Su RadiOndaRossa “LaConta” su T.S.O. con Maria D’Oronzo – Eugen Galasso

La trasmissione su Radio Onda Rossa di Roma del 5.12.2012,  dedicata alla salute mentale e al suo “controllo”, dove la dottoressa Maria D’Oronzo svolge una funzione fondamentale di coordinamento, va in primis ascoltata, in quanto ricca di spunti che, come sempre in una conversazione radiofonica, vanno colte anche nella finezze fonologiche (inflessioni di voce, pause, tono di voce più o meno deciso etc.), per cui parlarne è operazione “in seconda battuta”.  Certo che ne emergono posizioni diverse: quella coerente della dott. D’Oronzo, che ribadisce il fondamentale tema della libertà di cura, per cui ogni TSO, come ogni “cura” imposta (per non dire dell’elettroshock) è in primis anticostituzionale, ma poi anche il tema del rispetto della persona (non saprei come altrimenti definirla) rispetto agli abusi del potere, di qualunque potere che venga ad imporsi e a sovrapporsi alla libertà del singolo.  Diversa la posizione dello psichiatra “basagliano”, che potremmo definire un “riformista moderato”, che però, in certi casi (“agitazione grave” etc.) accetta anche il TSO. Meglio, se vogliamo classificare e distinguere, la responsabile della Consulta, certo più decisa del “basagliano” sul tutto…  Da ascoltare, si diceva, anche perché descrizioni di descrizioni rese per radio spesso non sono efficaci, ma…comunque credo che un quadro chiaro si possa averlo, appunto ascoltando la registrazione che segnala: A)il pericolo di ulteriori posizioni “reazionari”con l’intervento di disegni di legge “in viaggio” (forse annullati dalla prossima crisi di governo e dalle rinnovate elezioni, ma poi re-incombenti nella prossima legislatura); B)il ruolo di garante del Centro di relazioni umane (difesa dell’utente-ricoverato o possibile tale), a difesa della libertà di cura ma anche della libertà di ogni individuo, comunque la pensi e appaia nel “gioco sociale”; C)La questione della psichiatria è questione eminentemente “politica”, perché ogni decisione in merito dipende dai poteri e dalle loro inter-relazioni, per cui una gestione “riformista” (cfr.il “basagliano” di cui sopra) è comunque preferibile, ma non può risolvere tutti i problemi.    E un “more”, un di più nel commento sarebbe veramente solo pletorico.

