasso


Svelando e rivelando” di Giorgio Antonucci, assieme a tutto il resto (la produzione poetica, saggistica, gli interventi ai convegni etc., ora sempre debitamente repertoriati e quindi facilmente reperibili sul nostro sito) della produzione di questo instancabile protagonista della vita culturale ma soprattuttto sociale (tutto quanto è sociale è di per sé culturale, mentre la cultura-se intesa solo come produzione scientifica e letteraria-artistica non è sempre sociale; se invece intendiamo per “cultura” tutti gli atteggiamenti, i modelli di comportamento-patterns-gli stili di vita, le abitudini, gli schemi di pensiero etc., cioè nell’accezione dell’antropologia culturale, allora sì, è=cultura), purtroppo spesso ignorato o boicottato dalle istituzioni, ci dice anche come la psicologia sia monca, quantomeno.  Se dalla psicologia e dal suo studio non si può prescindere, è però vero che se essa si arrocca, divenendo, anzi volendo divenire una clavis universalis per spiegare il mondo, allora diventa una pietra d’inciampo. Un esempio: le diagnosi (con pretesa di validità scientifica incontrovertibilie) fatte a tavolino o in TV. Ma ancora: le opere letterarie o d’arte (teatro, arti visive, cinema etc.), i volumi divulgativi o anche i sommari di psicologia e ambiti affini a senso unico (tutto si legge in chiave freudiana, junghiana, kleiniana, lacanina, di cognitivismo etc.). Cercherò allora di fare un’autoanalisi, non sui sentimenti, le passioni, i gusti (al lettore, alla lettrice non interesserebbero) ma sulle scelte politiche, precisando:  A)di non svolgere né aver svolto attività politica in senso proprio, se non situazionalmente e sporadicamente, su temi precisi (per es. la lotta contro la reductio psichiatrica, certo); B)di essere in politica un pragmatico e un utopista. Mi spiego: volendo ottenere “tutto”, ossia le mete più inaccessibili, mi accontento, poi, di poco, purché qualcosa si ottenga, comunque. Non “compromessi”, ma “mediazioni”, se così vogliamo dire. Se considero la mia posizione politica attuale rispetto a quella di dieci o vent’anni fa, rispetto a un quarto di secolo fa, constato che:  1)non funziona nessuno schema psicologico e/o psicoanalitico che voglia valere “assolutamente”, cioè come a sé stante e pretendendo di avere in sé la verità “a prescindere”;  2)credo funzioni piuttosto uno schema, certo ampiamente inteso, “dialettico”, perché partendo da una certa “tesi”, ho frequentato e incorporato l'”antitesi”, arrivando (chissà, forse, magari semplicemente auspico che sia così) a un qualcosa che forse può definirsi “sintesi”.   Tesi=sinistra; antitesi=destra, sintesi qualcosa d’altro? NO, sarebbe rozzamente semplicistico, anche perché credo al “transpolitico”  baudrillardiano:  la partizione accennata risale alla partizione francese post-Rivoluzione, quindi a fine Settecento-inizio Ottocento e da allora di acqua ne è pur passata, sotto i ponti… Ciò non vuol dire negare le differenze, che credo siano ineliminabili, vuol dire ridefinirle in parte. Non per questo sarei convinto dell’assoluta giustezza della dialettica hegeliana o marxiana…

