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Elettroshock: dibattito a mezzo stampa – Eugen Galasso

“Qualche anno fa, su un piccolo giornale on-line ma credo anche sul nostro sito, ho attaccato con una certa veemenza il prof. Ferruccio Cumer,  docente (in pensione, ritengo) di lettere presso un liceo linguistico di Bolzano ed esperto di cinema, considerato un “progressista” (lemma generico, però, che credo andrebbe precisato nei suoi termini) che, in un intervento (ben precedente) su un giornale a stampa aveva difeso l’uso dell’elettroshock, parlando di un suo uso più umano, oggi. Nel mio intervento (di cui ovviamente non ricordo i termini esatti) doppio – ns. sito e “qui“, link del cedocs-, avevo attaccato questa difesa “blanda” ma comunque “all’attacco” della “terapia elettroconvulsivante”, anche un po’ ipocrita, volendo.   L’esimio prof. non aveva mai risposto, finché, del tutto inaspettatamente, mi arriva una mail del direttore del “qui”e gestore del sito che mi segnala un intervento di Cumer stesso. Può essere che la mia polemica gli sia stata segnalata con ritardo, che prima non si sentisse di rispondere o altro…Non mi è dato sapere di più, né vorrei sindacare, anche per rispetto della privacy. Nel suo intervento on-line, l’anziano intellettuale mi rimprovera, giustamente, di averlo definito “cattolico integralista” mentre, mi fa notare di essere alieno da anni dalla pratica religiosa. Touché. Le mie informazioni, da persona da tempo lontana dalla città, erano inesatte.  Resta invece, direi, il problema di fondo: siamo contro l’elettroshock o a favore? Cumer parla di libertà di scelta, di “consenso informato” (l’espressione la uso io, non Cumer, ma credo sia questo il suo pensiero, per esprimere il concetto in modo più aderente all’oggi della realtà socio-medicale). D’accordo: ma chi informa realmente il “paziente” sulle conseguenze di un elettroshock? Il dottor Cassano o il dottor Pycha, che lo sostengono e praticano/fanno praticare a man bassa oppure il dottor Giorgio Antonucci che, giustamente, lo ha abolito dalla pratica medica per quanto gli competeva, certo non potendo impedire che altrove si praticasse? Due pesi (almeno), due misure: nei mass-media il 90% dello spazio e del tempo è riservato ai citati fautori, neppure il 10% al dott. Antonucci che pure, per meriti scientifici e umani (a proposito cfr. sempre nel ns. sito, il programma del “Premio Antonucci”, in programma oggi, 26 gennaio) meriterebbe il 90%, se proprio vogliamo esprimerci in termini meramente aritmetici.  Ancora un’altra riflessione da fare, dunque, su inganno e auto-inganno (per es. da parte del mio “contraddittore”, forse) su temi che per es. l’attuale governo, pur dimissionario, ha messo da parte a favore della compatibilità e delle “lettere ammonitrici europee”. Con l’incombere del piano “Ulisse” dello psichiatra Cicciòli, decisamente da “status quo ante”, che comunque ripropone l’obbligo di cura psichiatrica. ”