Eugen Galasso

Pubblicato il 20 December, 2012
Categoria: Testi

Strage in Connecticut, Adam Lanza – Eugen Galasso

Lo Stato anzi la “Confederazione di Stati più democratica al mondo”, cioè gli United States of America, in una realtà un po’ marginale come il Connecticut, ha conosciuto la strage in una scuola elementare. Ora il responsabile, Adam Lanza, poco più che ventenne, viene “difeso” dicendo che si tratta di persona sofferente di “Asperger”, ossia di una forma (sempre secondo la classificazione psichiatrica, beninteso) di “autismo”, dove però non vi sarebbe alcun deficit cognitivo etc. Ora, a parte la stereotipia di classificazioni che escludono la specificità dell’individuo (A non sarà mai = a B, anche se si tratta di gemelli/e, come noto), che ora si vogliano criminalizzare persone “autistiche” o “Asperger”, che si sottraggono, per caratteristiche personologiche, al “branco” sociale è significativo: non lo si metterà in carcere, Lanza (carcere che invece meriterebbe in pieno, sempre ammesso che sia uno strumento adatto per il recupero personale e in seconda istanza sociale), ma in manicomio (negli USA ci sono ancora e “in pieno”, nonostante la coraggiosa battaglia di Thomas Szasz, purtroppo non più tra noi), quali persone da “recuperare a forza”. Quali invece le possibili concause di questi “atti sconsiderati”, certamente invece criminali, concause che non “giustificano la persona”? A)il problema della libera circolazione di armi, negli States, a supporto delle industrie che le fabbricano e di una mentalità violentista, che si lega all’imperialismo USA, variamente presente a seconda delle stagioni politiche; B)non è dato sapere nulla di preciso, ma sembra che la madre di Lanza, oltre ad essere collezionista di armi, fosse una “maestra fanatica”, che lo obbligava a conseguire sempre e solo i migliori risultati; C)Le contraddizioni tra “laissez-faire” e autoritarismo, sempre compresenti in tutte le “società democratiche dell’Occidente” sono devastanti;D)anche qui nulla è noto, ma anche le condizioni religiose, con il proliferare di chiese “evangeliche” ultra-integraliste sono determinanti, nel “concorso di forze” tra poteri religiosi, politici, giudiziari, polizieschi. Se negli States ogni religione è “buona”, purché non si sia atei oppure agnostici, nella cattolicissima Italia (più dell’Irlanda e del Portogallo, sostengono alcuni sociologi della religione) la diocesi milanese, diretta dal solerte Cardinale Angelo Scola, già vescovo di Venezia, raddoppia il numero degli esorcisti, pur ribadendo che in molti casi trattasi di disturbi psichiatrici, senza però escludere l’opera del Maligno…  Se “la paura crea gli dèi” (David Hume), le religioni e ancor più che chiese, che incalano rigidamente le credenze in dèi, dèmoni, diavoli… non rinunciano a diffondere ancor più le paure, in un circolo vizioso senza fine…