Eugen Galasso

Pubblicato il 11 October, 2011
Categoria: Testi

Ne è passata di acqua, sotto i ponti – “Basaglia: intervista”- Eugen Galasso



Basaglia-intervista:  tentativo di commento.       
Quando si parla di antipsichatria o di”non psichiatria” (David Cooper) c’è il rischio di finire nella retorica nominalistica, di giocare con le parole, magari volendo invece  ragionare con i concetti. Rivedendo (riascolando, soprattutto) l’intervista di Basaglia risalente agli anni Settanta (Basaglia muore nell’80), contiene alcuni elementi fondamentali:  A)Giustissimo quanto Basaglia afferma nell’intervista (ma è un ribadire quanto scritto nei libri, nei vari interventi, quanto detto nei convegni), che cioè non è questione di psichiatria, antipsichiatria, non-psichiatria (se Cooper vuol costruire una nuova etichetta è affar suo, dice Basaglia), ma di andare incontro ai bisogni delle persone. Quanto teorizzato da Cooper (non psichiatria come negazione radicale) rispondeva a esigenze ideologiche, anche comprensibili e accettabili (anzi forse sacrosante) ma rischiava di dividere un movimento già difficile da gestire e in cui trovare un minimo comun denominatore. Oggi la situazione è quasi la stessa: B)Dire che la “scienza è politica”, invece, vuol dire riprodurre, con scarse variazioni di senso,  quanto diceva Bogdanov, distinguendo tra “scienza proletaria” e “scienza borghese”. Dicotomie che forse non andavano bene neppure negli anni Venti del Novecento, quando si voleva costruire una teoria forte per la rivoluzione bolscevicaa, ma certo inutili oggi.  Oggi “Proletariato” e “borghesia” sono termini relativi, ancora validi ma, appunto, relativamente. Tale distinzione vale nel “Terzo Mondo”, decisamente meno nei paesi “avanzati”. Un tempo i ricoverati in manicomio erano soprattutto proletari, oggi i degenti in cliniche psichiatriche o in reparti psichiatrici sono di ogni classe sociale.  C)parlare di lotta contro l’istituzione manicomiale andava  bene allora, meno oggi dove “i giochi sono più complessi”, non esistendo più, almeno in Italia i “manicomi”, ma essendoci ancora le realtà cui accennavo sopra: oggi TSO, elettroshock, psicofarmaci etc. sono ancora “bien vivants”. Attenzione: non affermo che Basaglia si limitasse agli alberi senza vedere la foresta, ma credo che abbia profondamente ragione Antonucci quando ci ricorda l’arroganza diffusa del potere psichiatrico, che oggi si disperde in tanti gangli, quasi proliferando mostruosamente con psichiatria usa e getta, mentalità radicate nel pregiudizio etc. Tutto è sempre più difficile di quanto non sembri, insomma.

Eugen Galasso

Pubblicato il 6 October, 2011
Categoria: Testi

“Libertà nella produzione poetica e saggistica di Giorgio Antonucci” – Eugen Galasso



Vorrei partire, ancora una volta, da un testo compreso in “Diario dal manicomio” di Giorgio Antonucci, dove Giorgio commenta un incontro tra Francisco Varela, grande biologo e neuroscienziato nonché epistemologo cileno, scomparso circa 10 anni fa (nel maggio del 2001, per la precisione) e il  Dalai Lama, dove entrambi convengono sul fatto che certi atteggiamenti, comportamenti e modi di pensare dei mistici buddhisti in Occidente, da molti, in specie psichiatri, verrebbero considerati schizofrenici; ma, aggiunge Antonucci, né l’uno né l’altro, ne traggono la debita conseguenza, per cui bisogna mettere in discussione ogni tipo di psichiatria. Sviluppando tali concetti e altri ancora del libro ed in genere del pensiero di Antonucci, la dottoressa Maria Rosaria D’Oronzo, presidente del Centro di Relazioni Umane, ha articolato la sua interessantissima relazione al convegno bolzanino sull’opera e il pensiero di Giorgio Antonucci, mostrando come non si possano in alcun modo conculcare i dirtti umani, costringendo a un TSO, all’ “obbligo” di assumere psicofarmaci, al letto di contenzione, all’elettroshock etc. (cito tutto ciò assieme, in una serie un po’ confusa, ma molti psichiatri con queste cose fanno una gran confusione eppure su ciò tengono ferma la loro convinzione, anzi tendono ad imporla o la impongono tout court), ad altro ancora, quasi non ci fosse alcuna capacità di discernimento della persona (o individuo che dir si voglia, pur se si tratta in entrambi i casi di lemmi pesantemente connotati), quasi avessero valore scientifico le loro diagnosi, dove invece la dottoressa D’Oronzo, rifacendosi al pensiero di Antonucci ma anche all’esperienza semantica, cioè diretta, mostra come si oscilli , quasi in un valzer grottesco ma anche drammatico per il “paziente” tra “schizofrenia”, per es., di moda più che altro un tempo e “disturbo bipolare”, con cui oggi invece si largheggia, notoriamente,  tanto che termine designante e relativa diagnosi appaiono decisamente inflazionati, ormai. Proprio rifacendosi a ciò, dunque, la dottoressa D’Oronzo ha sviluppato argomenti e controargomenti rispetto a prese di posizione, addotti dai partecipanti, a parziale difesa di posizione da”psichiatria democratica”.  Maria Rosaria D’Oronzo, a questo proposito, informata su specifiche realtà altoatesino/sudtirolesi (“Casa Basaglia” alla periferia di Merano, in specifico) ha messo in evidenza manchevolezze locali, invitando giustamente a porre maggiore evidenze sulle stesse, spesso trascurate e/o tout court rimosse. Il convegno-incontro, svoltosi lo scorso 20 settembre a Bolzano, presso la biblioteca provinciale “Claudia Augusta” del capoluogo altoatesino,  ha fatto rilevare tre aspetti: A)l’interesse vivo dei/delle partecipanti (decisa la prevalenza femminile) per la tematica, nonostante si trattasse di una matinée, il che ha ridotto per molte persone la possibilità di partecipare; B)l’interesse anche umano, empatico per la problematica; C)la convinzione sostanziale di varie persone, per le quali la psichiatria dovrebbe essere “soft”, “democratica”, “Umana”, ma ha/avrebbe comunque da essere, convinzione fondata in ogni caso sull’illusione che una diagnosi psichiatrica sia possibile e che possa discenderne in qualche modo, una terapia adeguata e non solo velleitaria-arbitraria. Ma, parafrasando Freud, da non freudiano che però ne riconosce i meriti di “pioniere”,  il quale però ne parlava in tutt’altro contesto (“L’avvenire di un’illusione” è un saggio freudiano che parla polemicamente della religione), c’è da augurarsi che tale illusione non abbia alcun avvenire…