Eugen Galasso

Pubblicato il 26 January, 2013
Categoria: Testi

Racconto, non “saggio”: “la stolidità umana”. – Eugen Galasso

Prof. di greco e latino, di lungo corso, brillantissimo, in un liceo classico del Nord-Est. “Cantava Omero e fischiettava Orazio” (Amanda Knering). Era imprevedibile, spiazzando tutti, passando dall’imitazione di Mussolini (ma ciò molti eoni prima, in epoca fascista) al commento di un testo varroniano, dall’esegesi virgiliana al canto dell’incipit della prima “Bucolica”: “Tityre, tu patulae, recubans sub tegmine fagi”, dal suono del violino(era violinista provetto) alle somatizzazioni famose: “Vieni fuori, fronte…” (a una ragazza dalla fronte alta). “Solo folle, solo poeta” avrebbe detto Fritz Nietzsche se l’avesse conosciuto…  Ma nell’accezione nobile, dove il tedesco “Narr” vale “folle”, nobilmente, non “pazzo da manicomio” (come nell’orrenda vulgata tipica anche delle “classi oppresse”).  Dall’interrogazione rivolta, informalmente alla cameriera del bar: “Ma Lei sa che cos’è una sineddoche? Urca, no, c’era da aspettarselo” alla comunicazione più alta, che correlava Cicerone a un conservatore illuminato, con efficaci raffronti con i protagonisti della vita politica europea e nordamericana, era un comunicatore, attento alla poesia e alla sua esegesi, nonché alle finezze connotative della traduzione (delle traduzioni) dalle lingue classiche.  Vera e propria maschera, tragica e comica ad un tempo, poverissimo in quanto costretto a finanziare una moglie sempre in viaggio, in itinere (peraltro nobilisisma persona anch’essa, ma su ciò mancano fonti documentate, almeno non sono note all’autore della nota presente), alternava l’interpellazione diretta all’esortazione alla lettura, con similitudini e accostamenti anche “a-temporali” (es: Virgilio-Baudelaire, dove i filologi pedanti trascurano, però, il peso indubbio della letteratura e specialmente della poesia latina nella formazione del grande simbolista…): “Urca, leggete, altrimenti rimarrete dei medievali!”. E giù (anche in testa a qualcuno/a) testi, declamati giustamente con la “e” stretta: “Tésti!”. E giù una marea di libri, anche ben diversi dalle problematiche specifiche attinenti al greco e al latino. Tutt’altro che un micromane, un “Homo universalis”. Naturalmente, i bigotti d’ogni tempo, d’ogni ceto sociale, d’ogni ideologia, ci ricamavano sopra: se negli anni Trenta-Quaranta (genitori e nonni) chi, come lui, scriveva di notte o di sera scritte misteriose sulla lavagna poteva apparire bizzarro, negli anni Settanta-Ottanta sempre del Novecento, chi al bar diceva a un(a) collega: “Visto? La cameriera m’ha messo il veleno nel caffè”, passava per “Paranoico” o per “Schizofrenico”, a seconda dei “parametri di riferimento”.  Ahinoi, la stolidità umana… La creatività, in apparente polemica con la deduzione logica (“Tu sei solo cervello, non hai cuore. Sei un x, y, z. Non potrai mai capire Filemone e Bauci”), in realtà fecondamente unita alla stessa, la bellezza unita a un pensiero non solo da “ragione raziocinante”, il sapere pensare anche con il corpo… Tutto ciò sconvolge il “piatto conformismo borghese” (ma anche senza aggettivo, non solo borghese…) e allora interviene la repressione che parla di “pazzia”. Mai un TSO, almeno che risulti, ma tante accuse stupide di “pazzia”, per chi aveva un estro, tra l’altro fecondissimo, convincendo molti ex allievi allo studio universitario e post di lettere anche classiche, alla passione per la musica, il teatro, la critica e…non solo.

Eugen Galasso   

Pubblicato il 12 January, 2013
Categoria: Testi

Emilio Rebecchi: L’uccisione a “Casa Dolce” di Michael Passatempi – Eugen Galasso