Eugen Galasso

Pubblicato il 16 December, 2012
Categoria: Notizie

ADHD – Propaganda pro-Ritalin, ma anche no – Eugen Galasso

“Quanto un tempo non era in alcun modo etichettato come “iperattività” e/o quale “disturbo dell’attenzione”, mentre si pensava molto semplicemente a “punire” la bambina/il bambino, la ragazza/il ragazzo, dicendola/o svogliata/o o magari etichettandola/o come cretina/o (pratiche certo completamente anti-educative, abominevoli), oggi si risolve con la pillola. Chi  scrive si è occupato di ADHD non solo nella formazione come pedagogista clinico ma anche in un corso specifico, tenuto nel febbraio 2007 (non proprio molti eoni fa) dal compianto prof. Talamucci e dalla dottoressa Raugna. Già all’epoca, vi erano stati non pochi problemi: l’assolutezza della diagnosi, l’aver affermato come un “Verbo” l’esistenza della malattia, la sua eziologia, la terapia (meglio le terapie, comprese quelle, più che controverse, di tipo farmacologico) etc. Ora, in questo “avviso ai medici“, che invero è una nota della società biofarmaceutica “Shire”, una società potente, con l’avallo scientifico del dott.Paolo Curatolo, neuropsichiatra e direttore dell’UOC di Neuropsichiatria infantile al Policlinico di Tor Vergata a Roma,  l’ADHD non è più “problema marginale o transitorio, che si risolve con l’età”, ma al contrario può diventare “un fattore di rischio per altre patologie psichiatriche”, dove naturalmente si dà come dimostrato e assodato sia (A) l’esistenza di patologie psichiatriche sia (B)che l’ADHD sia di per sé una patologia psichiatrica, accanto e con le altre. A suo tempo, il prof. Talamucci, decisamente qualificato anche come neuropsichiatra infantile parlava di “comorbilità”, parlando però di malattie “fisiche” che potrebbero accompagnare l’ADHD, qui invece, esso è “fattore di rischio”, magari potenzialmente “fattore scatenante” e, come terapia, come fare a meno del non solo “supporto” farmacologico, ma della farmacologia come elemento trainante? Certo, da un lato gli interessi materiali della Shire, d’accordo, ma anche la convergenza di poteri diversi, dove gli interessi delle Case farmaceutiche si uniscono (almeno provvisoriamente) a quelli dei medici psichiatri o meglio neuropsichiatri, dove anche gli insegnanti che preferiscono avere allieve/i”zombizzate/i”, invece di quelle/i che si muovono o vogliono muoversi, come nel consueto (o meno) quadro evolutivo raggiungono le altre categorie, dove i genitori, preoccupati (quando lo sono…) raggiungono gli altri  gruppi enumerati… I diritti della persona, ossia del libero sviluppo di ogni persona con le proprie specificità e singolarità, ancora una volta, vengono”gioiosamente” bypassati…
Il”Telefono Viola”e la sua coordinatrice dott. Maria D’Oronzo, a causa di un volantino diffuso nel novembre 2007 nel corso di un dibattito pubblico (e il suo carattere “pubblico” implica evidentemente la libertà d’espressione, anche a mezzo stampa, altrimenti non sarebbe né “dibattito” né, men che meno “pubblico”), dovranno subire, dal prossimo gennaio 2013, un processo molto impegnativo.  Ora, il testo del volantino, ci dice semplicemente la verità riguardo al “Ritalin”, farmaco dispensato ai bambini e alle bambine considerate/i affette/i da ADHD, ossia dal cosiddetto “disturbo dell’iperattività e dell’attenzione”, che fino a meno di due decenni fa era considerato inesistente o meglio non veniva affatto contemplato come “disturbo”. Della persona (bambina/o, ragazzo/a) si diceva semplicemente che era “svogliato”(a), senza sottoporlo a un trattamento di alcun tipo, men che meno farmacologico. Se poi si tratta di un “medicinale”, il Ritalin, che è o può essere considerato una vera e propria “droga”,  un’anfetamina, che veniva usato, già in altre stagioni, certo non come come elemento di “sballo”, di divaricazione rispetto al reale, se vogliamo, che, sempre da parte di adulti, era altrimenti noto come dimagrante, per i suoi effetti inibitori rispetto allo stimolo che definiamo “fame”, allora capiamo la contraddittorietà, però non casuale, di questa scelta.
Il “Ritalin”, detto in soldoni, non aumenta la “concentrazione” di per sé (nessuno strumento chimico riesce a far questo, invero) ma l’aumenta settorialmente, per attività solo ripetitive, quelle imposte dalla routine scolastica, abbastanza noiosa, quella che costringe ad apprendere mnemonicamente dati, date, magari anche elementi culturali non  altrimenti “riscontrabili”, spesso scollegati dal resto (altro che “inter-disciplinarietà”…), imposti da quegli “apparati ideologici di scuola “che sono scuole e università, il che non significa che qua e là non si trovi il docente migliore, il corso più adatto etc., ma sempre sotto il segno di una “domiciliazione” di chi è ribelle e si sottrae…   Ora, condannare o anche solo processare (il processo spesso prelude alla condanna) per avere svelato quanto potrebbe (dovrebbe) essere di pubblico dominio è certamente “antidemocratico”, specie in una società e cultura che si vorrebbe invece “democratica”, “liberale” e quant’altro…   Si tratta palesemente di quei “reati di opinione”, che si speravano aboliti,  ma la cui legislazione è in realtà solo stata riformata (a fine gennaio 2006)rispetto al Codice Penale Rocco, opera certo di un “grande penalista” (non dite diversamente a un penalista, ve ne vorrebbe!) ma anche di un intellettuale assolutamente organico al fascismo. Ancora una volta un potere (quello giudiziario, ma anche la polizia e in forma più larvata quello politico) soccorrono quello non tanto dei farmacisti (spesso più sfortunati di altri) ma delle case farmaceutiche.