Eugen Galasso

Pubblicato il 3 October, 2011
Categoria: Notizie

Seminario – Disegno Onirico – Eugen Galasso



“Volete conoscere e soprattutto conoscervi divertendovi? Provate con il disegno onirico, dove in gruppo si impara e ci si diverte, riscoprendo anche il piacere dell’espressione grafica”

E’ NECESSARIA LA PRENOTAZIONE.


IL DISEGNO ONIRICO
… Siete invitati/e a sognare ad occhi aperti ma senza dormire. Modalità creativa per conoscersi, conoscere aspetti “curiosi” della propria personalità, anche divertendosi.
Oltre che a interpretare, almeno a grandi linee, i disegni onirici, e proprio attraverso questa intepretazione, con il disegno onirico si impara a conoscersi, non razionalmente, ma nell’interezza della nostra person…alità, quindi nelle componenti emotive, sentimentali, nella trama di ricordi e pulsioni. Stare con gli altri nel gruppo implica la possibilità di conoscere anche gli altri, proprio anche confrontandosi con una situazione in cui ognuno supporta gli altri, li aiuta magari anche non rendendosene conto.

Cenni storici: La tecnica, che non è solo tecnica ma anche teoria complessiva (fondamentale la “lettura” e l’”ermeneutica” del disegno), nasce negli anni Settanta del 1900 a Buenos Aires da due psicoanalisti di formazione e ispirazione (non dogmatica, però) junghiana, Alberto Bermolen e Maria Grazia Dal Porto, ma anche dalla loro collaborazione con Abel Raggio, artista post-surrealista (la definizione è limitativa).

Teoria del disegno onirico:
“… è notorio che ogni persona si esprime con dei segni, delle tracce anche grafiche…Ma, già in età puberale-adolescenziale (dai 13 ai 15 anni) la persona si vergogna a produrre disegni, ad esprimersi graficamente; ma ciò, sicuramente, è dovuto ai pre-giudizi, al clima culturale ammorbante”
“Non ha senso parlare a priori e interpretando prima il disegno onirico, perché si “rovinerebbe il gioco” interpretando i disegni prima che si facciano.
A) ”onirico” implica il sogno, ma è “sogno” ad occhi aperti, senza che si dorma, senza che ci sia ipnosi (non sarei capace di usare l’ipnosi né autorizzato a farlo, inter cetera), uno stato di coscienza vigile, attraversato, però, dal “sogno ad occhi aperti”, appunto;
B) conta l’uso dei colori, le forme, la posizione delle forme-figure nel foglio, ma ciò non vuol dire che, per es. l’uso di un colore implichi la possibilità di interpretare tale colore (e quindi tale uso) univocamente……
C) Non esistono non-colori. Il nero, il bianco, il grigio lo sono, dunque, a pieno titolo, contro interpretazioni classicamente “accettate” quanto oltremodo fallaci;
D) Leggere-interpretare un disegno onirico non vuol dire in alcun modo “giudicare la persona” (ci mancherebbe….!), anzi tutelarne la privacy, capirne le grandi potenzialità, sempre insite anche nella persona più schiva, meno “appariscente”;
E) Il disegno onirico si fa in gruppo, non da soli.
Che il gruppo o alcuni suoi componenti si conosca(no) o meno, ci si diverte sempre, comunque e divertendosi, come si sa, si impara, ma non nozioni astratte che servono a bene poco.