In realtà la morte, per cui i responsabili verranno al massimo incolpati di “delitto colposo”, di Michael Passatempi, ventenne che in una “struttura protetta” dal dolce nome, “Casa dolce” a Casalecchio sul Reno ha “reso l’anima a Dio”, come dicono i “veri credenti” (quasi Dio avesse bisogno delle anime…blasfemia omologata, però) il 2 di settembre, dopo un intervento di “contenimento” da parte dei paramedici del 118, dopo un intervento richiesto dalla cooperativa che gestisce la struttura. Michael, “disabile psichico” si era innamorato di una “playstation” che non voleva rendere a chi gliel’aveva prestata. Ora, giustamente, Emilio Rebecchi, psichiatra basagliano (non credo gli dispiacerebbe essere chiamato “antipsichiatra”) in un saggio su “Inchiesta” di luglio-settembre del 2012, pp.41-47, scaricabile anche da Internet, ripropone il tema, iniziando con una citazione da una poesia del grande John Donne, sommo poeta d’epoca barocca, dal titolo “Per chi suona la campana?” (che ispira notoriamente il titolo di uno dei grandi romanzi del’ “immane” Ernest Hemingway), risolleva dubbi sulle modalità del contenimento, spiegando come esso (ed esse modalità) sia stato (siano state, se riferito alle modalità) in realtà fatale al giovane disabile, al di là delle risultanze giuridiche e penali, che hanno scagionato i paramedici in causa.  Ma anche il finale del testo del dott. Rebecchi, che ricorda i campi di concentramento per Ebrei, zingari (definizione controversa, come si sa), comunisti e “malati mentali”, ci riporta alla verità per cui chi è “rotella stonante dell’ingranaggio”, chi, nel comportamento e nelle modalità di pensiero si discosta da un’ipotetica, ma imposta “norma” (“quella di Bellini?” chiede chi scrive, mentre Szasz affermava trattarsi di “una ragazza di Brooklyn”) comune, condivisa e accettata come “vera e produttiva”. Chi “marcia controvento” è un reprobo, in un modello sociale quale quello dominante.  Esempi come quello di Passatempi (non vorrei infierire, ma in Spagna si dice “lo matò el nombre”- l’ha ucciso il nome) sono purtroppo  tanti. Il povero ventenne di Casalecchio non avrà giustizia neanche post mortem, purtroppo, né verrà ricordato degnamente, la sua memoria finirà o “persa”o accantonata in qualche schedario giudiziario. Chi invece la “va franca sempre”, magari, gioirà ancora una volta…

Eugen Galasso

Pubblicato il 10 January, 2013
Categoria: Testi

Ascanio Celestini. Senza prigioni, senza processi – Il manicomio le prigioni – Eugen Galasso



Direttamente su You Tube va.   Testo:   “In un’intervista a “Radio Città Futura” Ascanio Celestini, uno dei grandi del teatro di narrazione e civile in Europa, non solo in Italia, ci spiega come carcere e manicomio siano strutture in realtà corrispondenti:  il manicomio è impensabile senza il pensiero psichiatrico (il mito psichiatrico, per dirla con Szasz, ma anche con Antonucci, che Ascanio non a caso espressamente cita), come il carcere, inteso come attualmente è inteso, dipende da un pensiero giuridico immobile. Chi scrive non è assolutamente cioè sic et simpliciter contro il carcere: reati gravissimi lo richiedono, ritengo.
Ma gli argomenti di Celestini sono inoppugnabili: in Italia ci sono troppi carcerati che hanno commesso reati minori, sono drogati o immigrati, mentre in questo paese di pene alternative non si parla quasi mai, visto anche il Codice Penale che è ancora, con pochissime modifiche, quello Rocco d’epoca fascista.  Altrove le pene alternative ci sono e funzionano, come funziona anche il sistema di non  detenere in carcere chi non è ancora stato condannato. Ma così il manicomio, che invece è privazione immotivata di libertà, come lo è anche il TSO, afferente alla stessa logica, è pura violenza di Stato sulla persona o individuo, a siccome di come vogliamo chiamarlo. Con efficacia, il grande autore-attore-regista teatrale pone anche in un’intervista radiofonica, con dati e la sua sola voce il problema, come non sanno e non vogliono fare i politici, che invece su questi temi dovrebbero legiferare.