Eugen Galasso

Pubblicato il 16 December, 2012
Categoria: Notizie

Maria D’Oronzo – Intervista “Trattamento sanitario obbligatorio” – LaConta

http://archive.org/download/LaConta5-11-2012/Laconta5novembre2012.mp3

La prima intervista è con un medico del SPDC (Servizio Psichiatrico Diagnosi e Cura) di un ospedale di Roma. La seconda intervista è con una persona attiva nella Consulta della Salute mentale di Roma. Infine riflessione critica su queste interviste e sullo stato dell’affrontamento del disagio mentale con la dott.ssa Mariarosaria D’Oronzo del Centro di Relazioni Umane di Bologna.

Approfondimenti:

Su RadiOndaRossa “LaConta” su T.S.O. con Maria D’Oronzo – Eugen Galasso

 

Pubblicato il 16 December, 2012
Categoria: Audio

Giorgio Antonucci presenta mostra antipsichiatrica di Thomas Szasz, Firenze 2012 – Eugen Galasso







Nell’occasione della mostra multimediale sull’antipsichiatria il dott. Giorgio Antonucci, colui che in Italia (ma non solo) ha “slegato i matti”, per usare una frase emblematica, facendolo peraltro anche con le sue mani, come ha ricordato spesso, ha dato, ancora una volta, il meglio di sé, presentando l’iniziativa stessa nonché rimandando al premio Antonucci, che il prossimo 26 gennaio nell’auditorium al Duomo di Via Cerretani 54 rosso a Firenze – luogo deputato anche della mostra – viene assegnato a Giovanni Angioli, coordinatore dell’autogestione dell’ex struttura psichiatrica a Imola e a Massimo Golfieri, artista che ha collaborato al miglioramento della vita del reparto autogestito. In un quarto d’ora, ha sintetizzato l’esperienza teorica e pratica di Thomas Szasz, il compianto teorico del “mito psichiatrico” e quella teorico-antropologica-storico-filosofica di Foucault, che da punti di vista diversi hanno decostruito le strutture psichiatriche, che sono legate al potere, anzi, foucaultianamente ai poteri.   Smontando il paradigma psichiatrico, legato a esigenze di potere ma a nessuna legge scientifica, Antonucci rileva come la psichiatria sia “pericolosa”, che ognuno di noi è potenzialmente oggetto della reclusione psichatrica, in quanto il TSO può essere ordinato su qualunque persona “non conforme”. Ma, se ciò è vero, è anche vero che sono quasi sempre e quasi solo i meno potenti, coloro che godono di meno potere, a divenire oggetto più facilmente di un TSO o comunque di un intervento di questo tipo (ha citato anche il fatto di un filosofo o meglio storico della filosofia fiorentino, di notevolissimo spessore, fatto oggetto qualche anno fa di un provvedimento di questo tipo, persino bypassando il TSO, che era stato recluso per essere entrato in attrito con la famiglia, per i soliti, pedestri ma solidamente “materiali” motivi di eredità contesa…). Non vorrei proprio aggiungere altro, tremendo di essere pleonastico rispetto al video, che è disponibile in rete, ma credo si possa dire che, nella piena convinzione qui espressa, Antonucci esprima il meglio di sé anche nel discorso orale, mettendo in luce non solo un grande passato, non chiuso con la “legge Basaglia” (di cui giustamente sottolinea “non essere di Basaglia, perché Basaglia non era d’accordo”), ma un presente fatto di sofferenze e di sopraffazioni attuali, appunto, non relegabili in un “altrove temporale”.

Eugen Galasso

Pubblicato il 30 November, 2012
Categoria: Notizie

DIARIO DAL MANICOMIO – Ricordi e pensieri – “Nella notte di guardia che restò con me, Luca Bramanti seguì con attenzione tutti gli avvenimenti e si interessò ai miei interventi.” – Giorgio Antonucci –