Termine iscrizioni: il 13 ottobre 2011


Iscrizioni: centrorelazioniumane@gmail.com , cell 339 3040009

Per informazioni:http://centro-relazioni-umane.antipsichiatria-bologna.net/2010/12/09/disegno-onirico-eugen-galasso/#more-692

Pubblicato il 21 September, 2011
Categoria: Eventi, Notizie

“Libertà nella produzione poetica e saggistica di Giorgio Antonucci” – Biblioteca Provinciale Italiana, Bolzano

Conferenza

20-09-11

Martedì 20 settembre alle ore 11.00

Conferenza

“Libertà nella produzione poetica e saggistica di Giorgio Antonucci”

con Maria Rosaria D’Oronzo

e Eugen Galasso

http://www.bpi.claudiaugusta.it/

Pubblicato il 21 September, 2011
Categoria: Eventi, Notizie

Bevilacqua, Hoelderlin, Schizofrenia – Eugen Galasso



Rimango abbastanza atterrito leggendo, su “Belfagor”, anno LXVI, n.4,giugno 2011, la conversazione di Giuseppe Bevilacqua, grande germanista, con Mattia di Taranto, quando il notevolissimo studioso e traduttotre di poesia (peraltro l’ “intervista” verte su ciò, quasi unicamente) ribadire, anche in forza del fatto di avere dietro di sé, prima degli studi letterari, il biennio di medicina:”Qualche anno fa ho pubblicato un libro intitolato “Follia e poesia nel tardo Hoelderlin”, FIrenze, Olschki, 2007) e ho polemizzato con l’establishment germanistico perché nel considerare l’opera di un grande poeta non ha dato il dovuto rilievo alla sua infermità mentale in rapporto ai contenuti e alle modalità della sua vita e della sua opera. Si è parlato quasi esclusivamente di Umnachtung, ottenebramento, quando bisognava parlare di una gravissima schizofrenia” (Belfagor, cit, p.462). Da ex-allievo anche di Bevilacqua, sostenendo con lui l’esame proprio su Hoelderlin (non dirò quante lune fa…) non mi ero mai accorto di quest’insistenza sulla “follia”, un tratto che invero viene sottolineato fin troppo, a differenza di quanto ritenga lo studioso.   Due possibili interpretazioni: A)forse così Bevilacqua polemizza con Pierre Bertaux, forse il più grande studioso di Hoelderlin, che parla di “leggera schizofrenia”,  dove fra l’altro ci sarebbe qualcosa da dire (nella nosografia psichiatrica corrente si direbbe “tendenza schizoide”, piuttosto);  B)forse riscopre così la sua primigenia passione medica, ma…   Sicuramente, invece, il campo della creazione poetica rimane intangibile dall’invasione psichiatrica, ma la psichiatria di incursioni anti-poeitche ne ha fatte comunque tante: Dino Campana, Antonin Artaud,  Ezra Pound, ovviamente  Alda Merini; a Hoelderlin,  1770-1843, le cose erano andate meglio, con la piccola reclusione nella torre, che di fatto reclusione vera e propria non può essere considerata -i poteri, allora, punivano meno intensamente comportamenti “EXTRA-VAGANTI”,  modi di pensare alieni da quell’orrendo “minimo comune denominatore” che chiamiamo norma o normalità.  Spiace per Bevilacqua, rimasto forse preso da un tardivo ri-amore per Hoelderlin, poeta che ha tradotto e commentato-studiato-insegnato per tutta la vita…  Dispiace, ma può accadere, nel nostro piccolo mondo di illusioni psichiatrizzanti…