Eugen Galasso

Pubblicato il 6 January, 2013
Categoria: Testi

Su RadiOndaRossa “LaConta” su T.S.O. con Maria D’Oronzo – Eugen Galasso

La trasmissione su Radio Onda Rossa di Roma del 5.12.2012,  dedicata alla salute mentale e al suo “controllo”, dove la dottoressa Maria D’Oronzo svolge una funzione fondamentale di coordinamento, va in primis ascoltata, in quanto ricca di spunti che, come sempre in una conversazione radiofonica, vanno colte anche nella finezze fonologiche (inflessioni di voce, pause, tono di voce più o meno deciso etc.), per cui parlarne è operazione “in seconda battuta”.  Certo che ne emergono posizioni diverse: quella coerente della dott. D’Oronzo, che ribadisce il fondamentale tema della libertà di cura, per cui ogni TSO, come ogni “cura” imposta (per non dire dell’elettroshock) è in primis anticostituzionale, ma poi anche il tema del rispetto della persona (non saprei come altrimenti definirla) rispetto agli abusi del potere, di qualunque potere che venga ad imporsi e a sovrapporsi alla libertà del singolo.  Diversa la posizione dello psichiatra “basagliano”, che potremmo definire un “riformista moderato”, che però, in certi casi (“agitazione grave” etc.) accetta anche il TSO. Meglio, se vogliamo classificare e distinguere, la responsabile della Consulta, certo più decisa del “basagliano” sul tutto…  Da ascoltare, si diceva, anche perché descrizioni di descrizioni rese per radio spesso non sono efficaci, ma…comunque credo che un quadro chiaro si possa averlo, appunto ascoltando la registrazione che segnala: A)il pericolo di ulteriori posizioni “reazionari”con l’intervento di disegni di legge “in viaggio” (forse annullati dalla prossima crisi di governo e dalle rinnovate elezioni, ma poi re-incombenti nella prossima legislatura); B)il ruolo di garante del Centro di relazioni umane (difesa dell’utente-ricoverato o possibile tale), a difesa della libertà di cura ma anche della libertà di ogni individuo, comunque la pensi e appaia nel “gioco sociale”; C)La questione della psichiatria è questione eminentemente “politica”, perché ogni decisione in merito dipende dai poteri e dalle loro inter-relazioni, per cui una gestione “riformista” (cfr.il “basagliano” di cui sopra) è comunque preferibile, ma non può risolvere tutti i problemi.    E un “more”, un di più nel commento sarebbe veramente solo pletorico.