Nella notte di guardia che restò con me, Luca Bramanti seguì con attenzione tutti gli avvenimenti e si interessò ai miei interventi.
Mi seguiva in silenzio nei passaggi veloci da una parte all’altra dell’istituto dopo ogni chiamata, e andavamo in automobile o a piedi secondo le distanze o l’urgenza.
Fui chiamato quasi nello stesso tempo per due uomini in pericolo di vita per crisi acute da infarto, e una terza volta per un uomo in gravi condizioni per emorragia cerebrale.
Dovevo provvedere alle cure immediate e all’eventuale ricovero nel vicino ospedale civile, però i reparti non erano attrezzati per il pronto soccorso e il personale non era preparato e spesso non era nemmeno capace.
Chiedevo le medicine indispensabili per ogni occasione e necessità e gli infermieri e le infermiere trafficavano negli armadietti e nei carrelli senza riuscire a trovarle.
Spesso telefonavano in altre sezioni per trovare altri infermieri più capaci e attrezzati.
Per fortuna avevo con me un pronto soccorso che mi ero procurato apposta per ogni possibile evento.
Solo gli psicofarmaci si trovavano dappertutto in abbondanza.
Durante gli interventi mi venivano annunciati per telefono nuovi internamenti in arrivo.
Dovevo riflettere sul modo di revocarli e intanto dovevo preparare gli argomenti per convincere il giorno dopo il direttore.
Come ho già detto, solo dopo la nuova legge del maggio 1978 avrei potuto annullare i ricoveri coatti per conto mio come medico di guardia senza bisogno di ricorrere ad alcuna autorizzazione gerarchica.
All’arrivo dell’ambulanza dovevo discutere con la persona interessata e con la polizia e a volte predisporre la permanenza provvisoria fino al giorno successivo.
Alcuni infermieri insistevano senza risultato perché io controfirmassi alcuni provvedimenti di contenzione fisica che i medici del giorno avevano lasciato in sospeso per l’attività notturna del medico di guardia.
All’inizio gli infermieri non riuscivano a capire come era possibile che io fossi contrario in ogni caso a qualunque tipo di contenzione e a qualsiasi intervento di limitazione delle libertà.
Altri volevano che io sottoponessi i pazienti a iniezioni endovenose di psicofarmaci segnate in cartella dagli altri medici. Spiegavo al personale che le iniezioni endovenose di psicofarmaci erano dannose e a volte potevano mettere il paziente in pericolo di vita.
Perfino Cotti, che si dichiarava contrario agli psicofarmaci, mi aveva invitato a fare le iniezioni se erano prescritte dagli altri.
Il giorno dopo dovevo discutere con gli altri medici che mi accusavano di sabotare le loro terapie.
Io non avevo nessuna intenzione di danneggiare i ricoverati per compiacere i colleghi o per seguire le regole dell’istituzione. Cotti si preoccupava di mediare con gli altri medici che volevano che io mi adattassi, ma in quella situazione le mediazioni non servivano a nulla se non a favorire la quiete. Però aveva anche intrighi e interessi in comune con gli amministratori dell’ospedale e con i politici dei partiti, che erano contrari a qualsiasi cambiamento e a tutte le novità, come succede nelle burocrazie di potere.
Lo stesso era accaduto negli anni precedenti, quando lavoravo a Reggio Emilia, e Giovanni Jervis mi aveva detto che secondo lui era inutile che io evitassi i ricoveri in manicomio delle persone dei centri della montagna che dipendevano da me, quando poi succedeva che gli altri medici, quando io ero assente, prendevano decisioni differenti. Ricordo che una volta a Castelnuovo nei Monti passai la notte con un uomo ubriaco, per evitargli il ricovero che era stato deciso e prescritto.
Ho sempre lavorato con rivoluzionari molto rispettosi delle autorità.
A Reggio Emilia, per la mia chiara indipendenza e per il mio rapporto diretto con la popolazione, prima di essere licenziato e allontanato, fui accusato di essere uno spontaneista, seguace di Rosa Luxemburg.
All’alba di quella lunga notte ebbi una discussione molto difficile con una persona del reparto quattordici che, influenzata dai discorsi del personale e dalle pressioni dei medici, pretendeva di essere di nuovo legata nel letto per sentirsi tranquilla e per riuscire a addormentarsi.
Dopo quella esperienza notturna così avventurosa, Luca Bramanti non venne più a Imola per diversi mesi, e il suo lavoro rimase incompiuto per moltissimo tempo.
Poi mi ha raccontato che si era spaventato assai.
Io stesso ho sempre vissuto le notti di guardia all’istituto con forti preoccupazioni e con molta fatica.
In quelle notti si concentravano tutte le contraddizioni.”