Eugen Galasso

Pubblicato il 13 September, 2011
Categoria: Testi

Esproprio per “follia” – Eugen Galasso



In una realtà multietnica e molto conflittuale del Nord-Est italiano, dove si scontrano (pur come “fuoco che cova sotto la cenere”), qualche anno fa si era prodotto un vulnus grave, nel senso che un’associazione culturale era stata espropriata, quanto a denominazione e ragione sociale, a una pittrice, tacciandola di pochezza culturale e di “follia”. Sulla seconda accusa non si può neppure discutere, trattandosi di un puro pregiudizio; sulla prima si dovrebbe riflettere più a lungo, dovendo esaminare una pluralità di fattori che non sempre emergono in modo chiaro; sarebbe una discussione troppo lungo da proporre, in questa sede, che richiede anche una certa brevità (non tanto la lettura in rete, ma quella nel sito richiede una certa brevitas, associata alla necessaria velocità di lettura). Certo dire a qualcuno “sei pazzo/a” vuol dire bypassare i suoi argomenti, non volerli considerare, il che è grave. Pregiudizi forti quanto radicati, in certe realtà. Ma veniamo al rovescio della medaglia: le ritorsioni della pittrice in questione sono dure e spiacevoli, con sms di natura anche (a tratti) antisemita,  il che è molto grave. Allora, quali conseguenze trarne? Chi l’ha estromessa dall’associazione, appropriandosene, ha fatto qualcosa di illecito, di ingiustificabile, di arbitrario, ma la pittrice, con la sua insistenza spesso colpevole, non può barricarsi dietro il suo abuso di consumo alcolico, le sue difficoltà finanziarie etc. per nascondere il problema: deve rispondere delle sue manchevolezze come i suoi “espropriatori”, dato che, appunto, appellarsi all’essere un “minus habens” per ragioni psichiche è una sciocchezza e la “malattia mentale” è un fantasma, non una  realtà. La pittrice divenga consapevole, i suoi espropriatori si rendano conto di quanto ha fatto. Utopia? Forse, ma in una realtà culturale deprivata, dove la corsa al risparmio (l’ossessione dei “conti pubblici non in ordine” ) impedisce una life-long-education, un approfondimento delle proprie capacità psico-fisiche-sociali( includendo in questo ambito quelle motorie, ovvio), senza quei pregiudizi che derivano in genere dal fanatismo religioso, in certe realtà territoriali ancora diffuso, dall’arretratezza socio-culturale.  E qui la colpa è di tutta la società, anzi meglio di tutto un modello di società.

Eugen Galasso

Pubblicato il 13 September, 2011
Categoria: Testi

Su “Svelando e rivelando”, video con Giorgio Antonucci – Eugen Galasso



Straordinario, questo video di Alberto Cavallini (regia) e Laura Mileto (montaggio), con la collaborazione di Massimo Bartalucci, attore, che legge, insieme all’autore un’ intensamente “straordinaria” (nell’accezione letterale del lemma) poesia, “A Lionello Mannelli”, che il poeta-antipsichiatra Giorgio Antonucci scrive per un uomo analfabeta, poi recluso a San Salvi (allora manicomio di Firenze), dove il réfrain “Gelo del vento/Gelo delle acque del Don”, letto anche dall’autore, appunto in alternanza con Bartolucci, commenta, anzi meglio integra, il “Mi hanno mandato in Russia ad uccidere”, che poi, però, diviene “Mi hanno mandato in manicomio a morire”. Un Antonucci-day? No, una testimonianza (un documento, non un documentario, per dirla un po’ semplicemente, ma, credo, non del tutto equivocandosi ed equivocando) di chi ha lavorato nelle strutture del potere psichiatrico, facendolo saltare (non del tutto, sarebbe impossibile, è troppo resistente, per la forza economica ma anche culturale o meglio pseudo-culturale di cui dispone – se intendiamo “culturale” nell’accezione antropologica, però, il lemma va bene), un documento dove un “eroe dei nostri tempi”, un pioniere, ci spiega come la psichiatria non abbia nulla di scientifico, (come a suo parere anche la psicologia), cercando di spiegare qualcosa che riguarda altre persone, limitandosi all’indimostrabile, al non-oggettivo, mentre la medicina, basandosi su test clinici, rilevamenti sperimentali etc. è oggettiva. La psicologia, per Antonucci (qui è meglio chiarire il concetto) è astratta, parla più di quanto attiene agli psicologi che alle persone, conducendo (talora) alla funesta conseguenza di non capire le persone (come il paziente di San Salvi della poesia, per es..che parlava al muro solo perché nessuno si era premurato di ascoltarlo), di limitarsi a delegare il “paziente” che non capisce alle strutture “delegate”, id est manicomi e poi cliniche psichiatriche o reparti psichiatrici degli ospedali – Summum Jus, summa injuria, viene da dire, ossia la formalità del diritto rispettata al massimo, compiendo la somma ingiustizia versus homines, verso le persone o meglio gli individui ( “persona”, in latino, non ha ancora il significato attuale, homines vale sia per persona di genere maschile sia femminile sia altro). Meglio dunque la poesia (o il romanzo o altro), l’arte in genere (poièin significa=creare).   E per questo, già a Imola negli ultimi anni e poi quando il maggior “tempo libero” a disposizione ha consentito a Giorgio, poeta da sempre, di esprimersi in poesia, non esprimendo direttamente le esperienze delle persone, ma le proprie in rapporto con queste ultime. Straordinario, questo iter antonucciano, così ben ripercorso. Ho detto “eroe” (anche senza virgolette). “Beato il popolo che non ha più bisogno di eroi”, diceva Bertolt Brecht , ma intendeva in una condizione ideale, progettuale, praticamente nella “quinta stagione dell’utopia”. Ora ciò, purtroppo, non si dà per ora (e chissà per quanto). Beato quindi, e non mi scuso per l’enfasi retorica, chi ha un eroe coraggioso pur se schivo e lontano dal chiasso delle sciocchezze mediatiche come Giorgio, che ha il coraggio (qui cito un’espressione cara a Freud, condividendo le critiche antonucciane a Freud, però) di “chiamare gatto un gatto”.