Eugen Galasso

Pubblicato il 20 December, 2012
Categoria: Testi

“Fuori di testa” – Eugen Galasso



“Sei fuori di testa”, “Fuori di te, fuori di me…fuori di testa” (canzoncina di circa 25 anni   fa); in altre lingue e dialetti: “Se mi succede…, vado fuori…”. Modi di dire che rimandano al pericolo di “impazzire” che, come si sa, non designa nulla. Un conto è se siamo alterati da alcol o altre droghe (sostanze psicototrope), ma la “pazzia”, sappiamo, non vuol dire nulla. Ma torniamo al sintagma variamente evidenziato prima, con connotazioni leggermente diverse. Boh, ma che cosa sarà…? “Fuori di testa”, ossia “out time and space”? (fuori del tempo e dello spazio)? Ma allora sarebbe una condizione felice (“Out of time” è una mitica canzone degli Stones, inter cetera…Ma nella visione post-einsteiniana avremmo dovuti imparare ad essere “oltre” queste categorie percettive, nonostante i “bocconiani” che ci vorrebbero tutti/e “rigorosi/e”, bravini/e, puntuali, insomma “terreni/e”, “terrestri”, magari con qualche anelito spirituale, purché intra moenia sanctae catholicae ecclesiae… sembravano fossero tutti “massoni senza Dio” e invece si scoprono cattolicissimi/e…), senza i legami e i legacci della bassa quotidianità impellente…Magari, mentre le esperienze “out of body”, extra-corporee occupano un ambito interessante della “psicologia umanistica”, ma talora scivolano in una dimensione favoleggiante che non s’addice (o invece sì? Fate voi) alla seria scienza che vorremmo.  “Fuori di testa” vel similia ossia il nulla. La testa include anche la bocca, organo soprattutto di fonazione, le orecchie, preposte all’udito, mentre il cervello ne è una parte, indi per cui o “essere fuori di testa” vorrebbe dire “fuori, con il cervello” e allora si attuerebbe l’opposto della sineddoche, ossia della figura che designa la parte per il tutto, mentre qui sarebbe il tutto per la parte… Ma la sineddoche rovesciata non va bene, perché allora saremmo tutti/e convinti/e meccanicisticamente che “solo il cervello e il suo funzionamento regolare vanno bene” e quale sarebbe questa presunta “regolarità”? Boh, chissà, magari quella che i poteri dominanti vogliono/vogliono imporci.   Prescindo qui dalla questione cervello= mente, che comunque non è peregrina, ma, aggirandosi in un bel ginepraio è meglio farlo con juicio, con prudenza…E questo meccanicismo è comunque accettabile? No, da decenni nessuno ci crede più e neppure le neuroscienze (nuovo meccanicismo, direbbe non a torto Giorgio Antonucci) s’azzardano a dirlo se non, forse, nelle “segrete stanze”…    Ecco che allora ancora una volta il linguaggio si fa veicolo e vettore di una conoscenza sbagliata, fuorviante, innecessaria, anzi nettamente disutile, da buttare e “rottamare” (Renzi docet…). Per scalzare il paradigma  psichiatrico, bisognerà°decostruirlo anche linguisticamente e credo che allora smontare frasi fatte come quella citata non sia una sciocchezza e possa comunque essere “un debut” (un inizio)…

Eugen Galasso

Pubblicato il 27 November, 2012
Categoria: Testi

Reparto 14 (video intervista a Giorgio Antonucci) – Radio 3 – recensione, Eugen Galasso


Bellissima, questa trasmissione radiofonica, trasmessa su Radio 3, nell’ambito di “Il cantiere”,  “Reparto 14“, di Valentina Giovanardi e Valentina Neri, dove protagonista assoluto è il nostro(possiamo ben dirlo) Giorgio Antonucci, che , all’epoca del suo soggiorno quale “psichiatra” a Imola chiese di coordinare il famoso “Reparto 14”, quello degli “agitati”,   dove Giorgio racconta la sua attività di “smantellamento dell’istituzione manicomiale”, dalle persone slegate(persone, racconta, che per vent’anni erano state legate, con le conseguenze note, ad iniziare dall’atrofia muscolare, dall’intorpidimento del pensiero) peraltro proprio materialmente e direttamente con le sue mani, con l’assistenza di un’infermiera fino a farle uscire dapprima nel parco, poi addirittura al Parlamento europeo per rivendicare i loro (sacrosanti quanto conculcati)diritti.  Ancora per dire dell’esperienza diretta ad Imola, Giorgio spiega come una donna, che da ragazza era stata stuprata,  fosse stata rinchiusa per “rimuovere lo scandalo”.  Ma poi, induttivamente (certo non solo), il dottor Antonucci ci dice che il “manicomio non è una struttura, ma è un criterio”, un criterio per cui “un cervello è da riparare”,   per cui qualcuno viene escluso e condannato alle terapie (elettroshock, psicofarmaci, un tempo anche lobotomia, ma giustamente Giorgio altrove ricorda come per molti operatori o almeno per una parte degli stessi la stessa operazione chirurgica sarebbe ancora concepibile). “Società ingiusta, assurda e tragica”, la nostra, sottolinea giustamente Antonucci, che mostra come la psichiatria sia assolutamente il contrario della libertà, contraddittoria perché obbliga la persona a sottoporsi a una reclusione che poi pesa sempre su di lei, senza tollerarne mai la parola, la libera espressione, anche perché, appunto, così salterebbe la rigida dicotomia: dove c’è psichiatria non c’è libertà, dove c’è libertà non ha senso la psichiatria. Un racconto pieno di riflessione e riflessioni, come s’è visto, ma anche un racconto pieno di umanità, in quanto dalle parole di Giorgio traspare sempre, chiaramente, il dolore per la condizione umana ferita dei “degenti” (in realtà ricoverati a forza) e la speranza -per ora non realizzata, viste le circostanze, e qui sarebbe inutile entrare in dettaglio- di una società diversa che non faccia passare una pseudoscienza quale psichiatria per verità.  Testimonianza umana, etica, sociale, culturale, quella di Antonucci, per cambiare una situazione che, per dirla con i profeti dell’Antico Testamento “grida vendetta al cielo”. 