tratto da : “Diario dal manicomio – Ricordi e pensieri”, Giorgio Antonucci, ed. Spirali. pag. 64/67

Pubblicato il 29 November, 2012
Categoria: Notizie

“Fuori di testa” – Eugen Galasso



“Sei fuori di testa”, “Fuori di te, fuori di me…fuori di testa” (canzoncina di circa 25 anni   fa); in altre lingue e dialetti: “Se mi succede…, vado fuori…”. Modi di dire che rimandano al pericolo di “impazzire” che, come si sa, non designa nulla. Un conto è se siamo alterati da alcol o altre droghe (sostanze psicototrope), ma la “pazzia”, sappiamo, non vuol dire nulla. Ma torniamo al sintagma variamente evidenziato prima, con connotazioni leggermente diverse. Boh, ma che cosa sarà…? “Fuori di testa”, ossia “out time and space”? (fuori del tempo e dello spazio)? Ma allora sarebbe una condizione felice (“Out of time” è una mitica canzone degli Stones, inter cetera…Ma nella visione post-einsteiniana avremmo dovuti imparare ad essere “oltre” queste categorie percettive, nonostante i “bocconiani” che ci vorrebbero tutti/e “rigorosi/e”, bravini/e, puntuali, insomma “terreni/e”, “terrestri”, magari con qualche anelito spirituale, purché intra moenia sanctae catholicae ecclesiae… sembravano fossero tutti “massoni senza Dio” e invece si scoprono cattolicissimi/e…), senza i legami e i legacci della bassa quotidianità impellente…Magari, mentre le esperienze “out of body”, extra-corporee occupano un ambito interessante della “psicologia umanistica”, ma talora scivolano in una dimensione favoleggiante che non s’addice (o invece sì? Fate voi) alla seria scienza che vorremmo.  “Fuori di testa” vel similia ossia il nulla. La testa include anche la bocca, organo soprattutto di fonazione, le orecchie, preposte all’udito, mentre il cervello ne è una parte, indi per cui o “essere fuori di testa” vorrebbe dire “fuori, con il cervello” e allora si attuerebbe l’opposto della sineddoche, ossia della figura che designa la parte per il tutto, mentre qui sarebbe il tutto per la parte… Ma la sineddoche rovesciata non va bene, perché allora saremmo tutti/e convinti/e meccanicisticamente che “solo il cervello e il suo funzionamento regolare vanno bene” e quale sarebbe questa presunta “regolarità”? Boh, chissà, magari quella che i poteri dominanti vogliono/vogliono imporci.   Prescindo qui dalla questione cervello= mente, che comunque non è peregrina, ma, aggirandosi in un bel ginepraio è meglio farlo con juicio, con prudenza…E questo meccanicismo è comunque accettabile? No, da decenni nessuno ci crede più e neppure le neuroscienze (nuovo meccanicismo, direbbe non a torto Giorgio Antonucci) s’azzardano a dirlo se non, forse, nelle “segrete stanze”…    Ecco che allora ancora una volta il linguaggio si fa veicolo e vettore di una conoscenza sbagliata, fuorviante, innecessaria, anzi nettamente disutile, da buttare e “rottamare” (Renzi docet…). Per scalzare il paradigma  psichiatrico, bisognerà°decostruirlo anche linguisticamente e credo che allora smontare frasi fatte come quella citata non sia una sciocchezza e possa comunque essere “un debut” (un inizio)…

Eugen Galasso

Pubblicato il 27 November, 2012
Categoria: Testi

Giorgio Antonucci – Video – Firenze 2012

Giorgio Antonucci, all’inagurazione della mostra multimediale “Il volto sconosciuto della psichiatria“, ricorda Thomas Szasz :”I manicomi sono così perchè molte persone che sono fuori, lo vogliono così”.