Eugen Galasso

Pubblicato il 1 September, 2011
Categoria: Testi

Giorgio Antonucci – Video – Svelando e Rivelando



Intervista del medico e poeta Giorgio Antonucci con un’inedita lettura di una sua poesia.



VIDEO

Pubblicato il 24 August, 2011
Categoria: Video

“Vasco Rossi e il male di vivere” Blasco y no solo – Eugen Galasso



Vasco Rossi alias “Blasco” squarcia il velo, parlando non di “depressione” ma di “male di vivere”.  Termine che troviamo in Pavese, in Montale (“spesso il male di vivere ho incontrato”), ma il concetto è quello di Baudelaire dello “spleen”. E’, ancora, l’ennui filosofico (da”La nausée “sartriana alla “Noia” di Moravia), per non dire di ciò che il cristianesimo condanna come peccato (l’accidia), in un ‘imposizione iper-lavoristica introiettata (per altre religioni le cose sono molto diverse, ma il  cristianesimo fattosi chiesa è così; contro Max Weber che vede solo il protestantesimo calvinista come fonte del lavorismo potremmo dare agevolmente la colpa anche al cattolicesimo, anzi, oggi, forse di più che ad altre chiese e ideologie).  E ancora altro: non “depressione”, invenzione psichiatrica diventata di uso comune-popolare.   In musica, a parte i grandi “segnati” dal male di vivere, come i Romantici, in specie Schumann e E.T.Hoffmann, anche scrittore e pittore, certi componimenti di Bach, assolutamente chiaro è il concetto in Jacques Brel,  che parla di “mal d’e^tre moi” (male di essere me), significativamente.  Sembra di rileggere le pagine migliori (difficile dire quali, in quanto tutte lo sono) di Giorgio Antonucci, che smonta la “depressione” come ulteriore (e abbastanza recente, peraltro) invenzione della psichiatria.
Se quindi la testimonianza di “Blasco” sembra andare nel senso “nostro”, del “Centro”, quasi un “quod erat demonstrandum” (come volevasi dimostrare – chi abbia un minimo di dimestichezza con la geometria ma anche con la logica formale ricorderà), in direzione quindi di Giorgio e di altri, contro la confusione che regna somma nei manuali di psichiatria, dove “grande è il caos sotto il cielo”, appunto… ciò che sconcerta e contrasta con la prima parte è quando lo stesso cantautore viene a ringraziare il cocktail di farmaci che lo “aiutano a vivere”. Sembra quasi che il neo-cantore rock (neo, perché i padri del rock sono altri, soprattutto inglesi e made in USA) si diverta a sfidare fan (non chi scrive, che, semmai preferisce decisamente Ligabue) e persone interessate ad altro (lettori/lettrici e chi scrive questa nota) con una conclusione che sembra “voler spiazzare”. Dire di più rischia di iper-interpretare, di sfidare inutilmente Blasco su un terreno che, oltre a tutto, non è il suo, ma…la considerazione complessiva, già tratteggiata qui, ritengo sia valida comunque.    


Eugen Galasso

Pubblicato il 16 August, 2011
Categoria: Testi

Centro di Relazioni Umane (Bologna) — Maria Rosaria d’Oronzo