Eugen Galasso

Pubblicato il 19 November, 2012
Categoria: Testi, Video

“Il volto sconosciuto della psichiatria” – Giorgio Antonucci – Eugen Galasso

Il 17 novembre a Firenze, anzi nel pieno centro della città (“Auditorium al Duomo”, via Cerretani 54 rosso-per chi non conosca bene la città è da segnalare che nel capoluogo toscano a livello urbanistico si distingue tra numeri neri e rossi, quindi bisogna cercare un po’, stando attenti ai colori, ma la cosa non è difficile), si apre la mostra multimediale “Il volto sconosciuto della psichiatria”, che, promossa dal CCDU (Comitato dei Cittadini per i Diritti umani) verrà introdotto da un relatore d’eccezione, il dottor Giorgio Antonucci, colui che, in Italia ma non solo ha dato un impulso decisivo alla prospettiva anti-psichiatrica, alla demistificazione di un “palco”, ossia di un apparato fornito di tragici rituali (TSO, contenzione,  elettroshock, psicofarmaci à go-go) che per anni ha resistito e tuttora resiste e persiste in un sistema sanitario vittima anche di “tagli” indotti dalla “crisi”, che si è comunque paludato, nel settore chiuso e sacrale della “psichiatria”, con armamentari retorici travestiti da “scienza medica”, tanto, anzi, da indurre i “profani” (cioè chi sta davanti, ma non dentro il recinto sacro, il “tempietto”, questo è l’etimo della parola) a credere che qualunque “terapia” vada bene per sé o per i propri cari. Di recente, alcuni casi, tra cui quello di Mastrogiovanni hanno fatto “furore”, arrivando “à la Une”, ossia in prima pagina (e in TV, il che, nella debordiana “società dello spettacolo” conta di più, anche considerando l’analfabetismo di ritorno di moltissimi Italiani e in genere Europei), ma quanti casi analoghi sono rimasti “sepolti”, nascosti, nei sottoscala di qualche clinica (parlo di “sottoscala” non a casa, ma perché l’immagine, in quel caso ironica, è il titolo-là “ironico” ma non “comico”!- di un libro di Vittorio Gassman, il grande teatrante e uomo di spettacolo, ma anche di lettere,  vittima della “depressione” e di chi (il prof.Cassano) si ergeva a nume tutelare della cura della stessa, accettata, nosograficamente, come un realtà vera, accertata come tale. Il richiamo (“ironico”? Cfr.sopra) alle dostoevskjane (per dire di un altro “allegrone”, che però non merita di essere psichiatrizzato, essendo l’epilessia, tra l’altro, un “oggetto insituabile”)”Memorie del sottosuolo” include poi testi diversi da quanto qui discusso, ma preme sottolineare come nel caso del grande artista citato, come di altre persone protagoniste dello spettacolo (Sandra Mondaini) c’è sempre stato chi ha preteso di ergersi a “catone” e giudice di una situazione.  La mostra multimediale (oggi anche una mostra d’arte, lo sottolineo anche se forse appare pletorico, sarebbe difficilmente concepibile senza supporto multimediale, proprio perché la multimedialità coinvolge tutti i nostri sensi e amplia, per dirla con Aldous Huxley, poi ripreso da una celebre “band” tuttora attuale ed “emblematica”, che si chiamava “Doors” non a caso “the doors of perception”, le porte della percezione) ci fa non solo vedere ma in qualche modo sperimentare, quasi rivivendole, esperienze che altre persone hanno sperimentato, purtroppo, sulla loro pelle.  Anche rispetto a un percorso non “difficile”, ma comunque complesso (anche qui nell’accezione letterale, che cioè collega elementi divesi) quale quello della mostra, le parole di Giorgio Antonucci, che ha aperto le strutture ancora chiuse di Reggio Emilia e Imola appaiono fondamentali, come “guida”, nel senso dantesco del “Tu se’ lo mio maestro e lo mio autore”, dove il concetto di “autoralità” è fondamentale, perché Antonucci, a partire dalla psicologia umanistica di Roberto Assagioli, come lui fiorentino, dall’ antipsichiatria esistenziale di Laing e Cooper, sperimentando e partecipando all’approccio basagliano ma non solo (il dottor Edelweiss Cotti, bolognese, cui , tra l’altro,  risale la formulazione “Centro di relazioni umane”) ha rielaborato in maniera originale , anche in una concezione teorica nata anche e soprattutto induttivamente, ossia a partire dalla pratica clinica, un approccio totalmente diverso al problema, dove i disagio esistenziale non viene liquidato come “malattia mentale”.