La costrizione deve finire.

VIDEO

Pubblicato il 20 November, 2012
Categoria: Eventi, Video

Conversazione con Maria D’Oronzo

Armonie, mercoledì 21 novembre dalle 20.30,

via Emilia Levante 138 Bologna

Pubblicato il 20 November, 2012
Categoria: Notizie

Reparto 14 (video intervista a Giorgio Antonucci) – Radio 3 – recensione, Eugen Galasso


Bellissima, questa trasmissione radiofonica, trasmessa su Radio 3, nell’ambito di “Il cantiere”,  “Reparto 14“, di Valentina Giovanardi e Valentina Neri, dove protagonista assoluto è il nostro(possiamo ben dirlo) Giorgio Antonucci, che , all’epoca del suo soggiorno quale “psichiatra” a Imola chiese di coordinare il famoso “Reparto 14”, quello degli “agitati”,   dove Giorgio racconta la sua attività di “smantellamento dell’istituzione manicomiale”, dalle persone slegate(persone, racconta, che per vent’anni erano state legate, con le conseguenze note, ad iniziare dall’atrofia muscolare, dall’intorpidimento del pensiero) peraltro proprio materialmente e direttamente con le sue mani, con l’assistenza di un’infermiera fino a farle uscire dapprima nel parco, poi addirittura al Parlamento europeo per rivendicare i loro (sacrosanti quanto conculcati)diritti.  Ancora per dire dell’esperienza diretta ad Imola, Giorgio spiega come una donna, che da ragazza era stata stuprata,  fosse stata rinchiusa per “rimuovere lo scandalo”.  Ma poi, induttivamente (certo non solo), il dottor Antonucci ci dice che il “manicomio non è una struttura, ma è un criterio”, un criterio per cui “un cervello è da riparare”,   per cui qualcuno viene escluso e condannato alle terapie (elettroshock, psicofarmaci, un tempo anche lobotomia, ma giustamente Giorgio altrove ricorda come per molti operatori o almeno per una parte degli stessi la stessa operazione chirurgica sarebbe ancora concepibile). “Società ingiusta, assurda e tragica”, la nostra, sottolinea giustamente Antonucci, che mostra come la psichiatria sia assolutamente il contrario della libertà, contraddittoria perché obbliga la persona a sottoporsi a una reclusione che poi pesa sempre su di lei, senza tollerarne mai la parola, la libera espressione, anche perché, appunto, così salterebbe la rigida dicotomia: dove c’è psichiatria non c’è libertà, dove c’è libertà non ha senso la psichiatria. Un racconto pieno di riflessione e riflessioni, come s’è visto, ma anche un racconto pieno di umanità, in quanto dalle parole di Giorgio traspare sempre, chiaramente, il dolore per la condizione umana ferita dei “degenti” (in realtà ricoverati a forza) e la speranza -per ora non realizzata, viste le circostanze, e qui sarebbe inutile entrare in dettaglio- di una società diversa che non faccia passare una pseudoscienza quale psichiatria per verità.  Testimonianza umana, etica, sociale, culturale, quella di Antonucci, per cambiare una situazione che, per dirla con i profeti dell’Antico Testamento “grida vendetta al cielo”. 

Eugen Galasso

Pubblicato il 19 November, 2012
Categoria: Testi, Video

Centro di Relazioni Umane (Bologna) — Maria Rosaria d’Oronzo