Eugen Galasso

Pubblicato il 15 November, 2012
Categoria: Eventi, Notizie, Testi

Antonio Guidi attacca la “controriforma Ciccioli” sull’omicidio Mastrogiovanni – Eugen Galasso


“Ricevo (non subito) il video della parte della trasmissione “Mattino Cinque” relativa al caso Mastrogiovanni, ossia al maestro elementare libertario morto-ucciso nelle condizioni note nel “Centro di salute mentale”(sic?) di Vallo della Lucania (Salerno). Rilevando l’aspetto positivo, che è da riscontrare nell’interesse di sempre più organi d’informazione sulla vicenda, pur se a più di tre anni di distanza rispetto ai fatti, sarà però da considerare un’analisi delle posizioni: se Paolo Del Debbio, il “dominus” della trasmissione, ha accentuato soprattutto aspetti di tipo umanistico, accettando invero di parlare di “omicidio”, nel caso di Mastrogiovanni, mantenendo però in vigore concetti quali “depressione”, piuttosto che “schizofenia” o “paranoia” (in altri termini, Mastrogiovanni non era pericoloso, in quanto solo “depresso” e non “schizofrenico” né “paranoico”), accettando cioè sostanzialmente la logica psichiatrica, Antonio Guidi, neuropsichiatra infantile, ex-sottosegretario alla Salute (nel 1994), di idealità socialiste, ha parlato esplicitamente del “TSO, con elettroshock, shock insulinici” etc. come “sconfitta della scienza e della medicina”, non sottacendo il fatto che “in seguito a queste tecniche molti muoiono e poi si parla ipocritamente di infarto”, di “tradimento e inversione di tendenza rispetto alle prospettive di Franco Basaglia”,  parlando esplicitamente, per Mastrogiovanni e altri (i casi non sono limitati a quello dell’anarchico salernitano, anzi, dopo la “pubblicazione”- diffusione del video sono molti, meglio ne vengono rivelati altri, prima “occultati”), di “omicidio”. Sulla stessa lunghezza d’onda, senza tentennamenti,  l’anchorman storico Maurizio Costanzo, che faceva da “controaltare”. Considerando che si tratta di una trasmissione mattiniera, quindi a fruizione popolare e “generalista”, oltre a tutto programmata sulle reti Mediaset, non è da sottovalutare l’attacco che Guidi non ha lesinato alla “controriforma Cicciòli”, dove notoriamente Carlo Cicciòli, psichiatra e politico anconetano è parlamentare del PDL”.

Eugen Galasso

Video http://www.video.mediaset.it/video/mattino_5/full/356401/lunedi-5-novembre.html

Pubblicato il 7 November, 2012
Categoria: Testi

Anime Internate: Ospedale psichiatrico giudiziario – VIDEO – Recensione Eugen Galasso

Il video che potete vedere, realizzato quasi “di strafugo”, anche con la collaborazione e consulenza della nostra amica dott.Maria Rosaria D’Oronzo, si riferisce a una di quelle “realtà tabù” di cui “la brava gente” preferisce non parlare: gli OPG (Ospedali psichiatrici giudiziari) che, nonostante gli interventi del senatore Ignazio Marino, dei Radicali, qualche intervento insufficiente, per portata e per senso dello stesso, del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (ex-comunista di stretta osservanza, dove è da dire che nell’ex-URSS le istituzioni totali c’erano, anzi proliferavano), esistono e persistono. Si tratta di realtà (e questa di Reggio Emilia non è certo la peggiore…) in cui la persona, pur se criminale (chi è in “manicomio giudiziario” qualcosa di grave l’ha fatto e chi scrive non ritiene che il reato vada né premiato-ovvio, credo-né “ignorato”, ma punito, ma la punizione può attuarsi in modi diversi, con modalità diverse, anche più “umane”), è rinchiusa, ma anche sottoposta a una sorta di “Big Brother”-con registrazioni, videocamere etc. Secondo le parole e la gestualità (inutile ripetere, credo, che il linguaggio nonverbale è spesso ben più presente e “aggettante” di quello solamente verbale)dei “degenti”-“ospiti”, ma anche di una guardia (vogliamo chiamarlo “sorvegliante”, ma non credo che una parola o l’altra cambi radicalmente il senso della cosa) il “malessere” emerge in modo chiaro. Persino colui che, per stazza fisica, mole, modo di esprimersi, sembra un “boss” (in realtà, invece, sembra non lo sia), è visibilmente in difficoltà, non è capace di negare le proprie defaillances, le proprie “crisi”, che non saranno però, da quanto si evince dal documento, foriere di una “metànoia”, di un cambiamento interiore positivo (presa di coscienza, disposizione etica diversa) ma riprodurranno quasi certamente lo stesso “cliché” tra lampi di “ravvidimento” (?) e atteggiamenti, direi reichianamente “corazzamenti caratteriali “almeno potenzialmente”. Come  osserva il citato “guardiano”, persona di notevole intelligenza e rara sensibilità empatica con i”detenuti”, ci sarebbe molto da cambiare (da chiudere gli OPG, in primis), anzi da chiudere gli OPG, sostituendoli con carceri o comunque luoghi di “detenzione” (cfr.quanto ho sostenuto sopra: sono un “riformista”, non un “rivoluzionario”, in questo campo, temendo scatenamenti incontrollati e abusi da parte delle persone) che però rispondano veramente allo spirito di una legge, la “Gozzini”, per l’umanizzazione delle e nelle carceri, che sia reale e non fittizia, non di facciata. In questo senso, contro il pensiero di coloro che chiedono comunque sempre “la mano forte”, si può cambiare tutto, ma abolendo in primis gli OPG, strumenti di derivazione inquisitoriale. Se ora, come dice l’ “amico” sorvegliante, conscio dell’assurdità di certi suoi compiti, qualcuno da “fuori di testa” lo diviene “ancora di più” (uso espressioni che chiaramente non condivido per nulla, ma…per intenderci…), sarebbe da fare in modo che qualcuno dopo “stia un po’ meglio”…, sempre per dire le cose con un linguaggio improprio ma a suo modo parzialmente efficace.

Eugen Galasso

VIDEO

Pubblicato il 31 October, 2012
Categoria: Testi, Video

Centro di Relazioni Umane (Bologna) — Maria Rosaria d’Oronzo